NON È LA PRIMA VOLTA E SONO PROPRIO QUELLI CHE RUBANO GLI AIUTI
Torniamo a parlare dell'uso della fame come arma di guerra e del ruolo israeliano dietro la “borsa nera” di Gaza e dietro il furto stesso dei beni di prima necessità.
Nella parte conclusiva di questo articolo andiamo oltre l'immediatezza degli eventi più recenti argomentando perché tutto viene permesso a una potenza nucleare illegale (non è l'Iran!) in una dissociazione comunicativa che è solo apparente, trovando le sue ragioni in un modo di ragionare fondato su faziosità e illogicità: da un lato ci raccontano che la popolazione di Gaza muore letteralmente di fame perché Hamas ruberebbe gli aiuti, dall'altro politici israeliani affermano candidamente che <<non deve entrare nemmeno un chicco di grano nella Striscia>>.
DA TRAFFICANTE DI DROGA A CAPO DELLE “FORZE POPOLARI” CON IL SOSTEGNO DI ISRAELE
Israele fornisce armi leggere a gruppi di criminali jihadisti di Gaza per seminare il caos e indebolire Hamas <<su ordine di Netanyahu>>: lo ha rivelato pubblicamente tre giorni fa Avigdor Lieberman, capo del partito Israel Beitenu, un tempo alleato dell'attuale primo ministro, temendo che quelle armi <<potrebbero essere usate contro Israele>>. “Bibi” Netanyahu conferma, affermando <<che male c'è?! Serve a salvare le vite dei nostri soldati>>, e accusa il suo avversario politico di fare <<un piacere ad Hamas>>.
A capo dei circa trecento uomini della principale banda criminale c'è Yasser Abu Shabab. Questo nominativo gira da mesi. Lo avevamo menzionato in un articolo in cui davamo notizia di un documento ONU riservato che accusava proprio Israele di essere dietro ai criminali che assaltano i convogli umanitari, uccidono gli autisti e impongono il pizzo per il passaggio dei camion di aiuti con il beneplacito dell'esercito israeliano, oltre a gestire la “borsa nera” di Gaza, il mercato clandestino di beni di prima necessità.
La mafietta locale agisce vicino al valico di Kerem Shalom e Rafah, al confine tra Gaza, Israele e l'Egitto, luogo strategico per traffici di ogni genere. Lì, dove la Fratellanza Musulmana, nella forma di Hamas, si scontrò con elementi islamici più radicali, e dove la popolazione di Gaza viene ammassata con il piano di espellerla verso il deserto. Abu Shabab discende dalla tribù beduina dei Tarabin, composta da decine di migliaia di persone che vivono tra l'Egitto e la Palestina storica, ma anche in Arabia Saudita. Alcuni clan sono stati accusati di aver collaborato con Israele prima che l'Egitto gli cedesse la penisola del Sinai e prima che quest'ultima fosse restituita nuovamente al Cairo. Dopo essere scappati si sono insediati nel villaggio di Dahaniya, costruito nel '77 e protetto da Israele insieme a “infiltrati” e collaboratori dell'occupante, fino a quando l'esercito israeliano si è ritirato da Gaza nel 2005. Lo stesso tipo di accuse è stato mosso ad Abu Shabab proprio dalla sua stessa famiglia, che lo ha rinnegato diffondendo una lettera alla stampa: <<è arrivato al punto di operare con unità sotto copertura per supportare le forze di occupazione che stanno brutalmente uccidendo il nostro popolo (…) Non abbiamo nulla in contrario se qualcuno, tra quelli attorno a lui, lo uccide. Il suo sangue non valle nulla>> (dichiarazione considerata falsa dall'interessato). Abu Shahab, protetto da decine di uomini armati in una villa, ufficialmente si proclama il capo delle “Forze Popolari” che portano il suo nome ed espongono sulle uniformi la scritta “Unità Anti-Terrorismo”. Fuggito dal carcere nel caos della guerra, dove era rinchiuso per furti e traffico di droga, secondo diverse fonti avrebbe legami con ambienti salafiti e con l'ISIS. Tuttavia, va notato che alcuni membri della sua stessa tribù hanno combattuto con l'esercito Egiziano contro i tagliagole del sedicente stato islamico.
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Immagine di Yasser Abu Shabab (indicato come Yaser con una sola "s" sul suo profilo Facebook) |
Le numericamente esigue e autoproclamate “Forze Popolari” non sono in rivalità con Hamas solo militarmente: portano avanti una campagna mediatica a mezzo social media in cui attaccano la più numerosa e discussa fazione della resistenza palestinese. Si dipongono come liberatori del loro popolo, proclamando di operare secondo la <<legittimazione palestinese>>. Quest'ultima espressione è stata interpretata come un riconoscimento della cooperazione con l'Autorità Nazionale Palestinese. E non è l'unica dichiarazione di supporto all'ANP guidata da Fatah, largamente accusata di essere oramai de facto alleata con Israele, nonché rivale di Hamas. In un post di pochi giorni fa (dal loro profilo Facebook aperto il 19 Maggio) la gang del mercato nero ricorda alcuni <<martiri del dovere nazionale dell'Autorità Nazionale Palestinese che si sono uniti alle forze popolari dalle tribù Al-Tarabin e Al Barabikha>>, che sarebbero morti ad Aprile mentre rimuovevano macerie e ordigni inesplosi.
L'ANP, mentre chiudiamo questo articolo, non ha confermato né smentito legami, ma ha annunciato a una testata statunitense di preparare un comunicato stampa in merito. Ammesso che ci siano connessioni ufficiali con i governanti della Cisgiordania, è sensato pensare che la dichiarazione serva comunque a sviare l'attenzione dal loro diretto e principale foraggiatore, ovvero, per sua stessa ammissione, il gabinetto di guerra israeliano. Ed è paradossale riflettere sul fatto che Israele sta foraggiando una banda di criminali per indebolire Hamas dopo che ha permesso a quest'ultima di rafforzarsi per indebolire l'ANP...
In passato le sedicenti “Forze Popolari” avevano ammesso di aver compiuto furti ai convogli umanitari, ma hanno sempre negato di aver rivenduto beni primari come cibo e aiuti. Oggi diffondono video in cui distribuiscono cibo e narrano la loro genesi: durante la carestia provocata dalla guerra si sarebbero uniti per ribellarsi alla tirannia di Hamas e per riappropriarsi di quanto spettava loro, contrastando violenze e saccheggi. Negano di essere un'estensione di Israele, <<uno strumento dell'occupazione>>, così come negano di essere in competizione con Hamas: <<giriamo armati solo per difenderci>>. Invitano amichevolmente i giornalisti nell'area sotto il loro controllo a est di Rafah, la <<Zona del Progetto>>, e mostrano i lavori di costruzione in vista del <<rimpatrio>> di chi volesse spostarsi lì sotto la loro coordinazione (agevolando la strategia israeliana per ammassare persone in pochi punti a sud di Gaza), allegando un contatto telefonico.
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Fermo immagine dal video in cui mostrano la distribuzione del cibo |
Analizzando uno dei loro video si può notare che i sacchi di cibo distribuiti hanno il logo del World Food Programme, agenzia ONU che combatte la fame. Loro dichiarano di coordinarsi con le Nazioni Unite ma, sarà un caso, l'agenzia ha subito attacchi e furti dopo che i mezzi che li trasportavano seguivano le coordinate dettate dall'esercito israeliano.
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Il logo sui sacchi di cibo è quello del World Food Programme |
Non è la prima volta che Israele sostiene milizie jihadiste, come avevamo già spiegato in un articolo sulla guerra civile siriana: dal 2013 al 2018 i governanti israeliani hanno finanziato almeno una decina di gruppi jihadisti in funzione anti-Assad distribuendo armi e pagando un “soldo” di 75 dollari mensili; nel 2014 alcuni combattenti dell'opposizione siriana (forse addirittura affiliati direttamente ad al-Qaeda) furono ricoverati in ospedali israeliani, come confermato dai caschi blu dell'ONU; nel 2017 l'allora ministro della difesa israeliano, Moshe Yaloon, si fece scappare che un gruppo affiliato all'ISIS si era scusato per aver attaccato l'esercito israeliano per errore, rivelando la violazione della stessa legge israeliana che vietava comunicazioni con i tagliagole del califfato nero.
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Fermo immagine dal video delle "Forze Popolari" su Facebook. La scritta in arabo recita: <<Hamas non ci rappresenta>>. |
NUOVA TATTICA NELL'USO DELLA FAME COME ARMA DI GUERRA
La scorsa settimana abbiamo parlato del piano di gestione degli aiuti umanitari a Gaza per estromettere le Nazioni Unite, l'UNRWA e le principali organizzazioni umanitarie internazionali da un compito delicatissimo, che richiederebbe imparzialità, con il fine di perseguire fini militari. Il tutto facendola sembrare un'iniziativa gestita da filantropi privati, e cioè dalla Gaza Humanitarian Foundation. Avevamo detto che la GHF è collegata alla CIA e a finanziatori oscuri. Oggi possiamo dire che la natura dei finanziamenti è più chiara, e viene confermato l'ennesimo “sospetto di Pulcinella” da “Kan 11”, emittente di stato israeliana: fonti riservate hanno rivelato che il governo di “Bibi” ha fatto arrivare segretamente 200 milioni di dollari all'organizzazione “umanitaria” che dovrebbe gestire gli aiuti in maniera indipendente. E ha pure chiesto altri 500 milioni a Trump, che dovrebbero bastare solo per 6 mesi, secondo Reuters. Il tutto supportato dalle emergenti “Forze Popolari”, oltre che dai mercenari al soldo della “OG” (Organizzazione Governativa, una ONG senza la “N”).
Ma c'è di più: ci sono dei video, girati da chi gestisce l'attività "umanitaria", che mostrano una nuova strategia necropolitica nella distribuzione degli aiuti, forniti sadisticamente a intermittenza e con scherno: non ci sono più i sistemi sofisticati, come riconoscimento facciale e impronte digitali, per scegliere chi riceve aiuti e chi muore di fame. Pochi pacchi con del cibo vengono lasciati all'entrata dei magazzini militarizzati. Viene dato un avviso, si scatena una ressa e ottiene qualche testuale briciola da mangiare solo chi è più rapido, fortunato o connivente con le bande criminali.
DIRE QUALCOSA E POI AFFERMARE L'ESATTO CONTRARIO: LA MORTE DELL'UMANITÀ E DELLA LOGICA
Diamo per assodate le asserzioni, mai supportate da evidenze, secondo le quali Hamas ruberebbe gli aiuti, affamando la popolazione di Gaza al fine di arricchirsi con la pancia piena. Ciò comporterebbe che l'ulteriore rafforzamento dell'embargo (in piedi da anni) evidentemente non ha comunque sortito gli effetti dichiarati: la (auto)distruzione di Hamas e la consegna degli ostaggi. La logica vuole, dunque, che se il blocco di aiuti umanitari non riesce a far raggiungere l'obiettivo sperato, qualunque ulteriore restrizione serve solo ad affamare il resto della popolazione. In altre parole, bisognerebbe inondare Gaza di aiuti perché la popolazione non muoia e affinché, secondo questa distorta narrativa, Hamas non possa comunque lucrare su beni che sarebbero ampiamente disponibili, se fossero lasciati passare in gran quantità, come chiedono tutte le organizzazioni umanitarie e gli organismi preposti. Ma, a parte il fatto che <<il ritorno degli ostaggi non è la cosa più importante>>, come ha dichiarato pubblicamente ad Aprile 2025 il ministro delle finanze Smotrich, sono proprio i governanti israeliani a smentire sé stessi.
Mentre opinionisti pro-sionismo coloniale e portavoce ufficiali del governo israeliano dicono che è tutta colpa di Hamas se la popolazione muore di fame, sempre Smotrich ad Aprile ha dichiarato che <<non entrerà nemmeno un chicco nella Striscia>>. La dichiarazione, proveniente dai settori più fanatici del governo israeliano, seguiva la posizione ufficiale dell'intero governo palesata a Marzo, quando Israele ha rotto unilateralmente la tregua dopo aver cambiato i termini degli accordi stabiliti precedentemente: <<dopo il rifiuto di Hamas di accettare il piano dell'inviato Steve Witkoff per continuare le trattative -per le quali Israele si era accordata- il Primo Ministro Netanyahu ha deciso che da questa mattina tutte le forniture di beni nella Striscia di Gaza verranno fermate>>. La qual cosa equivale esattamente a dire che, dando per scontato che Hamas ruba gli aiuti, Israele ha comunque deciso di punire l'intera popolazione di Gaza, neonati inclusi. Si chiama ricatto e, in questo caso, costituisce un crimine: le guerre sono sporche ma ci sono delle regole, tra cui il divieto di usare la fame come arma di guerra.
Come meravigliarsi del resto se dall'inizio della guerra genocida si diceva che <<a Gaza non ci sono civili>> (lo ha detto il Presidente Herzog, quello a cui Mattarella ha stretto la mano), che <<Hamas e i civili sono ugualmente responsabili>> (così parlò l'avvocato e terrorista Ben Gvir, il ministro della sicurezza nazionale israeliano che incitò all'omicidio di Rabin, quello che doveva fare la pace con i palestinesi). Il vero obiettivo era ed è <<obbligare decine di migliaia di persone, anche centinaia di migliaia, a cercare rifugio in Egitto e dei pesi del Golfo>> (parola di Giora Eiland, ideatore del piano per affamare -ufficialmente- solo Hamas). Allora, è una criminale offesa all'intelligenza e alla logica sostenere che l'obiettivo è colpire Hamas, Hamas, Hamas (lo fanno suonare quasi come “bla, bla bla”)! È sempre colpa di Hamas...
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Dettaglio dell'mmagine sullo sfondo della Tasnim News Agency tratta da Wikimedia, rilasciata con licenza Creative Commons |
Il genocidio lo hanno annunciato, tanto è vero che il massimo organo di giustizia internazionale ha stabilito, diciotto mesi fa, che dovevano essere prese delle misure per prevenirlo!
Oramai la maggiorparte delle persone è talmente anestetizzata intellettualmente che affermare “tutto il contrario di tutto” è diventata la nuova logica, imperante e caotica. Ma questa dissociazione comunicativa è, purtroppo, solo apparente... E, dopo aver riportato una serie di fatti, veniamo all'esprimere una serie di opinioni e riflessioni di “geopolitica popolare” che forse aiutano a capire il perché per un governo di terroristi si può affermare qualcosa e, subito dopo, l'esatto contrario.
VIVA SANSONE CON I SUOI CAPELLI NUCLEARI E SI DICA TUTTO IL CONTRARIO DI TUTTO
Israele, oltre a condividere interessi e segreti di natura politica, militare ed economica con gli USA e l'Occidente, detiene illegalmente centinaia di testate nucleari. L'arsenale atomico illegale è uno dei motivi per cui tutto è permesso allo stato che occupa illegalmente territori da decenni con una brutale dittatura militare, allo stato che applica l'apartheid (come confermato da un'opinione del massimo organo di giustizia dell'ONU la scorsa estate), nonché una potenza nucleare impazzita, viziata dai genitori nordamericani (e alla sua nascita anche da quelli sovietici), guidata da fanatici religiosi ed estremisti che si arrogano il diritto di far coincidere la religione e la cultura ebraica con quello stato terrorista, in cui tantissimi ebrei e sopravvissuti all'Olocausto non si riconoscono.
Infatti, esiste un'espressione nota come “Opzione Sansone”, dal nome del noto personaggio biblico la cui forza risiedeva nella capigliatura, un “kamikaze” ante-litteram che si uccise insieme ai suoi nemici. Nella follia dell'ordine atomico fondato sul terrore, la cosa più razionale per una potenza nucleare sarebbe quella di usare le armi atomiche solo in condizioni di estremo e -realmente- esistenziale pericolo, ossia quando non ci sono altre strade percorribili. Motivo per cui, allo stato attuale delle cose, l'impiego di un'arma nucleare da parte russa sembra tutt'altro che probabile.
E dovrebbe essere così anche per l'etno-teocrazia israeliana, nonostante i crimini a cui abbiamo assistito il 7 Ottobre che, per quanto brutali, non rappresentano certo una minaccia esistenziale a Israele ma, al più, il frutto di una deliberata politica israeliana incentrata sulla pulizia etnica e sulla divisione del popolo palestinese. Politica sviluppata supportando pubblicamente l'ANP, largamente percepita come corrotta e collaborazionista, e supportando indirettamente sia Hamas che altre fazioni jihadiste, oltre a sabotare qualunque risoluzione diplomatica del conflitto, come si è visto anche con l'interruzione unilaterale del cessate il fuoco pochi mesi fa. Hamas è considerata una <<risorsa>>, come dichiarò pubblicamente sempre Smotrich, in quanto con il movimento nazionalista islamico al potere, e senza dare nessuna prospettiva ai palestinesi per il riconoscimento dei loro diritti, si ha il pretesto per continuare la guerra e completare la pulizia etnica della popolazione nativa. Di come sono state supportate altre fazioni estremiste islamiche, invece, ne abbiamo parlato all'inizio di questo articolo.
Invece di fermare il genocidio, invece di fermare l'occupazione e le spirali di violenza che ha causato, invece di impegnarsi per porre fine all'equilibrio fondato sulla deterrenza del terrore nucleare, la componente occidentale del dis-Ordine mondiale ha preferito impegnarsi nel fermare il programma nucleare della teocrazia sciita, l'Iran, ricorrendo sempre meno alle armi della diplomazia, dopo aver segretamente armato atomicamente quella che ora è l'etno-teocrazia israeliana. Per questo Netanyahu vuole espandere il conflitto in Iran, perché deve essere l'unico ad avere l'atomica nell'area (la cosiddetta “Dottrina Begin”) il padrone incontrastato del Medio Oriente (o Asia Occidentale, a seconda dei punti di riferimento). Ma, forse, il suo piano folle potrebbe essere quantomeno rallentato, fatte salve follie alla “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Infatti, dopo venti mesi di genocidio, dopo che Trump si è recato dai petro-monarchi del Golfo Persico (ma non in Israele), e dopo che gli è stato spiegato che Netanyahu disturba gli affari perché ai regnanti non interesse nulla dei palestinesi, ma ai loro regnati sì, anche la stampa ha cominciato timidamente a dire che forse c'è qualcosa che non va nella “autodifesa” di una potenza occupante dalla popolazione che è occupata.
In un'epoca in cui si può affermare di “tutto e il contrario di tutto”, nonostante la quantità di informazioni e il numero di mezzi per raccoglierle, regna una sostanziale indifferenza delle masse, oltre a un senso di impotenza generalizzato per frenare le azioni dei singoli che detengono gran parte del potere decisionale. Per questo dovranno compiere ulteriori sforzi quelle persone che si impegnano già da tempo in favore del popolo palestinese e, più in generale, del rispetto dei diritti umani e del senso di umanità che sembra essere morto a Gaza, insieme alla logica.
Giornalisti, accademici e insegnanti sono le categorie professionali che più dovrebbero essere impegnate nel lavoro della ricerca della verità, nello sviluppo del pensiero critico. Ma, al momento, sono le più vili: mentre molti di loro hanno paura di perdere il posto di lavoro o di essere minimamente penalizzati, la popolazione di Gaza e del resto della Palestina sostiene l'insostenibile.
A tutte quelle persone diciamo: non siate indifferenti, non giratevi dall'altra parte, si può fare sempre qualcosa anche nel proprio piccolo. Ogni azione, per quanto piccola o limitata possa essere, avrà sempre delle conseguenze. Non smettiamo di parlare di Palestina e non smettiamo di combattere le ingiustizie, anche quelle che albergano nel nostro sé: abbiamo tutti in comune il fatto di essere umani, proprio come i responsabili del genocidio in Palestina. Ciò dovrebbe inquietarci, tutti.
Paolo Skietto
AGGIORNAMENTO DEL 10 GIUGNO 2025. In merito a quanto scritto sopra riguardo a ipotetici collegamenti della milizia di Abu Shabab con l'ANP, l'ufficio stampa di Anwar Rajab, generale delle forze di sicurezza palestinesi, ha smentito ogni collegamento con le "Forze Popolari" alla CNN. Anche Shabab afferma di non operare con loro.
Nello stesso articolo si specifica che alcuni autisti hanno riferito che gli uomini di Shabab hanno protetto (anche da loro stessi?!) diversi camion dell'agenzia ONU.
Possiamo cominciare a fare qualcosa di concreto contro il genocidio partendo da quello che mettiamo nel carrello della spesa: scaricate applicazioni come “No Thanks” e “Boycat” (le abbiamo testate entrambe e la prima sembra funzionare meglio), seguite le campagne del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e non acquistate prodotti di aziende che fanno affari con uno stato terrorista che applica l'apartheid e pratica il genocidio.
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ultima modifica 10/06/2025 00:54
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