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25.3.23

DALLA CACCIA ALLO STERMINIO PIANIFICATO

CONSIDERAZIONI ANTISPECISTE SULLA PIANIFICAZIONE DELLA VIOLENZA E SUL RAPPORTO CON ALTRI ESSERI SENZIENTI


 

In basso la faccia di un cane, disegnata tre volte, che si copre prima la bocca, poi le orecchie e poi gli occhi. Sopra due scheletri umani con gli organi in vista. Sul primo scheletro la faccia di un lupo cattiva con un elmetto e degli esplosivi. Sull'altro scheletro la faccia di un maiale con un costoso cappello a cilindro e degli occhiali da sole, mentre ride beffardo.
Collage de "Lo Skietto" con immagini tratte da Pixabay


Dopo lo scarsissimo successo del post “Perché e come si diventa “Veg” e del sequel “Come e perché si diventa vegan” a bassissima richiesta torniamo a parlare del nostro rapporto con altri esseri senzienti tra le righe di “Valvola”. Lo facciamo prendendo in prestito dei preziosissimi spunti dagli scritti di Abdullah Ocalan che, dal carcere di Imrali (dove è rinchiuso da quasi un quarto di secolo), ha teorizzato la “svolta” libertaria e bookchiniana che ha fatto virare le istanze nazionaliste di una parte della resistenza curda, e dei popoli alleati, verso il modello democratico-confederalista sperimentato in Rojava, basato sui principi della democrazia diretta, dell’ecologismo e del femminismo.

 

Le parti del testo in corsivo sono prese dal libro “La Civiltà Capatilista. L’era degli Dèi senza maschera e dei Re nudi. Manifesto della civiltà democratica Vol. 2” della collana “Scritti dal Carcere” edito da “Edizioni Punto Rosso” ed “Edizioni Iniziativa Internazionale”, uscito in italiano nel 2021 e tradotto dal tedesco da Simona Lavo (pag.39-43, paragrafo “Ragione e Società”).

 

 

NATURA "COSMICA" E NATURA SOCIALE
INTELLIGENZA EMOTIVA E INTELLIGENZA ANALITICA

L’istinto primigenio del primate umano è predatorio: le scimmie sono principalmente onnivore, ma non tutte, incluso alcun* appartenenti alla specie dell’homo sapiens.

Una delle differenze con altre specie del regno animale risiede nell’importanza della dimensione sociale: <<per un bambino l’infanzia termina solo dopo un periodo di 15 anni, durante i quali non può vivere senza società. Alla nascita il bambino è molto debole. Tutti i cuccioli di animale sono in grado di sopravvivere da soli in breve tempo, perlopiù in pochi giorni>>.

L’aspetto sociale di donne e uomini è collegato a un’altra capacità umana molto particolare: conservare e tramandare conoscenze di generazione in generazione, tramite dei sistemi di rappresentazione simbolici gestuali, ma soprattutto orali e scritti.

16.12.22

SCRIVIAMO QUELLO CHE NON VORREMMO LEGGERE!

Partendo da un aforisma sul giornalismo (e dalle sue “varianti”) arriviamo a riflettere sui “massimi sistemi” della comunicazione e sul perché “scriviamo quello che non vorremmo leggere”!

 


<<La vera libertà di stampa è dire alle persone quello che non vorrebbero sentirsi dire>>

<<Giornalismo  è parlare di qualcosa che qualcuno non vuole sia scritto. Il resto è fare pubbliche relazioni>>

<<Dire una verità che qualcuno vuole non che sia pubblica è giornalismo, il resto è marketing>>

<<Le notizie sono cose che qualcuno non vuole siano pubblicate. Il resto è pubblicità>>

<<Qualunque cosa gli sponsor e la proprietà vogliono pubblicare è pubblicità, il resto sono notizie>>

<<Se qualcuno ti chiama dicendo che ha una storia da raccontare è pubblicità. Il resto è una notizia>>

<<Giornalismo è diffondere quello che qualcuno non vuole che tu conosca. Il resto è propaganda>>


Per la rubrica “Valvola” pubblichiamo un commento di un aforisma e delle sue “varianti”, la cui attribuzione è incerta: la paternità della prima “versione” di questa “frase-concetto” (tra quelle scritte sopra) , viene fatta risalire da molti a George Orwell, così come le tre versioni successive che alcuni invece attribuiscono rispettivamente a Oscar Wilde, Alfred Harmsworth, William Randolph Earst, Katharine Graham e Harold Harmsworth . La quinta e la sesta sembrano essere anonime. Secondo altri queste attribuzioni sarebbero apocrife (e cioè ascritte agli autori menzionati in maniera errata) mentre la settima pare l’unica di attribuzione certa: l’autore è Horacio Verbitsky[1].

Nel titolo c’è la “rivisitazione” di queste massime pensata da Cronissa Nolletta, autrice di questo post, che la fa “propria” rileggendola e aggiungendo un’interpretazione meno immediata e diversa da quella che sarà già balzata alla vostra attenzione... Cominciamo, come di consueto tra le righe digitali di questa rubrica, a “svalvolare” facendo un po’ di filosofia e psicologia “spicciola”! E diciamo spicciola per il tono informale con cui l’affrontiamo ma, a nostra detta, profonda e intensa…

 

 

LA COMUNICAZIONE UMANA E IL COMPITO PIÙ IMPORTANTE DEL GIORNALISMO

La capacità di comunicare e di tramandare conoscenze è probabilmente quello che ci distingue di più dagli altri animali, nel bene e nel male! La nostra società, la tecnologia e la complessità delle nostre relazioni ci hanno fatto “avanzare” a tal punto che siamo “talmente intelligenti da essere stupidi/e”, talmente complicati/e e articolati/e da non riuscire più a essere compatibili con l’ambiente circostante, essendo l’unico animale che inquina e modifica il suo habitat con una tale incisività e consapevolezza (forse quest’ultima non è comunque sufficiente). Il giornalismo fa parte della dimensione comunicativa moderna: chiunque si occupa di informazione ha il compito di raccontare “le cose” che non sono “finzione” e non sono classificabili come “narrativa pura”, dopo averle “selezionate” tra una marea di vicende -in prima istanza- e sforzandosi di essere il più accurati/e e onesti/e possibile…