16.2.23

COME E PERCHÉ SI DIVENTA VEGAN?

SCELTE BESTIALI E NON SOLO ALIMENTARI...

 

 


Pubblichiamo il “sequel” di un articolo apparso sulle pagine della rubrica “Valvola”, scritto dall’allora autore “Semivegano Indeciso”, auto-ribattezzatosi per l’occasione come “Vegano Deciso MinimumFlexy”.



PRODUZIONE INDUSTRIALE: OGGETTI DI CARNE



Come di consueto citiamo un brano/video musicale in sintonia con quanto scritto nel post (questa volta però lo mettiamo all’inizio dell’articolo). Si tratta di “Am I Wrong” di “Etienne de Crecy”. Nei 4 minuti di video animato si racconta la storia romanzata di un hamburger: il cervello di un bovino è collegato a un macchinario che gli fa credere di vivere normalmente nella natura. Invece una creatura, a metà tra l’umano e il canide, taglia pezzi del suo corpo che entreranno in un macchinario per la triturazione della carne, a monte di un procedimento del confezionamento di burger di un fast-food.

Una persona, per caso, scoprirà il “bestiale” e disumano trattamento cui è sottoposto l’animale, innescando un sabotaggio della catena di montaggio e una vendetta dell’animale tanto rabbiosa quanto macabra.

Nonostante la narrazione fantasiosa il video mi fa tornare alla mente momenti reali di diverse fasi delle mie passate occupazioni nella ristorazione e in una fabbrica dove si confezionano prodotti a base di carne.


NELLA PRECEDENTE “PUNTATA”: SCELTA ETICA O SENSORIALE?

Qualche mese fa ho scritto un articolo intitolato Perché è come si diventa VEG” (sottotitolo: “Le svariate sfaccettature di un’unica scelta: il rispetto per il pianeta e per tutti i suoi abitanti, nonostante gusti e preferenze connesse a contraddizioni ed ipocrisie umane”).

Nel post si trovano diverse definizioni che consentono di “etichettare” diverse scelte di regimi alimentari, tra cui due intermedie tra il veganismo e il vegetarianismo, e cioè “flexitarianismo” e “semi-veganismo”. Se non avete familiarità con questi termini e con altri meno particolari, come pescetarianismo, carnivorismo e necrofagia, potreste trovare utile il precedente post, e vi invitiamo caldamente a leggerlo.

Oltre a questo raccontavo le motivazioni che possono condurre una persona a optare per un regime alimentare specifico, insieme a quelle mie personali ovviamente: in estrema sintesi sono stato vegetariano per circa 7 anni (e cioè non ho mai mangiato né carne né pesce ma ho continuato a consumare, più o meno sporadicamente, alcuni latticini e uova).

Da circa tre mesi sono diventato vegano, con tre eccezioni (contate) di cui parlo fra pochissime righe (non “cambiate canale”!).

La scelta che mi ha inizialmente portato a essere vegetariano era sia etica che "di gusto", e dunque "sensoriale": a un certo punto della mia vita ho cominciato a provare sia tristezza che disgusto nel mangiare cadaveri processati. Un simile disgusto, anche se in maniera molto minore, e un’ipocrita tristezza l’ho avuta anche per i latticini e per le uova (per le uova un po’ di meno), percependole come qualcosa di almeno vagamente “impuro”, qualcosa che usciva dalle mammelle di un animale o dalle sue parti intime, qualcosa con un odore e un sapore a tratti gradevole ma che comunque “non mi convinceva” pienamente. Per i primi venticinque anni circa della mia vita ho sempre mangiato “male”, sia quando ero onnivoro che vegetariano…

Insomma, in parole povere, direi che la questione etica e la questione sensoriale-gustativa nel mio caso erano nate insieme, e quindi capire quale fosse sorta prima o quale fosse prevalente era un po’ come cercare di capire se “è nato prima l’uovo o la gallina?”.

 

LE IMPLICAZIONI ETICHE

Il succo “etico” del precedente articolo è il seguente: anche se si rispettano gli animali non comprando nessun prodotto che implichi la loro sofferenza (e quindi anche certi cosmetici, vestiti ecc.), consumando tutta una serie di prodotti (non solo quelli alimentari ma qualunque prodotto in generale) si continua comunque ad alimentare un sistema basato sullo sfruttamento di un animale umano su un altro umano, oltre che di tutte le risorse nel resto del nostro habitat.

Il tipico e prossimo passo marcatamente “etico”, dopo essere passato a un’alimentazione completamente vegetale, dovrebbe essere quindi quello di optare per tutta una serie di prodotti “cruelty free” (ovvero “privi di sofferenza” e quindi non sperimentati o derivati da animali)… ma a mio dire c’è un problema: nell’attuale sistema economico e sociale esiste davvero il concetto di “cruelty free” associato alla parola “prodotto”?!

Con questo non voglio assolutamente criticare o sminuire la scelta di chi, come me, ha optato per un regime alimentare non onnivoro e “minoritario”, ma vorrei invitare tutt# a riflettere su tutti i tipi di sofferenza e sull’organizzazione socio-economico in cui viviamo o che dovremmo adottare…

 

COME ESSERE ONNIVORI, VEGANI O QUELLO CHE VI PARE DA UNA PROSPETTIVA EGOISTA, SPECISTA ED ANTROPOCENTRICA? PROGRAMMANDO UNA DIETA!

Un altro punto su cui qualunque essere umano dovrebbe interrogarsi, anche quello che non si pone minimamente il problema etico del rispetto degli animali e che proprio non rinuncerebbe mai a carne, pesce e altri alimenti di origine animale, anche il più “egoista” e “specista”, è l’educazione alimentare: l’attuale sistema sociale ed economico è fondato sull’espansione infinita per diffondere e incrementare una presunta “ricchezza” in un habitat finito, invece che sull’accettazione dei limiti naturali e sulla valorizzazione di frugalità, moderazione e senso della misura. Ciò si riflette anche nelle nostre scelte alimentari, come in qualunque ambito della nostra vita permeato dallo spirito che induce a produrre e consumare il più possibile, espandendo il nostro giro-vita a scapito della salute, anche quella della stragrande maggioranza di persone non abbienti che, proprio per questo sistema che produce una quantità di cibo che potrebbe sfamare tutti ma che invece viene letteralmente buttato, non riesce a mettere sul piatto nemmeno le calorie necessarie per far funzionare correttamente il proprio corpo.

All’opposto, in altri casi numericamente meno frequenti rispetto ai primi (che si traducono in sovrappeso e obesità), si rincorre la gracilità ultima, l’estrema magrezza basata sull’annullamento totale del consumo in un’insana competizione fisica, fomentata da modelli di bellezza distopici, omologati e distorti dal mito della pura apparenza esteriore (come può avvenire per l’anoressia)… Oppure si può essere spinti a colmare un vuoto interiore ingozzandosi di beni materiali di consumo ampiamente disponibili, salvo poi “compensare” rigurgitando l’eccesso per rientrare nei ristretti canoni estetici e culturali (come può avvenire per la bulimia).

Quindi, pure se non si volesse entrare nel merito delle scelte dell’animale umano, essere che è comunque all’apice della catena alimentare e che potrebbe più o meno arbitrariamente e liberamente scegliere cosa e chi mangiare, e al di là delle implicazioni etiche connesse alle scelte alimentari, l’importante dovrebbe essere quello di cercare di pianificare al meglio la propria alimentazione, di fare diete e scelte alimentari che siano il più sane possibili!

Nelle società opulente “occidentali”, che devastano l’ambiente e sprecano preziose risorse di popolazioni che muoiono di denutrizione, non manca certo il cibo mentre mi pare che manchino le “basi” dell’educazione alimentare (breve parentesi da millennial e pseudo-boomer: quando andavo alle medie si facevano poche ore nell’intero triennio dedicate all’argomento dell’alimentazione nella materia “Educazione Tecnica”, per esempio. Ho cominciato a capire dei concetti molto basilari riguardo ai macronutrienti solo intorno ai 30 anni!...).


COME SONO DIVENTATO VEGANO? SONO “VEGANO VEGANO” OPPURE, SALVO RARISSIME ECCEZIONI, UN “99% VEGANO MINIMUM-FLEX”?!

Quindi, per farla breve, dopo aver comunicato la mia rinnovata scelta al nutrizionista mangio molti legumi (o pasti preparati con farine di legumi) e assumo integratori per le vitamine del gruppo B e a base di omega (a spanne credo siano degli acidi grassi, ma non sono uno scienziato … comunque li devo prendere!).








Tuttavia in questi due mesi ci sono stati tre esempi di eccezioni “flexitariane” in un regime quasi totalmente vegano (e quindi non come i “flexitariani” che ogni tanto mangiano carne o pesce): un pezzetto di torta di compleanno offertomi (che sarebbe stato maleducato rifiutare nell’ipotetica presenza di alimenti di origine animale) e un frammento di circa 3 centimetri cubi di un panettone con uova e, addirittura, burro (ho avuto modo di leggere gli ingredienti solo sull’etichetta del secondo). Infine talvolta addolcisco il tè con del miele (anche se ho l’abitudine di bere al giorno massimo tre caffè o tisane con caffeina –anche il tè e la mate la contengono- quasi sempre amari)…







Resta infine un dubbio amletico che è anche uno spunto di ricerca, tra l’altro affrontato brevemente nella precedente “puntata”: in una società ideale (e quindi sicuramente non nell’attuale sistema economico che per esempio separa subito i piccoli bovini dalle madri messe perennemente incinta con delle siringhe di sperma) sarebbe possibile mangiare una roba tipo un solo formaggio all’anno o una decina di uova all’anno senza far soffrire altri essere senzienti?!

 


Vegano Deciso MinimumFlexy







L'attuale sistema di produzione di cibi provenienti da animali si traduce in brutali crudeltà verso altre specie viventi (che potrebbero quantomeno essere ridotte), ma anche verso la stessa specie umana: problemi come l'inquinamento, lo sconvolgimento degli ecosistemi e la diffusione di malattie/pandemie riguardano anche gli umani più "egoisti" e "specisti". Questi problemi sono trattati anche in una recente inchiesta di Report (Rai 3) e nel video dell'associazione Animal Equality Italia.

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