30.5.24

DUE PESI E DUE MISURE: IL BAMBINO DECAPITATO CHE NON FA NOTIZIA

LA FAKE-NEWS SUI BAMBINI DECAPITATI PER GIUSTIFICARE IL GENOCIDIO

Le immagini di corpi carbonizzati, di un bambino decapitato e il racconto di uno degli ultimi attacchi su Rafah, avvenuto domenica 26 Maggio, non si sono guadagnati gli "onori" delle cronache mainstream.

Invece le fakenews sui bambini decapitati il 7 Ottobre continuano a essere invocate a sproposito per giustificare una vendetta spacciata come legittima difesa e un genocidio come ritorsione a un atto illegittimo e orribile di una resistenza armata che, legalmente, non può essere invalidata in toto da quell'atto brutale.

In questo breve editoriale parliamo del "duepesismo" nei confronti delle vittime palestinesi, un doppio standard applicato dalla propaganda mainstream occidentale per giustificare colonialismo, pulizia etnica e genocidio.


Un disegno dell'artista "Yassin Draws". Rielabora artisticamente un'immagine orrenda del massacro di cui si parla in questo post: un uomo, incredulo e disperato, stringe tra le braccia un piccolo corpo senza testa, mentre tutto brucia intorno. Dal collo della vittima infante nasce un fiore.
Un disegno dell'artista "Yassin Draws". Rielabora artisticamente un'immagine orrenda del massacro di cui si parla in questo post: un uomo, incredulo e disperato, stringe tra le braccia un piccolo corpo senza testa, mentre tutto brucia intorno. Dal collo della vittima infante nasce un fiore. Ringraziamo Yassin per averci concesso di utilizzare questa immagine, che ha anche il merito di raccontare un fatto orrifico, oscurato almeno in parte dagli organi di stampa che vanno per la maggiore, sfuggendo alle censure ed evitando di traumatizzare le persone più sensibili o di contribuire all'assuefazione "visuale" verso l'orrore del primo genocidio filmato in diretta della storia. Le immagini vere del massacro di Tel al-Sultan sono state raccolte dal fotoreporter Yousef Hamada.


La notte del 24 Maggio un attacco aereo israeliano ha colpito la tendopoli di Tel al-Sultan a Rafah, città di Gaza al confine con l'Egitto. Sono state massacrate all'incirca 50 persone, alcune bruciate vive nelle tende e baracche dove erano rifugiate, e ferite all'incirca 200. La maggioranza delle vittime sono donne e bambini. E, purtroppo, quello non è stato l'unico accampamento oggetto di un attacco del genere in questi ultimi giorni.

In questi mesi i gazawi sono stati fatti spostare da un punto all'altro della Striscia con diversi ordini di evacuazione ma, come dimostra quest'ennesima strage nel genocidio, non ci sono "aree sicure" per i palestinesi, sfollati più e più volte, costretti a passare le giornate a cercare un luogo in cui accamparsi, a racimolare qualcosa da mangiare, a fare interminabili file anche solo per andare al bagno o ricevere un po' d'acqua torbida da bere.

Diversi organismi internazionali, inclusa la Corte Internazionale di Giustizia, hanno richiesto, invano, ai fanatici messianici e fascio-sionisti israeliani di fermare l'offensiva su Rafah. Anzi, per molti l'attacco potrebbe costituire una sorta di "risposta provocatoria" nei confronti delle due corti che dovranno indagare sui crimini di guerra e contro l'umanità, con responsabilità sia individuali che collettive.

Le immagini dell'attacco, raccolte dal fotoreporter Yousef Hamada, sono letteralmente infernali. Sono disponibili sul suo profilo Instagram e riprese principalmente da utenti dei social media, ma ve ne sconsigliamo la visione: possono servire agli storici di un futuro che dovrà essere meno tetro, a chi fa indagini per documentare i crimini di guerra, ai giornalisti che devono (o forse meglio dire, dovrebbero) raccontare quanto avviene. Ma, chi scrive, comincia ad avere dubbi sul fatto che immagini del genere servano a far sollevare la società civile globale e imporre ai nostri governanti di fermare questi inutili massacri, come dovrebbe essere...

Si vedono persone recuperare corpi carbonizzati in mezzo a fiamme e oggetti incandescenti. Si nota poi un uomo stringere tra le braccia un piccolo cadavere senza testa. Per il criminale Netanyahu si tratta di un <<tragico errore>>, come quello della "World Central Kitchen" che ha fatto leggermente più notizia perché a morire, in quel caso, sono stati degli occidentali, prima di finire nell'inconscio del dimenticatoio collettivo.

Le forze di offesa israeliane hanno definito l'attacco <<preciso>>: l'obiettivo principale -e ufficiale- erano due miliziani di alto rango di Hamas, effettivamente colpiti ma, perfino per le leggi dell'odiosa guerra un costo in "danni collaterali" così alto non è concepibile, come non sono concepibili gli attacchi agli ospedali, ai convogli e alle strutture dell'ONU, alle scuole, alle infrastrutture e così via...

Ci hanno fatto stravedere il luogo del rave party frettolosamente abbandonato, ma difficilmente ci fanno vedere i sopravvissuti dei massacri delle tendopoli di Rafah, mentre scavano tra le ceneri alla ricerca di qualcosa o di qualche pezzo di qualcuno.

Quando le vittime sono quelle dell'"altra parte", più occidentali e fisicamente simile a noi, allora le telecamere indugiano su macchie di sangue nei pavimenti dei Kibbutz, vengono mostrate ore di filmato dei resti del rave party israeliano per giorni e giorni. 

Eppure quella truce immagine, di un corpicino davvero decapitato, è lì...Ed è solo una delle tante a cui ci siamo assuefatti, insieme ai corpi bruciati di quel solo attacco.

Uno dei tanti "frame" che mostrano le conseguenze di una guerra condotta con regole medioevali ai tempi della "stupidità artificiale", in cui per colpire due guerriglieri di Hamas viene considerato legittimo un costo in "danni collaterali" così alto e barbaro. Uno dei tanti scatti che, solitamente, non vengono fatti vedere per non turbare troppo le comode vite degli spettatori, a meno che non rientri in funzionali logiche di mercato o di propaganda.

Il 7 Ottobre è stato orribile, ma è stato un giorno solo, e continua a essere invocato per legittimare qualunque nefandezza. Invece le immagini dei sopravvissuti a quel singolo attacco su Rafah, uno dei tanti, a stento arrivano sui telegiornali e sulle pagine di ben provvisti quotidiani.

Una delle regole d'oro della propaganda recita che quello che si dice all'inizio, anche se poi si rivelerà sbagliato, rimarrà impresso nella mente dei più. E così, dopo che perfino il presidente degli USA Biden ha dovuto ritrattare la fake-news delle immagini dei bambini decapitati da Hamas, tutti equiparano il variegato (e politicamente più che discutibile secondo chi scrive) movimento di Hamas all'ISIS. Di conseguenza chiunque sostiene le diverse anime e forme (anche non violente) della Resistenza palestinese diventa un "terrorista-tagliagole" e un "antisemita".

Chiariamolo ancora, se ce ne fosse bisogno: chi scrive non nutre simpatia politica alcuna per il Movimento di resistenza islamico e si è già espresso, tra queste pagine, sul meccanismo di polarizzazione mediale collegato alle due guerre più narrate in questo momento, oltre a quello che definisco il meccanismo di "contro-radicalizzazione".

Soffro e provo empatia per ogni vittima di qualunque conflitto, senza riguardo della nazionalità e specialmente per quelle in età infantile: ogni bambin* è un pezzo di futuro cancellato nella maniera più triste e violenta che si possa immaginare.


Come società umana, basata in larga parte su una capacità molto peculiare di comunicare, abbiamo il dovere inderogabile di interrogarci su come quella facoltà comunicativa viene impiegata, proprio per non basare la nostra stessa esistenza sulla menzogna: cosa direbbero i media se le parti fossero invertite? Cosa direbbero se un missile dal Libano avesse colpito dei civili israeliani, nel cuore della notte, e se questi fossero morti bruciati? Farebbero vedere il corpo di un bambino israeliano senza testa, anche se parzialmente oscurato? Lo userebbero come pretesto per continuare un genocidio invece di cercare una soluzione politica a un secolo di colonizzazione?!

Paolo Maria Addabbo


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