17.9.24

DEFINIZIONE DI NEURODIVERGENZA, NEUROTIPICITÀ E NEURODIVERSITÀ

BREVE DEFINIZIONE, DIFFERENZE E ALTRI CONTENUTI DI APPROFONDIMENTO

Per le rubriche Define e RecenTips forniamo una breve definizione dei termini "neurodivergenza" (o "neuroatipicità"), "neurotipicità" e "neurodiversità" , consigliamo delle risorse online per approfondire il tema, e facciamo alcune considerazioni sul deleterio approccio "patologizzante" alla neurodivergenza (e in generale a tutte le disabilità, incluse quelle fisiche) in chiave intersezionale, con il fine ultimo di rivoluzionare una società malata.


Due cervelli disegnati che fanno parte dei simboli di fanrivista: sono posti orizzontalmente a specchio, e in uno i colori sono invertiti. Sopra la scritta: <NEURODIVERGENZA, NEUROTIPICITÀ E NEURODIVERSITÀ>, sotto: <DEFINIZIONI E DIFFERENZE>

NEURODIVERGENZA, NEUROTIPICITÀ E NEURODIVERSITÀ IN PAROLE POVERE

In estrema sintesi, il termine neurodivergenza indica un funzionamento del cervello diverso dalla più omogenea "norma statistica", quest'ultima indicata con il termine neurotipicità.

Nell'intera specie umana non esistono due persone esattamente uguali l'una all'altra e, per questo, sia le persone neurotipiche che quelle neuroatipiche rientrano nel concetto di "neurodiversità".

Le persone neurodivergenti però, come tutte le minoranze, tendono a essere discriminate e ad avere più difficoltà nell'interagire e adattarsi a un ambiente non inclusivo, dal punto di vista sia fisico che sociale. Ciò, come spiega lo psichiatra Valerio Rosso sul suo canale Youtube, può condurre a un <<disagio mentale da disadattamento>> causato proprio dal contesto socio-ambientale escludente. Lo psichiatra-Youtuber spiega che anche se <<alcune neurodivergenze, di gravità maggiore o estrema, possono avere dei connotati intrinseci di psicopatologia>>, questi connotati comunque non sono <<la regola (...) la patologia raramente risiede nella neuordivergenza in sé ma, piuttosto, coinciderà con il disadattamento che essa può generare in un contesto socio-ambientale strutturato per essere vissuto da soggetti neurotipici>>.



LE ORIGINI DEI TERMINI

Qualunque persona è diversa e "neurodiversa" da un'altra e tutti gli esseri umani hanno delle qualità e punti deboli, giudicati come tali secondo parametri dettati dai vigenti paradigmi culturali e socio-economici. Il termine "neurodiversità" (e l'analoga espressione "diversità neurologica") è stato usato nel 1998 dalla sociologa Judy Singer. Alcuni contestano il fatto che sia stata lei a coniarlo affermando che è stato usato online, almeno un paio d'anni prima, dalla comunità autistica. La studiosa lo ha modellato ricalcando il concetto di "biodiversità" e riferendosi soltanto alle persone che, come lei, rientravano nei criteri diagnostici della cosiddetta "sindrome di Asperger" o "autismo ad alto funzionamento".

16.9.24

ISRAELE USA "SCUDI UMANI" PALESTINESI E ISRAELIANI

E SFRUTTA QUESTA DEFINIZIONE GIURIDICA PER DARE UNA PARVENZA DI LEGALITÀ AD ATTACCHI INDISCRIMINATI E SPROPORZIONATI

Leggiamo o sentiamo dire spesso che "Hamas usa i palestinesi come scudi umani" . Anche ammettendo che Hamas usi come "scudi umani" i civili, ciò non giustificherebbe comunque le violazioni del diritto internazionale grossolane e brutali cui assistiamo quotidianamente

In parole povere: se una forza armata viola della regole ciò non implica che l'altra può violarne altre a sua volta, impunemente.


Inoltre, le evidenze storiche e giuridiche finora raccolte testimoniano che, contrariamente a quanto si afferma sui media dominanti, è proprio Israele a usare i civili come "scudi umani", sia quelli palestinesi che quelli israeliani.


Partiamo spiegando cosa si intende per scudi umani da un punto di vista legale e concludiamo con alcune considerazioni sui "doppi standard"...




Bambino seduto sul cofano di una jeep militare con una faccia impaurita, legato con il braccio a una grata metallica che difende il parabrezza. Di fianco un altro mezzo militare, su cui si intravede una scritta in ebraico, e un soldato che parla alla radio.
Un bambino di 13 anni legato al braccio sul cofano di una jeep della polizia militare israeliana, nel villaggio di Biddu, durante una protesta nel 2004. La riprovevole immagine rappresenta un esempio "classico" di scudo umano.



L'IMPIEGO DI SCUDI UMANI È ILLEGALE, MA NON GIUSTIFICA ALTRI CRIMINI E VA DIMOSTRATO!

Nel diritto internazionale l'espressione "scudi umani" denota una strategia vietata, un crimine di guerra. Consiste nello sfruttare la presenza o il movimento di civili in modo tale da evitare l'attacco a obiettivi militari, oppure per favorire o impedire delle operazioni militari.

Ecco qualche esempio pratico: un insediamento con abitazioni ed edifici civili viene costruito vicino una base militare per evitare che questa venga attaccata; un singolo civile, o un gruppo di più civili, può essere preso in ostaggio e usato da una formazione di militari come "schermo", evitando di essere colpiti durante un'azione militare, come una ritirata o una penetrazione in un territorio urbano; oppure, ancora, quando si sospetta che siano state piazzate delle trappole esplosive per impedire l'accesso a un luogo (si pensi a un campo minato), si manda un civile "all'avanscoperta" (eventualmente a saltare in aria sarà lui e non i soldati). Su quest'ultimo esempio ritorneremo fra pochissime righe, ma prima facciamo delle basilari considerazioni legali.

L'uso di scudi umani della popolazione civile è illegale e, per questo, la formazione militare avversa a quella che li impiega ha comunque il diritto di attaccare l'obiettivo militare che il nemico vuole proteggere. Tuttavia ciò non implica la sospensione dei principi del diritto umanitario internazionale (le "leggi di guerra"): bisogna sempre distinguere civili da combattenti facendo tutto il possibile per minimizzare i cosiddetti "danni collaterali". Non si possono infliggere in maniera indiscriminata danni come uccisioni, ferimenti, demolizioni di infrastrutture. Bisogna tenere conto anche della proporzione tra l'obiettivo militare da raggiungere e il costo in devastazione e vite umane, assumendosi rischi maggiori per colpire solo il nemico, non gli innocenti. Precauzioni aggiuntive e particolari devono essere assolutamente adottate anche quando si hanno prove inconfutabili che strutture sanitarie vengono usate per scopi militari. Non si può bombardare un ospedale senza far evacuare prima personale e pazienti.

In estrema sintesi: non si ha "carta bianca" se gli avversari stanno usando gli scudi umani, sia che questi ultimi vengano sfruttati come tali involontariamente, sia che lo facciano in maniera volontaria.



SCUDI UMANI VOLONTARI, INVOLONTARI E DI PROSSIMITÀ

7.9.24

UCCISA IN CISGIORDANIA AYSENUR EYGI, ATTIVISTA PACIFISTA STATUNITENSE

LA MARTIRE PACIFISTA FACEVA PARTE DELLA STESSA ASSOCIAZIONE DI VITTORIO ARRIGONI, CHE DENUNCIA: 

<<ATTACCATI MANIFESTANTI PACIFICI CHE PREGAVANO. NESSUN LANCIO DI PIETRE VERSO I MILITARI, CHE COMUNQUE SI TROVAVANO A 200 METRI DI DISTANZA DALLA VITTIMA, UCCISA A SANGUE FREDDO>>.


È LA 18ESIMA MANIFESTANTE ASSASSINATA DALLE FORZE DI OCCUPAZIONE ISRAELIANE NELL'AREA DI BEITA DAL 2020 E LA TERZA NELLA STORIA DELL'ISM.



In alto a sinistra l'avamposto nel 2023: si vede una torretta con alcuni militari e una bandiera israeliana. A destra l'immagine di Aysenur Eygi. In fondo al centro 3 soldati e 3 soldatesse israeliani. Due sparano lacrimogeni nella direzione del fotografo. Alcuni ridono, altri appaiono indifferenti.

In alto a sinistra foto dell'avamposto di Evyatar ad Aprile 2023. In basso dei soldati israeliani lanciano gas lacrimogeno verso dei manifestanti nella stessa zona nel 2021.

Immagini di שי קנדלר tratte e "ritagliate" da Wikimedia, rilasciate con licenza Creative Commons. In alto a destra il volto di Ayşenur Eygi nel comunicato rilasciato dall'International Solidarity Movement.




La mattina del 6 settembre la comunità palestinese del villaggio di Beita, vicino Nablus, protestava contro l'espansione dell'insediamento illegale di Evyatar, in Cisgiordania. Alle proteste pacifiche avevano preso parte anche attivisti anti-sionisti israeliani e internazionali in qualità di osservatori, per prevenire eventuali abusi. Tra questi Ayşenur Ezgi Eygi, 26 anni, nata ad Adalia in Turchia e cresciuta negli Stati Uniti, dove studiava psicologia, lingue e culture mediorientali e lavorava come tutor (aveva doppia cittadinanza turca e statunitense).

Evyatar è uno dei più di 300 insediamenti coloniali illegali, ai sensi del diritto internazionale. Molti sono nati come degli "avamposti" che sarebbero dovuti servire solo a scopi militari e temporanei, trasformandosi con il tempo in insediamenti civili, mentre altri sono stati "autorizzati" e costruiti su terre espropriate alla popolazione nativa e dichiarate demanio statale. Alcuni insediamenti sono illegittimi anche per la stessa legge israeliana, come Evyatar. A Giugno, però, è stato "legalizzato" dalle autorità della potenza che occupa illegalmente quei territori dal 1967, lo stato etno-teocratico israeliano.

L'International Solidarity Movement (ISM), associazione che impiega tattiche di protesta non violenta (principalmente documentando gli abusi e proteggendo i civili tramite interposizione non violenta) per la quale Aysenur era volontaria, ha ricostruito il suo assassinio in un comunicato stampa: <<la manifestazione, che consisteva principalmente in uomini a bambini che pregavano, è stata affrontata con la forza dall'esercito israeliano posizionato sulla collina. Inizialmente hanno lanciato un grande quantitativo di gas lacrimogeno e poi hanno cominciato a usare armi da fuoco (...) Hanno sparato due colpi. Uno ha colpito un uomo palestinese a un gamba, ferendolo. L'altro è stato intenzionalmente sparato contro attivisti per i diritti umani che osservavano la manifestazione>>, ferendo mortalmente la giovane volontaria, sembrerebbe con un fucile di precisione. Nella conclusione della nota stampa, dopo l'elenco delle altre 17 vittime massacrate nella stessa zona dal 2020, si evidenzia: <<Alcuni media hanno ripetuto false affermazioni su lanci di pietre da parte degli attivisti dell'ISM durante la manifestazione pacifica. Tutte le dichiarazioni di testimoni oculari confutano queste affermazioni. Aysenur era a più di 200 metri di distanza dai soldati israeliani, e non c'è stato nessuno scontro nei minuti precedenti lo sparo. E comunque, da una tale distanza, né lei, né nessun altro avrebbe potuto essere percepito come una minaccia>>, a differenza di quanto stanno provando a sostenere in queste ore le autorità della potenza occupante, secondo cui a un presunto lancio di pietre, da distanza imprecisata, sarebbe legittimo rispondere con armi da fuoco e proiettili "veri", e non con i proiettili di gomma (che possono essere comunque letali). <<È stata uccisa a sangue freddo>>. 

A questo proposito, vale la pena di ricordare anche quello che è passato alla storia come "l'incidente di Beita": nel 1988 Tirza Porat, un'adolescente israeliana, fu uccisa per errore da un proiettile di un fucile d'assalto israeliano durante degli scontri con i coloni. Subito dopo veniva diffusa la fake-news che ad ucciderla sarebbero stati dei palestinesi con delle pietre. Il bossolo estratto dal suo cranio provò il contrario. 

LA STAGIONE DELL'ORRORE

Riceviamo e pubblichiamo nello "Spazio Comunica Azioni" una "call" per un progetto di ricerca indipendente sul lavoro-sfruttamento stagionale e precario di una compagna.


La "chiamata" è anche denuncia contro gli abusi del precariato e sfogo di "classe precaletaria" (per questo l'abbiamo inclusa anche nella rubrica "Cronache Precarie").


Si tratta di un progetto "etnografico informale" che potrebbe evolversi in un'auto-produzione editoriale.




La Stagione dell’Orrore viene e va!

Ciao!

Una donna dietro il bancone di un bar impugna minacciosamente una bottiglia di liquore. Anche lo sguardo è minaccioso, anche se un po' forzato.
Immagine di Jazz Guy da Flickr rilasciata con licenza Creative Commons


Il mio nome è Marga Romagnoni e sono una barlady antropologa, alle volte antropologa barlady, specializzata in Pestati, Blended, Studi Femministi, Salute Mentale e Critica Anticapitalista in genere.

Mi occupo di Antropologia ormai saltuariamente, in forma autonoma (ossia non dipendo da nessuna Università o altra istituzione) e ‘a sentimento’.

‘A sentimento', significa che decido cosa investigare in profondità sulla base delle sfighe che mi succedono.

‘A sentimento', significa che il mio operato riguarda una vocazione di vita e che non vengo pagata per farlo.

Sono sempre stata quello che Antonio Gramsci ha definito come “intellettuale organico”, ossia faccio parte io stessa dei contesti che pretendo studiare e sui quali produco teoria; l’obiettivo è dunque quello di trovare forme di denuncia, miglioramento ed emancipazione collettiva e non quello di avanzare nella mia carriera sulla pelle altrui.

Se ti è arrivato questo messaggio, è perché, molto probabilmente, come me lavori nel settore Ho.Re.Ca (acronimo di "Hotel Restauranta Café" che indica il settore alberghiero) in modalità stagionale o conosci qualcuno che lo fa.

Ti contatto perché ho in programma di condurre un’etnografia dei contesti del lavoro stagionale, con l’obiettivo di rintracciarne, renderne visibili e analizzarne le problematicità sociali specifiche.


Cos’è un’etnografia

5.9.24

DUE NAUFRAGI NEL MEDITERRANEO IN UN GIORNO

L'ONG MEDITERRANEA: <<LA STRATEGIA DEL GOVERNO PROVOCA L’ENNESIMA STRAGE>> 


Il primo settembre un'imbarcazione è partita dalla Libia con 28 "persone in movimento" a bordo, stando alla testimonianza di 7 sopravvissuti, di nazionalità siriana, soccorsi ieri mattina dalla Guardia costiera mentre il natante stava per affondare vicino a Lampedusa. 21 di queste, di cui 3 minori, sono disperse. Sempre nella giornata di ieri si sono registrati altri 22 dispersi e almeno un morto a largo delle coste libiche.

Di seguito l'ultimo comunicato di "Mediterranea Saving Humans". Negli scorsi giorni il governo italiano ha accusato l'ONG, sostenendo che la loro imbarcazione, la "Mare Jonio", non è in possesso della certificazione necessaria al soccorso, addebito smentito dalla ONG in un altro comunicato


Immagine della Mare Jonio, rimorchiatore della ONG, in alto mare
Immagine della "Mare Jonio"


2.9.24

LA STRUMENTALIZZAZIONE DELL'OMICIDIO DI SHARON VERZENI E DELLA CRONACA NERA

E QUELL'ITALIANO DECAPITATO CHE NON HA FATTO NOTIZIA...


Questa estate un uomo è stato decapitato dal fratello, un italiano con la pelle bianca e cattolico, che ha gettato la sua testa per strada, in provincia di Benevento.


Sempre questa estate una donna è stata accoltellata a morte da un italiano con la pelle nera, apparentemente senza un movente specifico che non sia la pura e malata voglia di uccidere qualcunə.


La stragrande maggioranza di voi della prima vittima non avrà nemmeno sentito parlare, mentre della seconda se ne straparla. Entrambi i reo-confessi sono due persone con evidenti problemi psico-sociali, ma uno ha la pelle di colore diverso dalla maggioranza degli italiani...



Il tweet di Ravetto che allega uno screenshot con un articolo di cronaca su Sharon Verzeni
La parlamentare leghista Laura Ravetto ha scritto su "X" (ex "Twitter"): <<Nato a Milano. Ma opportuno che un soggetto simile sia cittadino italiano? Sono questi i nuovi Italiani cui aspiriamo?>>



UN FRATRICIDIO E UN FEMMINICIDIO

Il 4 luglio a Pannarano, in provincia di Benevento, Annibale Miarelli, 70 anni, viene decapitato da suo fratello, Benito, di 57 anni. Pare che la testa sia stata tagliata mentre dormiva, dopo una lite, e poi gettata in strada (secondo la sua versione avrebbe tagliato la testa dopo averlo inizialmente ferito, e non l'avrebbe gettata dal balcone, anche se un testimone l'ha trovata per strada mentre andava a buttare l'immondizia). Benito Miarelli avrebbe dichiarato di aver sentito delle voci che lo hanno spinto a tale gesto. Annibale era un operaio che dopo la morte di figlio e moglie era tornato al paese natale. L'omicida era seguito dai servizi sociali, alcuni compaesani intervistati hanno dichiarato che aveva delle strane fissazioni legate alla religione cristiana e che era una persona dal carattere scontroso, non potendo però immaginarlo capace di un atto simile. Consultando i suoi profili social (come si vede nelle immagini qui sotto) emergono in effetti diversi contenuti legati alla fede cristiana ma anche un interesse per la rivoluzione francese e il risorgimento italiano, oltre che una simpatia per le forze armate.

24.8.24

LA "MACCHINA DEL FANGO" CONTRO L'UNRWA

PIÙ DI 200 DIPENDENTI DELL'AGENZIA ONU MASSACRATI, MA LA STAMPA MAINSTREAM PARLA SOLO DEI 9 SANZIONATI DA UN'INCHIESTA "AMMINISTRATIVA" (SU 3000 DIPENDENTI IN TOTALE) PER UNA PRESUNTA PARTECIPAZIONE AL 7 OTTOBRE


Da tempo l'UNRWA, Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, è oggetto di attacchi e getti di "fango" per tagliarne i finanziamenti e minare il "diritto al ritorno" dei palestinesi, sancito dalla risoluzione 194 del '48. Invece, in "Occidente", quasi nessuno pensa di tagliare "fondi" e "ponti" con uno stato che applica l'apartheid, forse anche peggiore di quello sudafricano.

L'ultimo "polverone mediatico" si è alzato per 9 dipendenti dell'UNRWA (su 30mila in totale), sospettati di essere coinvolti nell'attacco del 7 Ottobre e licenziati dalla stessa Agenzia.

La stessa attenzione non viene dedicata agli innumerabili crimini compiuti da soldati e coloni-paramilitari israeliani.

In questo articolo ricapitoliamo quello che è successo negli ultimi mesi.


Un frammento malconcio di un sacco con la scritta dell'UNRWA con farina destinata ai rifugiati. Si legge: <wheat flour (not for sale) for free distribution to Palestine refugees> e altre scritte con riferimenti logistici.
Un frammento malconcio di un sacco utilizzato per la distribuzione di alimenti.



L'UNRWA È "CATTIVA" E I FANATICI ISRAELIANI SONO TUTTI "ANGIOLETTI": L'ENNESIMO ESEMPIO DI "DUEPESISMO"

Mentre esponenti politici, della più barbara classe dirigente che Israele ha mai avuto, fanno pubblicamente affermazioni che incitano al genocidio, talvolta perfino "legittimate" dal Deuteronomio, mentre i soldati israeliani si vantano dei loro crimini di guerra sui social network, mentre una folla di fascio-messianici estremisti tenta di liberare dalla polizia militare un soldato accusato di stupro nei confronti di un prigioniero palestinese, mentre una grandissima parte della teocrazia ed etnocrazia israeliana sostiene il terrorismo di stato, spacciato come legittima difesa, tantissimi organi di stampa mainstream, nonché vari influencer estremisti pro-sionisti, si mettono a fare le pulci all'UNRWA e la definiscono "compromessa".


Cinque box con i risultati di ricerca ottenuti dal più noto motore di ricerca, Google. Nel primo si vede che scrivendo la parola "UNRWA" il primo risultato, sponsorizzato, è una pagina del sito del governo israeliano che recita: <UNRWA Neutrality compromised>. In un altro si vede il titolo dell'ANSA: <Medio oriente, l'ONU ammette: 9 dipendenti forse coinvolti> (la parola "forse" è sottolineata in rosso). Sotto il titolo del giornale "Oggi": <Onu licenzia nove dipendenti dell'Urwa: "Complici di Hamas..> (le ultime tre parole sono evidenziate in giallo). A sinistra il titolo di "Tgcom 24": <UNRWA, 9 membri coinvolti nell'attacco del 7 ottobre: licenziati> (la parola "coinvolti" è evidenziata in giallo). Infine il titolo de "Il Foglio": <Cadono le prime teste dei dipendenti dell'Unrwa colpevoli del 7 ottobre> (la parola "colpevoli" è evidenziata in giallo).
Digitando "UNRWA" sul più noto motore di ricerca il primo risultato è un articolo, sponsorizzato, del governo israeliano che la definisce "compromessa" in quanto a neutralità.

Mentre si lanciano costosissime campagne stampa per delegittimare e tagliare i fondi all'UNRWA, vecchia quasi quanto la stessa "questione palestinese" (forse sarebbe meglio dire "questione coloniale israeliana"), la maggioranza dei governanti occidentali -inclusi quelli italiani- non concepiscono nemmeno la possibilità di tagliare gli armamenti, pagati di tasca nostra, forniti a uno stato che applica l'apartheid. Si parla, o addirittura si chiede di tagliare i fondi all'UNRWA, ma quasi nessuno chiede di troncare gli affari di tantissime aziende private con le colonie illegali, che giorno dopo giorno "rosicchiano" illegalmente territorio. Terre che spettano ai palestinesi legalmente (almeno a partire dal '67) e non solo moralmente. Lo fanno tramite l'azione di teppisti supportati dall'esercito "regolare". Parliamo dei cosiddetti coloni, suprematisti ebraici e fanatici-messianici che terrorizzano, uccidono, bruciano villaggi quotidianamente, perché secondo loro lo dice la Bibbia che quella terra gli appartiene. Seguendo i canoni culturali più diffusi in questa parte del pianeta è evidente che la parola "terrorista" può essere affiancata solo a persone che hanno un colore della pelle diverso, oppure che credono in una religione o in un fondamentalismo diverso da quelli che aggradano maggiormente la massa...

Ma partiamo dall'inizio: prima di capire cosa è successo e cosa si sa fino ad adesso, spieghiamo brevemente cos'è l'UNRWA.



COS'È L'UNRWA

21.8.24

CHE SUCCEDE IN BANGLADESH?

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE PRIMA E DOPO LA CADUTA DI SHEIK HASINA

Spieghiamo sinteticamente cosa sta succedendo in Bangladesh. 

Mentre molti tracciano un'analogia con le "Primavere arabe", i leader degli studenti alla testa delle proteste si interrogano su come proseguire consultando la "base" del movimento.


Una folla di manifestanti (tutti uomini e ragazzi) a Dacca mentre sventolano bandiere del Bangladesh. In basso a sinistra Muhammad Yunus e a destra Sheikh Hasina. Al centro la scritta: <BANGLADESH: dalla protesta contro il "sistema della quote" al governo provvisorio>
Immagine della protesta del 5 Agosto da Dacca di Mohammad Tanbiruzzaman Koushal. Foto di Muhammad Yunus del 2014 di Ralf Lotys (Sicherlich). Foto di Sheikh Hasina del 2023 di DelwarHossain. Immagini tratte da Wikimedia, rilasciate con licenza Creative Commons


Durante questa estate sono scoppiate una serie di proteste in Bangladesh, culminate con la fuga dell'autocrate Sheik Hasina in India il 5 agosto. La causa originaria delle proteste riguardava il cosiddetto sistema delle quote, ritenuto non meritocratico e troppo sbilanciato in favore dei sostenitori della "Lega Popolare Bengalese" (Awami League), il partito dell'ex prima ministra: il 30% degli impieghi nella pubblica amministrazione era riservato ai discendenti dei combattenti della guerra di liberazione bengalese, che portò all'indipendenza dal Pakistan nel 1971. Il restante 26% delle quote riservate era destinato a donne, persone disabili e delle zone più povere. 

A fine Luglio la Corte Suprema bengalese aveva ridotto la quota destinata ai familiari dei combattenti al 5%, e al 2% per gli altri gruppi (incluse le persone transgender), innalzando al 93% quella basata sul merito e ribaltando una decisione presa dall'Alta Corte. Quest'ultima aveva re-introdotto il sistema delle quote a giugno, dopo che era stato abolito nel 2018 sull'onda di altre proteste.

18.8.24

BILANCIO ALTERNATIVO DELLE OLIMPIADI DI PARIGI 2024

LA PARTECIPAZIONE PALESTINESE E IL "BOTTINO" DEL TEAM DEI RIFUGIATI

Da una settimana si sono concluse le Olimpiadi di Parigi 2024 e a breve inizieranno i Giochi Paralimpici. 

Gli organi di stampa dominanti continuano a parlare di "bottini" delle singole nazioni in medaglie e di "medaglieri". Invece in questo articolo, per la rubrica "DiSport", tracciamo un bilancio alternativo al mainstream, con dei conteggi che non riguardano le medaglie conquistate dai vari paesi. 

Iniziamo parlando degli atleti palestinesi che non ci sono più e quelli che sono riusciti a partecipare. Anche se non hanno conquistato nemmeno una medaglia sono loro i vincitori e le vincitrici morali di questa edizione, l'ottava a cui ha preso parte la delegazione palestinese (in tutto sono 9, considerando l'atleta paralimpico che si cimenterà nel lancio del peso). Hanno gareggiato e alzato la bandiera che li rappresenta, nonostante il fatto che qualcuno continui a negare l'esistenza stessa dei palestinesi, definendoli genericamente "arabi", per legittimare la pulizia etnica "dal fiume al mare".

Concludiamo parlando di altri "momenti mediali salienti" di queste Olimpiadi, in particolare della pugile DONNA (scriviamolo a lettere grandi) Imane Khelif e del team dei rifugiati. E facciamo pure qualche considerazione sui valori dello sport mercificato e sul ruolo dello sportwashing.


La Torre Eiffel, vista dal basso, con il simbolo delle Olimpiadi
Foto di Amada MA da Unsplash




GAREGGIARE PER RESISTERE ED ESISTERE

Si parla sempre dello spirito dello sport e delle emozioni che dovrebbe generare, della sorellanza dei popoli che dovrebbe stimolare. Purtroppo nell'attuale sistema socio-economico capitalista lo sport valorizza la competizione più esasperata possibile, il tifo da stadio diventa paradigma della dialettica politica -intendendo la parola "politica" in senso lato- mentre la politica -in senso partitico- sfrutta lo sport per aumentare la "polarizzazione" degli elettori-tifosi. Oppure, più semplicemente, per domare la voglia di cambiamento stonando l'opinione pubblico a suon di "pane e circo".

Questa maniera di sfruttare gli eventi sportivi per fini politici-mediatici, nel solco della tradizione dello sportwashing (ripulire l'immagine di un paese o di un politico tramite lo sport), era evidente già prima dell'inizio degli ultimi giochi olimpici:dopo l'invasione dell'Ucraina da parte russa nel 2022 si è scelto di far partecipare gli atleti russi e bielorussi senza esporre le bandiere e intonare i rispettivi inni nazionali. Nonostante le plateali violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale lo stesso provvedimento non è stato adottato nei confronti dello stato di apartheid israeliano, ennesimo esempio di "doppiostandard" o "due-pesismo".

Oggi, come società collettiva e non come singole individualità e collettività, siamo "troppo dentro" questa funesta fase storica per accorgerci che i giochi olimpici parigini verranno ricordati come le Olimpiadi durante il genocidio palestinese: da Ottobre 2023, l'inizio della vendetta e punizione collettiva israeliana per lo smacco militare inferto durante il sanguinoso atto terroristico guidato da Hamas, sono stati massacrati almeno 300 tra atleti, allenatori, arbitri e ufficiali di gara palestinesi (dato fornito da Mustafa Siyam della Palestinian Sports Media Association). Si stima che tra questi più di 60 avrebbero potuto competere alle ultime Olimpiadi. Stando a quanto riportato dal sito israeliano Haaretz (che non cita fonti specifiche) anche <<molte dozzine di atleti israeliani, di tutti i livelli, inclusi quelli giovani, sono morti durante o dopo il 7 Ottobre (...) potrebbero essere oltre 100>>. Non possiamo dire se nel funesto conteggio della testata israeliana sono stati inclusi anche i dodici ragazzini uccisi da un'esplosione in un campetto di calcio di Majdal Shams, villaggio illegalmente occupato da Israele: di sicuro quei bambini non avevano la cittadinanza israeliana, ampiamente rifiutata dalla maggioranza della comunità drusa del posto (a differenza di quanto affermato da molti).

Tra i volti più noti delle vittime "sportive" del genocidio palestinese c'è Majed Abu Maraheel, calciatore, corridore e primo atleta olimpico della storia palestinese. Uno degli innumerevoli bombardamenti aerei israeliani, con il pretestuoso obiettivo di "eradicare il terrorismo" esercitando una forma di "terrorismo di stato", ha comportato l'amputazione di una gamba e la morte di Nagham Abu Samra, karateka, laureata in scienze motorie e fondatrice della prima palestra di karate per donne a Gaza. Tra le tante vite e i rispettivi sogni spezzati sono stati uccisi anche Hani Al-Masdar, assistente allenatore della nazionale di calcio, i calciatori Ahmad Abu Al-Atta, Shadi Abu al-Araj e Mohammed Hussein Al-Sulibi, i pallavolisti Hassan Abu Zuaiter e Ibrahim Qusaya, il corridore Wasem Ayman Abu Deeb e il nuotatore paralimpico Majdi al-Tatr.

3.8.24

LA STRUMENTALIZZAZIONE DELL'ATTACCO DI MAJDAL SHAMS

L'ENNESIMA PROVOCAZIONE DELLA TEOCRAZIA ISRAELIANA A QUELLA SCIITA


Torniamo a parlare dell'attacco di Majdal Shams per le rubriche "Chekka Il Fatto" e "Come va a finire?". 

Il luogo dell'attacco: la recinzione del campo da calcio è divelta. Sul cratere provocato dal razzo o dal missile le corone di fiori. Sulla sinistra si intravede il rifugio antibombardamento.
Immagine del luogo dell'attacco di Nizzan Cohen da Wikimedia rilasciata con licenza CC


La tragedia della morte di almeno 12 tra bambini e adolescenti drusi mentre giocavano a calcio è stata strumentalizzata dalle autorità di occupazione israeliane, rappresentata in maniera non corretta dalla stampa mainstream, la "scorta mediatica" che con la sua disinformazione e propaganda sta contribuendo al genocidio palestinese e ci sta portando sull'orlo di una guerra totale. 

Infatti le vittime erano siriane, non avevano la cittadinanza israeliana (a differenza di quanto affermato dal portavoce delle forze di occupazione israeliane) e quel villaggio non si trova in Israele, ma nei territori da cui Israele dovrebbe ritirarsi secondo quanto sancito dal diritto internazionale.

Infine la versione israeliana, secondo cui il razzo sarebbe stato lanciato da Hezbollah, non è stata confermata dall'UNIFIL, come è stato detto più volte in questi giorni.



NON È STATO COLPITO IL TERRITORIO ISRAELIANO, MA UN'AREA CHE ISRAELE HA ANNESSO ILLEGALMENTE

Intorno alle 18 del 27 Luglio un razzo si è abbattuto su un campo da calcio nel villaggio di Majdal Shams, territorio delle alture del Golan occupato da Israele e che apparterrebbe alla Siria. Sono morti almeno dodici tra bambini e adolescenti e altre decine i feriti

La prima fake-news della stampa mainstream (deliberatamente o accidentalmente errata) consiste nel riportare che sarebbe stato colpito il territorio israeliano: quella parte di Golan apparterrebbe alla Siria, è stata occupata nel '67 da Israele e poi annessa illegalmente nell'81 a mezzo voto parlamentare. La risoluzione 242 del '67 dell'ONU afferma che Israele dovrebbe ritirarsi da tutti i territori occupati (Gaza e Cisgiordania inclusi). La 497 dell'81 considera nullo il provvedimento della <<forza occupante (...) riaffermando che l'acquisizione di territorio tramite l'impiego della forza è inammissibile>>. Sicuramente è ben più che accettabile per le leggi coloniali del mercato, per accaparrarsi risorse preziose come acqua e petrolio... Come spiega il Palestine Chronicle anche in questi territori occupati ci sono insediamenti coloniali, anche qui le risorse come l'acqua vengono rubate alla popolazione indigena e rivendute a essa stessa, naturalmente a prezzo maggiorato rispetto a quello che pagano i coloni. E, infatti, proprio la popolazione di Majdal Shams è stata alla testa di diverse rivolte e azioni di disobbedienza civile nell'area. È significativo notare che il nome di una vittima, il cui corpo è stato smembrato e riconosciuto solo dopo specifici accertamenti, era "Guevara", come "il Che".


mappa delle alture del Golan, con in evidenza la parte di territorio annessa e occupata da Israele

31.7.24

CROLLO DEL BALLATOIO ALLA VELA DI SCAMPIA

UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

Dopo il crollo di una passerella pedonale la scorsa settimana a Scampia i riflettori sono di nuovo puntati su un quartiere divenuto famoso grazie alla serie televisiva "Gomorra". Scampia però non è solo lo sfondo di spaccio e faide di "sottoproletariato" e "borghesia criminale": il progetto "ReStart", con un investimento di 160 milioni di euro, è il coronamento di 40 anni di lotta popolare per riqualificare il quartiere, per strapparlo dalla povertà e dalle grinfie delle "menti raffinatissime" che si arricchiscono con speculazioni edilizie e traffici di droga, alimentati dalla miseria dei più.


Proprio in una relazione tecnica del piano "ReStart" del 2016 si metteva nero su bianco che i ballatoi costituivano un pericolo. Alcuni abitanti dichiarano che i lavori di riqualificazione della vela non dovevano essere avviati con le persone ancora all'interno, e quindi a rischio.


Grazie alle battaglie dei cittadini di Scampia si sono ottenuti i fondi che hanno permesso anche di costruire la sede della facoltà di medicina dell'Università Federico II nel quartiere, dove alcuni abitanti della Vela Celeste si sono rifugiati in questi giorni, occupandola.


Alcune donne reggono uno striscione: c'è la foto delle vele e due scritte: <<SIAMO SOLO SOGNATORI ABUSIVI>> e <<CANTIERE 167 SCAMPIA COMITATO VELE>>


I BALLATOI ERANO PERICOLOSI: ERA MESSO NERO SU BIANCO DAL 2016

Lunedì 22 Luglio intorno alle 22 e 30 un ballatoio al terzo piano della "Vela Celeste" nel quartiere Scampia di Napoli è crollato, provocando 3 morti e più di 10 feriti. Proprio in queste ore è giunta la notizia che le condizioni di due bambine sembrano migliorare. La "Vela B" doveva essere riqualificata, mentre altre sono state demolite. Da almeno 8 anni, come emerge da un documento del progetto "ReStart Scampia", si sapeva che le passerelle costituivano un rischio.


Nella relazione tecnica del 2016 c'è scritto: <<l'intera rete di collegamento pedonale tra i vari piani è costituita da passerelle in acciaio e cemento armato posizionate nella parte centrale tra i due corpi di fabbrica paralleli. Tale struttura si trova in uno stato di degrado dovuto a fenomeni di forte corrosione per la scarsa manutenzione che si è protratta negli anni. In molte parti si notano distacchi delle stesse passerelle con grave pericolo per i residenti>>.


Nelle immagini delle passerelle oltre al testo riportato nell'articolo e a quello in cui si spiega come verranno ricostruiti i ballatoi: sono come dei ponti sospesi,  "agganciati" da delle travi che collegano i vari appartamenti.


Nelle immagini delle passerelle oltre al testo riportato nell'articolo e a quello in cui si spiega come verranno ricostruiti i ballatoi: sono come dei ponti sospesi,  "agganciati" da delle travi che collegano i vari appartamenti.
Immagini dei ballatoi e didascalie dal documento di "ReStart"

28.7.24

"SE FOSSI PALESTINESE SAREI TERRORISTA": CHI LO HA DETTO?

LA STORIA SI RIPETE, MA NON È MAI COMPLETAMENTE UGUALE...


La frase non è stata pronunciata da qualche "estremista pro-Pal" o "fiancheggiatore di Hamas", come direbbe la stampa mainstream. L'ha proferita Andreotti durante la "Seconda Intifada" nel 2002 e durante la seconda guerra del Libano nel 2006La seconda volta propose anche una fantomatica "soluzione alla sionista" per i profughi palestinesi (cosa che non viene ricordata dai più quando riportano la citazione)... Lo stesso Andreotti che negli anni '70 aveva approvato il cosiddetto "lodo Moro", nel 1985 condannò lo stato di Israele per aver violato il diritto internazionale durante un attacco aereo al quartier generale dell'OLP in Tunisia, accusandolo di far saltare per aria una <<soluzione negoziale>> al conflitto. La storia si ripete, ma mai in maniera completamente esatta...


Arafat e Andreotti si incontrano all'inizio degli anni '80. Si stringono la mano. Sullo sfondo le guardie del corpo. Intorno alla cinta di Arafat, vestito in uniforme militare e con la kefiah, si nota una rivoltella.
Arafat e Andreotti si incontrano nel  1982



PERFINO ANDREOTTI SAREBBE UN TERRORISTA SE FOSSE NATO IN UN CAMPO PROFUGHI PALESTINESE, E OGGI LO CHIAMEREBBERO "PRO-PAL" E "FIANCHEGGIATORE DI HAMAS"

Oramai ci siamo abituati alla narrazione della "scorta mediatica" che rende possibile il genocidio: è tutta colpa di Hamas, Israele deve solo difendersi e chiunque osi criticare lo "stato ebraico" (o meglio, l'etnocrazia e la teocrazia sionista) o è un terrorista antisemita oppure è un burattino nelle mani dell'Iran. Bene, facciamo un salto indietro nel tempo e "resuscitiamo" Andreotti, le cui parole sono state recentemente ricordate. Mai avrei pensato di poterlo citare in difesa degli oppressi, il che è indice di quanto bui sono i tempi in cui viviamo, di quanto andiamo indietro invece di progredire. Come vedremo, però, la soluzione proposta da Andreotti consisteva nel creare un "sionismo palestinese", una roba tra il distopico e l'ucronico macchiettistico.

Nel 2002, nel periodo della "Seconda Intifada", quando come oggi si accusava (a torto o a ragione) l'Iran di essere uno dei finanziatori delle resistenza armata palestinese, disse: <<Se fossi stato in un campo profughi da 50 anni, con la mia famiglia, i miei figli, non avrei avuto bisogno dell'aiuto di Teheran per trasformarmi in un uomo-bomba>>, riferendosi agli attentati suicidi.




Nel riquadro qui sopra (o a questo link se non lo visualizzate) uno stralcio dell'intervento in Senato di Andreotti nel 2006

27.7.24

CHI C'È DIETRO IL RAZZO SU MAJDAL SHAMS?

Poche ore fa un razzo (non un missile) sarebbe stato lanciato dal villaggio libanese di Chebaa (o Shebaa) verso Majdal Shams, villaggio nelle Alture del Golan. Il territorio che apparterrebbe alla Siria (con l'eccezione dell'area delle "Fattorie di Sheeba" rivendicata al Libano) è stato annesso de facto da Israele, senza riconoscimento legale internazionale.



mappa delle alture del Golan, con in evidenza la parte di territorio annessa e occupata da Israele

Sono morte almeno una decina di persone mentre erano su un campetto da calcio, di un'età tra i dieci e i vent'anni, secondo le cronache. Il villaggio è a maggioranza drusa, una minoranza etnica delle terre di Palestina.

Israele accusa Hezbollah dell'attacco, ma i rappresentanti del "Partito di Dio" negano ogni coinvolgimento. Su chi ha effettivamente lanciato l'attacco possiamo fare almeno sei ipotesi.

20.7.24

"DI VITA NON SI MUORE": FILM DOCUMENTARIO SU CARLO GIULIANI

IL CONTESTO STORICO-POLITICO DEL G8 DI GENOVA, IL VISSUTO DI CARLO GIULIANI E LA SUA MORTE

A 23 anni di distanza dall'uccisione di Carlo Giuliani, per la rubrica RecenTips proponiamo una breve recensione di un film documentario a lui dedicato: "Di vita non si muore, un altro mondo è ancora possibile?" di Claudia Cipriani, autoprodotto dalla "Ghiro Film".


La locandina del film documentario. Due ragazzi di spalle, uno rappresenta Carlo Giuliani, sono avvolti in una nube di fumo gialla, forse di un fumogeno.
La locandina del film documentario


Durante il summit del 2001 in Italia si verificò quella che un magistrato, Enrico Zucca, ha definito <<una sospensione dello stato di diritto>>, mentre per Amnesty International si trattava della <<più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale>>.

Sono state inflitte condanne spropositate ad una decina di manifestanti per un totale di circa 100 anni di carcere, con un caso di un' estradizione non concessa dalla Francia, anche in ragione della sproporzione delle sentenza italiana per il reato di "devastazione e saccheggio". 

Invece, è stata assicurata quasi totale impunità, e addirittura promozioni in alcuni casi, a carnefici, calunniatori e mistificatori in divisa, inclusi quelli che portarono armi improprie e molotov nella scuola Diaz per fabbricare accuse, per poi perpetrare e giustificare delle vere e proprie torture, come riconosciuto dalla Corte di Strasburgo. 

Ad altri manifestanti, in ragione di una carica illegittima attuata dalle forze armate, è stato riconosciuto di aver agito per legittima difesa.

In quella giornata abbiamo visto concretizzarsi un nuovo tipo di fascismo, che mescola il vecchio spirito "manganellaro" al volto pulito della subdola politica contemporanea, gestita fuori dai parlamenti, direttamente dagli uffici delle grandi multinazionali. 

Quel giorno è stato inflitto un colpo durissimo alla militanza non violenta (non tanto a "black block veri" e per nulla a potenziali provocatori), e resta una ferita non rimarginabile che ha contribuito alla dilagante de-politicizzazione della società, in favore delle scialbe religioni del guadagno, dello stato-nazione e dell'apparenza.

All'infuori dei circoli di attivismo e/o militanza, la principale vittima sacrificale di quella gestione criminale di una protesta (senza contare i torturati e i feriti, tra cui un cronista britannico finito in coma) viene dipinta come un teppista indiavolato, il vandalo per antonomasia. Mentre molti, soprattutto all'interno della cosiddetta cerchia "insurrezionale", ne hanno fatto una sorta di santino, un'icona diffusa in tutto il Mondo, come si vede nelle prime scene del documentario.

Questo documentario ribalta entrambe le narrazioni polarizzanti, restituendo la dimensione umana e il contesto politico vissuto dal "ragazzo con l'estintore". Una parte della pellicola ricostruisce anche alcuni aspetti "tecnici" di quanto avvenuto in piazza Alimonda, aggiungendo un terzo filone narrativo. 

Per chi volesse approfondire la dinamica "politico-legale" di quella giornata segnaliamo anche un secondo documentario: si intitola "La Trappola", ed è stato pubblicato per la prima volta nel 2006 dal "Comitato Piazza Carlo Giuliani".