25.2.23

DECRETO ONG: PRIMA SI SALVA POI SI DISCUTE!

APPROVATO IL DECRETO INUMANO: COMMISSARIO ONU NE HA GIÀ CHIESTO IL RITIRO


A sinistra alcuni articoli sulla richiesta dell'ONU di abolire il decreto. Al centro un'immagine di un soccorso tratta dal sito di Mediterranea Saving Humans. Le altre immagini provengono da Pixabay.

CRIMINALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETÀ E DISSOBEDIENZA CIVILE 




In questo post parliamo del cosiddetto “decreto ONG” (noto anche come decreto anti-sbarchi e decreto Piantedosi) approvato l'altroieri. Lo facciamo partendo da alcuni spunti emersi durante un incontro svolto il 16 Febbraio all’Ex Opg di Napoli, cui hanno preso parte Sacha Girke di Iuventa, Laura Marmorale di Mediterranea, Abdel El Mir e Moussa Abdoul Aziz Diakité  del Movimento Migranti e Rifugiati Napoli (MMRN).

Tema principale dell’appuntamento era la criminalizzazione della solidarietà e delle migrazioni, e più nello specifico del processo in corso a Catania dove alla sbarra siedono 4 membri del team di Iuventa (altri sono stati prosciolti).

Nelle prossime righe invece ripercorriamo alcune tappe della "storia legislativa" degli ultimi anni culminata nell'ultimo decreto, una storia all’insegna della criminalizzazione della solidarietà ma fatta anche di battaglie sociali e di fondamentali esempi di disobbedienza civile.

 

 

DAL CASO OCEAN VIKING AL DECRETO ONG

Nell’Ottobre 2022 il neo-insediato governo bloccava la nave Ocean Viking della ONG Sos Mediterranee a largo delle coste siciliane, impedendone lo sbarco a Catania: quasi 250 migranti venivano dirottati verso il porto francese di Tolone. Le autorità francesi spiegavano l’eccezionalità del provvedimento mentre il governo italiano rivendicava la legittimità del rifiuto con l’argomentazione che quelle persone non avevano bisogno di essere soccorse e che quindi non doveva essere assegnato loro il porto più vicino, argomentazione confutata dalla Commissione europea.

Queste “prove di forza” con chi è debole e che mettono a rischio la vita dei migranti non sono nuove: Matteo Salvini, è ancora a processo per aver impedito (quando era Ministro dell’Interno nel governo “giallo-verde”) nel 2019 l’ingresso della nave della Open Arms e di più di 160 migranti e richiedenti asilo con l’argomentazione della minaccia per la sicurezza nazionale ai tempi dei “decreti sicurezza”: è accusato di sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio, rischiando fino a 15 anni di carcere.

Il 15 Febbraio il cosiddetto “Codice di condotta delle Ong” (tecnicamente il Decreto Legge num. 1 del 2 Gennaio 2023) è stato approvato alla Camera e l'altro ieri in Senato. Sono almeno tre i punti critici del decreto, firmato dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che per le ONG che si occupano di SAR (Search and Reascue, ossia dell’attività di Ricerca e Soccorso) e per diversi esponenti istituzionali internazionali e della società civile sono in palese violazione del diritto internazionale. Punti che sembrano studiati per ostacolare con la burocrazia le attività delle ONG (mentre il governo invoca la questione della “difesa” dei confini, difesa che in realtà è stata appaltata alla sedicente Guardia Costiera libica, come argomentiamo nelle prossime righe): dopo un salvataggio non si può approdare nel porto più vicino ma solo in quello assegnato dalle autorità, costringendo le persone a bordo a navigare in condizioni precarie anche per giorni (dato che i porti assegnati distano anche diversi giorni di navigazione) e, paradossalmente, a essere “spedite” per decine di chilometri come dei pacchi, via pullman, in zone prossime al porto più vicino ma non a quello di assegnazione (in pratica dopo giorni in mare per raggiungere il porto più lontano vengono rimandati indietro).

Inoltre si dispone che il porto assegnato deve essere raggiunto <<tempestivamente>> e <<senza ritardo>>, tentando quindi di impedire che si effettuino più soccorsi consecutivamente, ignorando altre richieste di soccorso e favorendone l’omissione, mentre la legge del mare, il diritto internazionale e il buon senso impongono sempre di salvare persone in pericolo. In più viene prescritto di informare immediatamente le persone salvate, ancora a bordo, della possibilità di fare richiesta della protezione internazionale in modo da “scaricare” le responsabilità dell’accoglienza sul paese di cui la nave porta la bandiera (come si ricorda sul sito specializzato in diritto Altalex c’è già stata una sentenza CEDU nel 2012 in cui si affermava che il personale di bordo non ha la formazione specifica per questo tipo di operazioni oltre a un chiarimento dell’UNHCR , l’Agenzia ONU per i Rifugiati, sull’opportunità di raccogliere questo tipo di dati a sbarco avvenuto e non su navi private), e quindi invece di concentrarsi sui soccorsi chi si trova a bordo dovrebbe preoccuparsi pure delle “scartoffie”. Se non si rispettano questi criteri stringenti (e anche illegali, a detta di chi scrive) si rischiano multe fino a 50 mila euro e il sequestro dell’imbarcazione. Insomma, invece di facilitare i salvataggi si fa di tutto per far perdere tempo prezioso alle imbarcazioni civili che prestano soccorso, ostacolando anche un altro compito più “informale” delle organizzazioni umanitarie: quello di “sentinelle” del mare che osservano abusi di trafficanti e potenzialmente anche delle istituzioni ufficiali.

Anche Volker Turk, Alto Commissario ONU per i diritti umani, ha invitato il governo a ritirare il decreto, dichiarando (circa una settimana fa): << se questa legge passa più persone in pericolo verranno fatte soffrire e più vite saranno a rischio perché un soccorso immediato non sarà disponibile. La norma vorrebbe penalizzare sia i migranti sia quelli che li aiutano. Questa penalizzazione delle azioni umanitarie potrebbe, molto probabilmente, scoraggiare le organizzazioni per i diritti umani e umanitarie dal compiere il loro lavoro cruciale (…) Nel quadro proposto dalla legge un’imbarcazione SAR sarebbe obbligata a ignorare le richieste di soccorso semplicemente per aver salvato già altre vite. Guardiamo tutti con orrore le peripezie di chi attraversa il Meditarreneo, e il desiderio di porre fine a quella sofferenza è profondo, ma questa è semplicemente la maniera sbagliata di risolvere la crisi umanitaria>>. Nel comunicato stampa diffuso dalle Nazioni Unite si specifica anche la criticità del possibile aumento dei respingimenti verso la Libia che non può essere considerato un <<porto sicuro>> . Non è un caso che molti hanno invocato l’intervento del Presidente Mattarella, “guardiano” della nostra Costituzione, per porre il veto sul decreto (il garante della Costituzione ha invece firmato il decreto il 2 Gennaio, lo stesso giorno in cui vicino alle coste libiche morivano più di 70 migranti e altri venivano riconsegnati agli aguzzini dei centri di detenzione arbitraria). Una richiesta analoga è stata fatta anche dal Consiglio d’Europa che oltre al ritiro auspica, in alternativa, delle modifiche sostanziali a seguito di un regolare dibattito parlamentare. Richiesta analoga, con l’enfasi posta sul rispetto del diritto internazionale oltre che di quello europeo, è stata avanzata anche da più di 60 parlamentari tedeschi (verdi e social-democratici).

Nelle ultime ore c’è stato anche il primo stop (con un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa da 10 mila euro) che ha interessato la nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere: si contesta di non aver condiviso i dati tramite una sorta di scatola nera, il VDR (Voyage Data Recorder), che normalmente si accende in casi di incidenti marittimi per facilitare gli accertamenti: non era quello il caso e <<mai prima di questa occasione era stato richiesto alla Geo Barents di condividere i dati Vdr e il Comando della nave ha sempre fornito tutte le altre informazioni relative alla missione come il diario di bordo>>, ed è per questo che MSF sta valutando di ricorrere alle vie legali (come è stato spiegato all’ANSA).

 

 

I PRECEDENTI: DALL’ACCORDO CON LA LIBIA MASCHERATO DA MEMORANDUM AL DECRETO LAMORGESE, PASSANDO PER IL CODICE MINNITI E I DECRETI SICUREZZA DI SALVINI


L'immagine di una protesta contro il Memorandum e le misure che fanno aumentare i morti in mare.



Del cosiddetto Memorandum d’intesa firmato dall’allora premier Gentiloni e dall’ex presidente libico Fayez al-Sarray ne abbiamo parlato più dettagliatamente tra queste pagine digitali, specificamente nell’articolo dedicato al festival di Mediterranea: in sostanza e in estrema sintesi si tratta di un accordo politico -mentre formalmente è un accordo tecnico che quindi non deve essere vagliato dal parlamento- che mira (come sostiene Matteo De Bellis, ricercatore di Amnesty International) a bloccare gli sbarchi direttamente in Libia, dato che la Corte Europea dei Diritti Umani aveva sancito che riportare lì i migranti intercettati in mare equivaleva a torturarli. La strategia -interrotta con la caduta di Gheddafi negli anni berlusconiani- attuata per aggirare questo “ostacolo” è consistita nel ricostruire la sedicente Guardia Costiera Libica, dotandola di formazione, mezzi e imbarcazioni. Quindi la gestione della frontiere è stata esternalizzata e affidata a un paese instabile, altamente corrotto e agli organismi fortemente sospettati di connivenza con gli stessi trafficanti di esseri umani. In più sono stati stanziati centinaia di milioni di euro per diversi progetti, sia in mare che su terra, che contribuiscono al mantenimento dei lager libici, tra l’altro senza sapere esattamente come questi vengono spesi, dato che i dettagli dell’accordo sono secretati.

In quel periodo il Ministro dell’Interno è Marco Minniti (che secondo alcuni sarebbe stato bollato dal Papa, non pubblicamente, come un "criminale di guerra") che elaborò il precedente “codice di condotta”: a differenza di quello attuale le ONG potevano decidere di sottoscriverlo o rifiutare di firmarlo (solo tre organizzazioni lo firmarono inizialmente e le altre vennero stigmatizzate da Minniti che le dichiarò <<fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare>>, e quindi esposte a maggiori controlli ma non bandite dai porti. Alcuni sostengono che il sequestro della Iuventa sia stato strumentale e usato come strumento di pressione per spingere altre organizzazioni a firmare e ad adeguarsi). I punti più sensibili per le organizzazioni umanitarie erano due: il divieto di trasferire le persone soccorse tra diverse imbarcazioni e la presenza di della polizia giudiziaria a bordo. Entrambi i punti erano criticati da Medici Senza Frontiere per la possibilità <<delle navi di soccorso più piccole di stabilizzare i barconi in attese delle navi più grandi>> e perché la presenza di uomini armati a bordo non era accettata <<in nessuno dei settanta paesi>> dove operavano. Save the Children accettò, rispettando comunque la scelta di chi aveva fatto il contrario, ma con delle riserve (e chiarendo che molti dei principi espressi nel documento erano già in linea con il loro modus operandi, e dunque in un certo senso superflui): i trasferimenti tra diverse imbarcazioni potevano essere effettuati su indicazione della guardia costiera e i poliziotti potevano essere presenti con l’inserimento di una specifica clausola che rispettasse i loro principi. Più netto e articolato il parere di Sacha Girke (espresso nell’incontro al centro sociale partenopeo succitato) secondo cui il “codice Minniti” faceva parte di una strategia della criminalizzazione della solidarietà: la presenza a bordo di poliziotti sarebbe servita principalmente a raccogliere testimonianze per identificare chi guidava le imbarcazioni di fortuna. Di solito i trafficanti “veri e propri” non rischiano la vita direttamente nelle traversate, ma costringono terzi con la forza oppure li raggirano con la promessa di uno “sconto” sulla criminale tariffa (emblematico è il caso di tre migranti condannati a 439 anni di carcere in Grecia): gli “scafisti” potrebbero essere pagati direttamente dalle organizzazioni criminali, ma potrebbero essere anche “scafisti per necessità”, ossia vittime della tratta disposti a tutto pur di sfuggire a torture e detenzioni inumane o semplicemente persone con rudimentali conoscenze meccaniche e di navigazione che impugnano il timone in un momento di pericolo e stringente necessità, situazione quest’ultima che dovrebbe mettere al riparo da accuse come quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina o di omicidio colposo. La presenza della polizia a bordo secondo Sacha poteva essere dunque strumentale a una criminalizzazione “sbrigativa” di questo complesso fenomeno, finalizzata alla raccolta di testimonianze in tal senso (magari con la promessa di agevolare il processo della richiesta di protezione per chi testimoniava) e poteva rappresentare una sorta di pressione indebita in momenti estremamente critici. Dopo il fallimento della “strategia Minniti” focalizzata su chi guidava materialmente le imbarcazioni, sempre secondo il capomissione di Iuventa, si è passati a quella della criminalizzazione delle ONG in tribunale, ma questo tema sarà affrontato più dettagliatamente in un prossimo articolo (intanto segnaliamo il video completo dell'incontro per chi volesse approfondire).

Giungiamo quindi al 2018, il periodo dei “decreti sicurezza” dell’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini, lo stesso periodo in cui gli alleati “Pentastellati” coniarono l’espressione denigratoria “taxi del mare”, incolpando le ONG di non fare salvataggi ma semplici trasporti, alludendo a presunte e infamanti (nonché mai dimostrate) connivenze con le organizzazioni dei trafficanti: le rotte dei trafficanti sono dei “segreti di Pulcinella” e quindi si è soliti percorrere e monitorare quelle aeree dove c’è maggiore probabilità di trovare imbarcazioni in pericolo, oltre al contatto telefonico con parenti e conoscenti che segnalano alle entità, governative e non, la posizione dei natanti: forse bisognerebbe chiedersi perché degli esseri umani sono disposti ad affrontare viaggi così pericolosi, oppure perché i soccorsi non sono tempestivi invece che indagare improbabili -se non fantomatiche- connessioni con le organizzazioni criminali (organizzazioni che vengono foraggiate indirettamente dai finanziamenti agli organismi libici, quelli che veramente si arricchiscono sulla pelle dei migranti sia con il sistema dei trasporti illegali sia con quello dei campi-lager, campi di detenzione arbitraria dove possono essere riportati quando il lucroso “viaggio della speranza” fallisce, e facendo iniziare nuovamente il circolo vizioso della schiavitù e del ricatto alle famiglie per raccattare i denari per un nuovo viaggio, sempre se non si muore in mare, se non si finisce vittima delle criminalità organizzate europee oppure se non si è costretti a ritornare nel paese da cui si fugge esponendosi ad altri rischi).

Il “decreto sicurezza bis” prevedeva,  per la prima volta, una multa fino a un milione di euro per le ONG in violazione del divieto di ingresso, sosta o transito in acque italiane stabilito discrezionalmente dalle autorità, insieme al sequestro della nave e all’arresto immediato del capitano: anche questo tipo di violazione era contestato a Carola Rackete, capitana della nave Sea-Watch 3 e protagonista di uno degli eventi più noti di “criminalizzazione della solidarietà” (le altre accuse, tutte cadute, erano di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e rifiuto di obbedienza a una nave da guerra, quest’ultimo previsto dal codice navale).

Poi sono arrivate le modifiche del decreto che porta la firma dell’ex Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese (approvato come a Dicembre del 2020 e modificato con criteri più stringenti dall’ultimo governo): era stata parzialmente reintrodotta la protezione umanitaria, ossia il tipo di protezione e permesso di soggiorno che potevano essere garantiti per motivi diversi da quelli di chi richiedeva asilo politico o la protezione sussidiaria (tipi di protezione sanciti dal diritto internazionale e non da quello italiano), e quindi per chi proveniva da paesi instabili a causa di guerre, carestie, in cui il rispetto dei diritti umani era insufficiente, oppure per chi aveva altri problemi come quelli legati a condizioni di salute o a vicende familiari: la protezione abrogata da Salvini era stata sostituita da un permesso di soggiorno temporaneo che non poteva essere trasformato in permesso di lavoro e che quindi alla scadenza marchiava i migranti come “irregolari”, estendendo le tipologie di reati per cui non poteva essere concessa. Con il “decreto Lamorgese” la protezione speciale vietava di espellere e respingere le persone con i problemi menzionati ma non veniva reintrodotto l’apposito permesso di soggiorno, anche se veniva prevista la possibilità di ottenerne uno lavorativo e veniva ridotto il periodo di permanenza (o detenzione?!) nei CPR (i Centri Per il Rimpatrio). Anche le sanzioni e le restrizioni legate ad atti discrezionali governativi per le navi delle ONG venivano smussate, ma non completamente eliminate.

 

 

LA RISPOSTA ALL’ULTIMO ATTO NORMATIVO CHE CRIMINALIZZA LA SOLIDARIETÀ: DISOBBEDIENZA CIVILE!

Un'immagine dell'incontro al centro sociale napoletano intitolato: "La solidarietà non è un crimine"


Sempre all’incontro su menzionato abbiamo chiesto ai rappresentati delle organizzazioni umanitarie presenti come si comporterebbero qualora si trovassero in situazioni che obbligherebbero loro –secondo il diritto internazionale e il buonsenso- a prestare soccorso mentre al contempo violerebbero la legislazione nazionale –ossia il decreto da poco approvato.

Sacha Girke ha spiegato che una strategia può essere quella di organizzare una forte battaglia legale, <<anche se il sistema legale potrebbe non fornire risposte abbastanza rapide e non è sempre dalla nostra parte>>, battaglia che deve essere supportata da un forte movimento sociale che riempia le piazze. Ma soprattutto, di fronte all’importanza del salvataggio di vite, a questa legge scellerata bisogna rispondere <<disobbedendo!>>. Il punto è ovviamente condiviso da Laura Marmorale che, oltre a ricordare il “principio-slogan” <<Prima si salva, poi si discute!>>, ha ricordato che anche la nave della Sea Eye, giunta a Napoli –a quasi 500 KM di distanza dal luogo del salvataggio e dopo circa 3 giorni di navigazione, ma sono stati magnanimi perché inizialmente volevano assegnare come porto Pesaro, a circa 1000 KM- con più di 100 persone (due recuperate morte mentre una terza vita è spirata in ospedale e con più di 30 minori quasi tutti non accompagnati) aveva effettuato due missioni di salvataggio, disobbedendo civilmente, legalmente e umanamente alle ignobili prescrizioni di un governo che per ignoranza o malafede prolunga le sofferenze di persone che dovrebbero essere tempestivamente assistite (nella peggiore delle ipotesi invece impedisce burocraticamente di assisterle proprio!), raccattando voti in più per contrastare una fantomatica emergenza… Ma di questo ne parleremo nei prossimi post, da una prospettiva più ampia, insieme ad altre tematiche emerse nell’incontro. Un articolo specifico sarà invece dedicato alla vicenda della Iuventa (intanto segnaliamo nuovamente il video dell'incontro dove viene espresso il punto di vista direttamente dalla “crew” di Iuventa, dato che i giornaloni mainstream sempre garantisti con i padroni hanno già concluso il procedimento giudiziario con sentenza irrevocabile di “tassisti/trafficanti” del mare e del male. Segnaliamo anche l'approfondita inchiesta, in inglese, della testata indipendente The Intercept ).

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Paul Lumano


ultima modifica 26/02/2023

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