FUNZIONAMENTO, INCONGRUENZE E INSIDIE DEL DDL CALDEROLI
Fissata per le ore 10 di questa mattina la discussione alla Camera sul DDL Calderoli, dopo che è stato approvato dal Senato lo scorso Gennaio e assegnato alla Commissione Affari Costituzionali della Camera.
Mercoledì 24
Aprile era stato approvato dalle opposizioni un emendamento che
cancellava la parola "autonomia" dal primo articolo del disegno di legge, mentre
alcuni esponenti della maggioranza erano assenti. La maggioranza ha
"bypassato" la decisione argomentando che la votazione
doveva essere considerata nulla per ragioni procedurali e ripetendola
nei giorni successivi. Secondo l'opposizione si sarebbe
dovuta ripetere subito per essere considerata valida. Le opposizioni
denunciano questo pericoloso precedente che viola Costituzione e
regole parlamentari rinforzando la "dittatura della
maggioranza". La Commissione avrebbe dovuto lavorare a ritmo
serrato per discutere più di duemila emendamenti ma, dopo che ne
sono stati votati soltanto 80, è stata applicata la cosiddetta
"ghigliottina parlamentare" (o
"tagliola").
Al di là di questo
preoccupante e più
recente evento, a
destare altri timori sono le
violazioni dei principi
costituzionali di
indivisibilità della Repubblica e di solidarietà all'interno del
disegno di legge che
porta il nome del ministro per gli affari regionali e le autonomie.
DDL, in passato
osteggiato dagli alleati della
Lega e dalla stessa Premier,
che diventa perno su cui si regge l'attuale maggioranza in quanto
moneta di scambio politico con il cosiddetto "premierato forte",
altro provvedimento che rischia di stravolgere
la nostra democrazia e
di farla virare sempre
più verso una democratura.
Partiamo vedendo cosa
prevede, formalmente, il DDL Calderoli
e dove affonda
le sue radici.
LE RADICI DEL DDL CALDEROLI
Il cosiddetto "Ddl Calderoli", ribattezzato come "Spacca Italia", ma noto anche con le espressioni "regionalismo differenziato", "asimmetrico" o, più precisamente, come attuazione della riforma dell'Autonomia Differenziata, consentirebbe il trasferimento di diverse funzioni dallo Stato centrale alle 15 Regioni a statuto ordinario e finirebbe per alimentare le già profonde sperequazioni tra diverse aree del paese.
In sostanza, potremmo ritrovarci con tanti sistemi governativi diversi in cui, per fare qualche esempio, si avrebbero programmi scolastici differenziati e altrettante eterogenee politiche estere o ambientali, basate su intese e corrispondenti leggi ad hoc per ogni regione richiedente. In due parole: dis-uniformità normativa. Se arrivassimo a questo punto si farebbe prima a proclamare venti stati diversi e dichiarare, anche formalmente, la fine della Repubblica.
Le madri e i padri Costituenti, dopo la Resistenza al nazifascismo, avevano concepito l'indivisibilità e l'unità della Repubblica, dal punto di vista geografico e dei valori comuni, così come espresse nell'articolo 5 della Costituzione. Il quinto dei primi dodici principi fondamentali riconosce anche le autonomie locali, in sinergia con il governo centrale e in linea con gli ideali della stessa Carta fondamentale, oltre al decentramento amministrativo, in rottura con l'accentramento del potere fascista e favorendo l'azione delle amministrazioni locali, più vicine ai cittadini, i quali dovrebbero essere effettivamente coinvolti nei processi decisionali e nella vita politica.
Il disegno di legge 615, ossia lo "Spacca Italia", affonda le sue radici nelle riforma del Titolo V della Costituzione, quello dedicato a Regioni, Province e Comuni, in quanto ne costituirebbe l'attuazione. La legge costituzionale n.3/2001 ha completamente cambiato il rapporto tra governo centrale ed enti locali, attribuendo a quest'ultimi tutte le competenze non riservate esplicitamente allo Stato, trasformando gli enti periferici nei principali punti di riferimento degli abitanti dei singoli territori e attribuendo loro uno status paritario a quello dello Stato. La riforma del Titolo V della Costituzione ha, quindi, già ampliato le materie di competenza di Regioni ed Enti locali, ed è stata promossa da un governo di centrosinistra per contrastare le tensioni secessioniste della Lega Nord che, da parte sua, mirava più a ottenere potere in ambito locale che a garantire l'autogoverno dei cittadini.
La storia recentissima dello "Spacca Italia" comincia però con un'intesa siglata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (che si troverebbero a poter gestire direttamente quasi duecento miliardi di euro e che diventerebbero nuove regioni a statuto speciale de facto) con il governo Gentiloni nel 2018. Accordo che ha attraversato il governo "gialloverde", "giallorosso" e, infine, quello tecnocratico-draghiano.
LE INTESE SU 23 MATERIE (E "SOTTO-MATERIE") E I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI (LEP)