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31.12.22

TURCHIA RITIRA TRUPPE DAL NORD DELLA SIRIA

IL RITIRO AVVIENE DOPO UN VERTICE DEI DUE PAESI A MOSCA, AVVERSARI NELLA CAOTICA CORNICE DELLA GUERRA CIVILE SIRIANA: L’AVVICINAMENTO DEI DUE REGIMI PONE UN SERIO RISCHIO PER IL ROJAVA




POSSIBILE RIAVVICINAMENTO DI TURCHIA E SIRIA SULLA PELLE DEI CURDI E DEGLI ALTRI POPOLI DEL ROJAVA

I rapporti tra il regime di Damasco e quello turco si sono incrinati quando allo scoppiare della guerra civile siriana la Turchia ha cominciato a sostenere le forze ribelli. Dopo più di 10 anni le delegazioni dei due paesi e della Russia, formate dai rispettivi ministri della difesa e dirigenti dell’intelligence, si sono incontrate a Mosca tre giorni fa: Erdogan aveva già inviato segnali di apertura chiedendo a Putin di incontrare direttamente Assad.

Come riportano numerose fonti di stampa internazionali e italiane, a seguito dell’incontro, la Turchia ha deciso di rispettare la sovranità della Siria e dei suoi confini (ricordiamo che la Siria non riconosce l’Amministrazione -de facto- Auntonoma del Nord Est della Siria, nota come Rojava o Kurdistan occidentale, riconosciuta invece soltanto dal parlamento catalano): per questo ha annunciato il ritiro delle sue truppe dall’area settentrionale del paese, ma forse è troppo presto perché i popoli del Rojava possano cantare vittoria, ma anzi: i due paesi hanno affermato che PKK ed alleati costituiscono una grave minaccia per entrambi.


L’attacco al Rojava lanciato con l’operazione "Spada ad Artiglio" di Novembre prefigurava una più ampia invasione via terra che, almeno per il momento, sembra scongiurata e che avrebbe incontrato anche le resistenze di Putin, alleato del governo siriano: il vantaggio immediato che trarrebbe la Russia dalla distensione nei rapporti tra i due paesi sarebbe quello di un maggiore “disimpegno” sul fronte siriano.

Inoltre in gioco c’è anche la questione dei rifugiati siriani nei confini della Sublime Porta: riuscire a rimpatriarli potrebbe costituire un nuovo “successo” da sfruttare alle prossime elezioni. 

In più alcuni pensano che la Russia vorrebbe “dirottare” verso Damasco gli aiuti e i corridoi umanitari che passano per Idlib: la Russia favorirebbe così il regime a danno delle milizie ribelli salafite di Hay’at Tahrir al-Sham che hanno conquistato e controllano la zona fino ad Afrin grazie al supporto della Turchia. 


UNO SGUARDO SULL'INTRICATO SCENARIO JIHADISTA





La questione ci offre la possibilità di osservare uno scorcio all’interno del ginepraio jihadista: le milizie che i russi considerano terroriste e che controllano l’area tra Idlib e Afrin, in italiano l’“Organizzazione per la liberazione del Levante” (abbreviate in HTS), sono costituite da alcuni gruppi di cui uno era originariamente legato ad Al-qaeda sotto la sigla Al-Nusra, e si sono opposte anche al califfato dell’ISIS. Alcuni ipotizzano che siano state finanziate dal Quatar e da altri stati del Golfo Persico  proprio per separarsi dall'organizzazione responsabile dell'attentato alle Torri Gemelle (oltre che, più genericamente, dalla Turchia in chiave anti-Assad). 

Infine è da notare come, “stando con due piedi nella stessa scarpa”, il ministro turco Akar ha dichiarato alla stampa che i gruppi ribelli devono stare tranquilli e che la Turchia non li danneggerà.


STRETTI TRA DUE FUOCHI

La scelta "obbligata" delle forze del Rojava del “male minore”, ossia quella di cooperare con le forze del regime di Assad (cooperazione che aumenta proporzionalmente alla repressione turca), con cui esiste una sorta di “patto di non aggressione” reciproco, potrebbe dunque rivelarsi insufficiente a garantire la loro stessa esistenza .

Se lo "scenario" della collaborazione tra i due regimi dovesse consolidarsi i pericoli per l'AANES potrebbero essere forse ben più gravi delle  operazioni avviate dalla Turchia negli ultimi anni, potrebbero essere fatali per quell'esperienza di democrazia dal basso, ecologista e antipatriarcale che ha pochi precedenti nella storia dell'umanità, seppure tra le intrinseche contraddizioni di un processo rivoluzionario e nel quadro di una guerra civile: se fosse così noi cittadini "del mondo" occidentali, simpatizzanti e sostenitori della causa curda e di tutte le lotte delle popolazioni oppresse avremmo il dovere di fare molto di più, anche nel nostro piccolo, per scongiurare i pericoli dei regimi autoritari oltre che quelli insiti nelle democrazie liberali non dirette.


Paolo Maria Addabbo


Prima pubblicazione del post alle ore 17:19 del 31/12/2022. Posteremo aggiornamenti sulla vicenda in questo o in nuovi post (e sui canali social attualmente attivi): rimanete sintonizzati e supportate la stampa indipendente leggendo, commentando, criticando e condividendo!

A tal proposito segnaliamo altri due post pubblicati nelle scorse ore relativi al Rojava e alla causa curda: 

il primo riguarda la questione delle estradizioni richieste da Turchia a Svezia e Finlandia per "immolare" presunti terroristi in vista delle elezioni e ottenere nuove armi. Nell'articolo affrontiamo molto sinteticamente anche il tema dell'inclusione del PKK nelle liste delle organizzazioni considerate terroriste dell'UE;

nel secondo, partendo dai dati di un report delle Forze Democratiche Siriane, raccontiamo l' "annus horribilis" del Rojava e sfioriamo il tema della repressione interna alla Turchia




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