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23.3.25

GAZA: ROTTURA DELLA TREGUA UNILATERALE

ISRAELE DETTA NUOVE CONDIZIONI E INCOLPA HAMAS DI NON RISPETTARE IL VECCHIO ACCORDO

Per la rubrica “Chekka il Fatto” spieghiamo perché è stato Israele, e non Hamas, a non rispettare gli accordi sul cessate il fuoco rompendo unilateralmente la tregua, al contrario di quanto affermano alcuni organi stampa.

In estrema sintesi (e per chi va di fretta): il rilascio di tutti i prigionieri israeliani era connesso al ritiro completo di Israele da Gaza nella seconda fase degli accordi. Israele, invece, ha cambiato le carte in tavola: ha offerto 50 giorni di estensione della prima fase della tregua in cambio del rilascio degli ostaggi.

In parole povere: Israele ha cambiato i termini dell’accordo non onorandolo, ha provato a imporre nuove condizioni e ha incolpato Hamas di non aver rispettato quelle stabilite precedentemente.



Sul lato sinistro vari titoli di giornali come appaiono nelle ricerche sui motori di ricerca. In tutti i titoli si afferma che Israele ha rotto la tregua a Gaza e si menziona il numero delle vittime dei primi bombardamenti: circa 400. C'è anche l'immagine di un influencer con un'espressione decisa, la scritta "Rilasciate gli ostaggi" e, sotto, un altro titolo di giornale, che recita: "**Mo: media, Hamas sta preparando un altro 7 ottobre**". Nella parte destra del collage tre foto da Gaza. nella prima una dottoressa e un infermiere prestano soccorso a un uomo e un bambino feriti, adagiati sul pavimento e insanguinati. Nella seconda alcune persone si aggirano tra enormi cumuli di macerie. Nella terza tre persone trasportano un corpo su una barella. Del corpo, avvolto in un lenzuolo, si intravedono i piedi e del sangue vicino la parte superiore.



QUELLE IMMAGINI CHE TESTIMONIANO LA MORTE DELL’UMANITÀ A GAZA E LA MORTE DELLA STAMPA LIBERA

Corpi smembrati, civili affamati e assetati, amputazioni senza anestesia, medici sfiniti, tende in fiamme piazzate vicino a cumuli di macerie, mucchi di corpi in sacchi di plastica e in sottofondo il perenne rumore dei droni: sono queste le scene che raramente appaiono sui media che vanno per la maggiore. Immagini che abbiamo ri-cominciato a vedere tra la notte di Lunedì 17 e Martedì 18, quando Israele ha rotto la traballante tregua con Hamas e ha ri-cominciato a bombardare nel mucchio massacrando bambini (130 in un solo giorno, il più alto numero nell’ultimo anno secondo l’UNICEF), donne e uomini innocenti nell’infruttuoso tentativo di eradicare non solo e non tanto l’organizzazione nazionalista islamica che governa Gaza, ma soprattutto qualunque aspirazione a liberarsi da una decennale occupazione illegale. A queste scene, nelle ultime settimane, se ne sono affiancate della altre: quelle degli ostaggi palestinesi smagriti e con evidenti segni di tortura, rilasciati dalle carceri israeliane (immagini che qualcuno prova a bollare come fake-news in campagne di disinformazione); quelle delle distruzioni nei campi profughi della Cisgiordania dove non governa Hamas, ma l’Autorità Nazionale Palestinese, percepita da una parte consistente della popolazione come corrotta e collusa con il regime di apartheid israeliano; quelle dei coloni-paramilitari illegali che invece di ritirarsi -come stabilito più e più volte dall’ONU- continuano con pogrom e incursioni avallate dall’esercito “regolare”. Queste immagini, riprese da colleghi che hanno rischiato o perso la vita per farle vedere a un’umanità largamente indifferente, raramente vengono mostrate dai media mainstream, che invece hanno dato ampio risalto ai video del rilascio degli ostaggi israeliani, ennesimo esempio di "doppio standard", di doppio metro di giudizio e di attenzione.

Mentre decine di giornalisti palestinesi sono stati massacrati dal “terrorismo di stato”, quelli internazionali non vengono fatti entrare a Gaza. Le malefatte dello stato canaglia alleato dell’occidente non devono essere raccontate, al più vanno edulcorate oppure distorte. Discorso affine per la Cisgiordania, dove a chiudere le sedi dell’emittente Al Jazeera non c’è stata solo l’autorità occupante, ma anche quella palestinese. L’ANP non gradiva le cronache degli scontri tra diverse fazioni palestinesi a Jenin

Venendo in Italia, su Il Foglio dello scorso martedì si legge: <<È finito il cessate il fuoco a Gaza: Israele ha ricominciato la campagna di bombardamenti nella Striscia dopo tre settimane di stallo nei negoziati in cui Hamas non ha più liberato ostaggi (…) Secondo gli accordi, durante il cessate il fuoco e fino all’arrivo della terza fase dell’intesa, il gruppo terrorista avrebbe dovuto continuare a liberare ostaggi. È venuto meno ai suoi impegni il primo, l’8 e il 15 marzo>>.

David Parenzo, conduttore de “L’Aria Che Tira” su La7, durante la puntata di martedì scorso spiega che gli USA di Trump hanno dato carta bianca a Israele di fare ciò che voleva. Nello specifico Trump un mese prima aveva detto: <<fate scatenare l’inferno>> se gli ostaggi non vengono rilasciati (cosa che non è stata ricordata in quella puntata). Parenzo, poi, dice che Hamas in una sua comunicazione avrebbe negato <<il fatto che c’era un accordo per la liberazione degli ostaggi>>. Evidentemente il conduttore non ricorda che c’era un accordo anche per il ritiro da Gaza da parte di Israele!

Sulla stessa linea, quella del <<rilasciate gli ostaggi>> o sarete puniti collettivamente e sterminati, affermando al contempo di non avere altra scelta e di amare la pace, non ci sono solo grandi apparati mediali. Per esempio, questa linea è seguita anche sui canali (a-)social di un certo Ciro Principe, attore comico e sostenitore dello stato etno-teocratico di apartheid, nonché influencer che denigra la comunità musulmana citando passi e interpretazioni estremiste del Corano facendole apparire come universalmente accettate nell’Islam. Attore che evidentemente non ricorda di quando un certo Netanyahu, all’inizio della guerra genocida di Gaza, diceva in un discorso pubblico: <<dovete ricordare quello che ha fatto Amalek>>. Il riferimento è a un passo biblico del Deuteronomio in cui il dio dell’antico testamento invita il popolo eletto a sterminarne un altro non risparmiando donne, bambini e perfino gli animali da soma. Tale Ciro Principe, in pochi secondi di un reel su Instagram, è capace di sciorinare fakenews con velocità e disinvoltura impressionanti. Tra le varie cose afferma che Hamas ha <<dichiarato apertamente al mondo intero: "faremo un altro 7 Ottobre", un altro genocidio, e la comunità internazionale non condanna, tutti zitti!>>. In realtà il titolo dell’articolo in italiano che fa vedere sullo schermo (e che, presumibilmente, non ha letto, salvo averlo volutamente distorto) si riferisce a un’affermazione di un’emittente televisiva israeliana, non agli organi comunicativi di Hamas. 


l'immagine di un influencer con un'espressione decisa, la scritta "Rilasciate gli ostaggi" e, sotto, un altro titolo di giornale, che recita: "**Mo: media, Hamas sta preparando un altro 7 ottobre**".


Tra l’altro, se Hamas fosse ancora capace di compiere un nuovo 7 Ottobre, ciò implicherebbe che lo sterminio di tantissimi civili innocenti non è servito a eradicare Hamas, ma solo a rinforzarlo... Se sterminassero la vostra famiglia e distruggessero casa vostra non vi sfiorerebbe l’idea di resistere in armi e cercare vendetta?! Principe afferma che <<Israele ci sta andando forte, non come le altre volte>> -neanche fosse un incontro di pugilato- <<e fa bene! Fino a quando non rilascerete gli ostaggi>>, come aveva ordinato Trump con un <<ultimatum>>, la guerra continuerà anche <<se tutti vogliamo la fine della guerra>>. Hamas e l’orribile attacco del 7/10 sono il risultato di un’occupazione decennale e brutale: se vogliamo davvero la fine della guerra dobbiamo porre fine alla ragione che l’ha scatenata, l’occupazione!

Insomma, come al solito è sempre tutta colpa di Hamas, Israele si sta solo difendendo e l’unico a violare il diritto internazionale e ad essere degno delle attenzioni dei principali organi giudiziari internazionali è Putin, non certo quel santo di Netanyahu e i fanatici che governano insieme a lui. Quegli estremisti ebraici che rivendicano un’occupazione illegale in base a letture distorte e parziali delle sacre scritture, invocando la guerra santa come faceva l’ISIS.


Sullo sfondo i grigi scheletri degli edifici di una Gaza in rovine, avvolti da fumo e fiamme. Al centro uno "strillone" (ragazzo che vende giornali agli angoli delle strade, in inglese "newsboy") che strilla: <edizione straordinaria: è tutta colpa di Hamas! La vita di un palestinese non vale quanto quella di un israeliano>.
Dettaglio dell'mmagine sullo sfondo della Tasnim News Agency tratta da Wikimedia, rilasciata con licenza Creative Commons


Ma la colpa, perlomeno in questo caso, non è di Hamas. E a pagare le spese di eventuali colpe del movimento nazionalista islamico (per cui chi scrive questo articolo non nutre simpatie politiche) non dovrebbero essere né i palestinesi, né quei pochi israeliani che si oppongono all'occupazione: come abbiamo detto dall’inizio, è stato Israele a rompere unilateralmente la tregua, come unilaterale è stata la dichiarazione di nascita di quello stato criminale avversato sin dai suoi albori da tantissimi ebrei, incluso un certo Albert Einstein.

A onor del vero, va detto che molti media mainstream hanno riportato correttamente la notizia, specificando nei titoli di articoli e servizi video che è stato Israele a rompere la tregua. Perfino l’emittente posseduta dal magnate Murdoch, nella persona della conduttrice britannica di Sky-News, Sophy Ridge, ha contrastato la retorica israeliana: <<Hamas ha rilasciato tutti gli ostaggi inclusi nella prima fase dell’accordo (...) Israele non ha accettato la seconda fase e ha detto che voleva continuare con la prima>>, ha detto incalzando l’ambasciatrice israeliana nel Regno Unito, Tzipi Hotovely. Questo è un segno che, nonostante le risorse milionarie investite nella disinformazione, la narrativa israeliana comincia a perdere pezzi anche sulla stampa che va per la maggiore.


o vari titoli di giornali come appaiono nelle ricerche sui motori di ricerca. In tutti i titoli si afferma che Israele ha rotto la tregua a Gaza e si menziona il numero delle vittime dei primi bombardamenti: circa 400


LE NEGOZIAZIONI INTERROTTE DA ISRAELE E UNA POSSIBILE IMPLOSIONE AL SUO INTERNO

Subito dopo l’inizio della tregua, a fine Gennaio, Israele ha spostato la sua furia genocida in Cisgiordania ma non ha smesso di attaccare Gaza. L’ultima volta prima della fine ufficiale della tregua, il 15 marzo, quando un bombardamento colpiva un veicolo della “Al Jair Foundation uccidendo degli operatori umanitari e tre giornalisti che documentavano il lavoro dell’associazione britannica. La versione per giustificare l’ennesima strage nella strage è stata un’imprecisata <<minaccia alla sicurezza>>. Come accade ogni volta che si bombarda un ospedale e si invoca un non meglio precisato uso di “scudi umani”, la dichiarazione dell’esercito occupante non è stata sufficientemente indagata dai media. Speriamo e ci attiviamo affinché venga indagata nelle opportune sedi, oltre che dal “tribunale della storia”.

L’accordo prevedeva tre fasi: nella prima Hamas ha rilasciato più di trenta ostaggi e Israele ne ha rilasciati centinaia (se delle persone, minorenni inclusi, vengono detenute senza conoscere nemmeno di cosa sono accusati e senza un regolare processo, possono essere considerate ostaggi, rapiti con un oscuro manto di legalità). Le negoziazioni sarebbero dovute proseguire durante una seconda e terza fase: tutti gli ostaggi israeliani sarebbero stati rilasciati, insieme ai corpi di quelli morti, e Israele si sarebbe dovuto ritirare da Gaza, che dovrebbe essere stata ricostruita in tre o cinque anni sotto la supervisione di vari attori internazionali.

I dettagli delle ultime due fasi sarebbero dovuti essere stati pianificati dopo il primo Marzo, quando la prima fase era ufficialmente conclusa. Invece Israele ha interrotto la fornitura di aiuti umanitari e ha tagliato anche la corrente elettrica (e, di conseguenza, perfino l'acqua potabile de-salinizzata), un intento criminale palesato fin dall’inizio della guerra genocidiaria, nonché al centro delle indagini giudiziarie internazionali: nel 2025 e dopo almeno 50mila morti siamo ancora qui a ricordare che è un crimine ridurre alla fame e negare cure e servizi basilari a una popolazione intera per raggiungere un obiettivo militare e/o politico! Ed è ancora più perverso, da parte della potenza occupante, lucrare sui beni di prima necessità trafficati sulla “borsa nera”.

Invece di iniziare le negoziazioni per entrare nella seconda e intermedia fase, Israele ha cambiato le carte in tavola, proponendo un’estensione di 50 giorni della prima fase di cessate il fuoco in cambio di tutti gli ostaggi. Hamas ovviamente non ha accettato, perché il rilascio di tutti gli ostaggi era originariamente legato al ritiro di Israele da Gaza.

Daniel Levy, analista politico con cittadinanza israeliana e britannica, nonché ex consulente e negoziatore del governo israeliano, ai microfoni di Middle East Eye ha dichiarato: <<abbiamo visto un rifiuto categorico e costante da parte israeliana nel rispettare i suoi impegni (...) I negoziati per la seconda fase, che prevedeva il ritiro completo da Gaza, non sono mai iniziati perché fin dall’inizio il governo israeliano ha respinto i termini degli accordi (...) invece, hanno reimposto l’assedio il 2 marzo, quando hanno fermato l’entrata degli aiuti, e il 12 marzo hanno tagliato l’elettricità>>. Mentre Netanyahu sta facendo di tutto per mantenere la poltrona continuando la guerra ed evitando i procedimenti giudiziari interni e internazionali, Hamas ha pubblicamente dichiarato di essere immediatamente disponibile a rinunciare al potere, ma non a consegnare le armi e a <<rendersi non più esistente nel contesto di una continua, violenta e illegale occupazione militare israeliana>>

Alcune delle parole del negoziatore lasciano intravedere una luce in fondo al tunnel, una fine della guerra potenzialmente legata anche una ribellione interna a Israele: <<questo è un momento di profonda divisione e polarizzazione nella società israeliana. Le famiglie dei prigionieri che protestano sanno che i loro cari potrebbero tornare vivi, e sanno che chi sta impedendo ciò è Netanyahu. Il contratto sociale è stato rotto. Netanyahu pensa che può calmare le acque. Si riuscirà a capire se avrà successo quando si vedrà se torneranno le truppe di terra. Bombardare dall’alto uccidendo e distruggendo è una cosa... Se Israele andrà a sequestrare altro territorio (...) a controllare e de-popolare indefinitamente perlomeno il nord di Gaza, avrà bisogno di truppe di terra e riservisti. Ha bisogno di persone che si presentano... Ma la stampa israeliana riporta che le persone non rispondono alla chiamata alle armi, forse fino al 50%>> dei convocati. La guerra potrebbe finire sommando il rifiuto a imbracciare le armi (e il rischio di andare in galera per chi si rifiuta) ad altri fattori: le diatribe interne ai servizi di sicurezza e agli scranni governativi più in alto, l’umore di quella parte della società israeliana che non è d’accordo con l’occupazione e che vive sulla sua pelle le conseguenze economiche della guerra, il crescente isolamento internazionale, le indagini sui crimini di guerra avviate grazie alle denunce di governi e della società civile e, non da ultimo, <<la resilienza del popolo palestinese>>.

L’unica strada per arrivare a una pace implica il rilascio di tutti gli ostaggi palestinesi (non solo quelli israeliani), l’ abbandono delle terre occupate illegalmente, la compensazione dei danni causati a partire dal ‘48, la ricerca della verità e l’assicurare alla giustizia tutti i criminali di guerra. Solo così ci potrà essere una Palestina libera dal fiume al mare, dove chiunque, a prescindere da etnia o religione, vivrà godendo degli stessi diritti.


Paolo Maria Addabbo

Come di consueto alleghiamo a questo articolo una citazione musicale: "Ghost Town" dei "47 Soul".




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