26.2.23

PERSONE CHE SI SPOSTANO: SOLIDARIETÀ NON CARITÀ, EMANCIPAZIONE NON ASSISTENZIALISMO (PURO)

MIGRAZIONI, SOCCORSI IN MARE E NETWORK SOLIDALI: LA SOLIDARIETÀ NON È UN REATO!

Immagine di Ralphs Photos da Pixabay


Nelle scorse ore è passato in Senato il “decreto Ong” che ostacola (se non addirittura impedisce) le normali operazioni delle organizzazioni umanitarie che si occupano di ricerca e soccorso nella rotta migratoria più mortifera del pianeta, quella mediterranea.

In un post pubblicato nelle scorse ore abbiamo affrontato il tema, ripercorrendo alcune tappe della storia legislativa della criminalizzazione della solidarietà. Lo abbiamo fatto partendo da alcuni spunti di riflessione emersi in un incontro che si è tenuto  il 16 Febbraio presso il centro sociale napoletano Ex Opg, dal titolo “La solidarietà non è un reato”.

Nelle prossime righe parliamo degli stessi argomenti ma da una prospettiva più ampia, riportando i preziosi spunti di riflessione che emergono dalle parole di Moussa Abdoul Aziz Diakité, Abdel El Mir  del Movimento Migranti e Rifugiati di Napoli (MMRN) e di Laura Marmorale di Mediterranea Saving Humans. Era presente anche Sacha Girke della crew di Iuventa, che ha condiviso il suo punto di vista antitetico a quello che emergerebbe nella ricostruzione giudiziaria che lo coinvolge, basata sull'infondata tesi del "pull factor" e dei "tassisti del mare", tesi ampiamente pubblicizzata da ricostruzioni di diversi "giornaloni" sempre garantisti con i padroni e implacabili castigatori verso chi ha il delicato e cruciale compito di salvare vite in mare.


 

Uno screenshot della diretta Facebook: qui il link 

SCAFISTI PER NECESSITÀ E RETI DI SOLIDARIETÀ INFORMALI: CRIMINALIZZAZIONE DELLA MIGRAZIONE E DELLA SOLIDARIETÀ

L’inizio della criminalizzazione della migrazione può essere tracciato nel momento in cui gli Stati (e quindi sia i governi sia la cittadinanza) si arrogano il diritto di decidere chi è titolato a varcare un confine e chi no, chi è “fortunato” a essere nato in una parte di pianeta che per secoli ha saccheggiato altre parti da cui molti tentano di fuggire (presumibilmente a malincuore), e chi “eccezionalmente” e sempre in funzione del “mercato del lavoro” (nelle forme dello sfruttamento legale o illegale) può accedervi per ingrossare le fila della cosiddetta “manodopera di riserva” che a sua volta potrà essere ulteriormente criminalizzata quando verrà affidata nelle mani del welfare e del sistema sociale mafioso, offrendo loro delle possibilità che dovrebbero essere invece garantite dai paesi che mirano a definirsi “civili”; o magari quando in quegli stessi Stati ci saranno dei sistemi di accoglienza che invece di “accogliere” serviranno a “spremere” i migranti, oppure a non accoglierli proprio condannandoli a una vita in strada.

La criminalizzazione poi continua verso chi non è stato giudicato “titolato” e adatto agli standard darwiniani-sociali e che, non avendo i mezzi formalmente legali di spostarsi (anche nei casi in cui si avrebbe il diritto formale di chiedere la protezione umanitaria) e costretto dal “proibizionismo delle migrazioni” ad affidarsi a spietati trafficanti, i quali a loro volta vengono sostenuti –quantomeno indirettamente- da quegli stessi Stati che negano loro l’ingresso: dovranno affrontare le intemperie delle roventi aree desertiche in Africa o in Centro America, le avversità delle acque del Mediterraneo o delle gelide zone montuose europee; dopo essere stati sfruttati come schiavi e aver subito indicibili peripezie, anche per anni, viaggeranno su gommoni di fortuna, stipati in container come merci o agganciati con cavi di fortuna sotto dei camion: i più "forti" e "fortunati" arriveranno a destinazione, altri periranno, altri ancora verranno rispediti indietro e ricominceranno daccapo il circolo vizioso... 

La criminalizzazione viene poi diretta anche verso chi prova a offrire solidarietà a quegli esseri umani, che non sono solo le organizzazioni umanitarie e i “bianchi”.

Lo spiega un’attivista nel video (al minuto 6 della diretta Facebook) proiettato all’inizio dell’incontro succitato: <<la maggior parte delle persone che arrivano in Europa non sono soccorse dalle ONG che fanno ricerca e soccorso o dalla guardia costiera ma arrivano da sole. La maggior parte dell’organizzazione politica e della solidarietà è attuata dalle persone in movimento –espressione che viene usata in alternativa a quella, forse più stigmatizzante, di “migranti” NDR-. Spesso confondiamo la solidarietà con la carità. Quest’ultima è più un gesto umanitario che un “bianco” fa a un “nero”, un europeo a un africano. Per me solidarietà è qualcosa di diverso: significa lottare insieme, insieme alle persone che si muovono, che sono auto-organizzate e che non hanno veramente bisogno del nostro aiuto, a meno che non siano in una situazione estrema come quella del pericolo in mare. Anche in un contesto del genere ci sono comunque amici, parenti che possono chiedere aiuto telefonicamente, cercare di capire cosa avviene sulle barche che trasportano i loro cari e monitorare la situazione di quelle barche da terra. Ci sono anche dei network di persone che si ospitano a vicenda in tutta Europa, che forniscono cibo, che si sostengono reciprocamente: non sono solo europei bianchi che aiutano migranti ed è una rete di persone che si supportano, si auto-organizzano e che per questo a volte finiscono in prigione>> con accuse come quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Affine a questo tipo di criminalizzazione è quella che coinvolge gli “scafisti per necessità”: dato che i grandi trafficanti non rischiano la vita nei viaggi della speranza ci potrebbero essere degli scafisti “veri e propri” (ma comunque “pesci piccoli”) che vengono pagati direttamente per fare il lavoro sporco. Ma a guidare le imbarcazioni potrebbero essere anche delle vittime delle tratta costrette con la forza, oppure con il raggiro di uno “sconto” sulla tariffa criminale: è un'offerta che, per paura di finire di nuovo nelle mani di altri aguzzini o per altre situazioni inumane (minacce di ritorsioni incluse), non possono rifiutare. In casi ancora più tragici qualcuno, anche solo perché ha rudimentali conoscenze meccaniche o di navigazione, potrebbe essere costretto a impugnare il timone per evitare tragedie di una maggiore entità: emblematico in questo senso è la condanna record a 439 anni di carcere inflitta a tre migranti in Grecia.


L'INDIGNAZIONE NON SUFFICIENTE E LE RESPONSABILITÀ DEI COSIDDETTI PAESI "SVILUPPATI": COSTRUIAMO SOLIDARIETÀ UMANA, NON FACCIAMO LA CARITÀ…

Abdel El Mir introduce l’incontro spiegando che il racconto mediatico della migrazione è troppo spesso <<un racconto di parte, politicizzato presentato come un qualcosa di tecnico e neutrale>>. Questa <<narrazione mainstream>> si traduce in delle scelte politiche che producono <<emarginazione e morte>> e nella volontà di fermare il movimento delle persone che si trovano in serie difficoltà a causa di guerre, carestie e devastazione ambientale: sono queste le cause principali delle migrazioni che però non vengono indagate sufficientemente, rimangono un qualcosa di astratto per chi non le vive sulla propria pelle. Proprio per questo bisogna costruire e preparare momenti come quell’incontro per <<connettere quello che si fa in mare con quello che si fa sulla terraferma>>: calzante è l’esempio delle attività che organizza Mediterranea Saving Humans con il cosiddetto “equipaggio di terra”, ossia con chi sostiene le attività dell'associazione anche organizzando degli eventi nei diversi territori.

Un altro punto toccato da Abdel che ci interessa particolarmente (data la natura meta mediatica di questa Zina/Rivista) è la maxi fake-news, sempre in voga tra i più reazionari, di una fantomatica invasione migratoria. Le punte più estreme di questa argomentazione si ritrovano nelle strampalate e criminali teorie di sostituzione etnica (perorate anche da chi ci governa e mutuate direttamente da Hitler, come abbiamo spiegato in questo pseudo-editoriale). 

Questo tipo di argomentazione, come ha ricordato il moderatore dell’incontro, si è infranta di fronte alle persone definibili come “migranti di serie A”, ossia chi fugge dall’Ucraina in guerra: l'accoglienza dovrebbe essere sacrosanta anche con chi purtroppo viene percepito come un “migrante di serie B”, magari perché ha un colore della pelle o abitudini culturali meno vicini a quelli degli europei. Come abbiamo spiegato nel post dedicato al primo festival di Mediterranea, tra il primo Gennaio e i primi di Settembre (in 9 mesi) dello scorso anno erano sbarcate sulle coste italiane circa 62.000 persone. A Marzo dello scorso anno, un mese dopo l’invasione russa (e quindi in 1 solo mese), erano arrivate in Italia 65.000 persone circa dall’Ucraina: come mai nessuno ha parlato di “invasione” di profughi ucraini?! Perché evidentemente il problema non è che qualcuno che viene fuori dai confini politici in cui siamo nati ci ruba il lavoro o commette più atti delittuosi: il problema è come organizziamo la nostra società a livello globale… <<Se le persone fuggono vuol dire che c’è un sistema non sostenibile, che si basa sull’incremento economico tramite la devastazione ambientale, tramite lo sfruttamento, un sistema che dobbiamo iniziare a combattere anche nel nostro piccolo e nei nostri territori>>.

<<Il Mediterraneo è diventato la fossa comune più grande sulla terra>> dice il militante, e purtroppo questo è supportato da dati concreti: secondo il Missing Migrants Project sono quasi 26.000 le persone in movimento scomparse a partire dal 2014. In un contesto del genere le organizzazioni umanitarie fungono anche da “occhi indipendenti”, da sentinelle civiche che possono documentare quello che avviene in quel mare che è diventato un gigantesco cimitero, oltre che crocevia del traffico di essere umani, degli abusi e delle omissioni delle autorità.

L’intervento di Moussa Abdoul Aziz Diakité va al nocciolo della questione dell’ingiustizia sociale come scaturigine dei viaggi della speranza, e descrive sinteticamente ed efficacemente gli indirizzi principali delle politiche migratorie italiane degli ultimi anni (completando il discorso “storico-giuridico” che abbiamo iniziato nello scorso post sul decreto ONG).

L’attivista esordisce con uno slogan molto profondo: <<quando l’ingiustizia diventa legge la resistenza diventa un dovere>>. Viene poi toccato il tema della mancanza dei canali regolari per gli spostamenti di esseri umani e della frustrazione che deriva dalle trafile burocratiche che le persone, anche quelle assistite dallo sportello per i migranti del centro sociale partenopeo, devono affrontare.

Diakité fa poi un breve excursus sulle politiche migratorie italiane degli ultimi anni: nel 2013 ci fu una tragedia a Lampedusa che fece indignare tanti e che spinse il governo dell’epoca (guidato da Letta) a dare inizio alle operazioni di salvataggio nota come “Mare Nostrum”. Quell’indignazione però non ha fermato le morti ( quelle accertate in mare sono circa 17 mila, mentre i dati citati prima fanno riferimento ai dispersi accertati): <<quelle 17 mila persone avevano delle famiglie, figli, madri e padri (…) Mare Nostrum è durato soltanto un anno. Il governo di allora, che aveva schierato unità delle navi militari per pattugliare la zona SAR (Search and Rescue, ossia Ricerca e Soccorso NDR) metteva in primo piano il salvataggio. Ma ad Ottobre del 2014 fino a oggi, con la collaborazione dell’Unione Europea>> (al governo c’era Renzi) la scelta e il conseguente indirizzo politico non è stato più focalizzato sul salvataggio delle persone ma sul sorvegliamento delle frontiere e <<si è pensato di fare il “Frontex”>>. Quando si parla di “Frontex” si intende metonimicamente l’ “operazione Triton”, o anche “Frontex Plus”, affidata all’omonima agenzia europea per il controllo delle frontiere e delle coste. Dal 2018 in poi è stata sostituita dall’”operazione Themis”, affidata sempre alla stessa agenzia (ci sono poi anche le operazioni Poseidon e Indalo per il controllo di tutta l’area mediterranea, oltre alle operazioni militare IRINI e Sophia focalizzate sulla tratta dei migranti, concluse tre anni fa). Però, nonostante tutte queste operazioni <<i morti sono aumentati>>.

Avviandosi alla conclusione, dopo aver menzionato le pratiche autogestionarie che si sperimentano anche nell’ambito del MMRN chiarisce che <<se dobbiamo lottare, dobbiamo lottare insieme. Non ci deve essere il bianco che fa la carità all’africano o a qualcuno con un colore della pelle diverso, cosa che per noi diventa davvero vergognosa. (…) Il codice di condotta delle ONG non è iniziato oggi, ma affonda le radici nel provvedimento firmato da Marco Minniti>>, di cui abbiamo parlato concisamente nello scorso post. <<Dal famoso codice di condotta siamo arrivati a firmare il memorandum d’intesa con la Libia, e nessuno ha avuto il coraggio di non rinnovarlo: l’Italia e l’Unione Europea sono complici e finanziano la guardia di costiera libica per bloccare le partenze in Libia, dove le persone vengono trattati come schiavi. Si parla dell’abolizione della schiavitù e poi ci sono questi soprusi>>.

A proposito del “pull factor”, ossia della teoria -smentita- che vedrebbe nella presenza delle organizzazioni umanitarie di ricerca e soccorso un fattore che spinge a far arrivare più migranti e che corrobora la trovata propagandistica (del Movimento 5 Stelle) dei "taxi del mare", e cioè dell'argomentazione che le ONG fanno dei semplici "trasporti" e non "soccorsi", afferma: <<anche se le ONG non ci sono la gente non vuole più stare in Libia, in un paese non sicuro dove i diritti umani non vengono rispettati. Come mai il governo italiano e l’UE continuano a finanziare la guardia costiera libica che è al contempo formata da aguzzini delle persone intrappolate in Libia? C’è un problema di fondo… Non c’è la volontà reale di affrontare il tema dell’immigrazione se non in una maniera “emergenziale”. Ma se una cosa è strutturata andrebbe governata. Ci saranno sempre delle motivazioni>> e delle rispettive domande che dovremmo porci sui “perché” di questo fenomeno, sulla globalizzazione, sullo sfruttamento di risorse da parte delle grandi multinazionali, sui circa 60 scenari di guerra nel mondo, sui cambiamenti climatici che rendono difficile vivere in certi posti e che incrementano i conflitti per le risorse, sulle responsabilità di quanto avviene nell’altra parte del Mondo quando si è menefreghisti o quando le istituzioni non vogliono sentire le testimonianze di chi ha subito abusi in Libia, lavandosene le mani dopo aver finanziato organismi corrotti: c’è bisogno di unirsi e di dare solidarietà a <<chiunque si oppone a questo disastro>>!

 

IL CASO IUVENTA: LA NAVE CHE HA SALVATO 14000 VITE

Immagine dell'incontro al centro sociale partenopeo


L’intervento seguente è stato quello di un membro della Iuventa Crew, attualmente accusato di aver favorito l’immigrazione irregolare e di essere in qualche maniera colluso con i trafficanti, un’accusa infamante: per chi volesse approfondire l’intricato caso, oltre alla promessa di ritornare sulla vicenda in futuro, intanto consigliamo di ascoltare il punto di vista del diretto interessato, Sacha Girke (sempre nella registrazione della diretta Facebook), e vi segnaliamo anche la dettagliata "contro"-inchiesta della testata indipendente The Intercept (in inglese. Molti argomenti sono ripresi, in italiano, in questo articolo di Melting Pot Europa): la versione che raccontano è completamente opposta alle ricostruzioni giornalistiche e giudiziarie che vedrebbero le ONG come colluse con i trafficanti (la teoria dei “taxi del mare” collegata al “pull factor”), e pertanto merita di essere conosciuta e diffusa.

L’ultimo intervento lo fa Laura Marmorale di Mediterranea Saving Humans: <<va riportato e ricordato che la Iuventa ha salvato 14000 persone, e questo è un dato che non verrà mai negato o cancellato da nessun tribunale o governo (…) per gli stessi identici motivi nel 2020 la Mare Jonio, la nave di Mediterranea, è stata sotto sequestro per un anno. Attualmente 4 capomissioni di Mediterranea sono sotto inchiesta con l’accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina in un procedimento di indagine le cui ripercussioni continuano anche dopo la scadenza del periodo previsto dalla legge per fare le indagini preliminari (…). A me sembra che ci sia un disegno che oscilla tra l’eversione e la perversione da parte dello Stato italiano e dei governi europei, per creare una grande bolla di distrazione sul fenomeno migratorio che come unico scopo ha il non gestire in nessuna maniera il fenomeno migratorio. Stanno individuando dei nemici sistematici che oscillano fra le persone che cercano, attraverso un percorso di movimento, di migrazione, di trovare un luogo sicuro e dignitoso di continuare la propria esistenza, e chi cerca di fare in modo che questo percorso non si concluda con una morte certa. Tutto questo per evitare in maniera sistematica , crudele e quotidiana di affrontare un dato di fatto introvertibile e cioè che i popoli migrano, da sempre, e lo continueranno a fare indipendentemente da quanta perversione e da quanto sadismo i governi occidentali continuano a immaginare leggi sempre più inutili della gestione dei flussi migratori>>: per questo anche Laura invita a portare avanti un’opera di demistificazione utilizzando <<ogni nostro momento, azione e giornata per riportare la verità dei fatti e restituire a ogni persona che non è riuscita a toccare terra un nome, un volto e la dignità di un essere umano>>.

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GaetaNo Border


PRIMA SI SALVA, POI SI DISCUTE! 

NO BORDERS NO NATIONS, STOP DEPORTATIONS!

QUANDO L'INGIUSTIZIA DIVENTA LEGGE LA RESISTENZA DIVENTA UN DOVERE...


 

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