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3.2.24

ILARIA SALIS: COLPIRNE UNA PER EDUCARNE CENTO…

DIFENDERNE UNA PER DIFENDERE TUTTE E TUTTI!

Parliamo del “caso Salis”, sulla bocca di tutti i media, sia mainstream che non, anche se quelli che vanno per la maggiore ne parlano da poco tempo. 

Secondo chi scrive, la sua vicenda giudiziaria è legata al tentativo del “tiranno democraticamente eletto” Orban di scoraggiare qualunque manifestazione anti-fascista, in particolare quelle di persone provenienti da altri paesi. Proprio per questo si vuole colpire Ilaria Salis “per educarne cento”, e proprio per questo dobbiamo ribaltare questa prospettiva: proteggere lei e i suoi diritti per proteggere quelli di tutte e tutti.


 

In foto un volantino del Comitato Ilaria Salis (illustrazione di Gianluca Constantini). Vi invitiamo a firmare la petizione a questo link
In foto un volantino del Comitato Ilaria Salis (illustrazione di Gianluca Constantini). Vi invitiamo a firmare la petizione a questo link

 

RISPETTARE I DIRITTI UMANI DI PRESUNTI INNOCENTI E COLPEVOLI

Ilaria Salis è accusata insieme ad altre persone di “tentato omicidio” per una presunta aggressione a dei neonazisti ungheresi, che se la sarebbero cavata con ferite lievi, e che sarebbe stata commessa da quella che la procura ungherese ritiene un'associazione di estremisti antifascisti tedesca. I due neonazi hanno ricevuto una prognosi di pochi giorni e non hanno sporto denuncia. La storica violenza e ideologia neonazista fa sentire anche in pericolo i familiari della reclusa, dopo delle minacce di “farsi giustizia da sé” (lo riporta l’ANSA ) da parte delle presunte vittime. 

Del caso se ne sta parlando di più dopo che il TG3 ha diffuso le sue immagini in udienza, mentre era legata a mani e piedi, trattata come se non fosse umana, come un cane tenuto al guinzaglio (considerazioni anti-speciste a parte), e facendo il giro del mondo mediale. Ilaria si trova in carcere oramai da un anno: ogni Febbraio i neonazisti e fascistoidi ungheresi manifestano a Budapest per “commemorare” gli scontri dei soldati nazisti ungheresi con l’esercito sovietico.

Su queste pagine virtuali abbiamo parlato più volte del tema della detenzione, in un’ottica che è idealmente “abolizionista”, e che parte da un concreto “riduzionismo” da attuare immediatamente: i suoi diritti, come quelli di tutte le persone presunte innocenti fino a prova contraria, e anche del colpevole dei peggiori crimini immaginabili, dovrebbero essere comuni a tutta la specie umana. E i suoi diritti sono stati già violati…

A cominciare dal divieto di mostrare i volti di persone ammanettate: avete presente quando in tv si vedono degli arresti di appartenenti alla criminalità organizzata e a qualcuno viene coperto il volto con un panno? C’è una ragione per cui questo avviene, e ci sono delle leggi nazionali e internazionali…

Si pensi poi al soddisfacimento di bisogni basilari: il cibo nelle carceri di tutto il Mondo è quasi sempre insufficiente o malsano. Non a caso all’insegnante italiana non è stato permesso di comprare qualcosa nello spaccio del carcere, mentre le disgustose “calorie” offerte servono a mala pena al suo sostentamento. Altro bisogno basilare è quello di “coprirsi”, e quindi di avere dei vestiti: a Ilaria, per esempio, hanno dato scarpe con i tacchi non della sua misura, vestiti sporchi, e non ha avuto la possibilità di cambiarsi la biancheria per più di un mese! Vive in una cella con l’aria che filtra solo da uno spioncino e con le cimici nel letto. In una parola: tortura!

C’è poi il diritto a un giusto processo: i suoi avvocati denunciano il fatto che ad Ilaria sono stati presentati documenti non tradotti nella sua madrelingua, come previsto dalla legge. 

Al di là del fatto che in quel paese (come nel nostro) c’è qualche problemino sulla condizione dei detenuti e sulla separazione dei poteri (cose che ci devono indurre a riflettere sia sugli abusi che si verificano nelle nostre carceri, sia sul fatto che il “modello Orban” ispira i “post-fascisti” che attualmente ci governano), e al di là della colpevolezza di Salis o di altre persone appartenenti a presunti gruppi di “estremisti” di sinistra, è paradossale notare una delle circostanze aggravanti che le vengono contestate, e per le quali potrebbe rischiare fino a 24 anni di galera (stando a quanto riportano poche cronache): parliamo dell’aggravante dell’ “odio contro una comunità”, e cioè la "comunità" neonazista!

26.5.23

CONCETTI SPARSI DA “RECLAIM THE TECH”

TANTI SPUNTI TANTO IMPEGNO!




A Bologna, tra il 5 e il  7 maggio 2023, si è dipanata una densissima tre giorni intitolata "Reclaim the Tech, Officina di saperi e pratiche per la giustizia digitale, sociale e di genere" nel Municipio Sociale "Làbas" e nel Centro Sociale "Teatro Polivalente Occupato".
 
Chi lo ha organizzato non lo definisce come un semplice "festival", bensì <<una fucina di scambi e riflessioni, un percorso da costruire insieme per riprenderci la tecnologia e rimetterla al servizio di persone e comunità>>.
 
Nei tre giorni si sono condensati tantissimi spunti sulle tecnologie, in particolare quelle legate al mondo digitale: abbiamo preso parte a una valanga di energia collettiva, abbiamo “immagazzinato” una riserva di potenziale sociale e di voglia di fare, e siamo fiduciosə che all’ampiezza di quelle riflessioni corrisponderà un impegno altrettanto “esteso”.
 
Questo articolo non è soltanto un “reportage atipico” e un “ricordo” del festival, ma è soprattutto un post che parla di tecnologie, specificamente quelle legate alle IT e con una particolare attenzione a una serie di tematiche collegate alla strettissima attualità, con una serie di “articoli nell’articolo”: parliamo quindi di tecniche di sorveglianza e repressione di massa, social network “classici”, Fediverso, shadow-libriaries e Aaron Swartz, algoritmi e AI, big data, cripto valute,
delle diaboliche dinamiche discriminatorie e voraci del capitalismo di piattaforma e digitale e del contro-utilizzo delle sue meccaniche
 
Il nostro auto-inviato per nulla speciale, Scribha Kino (detto anche Analfabeta Informatico Funzionale), è partito da Napoli insieme a dei/delle “compa” per seguire l’evento, vediamo cosa ha combinato...
 
 

RIAPPROPRIAMOCI DELLE “TECH”!

 
Sintetizzare cosa è stato il festival è per forza di cose uno sforzo riduttivo: è difficile restituire il livello profondo delle riflessioni e lo spessore delle elaborazioni teoriche... E sarebbe altrettanto limitante considerarlo un mero festival, e non soprattutto un luogo dove intessere relazioni e alleanze per progettare e mettere in pratica quello di cui si è discusso negli svariati workshop e panel (più di 15), oltre che negli incontri introduttivi e finali.