30.6.25

PARLIAMO DI “NON TUTTI GLI UOMINI”

  •  “Non tutti gli uomini”  -un’affermazione piena di misoginia-  è stata diffusa da giovani uomini sui social media per difendere l’immagine pubblica degli uomini in generale.
  • Questo articolo riflette su come la violenza di genere viene normalizzata di questi tempi.

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Immagine di una bambina mentre mantiene una bandierina durante l’annuale Marcia delle Donne del 2019 in Pakistan. La scritta in inglese recita: <<Marcia delle donne del 2019. Noi donne>>.
La bambina mantiene una bandierina durante l’annuale Marcia delle Donne del 2019 in Pakistan. La scritta in inglese recita: <<Marcia delle donne del 2019. Noi donne>>.

Il patriarcato è una condanna a morte per le donne di tutto il mondo. Recentemente, a Napoli, la 14enne Martina Carbonaro è stata uccisa a sassate dal su ex fidanzato. Nel 2006 la ventenne pakistana Hina Saleem è stata assassinata da suo padre in un orribile “delitto d’onore” a Brescia. Il caso ha innescato un dibattito sulla storia della stessa Italia e le leggi sui delitti d’onore. Casi come questo, così brutalmente violenti, non fanno nemmeno notizia in Pakistan. Questo articolo di opinione -siglato da Sana Siddiqui, autrice che attualmente vive a Napoli- discute delle crudeltà giornaliere che le donne devono affrontare a causa dei costumi patriarcali incorporati nelle nostre società.


Parlare apertamente in questa società è quasi un atto di ribellione in sé, quindi voglio dire la mia. Perché non c’è molto altro che una piccola, giovane donna può fare per portare cambiamento nel suo paese.

Vivere in uno dei posti del mondo più insicuri per le donne fa schifo. Perché ogni giorno sentiamo notizie terribili di qualcun'altra, di donne o bambine che sono state terribilmente molestate, abusate o assalite - se non peggio. Viviamo in un terrore costante. Si vedono post di questi avvenimenti con una didascalia: “questo poteva capitare a noi”. Ma è capitato. È capitato a noi, alle nostre amiche, madri, sorelle o zie. Tuttə noi abbiamo una storia. Alcunə, però, non vivono abbastanza per poterla raccontare.

29.6.25

Let's Talk About 'Not All Men'

  • 'Not all men— a statement rife with misogyny — has been popularized by young men on social media in order to defend the public image of men in general. 
  •  This piece reflects upon how normalized gender-based violence and oppression have become in today’s time. 

READ THE ARTICLE IN ITALIAN HERE / QUI LA TRADUZIONE IN ITALIANO DELL'ARTICOLO


mage of a girl holding a flag at the annual Women’s March held in 2019 in Pakistan. The flag reads: <<Women’s March 2019. We women>>.
Image of a girl holding a flag at the annual Women’s March held in 2019 in Pakistan. The flag reads: <<Women’s March 2019. We women>>. Credit: Beenish Sarfaraz



Patriarchy is a death sentence for women all over the world. 

In Naples, Italy, 14-year-old Martina Carbonaro was recently found stoned to death by her ex-boyfriend. In 2006, 20-year-old Pakistani woman, Hina Saleem, was murdered by her father in a horrifying 'honour killing' in Brescia, Italy. This case sparked a nationwide debate about Italy’s own history and laws regarding honour killings. In Pakistan, such brutal cases of violence are so common that they don’t even make the news. 

This thinkpiece—penned by Pakistani writer, Sana Siddiqui, currently living in Naples—discusses the everyday cruelty that women face due to the patriarchal customs embedded in our societies.



Speaking out in this society is almost a rebellion in itself—so I want to speak out. Because there really isn't much that a small, young woman can do to bring change in her country.
 
Living in one of the most unsafe-for-women countries in the world sucks. Because every day we hear terrible news about someone or the other, a woman or a child, being horrifically abused, harassed, or assaulted—if not worse. We live in this terror constantly. You'll see people share posts of such occurrences with the captions, "This could have been us." But it is. It is us. It is our friends, our mothers, our sisters, our aunts. All of us have a story. Some just don't live to tell it.

16.6.25

ULTIMA GENERAZIONE, NAPOLI: INTERVIENE L’ESERCITO ALLA PRIMA AZIONE

Riceviamo e pubblichiamo per lo spazio “ComunicAzioni” un comunicato stampa da “Humanity in Focus”: raccontano di una "doppia azione" congiunta con “Ultima Generazione”, svolta lo scorso Sabato a Napoli. Le principali istanze sono due: far pagare il costo della transizione ecologica a multinazionali e gruppi che hanno causato il disastro ambientale e boicottare, come si fece con il Sudafrica, quelle aziende che fanno affari con uno stato che, ai sensi del diritto internazionale, pratica l’apartheid.


9 attivisti con due bandiere della Palestina e una del gruppo "Humanity in Focus". A terra uno striscione, fermato a terra da un megafono e una borsa. Sopra la scritta: "Boicotta il genocidio. Palestina Libera dal fiume al Mare"
Gli attivisti di fronte al Mc Donald della stazione centrale di Napoli


ULTIMA GENERAZIONE INSIEME A HUMANITY IN FOCUS: LA MATTINA ALLA CONAD E IL POMERIGGIO AL MCDONALD PER DENUNCIARE LA LORO COMPLICITÀ NEL GENOCIDIO PALESTINESE

15.6.25

FREEDOM FLOTILLA: SEQUESTRATI DALLA MARINA ISRAELIANA IN ACQUE INTERNAZIONALI

TRE ATTIVISTI RISCHIANO UN MESE NELLE GALERE ISRAELIANE, UFFICIALMENTE PER VIOLAZIONE DELLE LEGGI SULL’IMMIGRAZIONE



+AGGIORNAMENTO DEL 18 GIUGNO: Con il supporto legale di "Adalah - The Legal Center For Arab Minority Rights in Israel", i tre attivisti sono stati liberati e fatti passare attraverso la Giordania per tornare a casa, come comunicato dai canali ufficiali della Freedom Flotilla Coalition due giorni fa, che chiede di continuare le mobilitazioni. Ulteriori aggiornamenti saranno pubblicati qui o in nuovi articoli: restiamo connessi!+


Mentre Netanyahu espande la guerra verso l’Iran, mentre meno occhi sono puntati per questo su Gaza, torniamo a parlare della “Freedom Flotilla”, gruppo di associazioni e attivisti nato nel 2010 con lo scopo di rompere l’assedio di Gaza. Una settimana fa la “Madleen”, una piccola barca a vela, è stata assaltata e sequestrata dalla marina militare israeliana a circa cento miglia da Gaza, dove avrebbe dovuto consegnare un carico di aiuti e un messaggio per il resto dell’umanità, complice o indifferente: la popolazione di Gaza non deve morire sotto le bombe, di fame, di stenti e per la mancanza di cure basilari. Tra gli attivisti presenti c’era anche Greta Thunberg.


In alto a sinistra e a destra Greta Thunberg in piedi, con un braccio che indica l'orizzonte, e seduta sulla prua della nave. Al centro in alto il profilo della Madleen: si notano 6 persone a bordo e una bandiera palestinese. Sotto il momento dell'arrembaggio ripreso da una telecamera di sicurezza: tutti sono seduti sul ponte della nave con le mani in alto.
In alto Greta Thunberg e la Madleen (immagini dai profili social dell'attivista). Sotto il momento dell'arrembaggio israeliano, ripreso dalla telecamera di sicurezza dell'imbarcazione (diffuso sul canale Telegram della Freedom Flotilla Coalition).


Per chi non avesse mai sentito parlare di questa flotta di navi civili, o per chi volesse saperne di più sulla sua storia, consigliamo, come lettura preliminare o di approfondimento, un articolo dello scorso Maggio, pubblicato tra queste pagine impalpabili: troverete una ricostruzione della dinamica dell’attentato a un’altra nave, laConscience”, colpita vicino Malta da droni. In quell’articolo ricordavamo anche la vicenda della naveMavi Marmara”, quando un’altra missione pacifica finì nel sangue.

10.6.25

REFERENDUM ABROGATIVI: MENO QUORUM PIÙ PARTECIPAZIONE

In questo post per la rubrica a-periodica “Dati Parziali non ci concentriamo tanto sui risultati numerici dell'ultimo referendum, ma sul livello di coinvolgimento elettorale in quella che oramai è una "democratura". Se il quorum venisse abbassato, o addirittura abolito, si potrebbe aumentare la partecipazione alla vita politica e il livello di democrazia diretta ma, evidentemente, non è questo il risultato sperato da chi ci governa.

In altre parole, non ci concentriamo sui “numeri” relativi alla partecipazione conteggiati ieri, ma su quelli che potrebbero riflettere un maggiore impegno politico dei più, mentre viviamo sotto una "dittatura della minoranza".


Un manichino infila una scheda elettorale, con disegnato sopra un punto interrogativo e uno esclamativo, nell'urna.


I NUMERI DEGLI ULTIMI REFERENDUM ABROGATIVI

L'8 e il 9 Giugno si sono recate alle urne circa 15 milioni di persone, il 31% degli aventi diritto, circa 2 milioni in più di quelle che hanno votato l'attuale maggioranza (considerando anche chi ha votato “No”), quando l'astensione era del 40%. Il livello di astensione, comparato con quelli di altri referendum, è lo stesso del 2016 (riforma Renzi Boschi) e più basso di 9 punti percentuali dei referendum abrogativi promossi da Lega e Radicali nel 2022. Circa l'88% dei votanti ha voto in favore del “” per cancellare le norme su contratti di lavoro, licenziamenti e sicurezza. Solo il 60% si è dichiarato favorevole all'abrogazione della norma che avrebbe portato da 10 a 5 gli anni per ottenere la cittadinanza italiana. La Toscana è la regione dove l'affluenza è stata più alta (circa il 39%), la Sicilia la più bassa (poco più del 23%), con una differenza marcata tra l'alta partecipazione delle aree urbane più grandi rispetto a quelle meno abitate.


LE REAZIONI STERILI E LA PARTECIPAZIONE DA INCREMENTARE, NON DA DIMINUIRE

8.6.25

NETANYAHU AMMETTE: ISRAELE ARMA JIHADISTI E BANDE CRIMINALI

NON È LA PRIMA VOLTA E SONO PROPRIO QUELLI CHE RUBANO GLI AIUTI


Torniamo a parlare dell'uso della fame come arma di guerra e del ruolo israeliano dietro la “borsa nera” di Gaza e dietro il furto stesso dei beni di prima necessità.

Nella parte conclusiva di questo articolo andiamo oltre l'immediatezza degli eventi più recenti argomentando perché tutto viene permesso a una potenza nucleare illegale (non è l'Iran!) in una dissociazione comunicativa che è solo apparente, trovando le sue ragioni in un modo di ragionare fondato su faziosità e illogicità: da un lato ci raccontano che la popolazione di Gaza muore letteralmente di fame perché Hamas ruberebbe gli aiuti, dall'altro politici israeliani affermano candidamente che <<non deve entrare nemmeno un chicco di grano nella Striscia>>.


Al centro un'immagine da X con un bambino scheletrito tra le braccia di un soccorritore con uno sguardo confuso. Sotto il logo delle "Popular Forces" da Facebook: in un cerchio c'è una mano con una fiaccola.; sullo sfondo i colori della bandiera palestinese, un ramoscello di ulivo e una kefiah. Nella colonna sinistra due immagini: tre uomini che impugnano armi leggere puntandole verso il cielo; il comandante della banda ha un cappello e il volto scoperto. Sotto un'altra immagine da Facebook di un miliziano mascherato con un elmetto. Appese al torace delle cartucce e una bandiera palestinese. Sulla colonna destra due immagini dei miliziani mentre distribuiscono aiuti. Il volto di uno di loro è stato sfocato. Sotto la scritta: <<Netanyahu ammette: Israele arma jihadisti e bande criminali che rubano gli aiuti.



DA TRAFFICANTE DI DROGA A CAPO DELLE “FORZE POPOLARI” CON IL SOSTEGNO DI ISRAELE

Israele fornisce armi leggere a gruppi di criminali jihadisti di Gaza per seminare il caos e indebolire Hamas <<su ordine di Netanyahu>>: lo ha rivelato pubblicamente tre giorni fa Avigdor Lieberman, capo del partito Israel Beitenu, un tempo alleato dell'attuale primo ministro, temendo che quelle armi <<potrebbero essere usate contro Israele>>. “Bibi” Netanyahu conferma, affermando <<che male c'è?! Serve a salvare le vite dei nostri soldati>>, e accusa il suo avversario politico di fare <<un piacere ad Hamas>>.

A capo dei circa trecento uomini della principale banda criminale c'è Yasser Abu Shabab. Questo nominativo gira da mesi. Lo avevamo menzionato in un articolo in cui davamo notizia di un documento ONU riservato che accusava proprio Israele di essere dietro ai criminali che assaltano i convogli umanitari, uccidono gli autisti e impongono il pizzo per il passaggio dei camion di aiuti con il beneplacito dell'esercito israeliano, oltre a gestire la “borsa nera” di Gaza, il mercato clandestino di beni di prima necessità.

31.5.25

GAZA: AIUTI UMANITARI MILITARIZZATI

  • UCCISI E SPARITI CIVILI RECATISI AI PUNTI DI DISTRIBUZIONE DI CIBO E AIUTI
  • I CENTRI DI DISTRIBUZIONE SONO TUTTI VICINO AL SUD, CON L'INTENTO DI SFOLLARE IL NORD DI GAZA E SPINGERE LA POPOLAZIONE NEL DESERTO DEL SINAI
  • ISRAELE E OSCURE ORGANIZZAZIONI PRIVATE DECIDONO CHI PRENDE DA MANGIARE E, DUNQUE, CHI VIVE E CHI MUORE

Dall'inizio di Marzo il governo israeliano ha intensificato oltre l'immaginabile l'embargo a cui è sottoposta Gaza da decenni, dopo aver scientemente studiato la media minima di calorie per tenere i gazawi appena sopra la soglia della malnutrizione ben prima del 7 Ottobre.

A decine stanno morendo letteralmente di fame o per mancanza di medicinali, come banali antisettici. Altri sono stati uccisi da cecchini, da fanti e da droni, oppure sottoposti a sparizione forzata mentre cercavano di ottenere cibo nell'ambito del nuovo piano di distribuzione degli aiuti, guidato da aziende private statunitensi (senza contare i bombardamenti sulle tendopoli). 

Il piano, attivo da qualche giorno, è stato concepito dalle forze di occupazione israeliane fin dalle prime settimane della guerra di annichilimento contro Gaza. 

Secondo le più importanti organizzazioni umanitarie internazionali potrebbe costituire un crimine contro l'umanità, che si sommerebbe agli svariati crimini di guerra e al “crimine dei crimini”, il genocidio.


A sinistra una folla di bambini (e un adulto) accalcati con facce disperate, mentre hanno in mano delle pentole. A destra c'è un'altra foto: una bambina bionda, scheletrica, mentre un uomo tiene in mano un telefono che mostra la sua immagine in salute e sorridente.
A sinistra una foto di una mensa a Gaza di Dicembre 2024 (immagine di Hosnysalah da Pixabay). A destra l'immagine di Zina Khaled Rashad Ismail Ahsour, bambina di Gaza.


Estromettere le Nazioni Unite dalla distribuzione degli aiuti a Gaza per perseguire fini militari impiegando organizzazioni private (dai finanziatori oscuri e connesse con la CIA, lo spionaggio statunitense), al fine di negare un coinvolgimento diretto dei criminali di guerra al governo in Israele. Secondo varie ONG e l'ONU è questo lo scopo del piano di distribuzione di aiuti a Gaza ideato da mesi, e di cui ne avevamo dato conto tra queste pagine digitali. Il piano, che viola i principi di imparzialità, neutralità, umanità e indipendenza, si è materializzato con alcune modifiche rispetto a quanto si vociferava da mesi sulla stampa internazionale.

Per avere accesso al cibo bisogna percorrere decine di chilometri e recarsi materialmente da militari (quelli privati, i "mercenari" sarebbero all'incirca un migliaio). Poi, si devono passare una serie di controlli, incluso il riconoscimento facciale. Infine, si dovrebbe riuscire a tornare indietro trasportando decine di chili di provviste (sufficienti per circa una settimana), con il rischio di essere attaccati per strada. Attualmente sono quattro i punti di distribuzione principali, un sistema diverso da quello più capillare ed efficiente dell'ONU che ne contava centinaia. Inoltre, il piano è insufficiente: dovrebbe sfamare circa 1 milione di persone, poco più della metà dei gazawi. Al danno si aggiunge la beffa, dato che tonnellate di altri aiuti sono bloccati nei camion al valico di Rafah a marcire. Non sembra casuale nemmeno la scelta del posizionamento dei quattro centri, tra il centro e il sud della Striscia di Gaza, dei veri e propri fortini militari: altro obiettivo israeliano, è quello di sfollare quante più persone dal nord, per ammassarle a sud.

25.5.25

QUANDO UNA CATTIVA NOTIZIA NON È BUONA

  • CONDANNATO A 53 ANNI L’UOMO CHE HA UCCISO UN BAMBINO PALESTINESE NEGLI USA
  • SEMBRA CHE “IL KILLER DI WASHINGTON” SI SIA RADICALIZZATO DOPO QUESTO EVENTO

Dopo l’attentato e l'omicidio di due diplomatici israeliani a Washington si ritorna a parlare di antisemitismo, confondendolo con l'antisionismo. Però, non si parla quasi mai di islamofobia e anti-islamismo, anche se negli USA si sono verificati omicidi, tentati o consumati, a danni di molti palestinesi, inclusi due bimbi... Fermiamo il genocidio in Palestina e la spirale di violenza nel resto del mondo!


La testa di un bimbo fa capolino da dietro un cartellone, con scritto: "I am not a treath!". La scritta è fatta con i colori della bandiera palestinese, disegnata su un cartello. Si nota il pavimento di un campetto indoor da basket. Sopra la mano di un uomo con una candela.
Immagine del funerale di Wadea al Fayoume dal profilo Mastodon di Qasim RashidLa scritta recita: <<non sono una minaccia!>>.


Bad news is good news”, dice un cinico proverbio diffuso nelle redazioni giornalistiche. Significa che una notizia cattiva, solitamente di cronaca nera, riceverà molta più attenzione rispetto a una buona notizia. Eppure, non tutte le cattive notizie salgono alla ribalta delle cronache mainstream.

All’inizio di questo mese Joseph Czuba, 73 anni, bianco e cattolico dell’Illinois, è stato condannato a 53 anni di prigione. Il 14 Ottobre 2023 ha bussato alla porta dei suoi affittuari nella cittadina di Plainfield: ha attaccato con un coltello Hanaan Shanin, poco più che trentenne, e il figlio di 6 anni, Wadea al-Fayoume. Il piccolo palestinese, nato negli Stati Uniti da genitori della Cisgiordania, è stato ucciso. La madre, rimasta ferita, ha raccontato che urlava <<voi musulmani dovete morire tutti!>>. Il bimbo, prima di esalare l’ultimo respiro, aveva detto <<mamma sto bene>>. L’omicida temeva un fantomatico attacco islamico, ha raccontato l’ex-moglie.

Ma questa è solo una delle cattive notizie, uno dei tanti crimini d’odio che non vengono presi in considerazione dai principali organi di stampa perché sono scomodi, perché i colpevoli e gli assassini sono “pro-occidente”.

Anche Elias Rodriguez è originario dell’Illinois. Figlio di un veterano della guerra in Iraq, lavorava per una no-profit, ha una formazione umanistica ed è un’attivista di sinistra. Lui è accusato di essere “il killer di Washington”, il trentenne che due giorni fa ha ucciso a colpi di pistola Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim, due diplomatici israeliani, mentre si trovavano vicino al museo ebraico della città, a due passi dalla Casa Bianca. Secondo alcune cronache, tra gli scritti che sono stati trovati a casa sua c’è un foglio che recita: <<Giustizia per Wadea>>, il bimbo palestinese ucciso nel suo stesso stato d’origine. Questa vicenda è stata subito sfruttata dai governanti israeliani, che hanno identificato come promotori di questo gravissimo atto addirittura i premier di Canada, Francia e Regno Unito, (oltre che supporter di Hamas). Starmer, Macron e Carney avrebbero armato "moralmente" la mano dell'attentatore perché, dopo mesi di sterminio e impiego della fame come arma di guerra, cominciano timidamente a minacciare Israele di sanzioni. Anche l'amministrazione Trump potrebbe sfruttare l'attentato per reprimere ulteriormente i movimenti che difendono la Palestina pacificamente. I punti da chiarire restano molti: l'attentatore aveva scelto le vittime sapendo di attaccare dei diplomatici israeliani e, dunque, spingendo un sentimento anti-sionista oltre il limite del moralmente e legalmente accettabile, sporcandosi le mani di sangue come fanno quotidianamente le forze di occupazione dello stato terrorista israeliano? Oppure ha sparato semplicemente nel mucchio, con l'intenzione anti-semita di uccidere degli ebrei, che magari non avevano nemmeno alcuna connessione con Israele, facendo coincidere anti-sionismo e anti-semitismo? Questo non lo sappiamo. Quello che si sa è che mentre lo arrestavano gridava <<Palestina libera!>>.

Altra notizia passata in sordina ha come protagonista Mordechai Brafman, un idraulico statunitense. A febbraio di quest’anno si trovava nel suo veicolo a Miami. Ha dichiarato alla polizia: <<ho visto due palestinesi, gli ho sparato e li ho uccisi>>.

23.5.25

COME IL PKK VERRÀ SCIOLTO? LE ARMI SARANNO CONSEGNATE?

DIPENDE SOPRATTUTTO DALLA TURCHIA...

Il 12 Maggio il “Partito dei Lavoratori del Kurdistan”, dopo un congresso a cui hanno preso parte più di 200 persone in due luoghi diversi, ha annunciato l'intenzione di sciogliersi e di porre fine alla lotta armata con la Turchia, iniziata più di 40 anni fa. In questo aggiornamento, per il format di Fanrivista “Come va a finire?!”, ricapitoliamo come siamo arrivati a questo punto e facciamo alcune ipotesi sui prossimi sviluppi.


Sotto a sinistra Abdullah Ocalan in un primo piano: sorride mostrando i denti, appoggia la mano sulla sua guancia e ha capelli e baffi brizzolati. Sotto a destra la bandiera del Pkk: una stella rossa racchiusa in un cerchio giallo dal contorno verde su sfondo rosso. Al centro la scritta: "Come si scioglierà il PKK? Le armi saranno consegnate?".


Per chi non avesse alcuna familiarità con queste vicende ma fosse interessato ad approcciarle, nel primo paragrafo troverete una serie di link ad altri articoli che fungono anche da letture preliminari. Altri approfondimenti li trovate in calce a questo post. Sono utili anche per inquadrare il contesto in cui si inserisce l'annuncio del PKK. Troverete, infine, la traduzione integrale del comunicato diffuso dal partito comunista curdo a conclusione dell'ultimo congresso.



DALL'INVITO AMBIGUO DEL “LUPO GRIGIO” ALL'ULTIMO CONGRESSO DEL PKK

A ottobre 2024 Devlet Bahceli, politico del “Movimento Nazionalista” turco (MHP), fondatore della “Gladio turca” e del gruppo neofascista dei “Lupi Grigi” aveva fatto un invito al <<leader dei terroristi>>, e cioè Abdullah Ocalan, co-fondatore e leader del PKK, il “Partito dei Lavoratori del Kurdistan”: <<lasciategli dire che il terrorismo è finito e che la sua organizzazione venga smantellata>>.

8.5.25

ATTENTATO CON DRONI A NAVE UMANITARIA DIRETTA A GAZA

LA STORIA DELLA “FREEDOM FLOTILLA” E LA DINAMICA DEL SABOTAGGIO TERRORISTICO ALLA “CONSCIENCE”, VICINO MALTA


Mentre la popolazione di Gaza muore letteralmente di fame, una nave umanitaria diretta a Gaza è stata bombardata da due droni vicino a Malta, non lontano dalle nostre coste. 

In questo articolo trovate la ricostruzione della dinamica dell'attentato, basata sulle fonti aperte attualmente disponibili (le trovate nei link), insieme a eventi storici della “Freedom Flotilla”, incluso l'attacco alla “Mavi Marmara” del 2010, durante il quale furono uccise dieci persone.


Sullo sfondo il mare aperto. Si nota la parte della prua della nave con fori e bruciature provocate dall'esplosione. Dietro il ponte di comando.
La "Conscience" dopo l'attacco. Le immagini dell'imbarcazione sono tratte dai comunicati stampa e dai profili social della "Freedom Flotilla".


LA DINAMICA DELL'ATTENTATO ALLA FREEDOM FLOTILLA

Alle 00:21 del 2 maggio 2025 la nave “Conscience” è stata attaccata da almeno due droni, e colpita due volte a circa 14 miglia nautiche da Malta. L'imbarcazione si trovava in acque internazionali, a ridosso di quelle maltesi (e si trova ancora bloccata lì, mentre chiudiamo questo articolo. Eventuali aggiornamenti li troverete in fondo a questo post e verranno annunciati sui vari canali social).

L'imbarcazione vista di lato in mare aperto

La nave passeggeri, lunga circa 70 metri e larga 10, aveva come destinazione ultima Gaza. Fa parte della “Freedom Flotilla Coalition”, movimento internazionale che riunisce diverse associazioni. Sfidare l'embargo a cui è sottoposta Gaza è lo scopo principale della Freedom Flotilla, nata nel 2010 sulla scia dei primi viaggi verso Gaza organizzati dal Free Gaza Movement a partire dal 2008. Quell'anno, per la prima volta in 40 anni, un'imbarcazione internazionale giunse al porto di Gaza. Per la prima volta in 60 anni, grazie a quel viaggio, alcuni gazawi riuscirono ad attraversare liberamente le frontiere della propria terra natia. Tra gli attivisti internazionali di quel primo storico viaggio c'era anche Vittorio Arrigoni

La Conscience doveva far giungere tonnellate di beni di prima necessità, sfidando con le armi della non-violenza il blocco illegale imposto da Israele da venti anni, rafforzato oltre l'estremo negli ultimi due mesi. In quanto potenza occupante, per il diritto internazionale Israele avrebbe il dovere non solo di assicurare le migliori condizioni di vita possibili ai gazawi, ma non dovrebbe nemmeno interferire con l'operato delle varie organizzazioni umanitarie. Invece queste, Croce Rossa inclusa, vengono perfino attaccate deliberatamente (e, per adesso, impunemente).

26.4.25

È MORTO UN RE...

LE DICHIARAZIONI OSCURANTISTE DEL PRESUNTO PAPA PROGRESSISTA, CHE UNA PARTE DELLA SINISTRA NON VUOLE RICORDARE


AVEVA DETTO ANCHE QUALCOSA DI SENSATO IN FAVORE DI ALCUNI DEGLI ULTIMI DELLA TERRA, MA CHI CI GOVERNA NON VUOLE RICORDARLO



Al centro le guardie svizzere, armate di lance, scortano la bara del papa trasportata da alcuni uomini in giacca e papillon. Intorno una folla di persone, molte scattano foto. SUllo sfondo un edificio del Vaticano.

È morto un sovrano che potrebbe essere definito “illuminato” solo considerando il bassissimo livello morale e di analisi teorica dei sovrani in generale. Un livello sotto terra, come il corpo tumulato dell'ultimo monarca della teocrazia vaticana. Bassissimi come lo sono gli stessi retrogradi concetti di aristocrazia, imperatori e regnanti vari.

Tra queste pagine abbiamo già parlato delle ipocrite e imbarazzanti “aperture” alla comunità LGBTQ+ di Papa Francesco: mentre diceva di non poter giudicare nessuno perché non era dio (anche se lo rappresenterebbe), dichiarava di essere favorevole a psichiatrizzare una persona gay, a patto che fosse bambina. Essere gay da bambini è una malattia, secondo il defunto sovrano “illuminato”. Da adulti poi non si può fare più nulla, nemmeno giudicare... Di fronte a questa logica, appaiono roba da poco le espressioni omofobe come la <<frociaggine>> da debellare nei seminari. Oppure le esclamazioni sessiste sul <<chiacchiericcio che è roba da donne>>, non certo per chi indossa i <<pantaloni>> .

25.4.25

25 Aprile: quest'anno, un anno fa e 80 anni fa.

Le feste servono a ricordare qualcosa... E ad agire di conseguenza!


Ottanta anni fa sono successe cose che devono essere celebrate con enfasi, passione e dolore, come le storie delle partigiane che ci hanno liberato dal Nazi-fascismo, una delle forme più abiette che l'ideologia, la pratica e la mentalità fascista possa prendere.

Bandiera col simbolo dell'antifascismo (due bandiere sovrapposte, una di colore rosso e una nera). Il simbolo è contenuto in due cerchi concentrici, uno bianco e uno nero, da cui partono una ventina di raggi di sole  simmetreci su sfondo verde. Si lecce la scritta "Antifa Enternasyonal". Sullo sfondo dei palazzi, altre bandiera della Palestina, sagome di varie persone e una camionetta della polizia.
Foto di repertorio de "Lo Skietto" dal corteo della Festa della Liberazione a Napoli lo scorso anno.


Ottanta anni fa sono successe cose che possono essere criticate e devono essere analizzate, come le differenze e le contraddizioni nei contesti rivoluzionari. Esempio emblematico di queste criticità è rappresentato dal fatto stesso che <<mica solo i comunisti hanno fatto la Resistenza, c'erano anche non comunisti, anti-comunisti e perfino dei fascisti>>, per citare Rosario Bencivenga, partigiano e "gappista" dell'attacco di Via Rasella. E sotto il fascismo, in senso lato, ci viviamo ancora.


Quel tipo di fascismo, quello dell'olio di ricino, si adattò al nuovo ambiente socio-politico.

Si trasformò burocraticamente, sin dalle origini della Repubblica, quando rientrò nelle forze che detengono il potere politico, legale e militare. In estrema sintesi, quando si “riciclò”, per usare un'espressione comune.

Si trasformò ideologicamente, concependo prima la fondazione dell'MSI, oggi il governo dei suoi legittimi eredi.


Un anno fa, durante la festa della Liberazione dal nazifascismo, la "Brigata Ebraica" lanciò delle bombe carta a chi manifestava per la Palestina. Se le parti fossero state invertite, ancora oggi si parlerebbe di atti compiuti da pericolosi terroristi e antisemiti.

18.4.25

LORO CAPITANI

  • CRONACA DI UN PROCESSO EMBLEMATICO A TRE PRESUNTI "SCAFISTI", UNO DELLE CENTINAIA NEGLI ULTIMI ANNI
  • SECONDO LA DIFESA C’È STATA UNA SVISTA DURANTE LE INDAGINI, CHE ANALIZZIAMO IN QUESTO RESOCONTO ESCLUSIVO DI FANRIVISTA
  • IN UN VIDEO SI SENTE IL PRINCIPALE ACCUSATORE DEI TRE "CAPITANI" MENTRE PARLA AL TELEFONO DIRETTAMENTE CON UN TRAFFICANTE, L'ORGANIZZATORE DEL VIAGGIO, MA VIENE LASCIATO ANDARE. IN UN ALTRO VIDEO PUBBLICIZZA LE PRESUNTE QUALITÀ DEL MOTORE DEL BARCHINO


Con l’assegnazione dei cosiddetti “porti sicuri”, il decreto Piantedosi non ha allungato solo i viaggi della speranza. A Salerno, Napoli, Ancona e Ravenna sono stati spostati anche alcuni delle decine di processi per violazione del Testo Unico sull’Immigrazione. A essere indagati e giudicati sono migranti appena sbarcati dalle navi delle ONG, accusati di aver facilitato l’ingresso illegale in Italia di altre persone in movimento.

Mentre personaggi come Almasri, Al-Kikli e “Bija” (rispettivamente il capo della polizia giudiziaria libica, il capo di una potente milizia governativa libica e il fu capo della guardia costiera libica) hanno la possibilità di girare indisturbati in Italia o addirittura di essere accolti nei ministeri, chi scappa da guerre e miseria rischia fino a 5 anni di carcere e fino a 15mila euro di multa per persona trasportata, anche se dal viaggio non si è tratto profitto alcuno. Sempre escludendo eventuali aggravanti, le accuse di omicidio colposo, di lesioni e di morte in seguito ad altri delitti, che si possono configurare quando durante le traversate succede l’irreparabile.

In questo articolo si parla di uno dei tanti processi dove sul banco degli imputati siedono quelli che alcuni chiamano “scafisti” e altri “capitani”.


Quattro immagini, in senso orario: due foto di un viaggio dalla Libia, una di uno sbarco e una del Tribunale di Napoli. Prima immagine dell’imbarcazione in alto mare: nella parte superiore si intravede quello che sembra H.A. con un oggetto in mano, presumibilmente un telefono satellitare di cui si intravede l'antenna. Al centro uno degli accusati. Si intravedono anche un signore anziano e una bimba. Seconda immagine del viaggio: una persona a prua dell'imbarcazione, in piedi, mentre invita i passeggeri a mantenere la calma allargando le braccia. Si vedono all’incirca 25 persone, uomini, donne e bambini, ammassati in pochi metri. Sullo sfondo il mare aperto. Quasi tutti indossano giubbotti di salvataggio e salvagenti. Terza immagine: sulla destra dell’immagine una grande nave vicino la banchina del molo Pisacane di Napoli. Si nota il simbolo di Emergency, la scritta “Life Support” e si intravede una citazione di Gino Strada. Dalla barca, tramite una passerella, le sagome di 4 migranti mentre scendono. Sulla banchina mezzi di soccorso e operatori di polizia e protezione civile. Quarta immagine: l’entrata del Tribunale di Napoli. Sullo sfondo si intravedono delle strutture molto alte.
Le due immagini sopra riguardano il processo di cui si parla in questo resoconto e sono state scattate durante un "viaggio della speranza" dalla Libia. Le due immagini sotto sono foto d'archivio de Lo Skietto: immortalano uno sbarco dalla nave di una ONG a Napoli e l'ingresso del Palazzo di Giustizia di Napoli. Simboleggiano quello che il noto film di Garrone non racconta, ciò che avviene dopo il salvataggio in mare.



CAPITANI SOTTO COSTRIZIONE O SCAFISTI PER NECESSITÀ?

Nel solo 2024, secondo i dati dell’Arci Porco Rosso, sono state almeno 106 le persone indagate dal momento dello sbarco in Italia e processate con l’accusa di essere “scafisti”, ossia di aver supportato a qualunque titolo l’ingresso illegale di migranti. Tecnicamente parlando, sono state incriminate per la violazione dell’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione e del 12 bis, quest’ultimo introdotto con il “decreto Cutro”. A partire dal 2013, le persone accusate di essere scafisti, basisti e organizzatori sono state più di 2500. Tra queste ci sono anche minorenni, come Seydou, il giovane protagonista di “Io Capitano”. Il film di Matteo Garrone ha il merito di essere basato su vicende reali, ma la storia si ferma all’arrivo in Italia. Un proseguimento tipico di quello che può accadere a un “capitano”, una volta sbarcato, è andato in scena durante un processo al palazzo di giustizia di Napoli, iniziato il 14 febbraio 2024.

5.4.25

ANCORA SPARI SULLA CROCE ROSSA IN PALESTINA, LETTERALMENTE!

  • ESERCITO ISRAELIANO MASSACRA OPERATORI UMANITARI, DISTRUGGE AMBULANZE E SEPPELLISCE CORPI E VEICOLI IN UNA FOSSA COMUNE
  • ONU: <<UCCISI DALLE FORZE ISRAELIANE MENTRE SALVAVANO VITE. CHIEDIAMO GIUSTIZIA>>
  • LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA: <<È UN OLTRAGGIO. LE REGOLE VANNO RISPETTATE IN TUTTI I CONFLITTI. QUANDO FINIRÀ TUTTO CIÒ ?!>>
  • TESTIMONI DENUNCIANO UNA VERA E PROPRIA ESECUZIONE
  • I PUNTI CHE NON TORNANO NELLA VERSIONE ISRAELIANA


Cinque foto in cui si vedono dei veicoli accartocciati e degli operatori di protezine civile prima mentre scavano, poi mentre ammassano corpi ciusi in sacchi di plastica bianchi. Sulla destra una didascalia: <ESERCITO ISRAELIANO SPARA  LETTERALMENTE SULLA CROCE ROSSA Uccisi 15 soccorittori, di cui 8 della Mezzaluna Rossa Palestinese. Ambulanze e veicoli di soccorso distrutti e sotterrati insieme ai cadaveri.  Un convoglio ONU scopre la fosse comune dopo una settimana.>.


Basandoci su “fonti aperte” (articoli, immagini, video e testimonianze dirette pubblicate online) proviamo a ricostruire la dinamica degli eventi di quello che è stato definito come il peggiore crimine degli ultimi decenni contro il “Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa”, mentre i giornalisti internazionali non possono entrare a Gaza per documentare misfatti, trasformandosi in troppi casi in organi stampa del governo israeliano, mentre quelli autoctoni vengono sterminati insieme al resto della popolazione, e mentre la nebbia della guerra garantisce ulteriore impunità.

Nella seconda parte di questo approfondimento si fa anche debunking sull'impiego dei cosiddetti “scudi umani”, esprimendo una profonda inquietudine nel descrivere l'orrore a cui l'umanità sembra essersi assuefatta. A Gaza non sono morte solo almeno 50mila persone, con storie e vite come le nostre. A Gaza e in tutta la Palestina è morta l'umanità.



CRONACA DELL'ENNESIMO ECCIDIO NEL GENOCIDIO

Il 23 marzo 2025 cinque ambulanze della Mezzaluna Rossa, un veicolo dei vigili del fuoco e un altro delle Nazioni Unite sono stati colpiti dal fuoco dell'esercito israeliano. Stavano portando soccorso nella zona di al-Hashashin, a Rafah, dopo un attacco delle forze di occupazione. In totale sono 15 le vittime. 6 appartenenti alla protezione civile locale, un membro dell'ONU (nello specifico dell'UNRWA) e 8 membri della “Società Palestinese della Mezzaluna Rossa”, organizzazione affiliata al gruppo delle “Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa”.

23.3.25

GAZA: ROTTURA DELLA TREGUA UNILATERALE

ISRAELE DETTA NUOVE CONDIZIONI E INCOLPA HAMAS DI NON RISPETTARE IL VECCHIO ACCORDO

Per la rubrica “Chekka il Fatto” spieghiamo perché è stato Israele, e non Hamas, a non rispettare gli accordi sul cessate il fuoco rompendo unilateralmente la tregua, al contrario di quanto affermano alcuni organi stampa.

In estrema sintesi (e per chi va di fretta): il rilascio di tutti i prigionieri israeliani era connesso al ritiro completo di Israele da Gaza nella seconda fase degli accordi. Israele, invece, ha cambiato le carte in tavola: ha offerto 50 giorni di estensione della prima fase della tregua in cambio del rilascio degli ostaggi.

In parole povere: Israele ha cambiato i termini dell’accordo non onorandolo, ha provato a imporre nuove condizioni e ha incolpato Hamas di non aver rispettato quelle stabilite precedentemente.



Sul lato sinistro vari titoli di giornali come appaiono nelle ricerche sui motori di ricerca. In tutti i titoli si afferma che Israele ha rotto la tregua a Gaza e si menziona il numero delle vittime dei primi bombardamenti: circa 400. C'è anche l'immagine di un influencer con un'espressione decisa, la scritta "Rilasciate gli ostaggi" e, sotto, un altro titolo di giornale, che recita: "**Mo: media, Hamas sta preparando un altro 7 ottobre**". Nella parte destra del collage tre foto da Gaza. nella prima una dottoressa e un infermiere prestano soccorso a un uomo e un bambino feriti, adagiati sul pavimento e insanguinati. Nella seconda alcune persone si aggirano tra enormi cumuli di macerie. Nella terza tre persone trasportano un corpo su una barella. Del corpo, avvolto in un lenzuolo, si intravedono i piedi e del sangue vicino la parte superiore.



QUELLE IMMAGINI CHE TESTIMONIANO LA MORTE DELL’UMANITÀ A GAZA E LA MORTE DELLA STAMPA LIBERA

Corpi smembrati, civili affamati e assetati, amputazioni senza anestesia, medici sfiniti, tende in fiamme piazzate vicino a cumuli di macerie, mucchi di corpi in sacchi di plastica e in sottofondo il perenne rumore dei droni: sono queste le scene che raramente appaiono sui media che vanno per la maggiore. Immagini che abbiamo ri-cominciato a vedere tra la notte di Lunedì 17 e Martedì 18, quando Israele ha rotto la traballante tregua con Hamas e ha ri-cominciato a bombardare nel mucchio massacrando bambini (130 in un solo giorno, il più alto numero nell’ultimo anno secondo l’UNICEF), donne e uomini innocenti nell’infruttuoso tentativo di eradicare non solo e non tanto l’organizzazione nazionalista islamica che governa Gaza, ma soprattutto qualunque aspirazione a liberarsi da una decennale occupazione illegale. A queste scene, nelle ultime settimane, se ne sono affiancate della altre: quelle degli ostaggi palestinesi smagriti e con evidenti segni di tortura, rilasciati dalle carceri israeliane (immagini che qualcuno prova a bollare come fake-news in campagne di disinformazione); quelle delle distruzioni nei campi profughi della Cisgiordania dove non governa Hamas, ma l’Autorità Nazionale Palestinese, percepita da una parte consistente della popolazione come corrotta e collusa con il regime di apartheid israeliano; quelle dei coloni-paramilitari illegali che invece di ritirarsi -come stabilito più e più volte dall’ONU- continuano con pogrom e incursioni avallate dall’esercito “regolare”. Queste immagini, riprese da colleghi che hanno rischiato o perso la vita per farle vedere a un’umanità largamente indifferente, raramente vengono mostrate dai media mainstream, che invece hanno dato ampio risalto ai video del rilascio degli ostaggi israeliani, ennesimo esempio di "doppio standard", di doppio metro di giudizio e di attenzione.