- CRONACA DI UN
PROCESSO EMBLEMATICO A TRE PRESUNTI "SCAFISTI", UNO DELLE CENTINAIA
NEGLI ULTIMI ANNI
- SECONDO LA DIFESA C’È STATA UNA
SVISTA DURANTE LE INDAGINI, CHE ANALIZZIAMO IN QUESTO RESOCONTO
ESCLUSIVO DI FANRIVISTA
Con l’assegnazione dei cosiddetti “porti sicuri”, il decreto Piantedosi non ha allungato solo i viaggi della speranza. A Salerno, Napoli, Ancona e Ravenna sono stati spostati anche alcuni delle decine di processi per violazione del Testo Unico sull’Immigrazione. A essere indagati e giudicati sono migranti appena sbarcati dalle navi delle ONG, accusati di aver facilitato l’ingresso illegale in Italia di altre persone in movimento.
Mentre personaggi come Almasri, Al-Kikli e “Bija” (rispettivamente il capo della polizia giudiziaria libica, il capo di una potente milizia governativa libica e il fu capo della guardia di costiera libica) hanno la possibilità di girare indisturbati in Italia o addirittura di essere accolti nei ministeri, chi scappa da guerre e miseria rischia fino a 5 anni di carcere e fino a 15mila euro di multa per persona trasportata, anche se dal viaggio non si è tratto profitto alcuno. Sempre escludendo eventuali aggravanti, le accuse di omicidio colposo, di lesioni e di morte in seguito ad altri delitti, che si possono configurare quando durante le traversate succede l’irreparabile.
In questo articolo si parla di uno dei tanti processi dove sul banco degli imputati siedono quelli che alcuni chiamano “scafisti” e altri “capitani”.
CAPITANI SOTTO COSTRIZIONE O SCAFISTI PER NECESSITÀ?
Nel solo 2024, secondo i dati dell’Arci Porco Rosso, sono state almeno 106 le persone indagate dal momento dello sbarco in Italia e processate con l’accusa di essere “scafisti”, ossia di aver supportato a qualunque titolo l’ingresso illegale di migranti. Tecnicamente parlando, sono state incriminate per la violazione dell’art. 12 del Testo unico sull’immigrazione e del 12 bis, quest’ultimo introdotto con il “decreto Cutro”. A partire dal 2013, le persone accusate di essere scafisti, basisti e organizzatori sono state più di 2500. Tra queste ci sono anche minorenni, come Seydou, il giovane protagonista di “Io Capitano”. Il film di Matteo Garrone ha il merito di essere basato su vicende reali, ma la storia si ferma all’arrivo in Italia. Un proseguimento tipico di quello che può accadere a un “capitano”, una volta sbarcato, è andato in scena durante un processo al palazzo di giustizia di Napoli, iniziato il 14 febbraio 2024.