UN DOCUMENTO ONU RISERVATO IPOTIZZA IL COINVOLGIMENTO DELLE FORZE DI OCCUPAZIONE ISRAELIANE NELLA PROTEZIONE DI GANG ARMATE, OPPOSTE AD HAMAS, CHE RUBANO E TRAFFICANO CIBO E AIUTI
Negli ultimi mesi abbiamo seguito le vicende relative alla consegna degli aiuti umanitari a Gaza, questioni per cui Netanyahu e Gallant sono accusati di usare la fame come arma di guerra, tra i vari crimini.
Due settimane fa abbiamo pubblicato l’ultimo aggiornamento sull’UNRWA, l’Agenzia ONU che assiste i rifugiati palestinesi e che è stata legalmente bandita da Israele. Una mossa legislativa che, se implementata, renderebbe la sopravvivenza dei gazawi e di tutti i palestinesi nei territori occupati ancora più complicata.
Pochi giorni dopo l’ultimo post sull’UNRWA, in cui parlavamo della “borsa nera”, dell’economia di guerra e dei piani per affidare la gestione degli aiuti a mercenari dentro Gaza, si è verificato il più importante attacco a un convoglio umanitario. Non si tratta però, come successo più volte, di attacchi incendiari e minacce ai guidatori dei camion da parte di fanatici israeliani. Si tratta invece di bande palestinesi armate, sospettate di essere supportate dalle forze di occupazione israeliane.
Immagine a sinistra scattata a Luglio a Gaza da hosnysalah da Pixabay. A destra il frame di un video di pochi giorni fa in cui un ragazzino fa fuoco con un fucile M16 a Gaza in pieno giorno. Alcuni analisti e commentatori pensano che ci sia la complicità di Israele: quel tipo di armamento non è in dotazione ad Hamas e, in più, non si capisce come i droni che sorveglino costantemente Gaza non attacchino delle persone armate. |
Sabato 16 ottobre 98 camion di aiuti umanitari, su un totale di 109, sono stati assaltati da uomini armati nei pressi del valico di Karem Abu Salem (più noto con il toponimo ebraico di Kerem Shalom). È stato uno degli ultimi e più importanti attacchi per saccheggiare aiuti umanitari, alimentando un’economia di guerra insostenibile per la stragrande maggioranza dei palestinesi a Gaza. Prezzi di beni come farina, verdure, sigarette, saponi e indumenti sono alle stelle, dopo che diversi governanti israeliani hanno dichiarato pubblicamente di voler ridurre Gaza alla fame con l’obiettivo ufficiale di isolare ed “eradicare” i miliziani di Hamas e di altre formazioni della resistenza armata palestinese.
Contemporaneamente e incongruamente altri esponenti delle forze di occupazione e politici israeliani dichiarano di fare tutto il possibile per far entrare cibo e beni di prima necessità nell’enclave palestinese, e ne addebitano la carenza a furti commessi da Hamas. Senza prendere in considerazione le denunce delle organizzazioni umanitarie e le evidenze raccolte da organismi giuridici internazionali, secondo i quali gli aiuti “in entrata” sono largamente insufficienti e bloccati con pretesti vari, sembrerebbe che lo stesso stato israeliano sia complice di furti, addebitabili a gang locali opposte ad Hamas.
Un'esclusiva del “The Washington Post” ha raccolto una serie di testimonianze sul campo da operatori umanitari e imprenditori coinvolti nella consegna di aiuti. Oltre a questo ha rivelato dei frammenti di un documento ONU in cui si afferma che le “mafiette” locali responsabili dei furti <<potrebbero beneficiare di una passiva, se non attiva benevolenza o protezione>> dell’esercito israeliano. Addirittura uno dei comandanti di queste gang è riuscito ad avviare <<uno stabilimento dalle fattezze militari in un’area ad accesso limitato, controllata e vigilata dalle IDF>>. Nell'articolo del 18 Novembre, due giorni dopo l’attacco alle decine di convogli, si riporta il parere di un ufficiale statunitense secondo cui Hamas non sarebbe dietro gli attacchi. Poi, si spiega che precedentemente i furti avvenivano in maniera meno organizzata, guidati per lo più dalla disperazione. I ladri-trafficanti inizialmente si concentravano sul traffico di sigarette. Attualmente il valore di un singolo pacchetto può arrivare fino mille dollari, mentre Israele non fa entrare i cerotti con la nicotina per trattare la dipendenza (come ha spiegato Mattia Fontanella su "Il Manifesto" un logista che lavora per Emergency). Dopo la chiusura del valico di Rafah e dopo lo sterminio degli operatori di polizia affiliati ad Hamas (non considerabili come combattenti, e quindi non obiettivi militari legittimi), vendendo meno qualunque controllo dell’ordine pubblico, incluso il servizio di scorta dei camion, i trafficanti hanno cominciato a organizzarsi. Inizialmente tagliavano i teli dei camion per poi introdursi all’interno e fare incetta di beni. Poi hanno cominciato a rubare interi camion e trasportarli in magazzini, come quello menzionato nel documento riservato dell'ONU. Il quotidiano statunitense ha anche raggiunto telefonicamente uno dei capi-banda, Abu Shabab, che ha dichiarato: <<prendiamo cose dai camion, ma non tocchiamo cibo, tende e beni per i bambini. Hamas non ci ha lasciato con niente. I miliziani ogni tanto vengono e ci sparano. Lasciate dire a loro, che ci accusano di lavorare con gli israeliani, ciò che vogliono. Israele non ha bisogno di noi>>.
Molti di voi ricorderanno dei lanci di aiuti con il paracadute che, in alcuni casi, hanno letteralmente schiacciato delle persone o causato delle resse. Ricorderete le cosiddette “stragi della farina”, in cui soldati israeliani hanno fatto fuoco su schiere di civili in fila per un pasto a causa della presenza, a loro detta, di uomini armati, provocando delle stragi nella strage. Tra queste righe abbiamo parlato anche del “molo umanitario” costruito dagli USA, di cui si sospettata in realtà un uso militare (evidenze suggeriscono che sia stato usato nel “massacro di Nuseirat”, quando sono stati uccisi quasi 300 civili palestinesi per salvare 4 ostaggi israeliani).
L’impennata dei prezzi ha innescato delle proteste, delle chiusure forzate per calmierare i prezzi e anche delle operazioni punitive in pubblico da parte di quello che resta della polizia di Hamas e di altri reparti armati, nelle aree ancora sotto il loro pieno controllo.
Un uomo accusato di furto viene colpito in pubblico con il calcio di un fucile dopo essere stato sparato a un piede in un video su Telegram. |
Secondo altre testate, in seguito a ciò il flusso degli aiuti sarebbe ripreso a scorrere abbastanza “normalmente”. Le virgolette sono obbligatorie per una popolazione che vive sotto assedio da 17 anni. Ricordiamo che, ai sensi del diritto internazionale, a garantire l’accesso a diritti e risorse dovrebbe essere la potenza occupante (ed è tale anche a Gaza, come confermato dal massimo organismo giudiziario ONU quest’estate, nonostante qualcuno continui a sostenere che Israele ha cessato di occupare la Striscia).
Altri dettagli dell’economia di guerra a Gaza sono stati rivelati dal quotidiano israeliano Haaretz. In tutta Gaza sarebbe attivo solo un bancomat. Degli uomini armati riscuoterebbero una “tassa” pari al 30% dei singoli prelievi. Da uno studio dell’ONU sappiamo che ci sono altre maniere di compiere transazioni economiche, oltre a pagamenti in natura e ai baratti, incluse le monete virtuali.
L’esercito israeliano è al corrente che a poche decine di metri dalle sue postazioni esiste quella che è stata ribattezzata “la zona del saccheggio”. Ufficialmente dichiarano di non intervenire per paura di fare vittime innocenti tra gli operatori umanitari (non sarebbe certo la prima volta). Gli autisti cercano invano l'aiuto dell'esercito, che non permette loro di attraversare percorsi alternativi. Il quotidiano israeliano rivela anche che l’esercito ha accarezzato l’idea di affidare la gestione di aiuti a clan coinvolti nel terrorismo e affiliati anche all’ISIS.
Il giornalista e scrittore di Gaza Muhammad Shedada, attualmente residente in Danimarca, ha commentato gli articoli di Haaretz su “X” (ex-Twitter). Per lui si tratta di un piano per destabilizzare la Striscia di Gaza e sostituire Hamas con gruppi criminali. Ha pubblicato anche un video in cui si vedono delle persone, quasi tutte molto giovani, imbracciare fucili automatici e sparare in mezzo a una folla, incuriosita e impaurita, in pieno giorno: <<A Gaza non è assolutamente possibile sfilare pubblicamente all’aperto e sparare con dei fucili d’assalto con la luce del giorno senza che i droni predatori israeliani riescano immediatamente a individuarli e terminarli, oppure senza che le truppe israeliane effettuino un’incursione nell’area>>, scrive Shedada (e anche il The Washington Post).
Un frame dal video pubblicato su "X" |
<<Questi ragazzini a Deir Al-Balah sono stati armati con fucili M16 che possono entrare a Gaza solo attraverso Israele>>. Le fazioni armate di mezzo mondo, incluse quelle palestinesi, sono dotate dei più diffusi e noti AK47 (detti “Kalashnikov”, che si intravedono anche nel video pubblicato insieme agli M16). Altri tipi di armi potrebbero essere sia contrabbandate che ottenute mediante furto al nemico.
Si può ipotizzare che i militari israeliani, oltre ad arricchirsi illecitamente, con il pretesto dei saccheggi possono addossare ad altri le colpe per la mancata ricezioni di aiuti umanitari. Così facendo, oltre a destabilizzare l'area e a conquistare nuovi "collaboratori", si completa il cosiddetto “piano dei generali”, che in pratica significa stremare e affamare i gazawi, cercando di ottenere impunità.
A questo proposito ricordiamo che alcuni mesi fa James Smith, un medico che è stato a Gaza, ha dichiarato ai microfoni di Democracy Now:<<ai camion commerciali provenienti da Israele veniva data la precedenza rispetto all'accesso di quelli con aiuti umanitari. A sud di Gaza abbiamo visto diversi mercati in cui c'erano frutta e verdure fresche con frasi promozionali di industrie israeliane, ma molto poco cibo proveniente dagli aiuti umanitari (...) mi è parso incredibile che lo stesso stato che sta riducendo la popolazione alla fame e commettendo violenze di questo genere a loro danno, stava facendo entrare del cibo che le persone non possono permettersi. Quelli che riuscivano a permetterselo dovevano contribuire all'economia di quello stesso stato, di quell'economia che sta soffocando i palestinesi>>.
Concludiamo con un aneddoto e alcune considerazioni di Norman Finkelstein, politologo statunitense, figlio di sopravvissuti ad Auschwitz, precedentemente noto per il libro “L’industria dell’Olocausto” e negli ultimi tempi conosciuto per le sue ricerche sulla Palestina. In una recente intervista racconta: <<mia madre non ha mai parlato veramente delle condizioni orribili dei campi di concentramento, ma parlava sempre della fame. C’era un gruppo di persone ricche nel ghetto di Varsavia. Era chiamato “il tredicesimo” perché si riunivano al numero 13 di Leszno Street. Erano trafficanti e collaboratori. Avevano una vita molto bella. Mi rendo conto che può suonare strano (...) erano odiati da tutti, insieme a un altro gruppo, il Consiglio ebraico, il “Judenrat”. Erano come l’Autorità Palestinese: venivano nominati dai nazisti per fare il lavoro sporco. Sapevano che stavano deportando ebrei per lo sterminio, lo sapevano! Ma lo fecero comunque.>>.
La storia non si ripete mai nella stessa identica maniera, ma si possono rintracciare tante analogie.
Proto-Redazione
🚨Israel is arming criminal gangs in Gaza with US-made assault rifles to sow chaos & societal collapse:
— Muhammad Shehada (@muhammadshehad2) August 30, 2024
Those kids in Deir Al-Balah were armed with M16s that can ONLY enter Gaza through Israel.
They're openly firing their M16s without any fear of Israeli troops 800 meters away! pic.twitter.com/mgJGISC99a
Nel riquadro qui sopra il "tweet" in cui si mostra il video in cui uomini e ragazzini sparano in aria, in pieno giorno, a Gaza.
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ultima modifica 25/11/2024 01.00
Il citato giornalista Muhammad Shehada ha pubblicato un articolo https://www.newarab.com/analysis/how-israel-aiding-gangs-gaza-sow-societal-collapse Dice che l'assassinio di Islam Hijazi di Hamas è stato un errore. Il vero obiettivo era Al-Soufi il leader di una gang https://www.focusonafrica.info/gaza-hamas-ha-ucciso-islam-hijazi-direttrice-di-heal-palestine/
RispondiEliminaGentile Roppla, grazie mille della segnalazione! Ne terremo conto nei prossimi aggiornamenti sull'argomento. Anche questo è giornalismo partecipativo/collettivo!
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