18.2.23

HA VINTO (DI NUOVO) IL PARTITO DELL'ASTENSIONE!

 

Un manichino infila una scheda elettorale, con disegnato sopra un punto interrogativo e uno esclamativo, nell'urna.




LA DECADENZA DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA

Le ultime votazioni amministrative in Lazio e Lombardia confermano il trend di quelle politiche, dove si è raggiunto il massimo storico di persone che non si sono presentate alle urne (alle ultime elezioni nazionali hanno votato circa 6 italiani su 10, a quelle regionali solo 4 su 10, nemmeno la metà degli aventi diritto): il "partito" più grande è quello dell'astensione, quello del non voto! È un sintomo della crisi e della disaffezione verso il modello democratico rappresentativo-liberale: un modello meno brutale di molti regimi "apertamente autoritari", ma per definizione prossimo al concetto di "democraturaoligarchica ed aristocratica, tipologie di derive democratiche conosciute e concepite fin dai tempi antichi. In parole povere, esprimibili nel concetto dell'altra possibile deriva democratica: se democraticamente si eleggesse un dittatore (non come le elezioni truccate a suon di botte del fascismo, per capirci...) quella forma di governo sarebbe ancora una democrazia?!

Il modello democratico rappresentativo è più libero delle "dittature palesi" e meno "subdole", ma il grado di libertà aumenta insieme a quello del potere economico e "politico" (intendendo politico non in senso lato, non nel senso dei poteri individuali e collettivi -che non sono una deterministica somma- ma nel senso ristretto della sua deriva oligarchica): per i "poveracci" che nascono con un passaporto "sfigato", oppure per chi non riesce a soddisfare bisogni primari come quello del tetto e del cibo e che soffre gravi disagi, quel grado di libertà formale e garantita è a quota zero: in quei casi puoi anche morire di freddo e fame ai margini di città-vetrine oppure in fondo al mare, nel mezzo di confini ghiacciati o roventi, in balia di trafficanti illegali conniventi con certi membri delle istituzioni legali, mentre cerchi di fuggire da una dittatura "subdola" o mentre fuggi da condizioni aggravate dal saccheggio secolare di quelle stesse democrazie liberali che ti vogliono respingere a ogni costo, che ti faranno lavorare solo se accetterai le condizioni della schiavitù contemporanea, e che ti daranno il permesso di entrare solo se sei funzionale in qualche maniera al “mercato del lavoro”.

 

L'ETEROGENEA COMPOSIZIONE DEL PARTITO DEL NON VOTO

Più le persone capiscono che il loro potere è limitato ai loro averi materiali (e al "prestigio" falso, al rispetto vano collegato a quei beni) e sempre più sono le persone che non vanno alle urne.

Più le persone capiscono che le altre persone sedute sugli scranni del potere non vogliono, non possono o non sanno risolvere problemi concreti e sempre più sono le persone che non vanno alle urne.

Più le persone capiscono che il vero governo è quello dei potentati economici che influenzano e dirigono i partiti e sempre più sono le persone che si rivolgono direttamente a quei poteri e che non vanno alle urne.

Il fronte del partito del non voto è molto eterogeneo: per esempio c'è chi è sfiduciato, chi non è stato mai educato al concetto di "cosa pubblica" perché gli hanno insegnato che deve solo pensare a coltivare  arrivisticamente "il suo orto", perché tanto (in effetti) cambia troppo poco se non niente, e si trova metafisicamente abbandonato nel più disperato qualunquismo. C'è chi è sfiduciato anche se si è occupato di politica in senso lato, che ha creduto -e forse ancora crede- nei "socialismi" (scientifici, nazionalisti, craxiani e chi più ne ha più ne metta), nel "liberalismo" (mediato da un insufficiente riformismo oppure orientato verso l’anarchia capitalista del mercato che fa tutto magicamente da sé) o in concezioni statali e organizzative più estreme, collegate ai paradigmi dominanti (di cui la storia dovrebbe aver delineato i contorni dei loro fallimenti), o ha creduto -e forse ancora crede- in altri esperimenti più "grillineschi", "giacobini" ed effimeri.

Non tutto è male quello che nuoce: il potenziale cambiamento, da preparare con estrema pazienza e proiettandosi principalmente sul lungo termine, fuoriesce dalle crepe di quella libertà "non garantita", si annida copiosamente nella possibilità di fare delle scelte anche se fortemente limitate, nelle sfumature creative della ribellione (che non dovrebbe essere mai violenta ma persuasiva), a volte nella "sottrazione", ma soprattutto nell'immaginazione e nel confronto dialettico!

Sta a ognun* di noi immaginare e sperimentare nuove forme di organizzazioni sociali in ogni ambito, dalle nostre vite "private" fino alle elezioni politiche (se si ritiene il votare come una scelta comunque strategica, magari scegliendo i "voti inutili" sul breve-medio termine piuttosto che quelli "presunti utili"… o magari scegliendo consapevolmente di non votare proprio) e passando per le assemblee di condominio, dei collettivi e più in generale in tutti i tipi di relazioni, anche quelle tra due singole persone, per esempio...

In questo senso gli ideali libertari ed anarchici (a detta di chi scrive non certo quelli anarco-individualisti e nichilisti, ma quelli altissimi come li ha definiti un certo Pertini tra i tanti), le pratiche di autogestione e di "democrazia diretta dal basso" possono quantomeno offrirci degli spunti di riflessione sul passato e sul futuro. Ma c’è bisogno di comprendere cosa si vuole costruire, non soltanto indicare ciò che non va bene!

Bisogna cominciare a costruire con la consapevolezza che un cambiamento radicale e duraturo non può avvenire dall’oggi al domani, comprendendo che anche i modesti ma importanti “privilegi” di cui godiamo, i diritti che sono stati conquistati (pur sempre in pericolo o messi in dubbio) in millenni di storia nascono da processi antichissimi, processi che richiedono tempo, che dobbiamo continuare a coltivare mentre siamo sempre aperti al dubbio, al cambiamento, al poter ammettere di aver sbagliato qualcosa.

Bisogna riflettere, confrontarsi, mettersi in dubbio e non arroccarsi su dogmatiche fortezze-certezze: questa è la vera speranza per il "Partito Del Non Voto" e anche per quella del "Partito del Voto Inutile", seppure in maniera più limitata.

 

Editorialista Travagliato e Anarco-Pacifista

 

 


 

Come al solito includiamo una suggestione musicale in linea con quanto scritto: “Rap Lamento” di Franki HI-NRG 

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