1.12.23

GUERRE, MEDIA E TIFOSERIE

DALLE NARRAZIONI MEDIATICHE POLARIZZATE ALLE "CONTRO-RADICALIZZAZIONI"

 

In questo breve e intenso editoriale parliamo delle etichettature “simmetriche” e radicalizzanti che esprimono le posizioni polarizzanti sui due conflitti più “visibili” dai media e dall’opinione pubblica.

 

Al centro dell'immagine un calamita a forma di "U". A sinistra le foto di Zelensky e Netanyahu, a destra quelle di Putin e di Ismael Haniyeh. A ogni politico sono attaccate delle etichette con le scritte: Neoatlantista, fanatico sionista, putiniano, nazionalista islamico.
Fotografie ai lati rilasciate con licenza "creative commons": foto di Zelensky e Netanyahu di "President.gov.ua"; foto di Ismail Haniyeh, leader di Hamas in basso a destra, di "council.gov.ru".

 

SFEGATATO ATLANTISTA, PUTINIANO, TERRORISTA ANTISEMITA O FANATICO SIONISTA-COLONIALISTA: QUALE “ETICHETTA” TI VIENE AFFIBIATA?!

 

Quando si parla del diritto degli ucraini a difendersi (senza supportare però milizie filonaziste o filo-governative e senza nutrire simpatia alcuna per il disordine mondiale NATO-centrico), oppure dell’applicazione di sanzioni e boicottaggi nei confronti della Russia, oppure si sostiene che è quantomeno anacronistico mettere la bandiera dell’anti-imperialismo nelle mani dell’autocrate Putin (che gode la preistorica, infondata e malsana simpatia dei nostalgici del tipo di fascismo di stampo stalinista) allora vieni identificato come un atlantista sfegatato, un supporter dell’imperialismo della NATO...

 

Quando si critica il neo-atlantismo, la retorica guerrafondaia di Zelensky, la corruzione nel suo paese, la problematicità della preponderanza del ricorso alle armi rispetto a quello della diplomazia (considerando che la guerra in Ucraina è scoppiata nel 2014), la spesa sempre più crescente nel settore delle armi, la presenza di elementi nazionalisti e neo-nazisti tra le fila della resistenza Ucraina, o se si ipotizza anche solo vagamente che USA e sodali occidentali stiano usando l’Ucraina per combattere una “guerra per procura  per testare il nuovo ordine economico-protezionista che avvantaggia i nord-americani, allora vieni identificato come un “putiniano”, un agente più o meno consapevole al servizio della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese...

 

Quando si parla del diritto dei palestinesi a difendersi anche con le armi (sancito pure dalle leggi internazionali per un popolo sotto occupazione militare), quando si cerca di contestualizzare e comprendere l’attacco del 7 Ottobre senza giustificare attacchi deliberati contro i civili (e non provando particolare piacere nel vedere nemmeno quello versato anche da chi indossa una divisa), senza avere particolari simpatie per i nazionalismi islamici, e denunciando l’opposto fanatismo messianico-sionista e il relativo terrorismo di stato portato avanti in regime di apartheid da decenni dall’entità sionista, allora vieni identificato come un terrorista. Se ogni volta che parli di questione palestinese, dopo più di due mesi di punizione collettiva, crimini di guerra e pulizia etnica (se non anche genocidio) finalizzata a sterminare e ad allontanare quanti più palestinesi possibile (anche fuori dalla striscia di Gaza), non condanni e non prendi ogni volta le distanze da ciò che ha fatto Hamas il 7 Ottobre, allora sei automaticamente un loro supporter, se non addirittura un fan dei tagliagole dell’ISIS, oltre che un pericoloso ed eversivo anti-semita! Le stesse o simili accusa ti verranno mosse se parli di islamofobia, oppure dell’efficacia di sanzioni, di boicottaggio economico e accademico nei confronti dello stato israeliano teo-cratico ed etno-cratico, o ancora peggio se si crede giusto portare davanti alla Corte penale internazionale i vertici governativi e militari israeliani per crimini di guerra...


Una manifestazione in favore della Palestina a Londra: tra le bandiere palestinese e i cartelli con scritto "Free Palestine", svetta uno striscione con la faccia di Netanyahu con scritto "Arrestu - War Criminal", e sulla sua fronte la scritta "Child Killer"
Foto di Austin Crick da "Unsplash". Il cartello al centro recita: <<Arrestate Netanyahu - criminale di guerra>>



Quando si parla in maniera critica dell’attacco del 7 Ottobre, quando si sostiene che non sempre il fine giustifica i mezzi, quando si criticano i fanatici islamici (insieme a quelli sionisti-messianici), quando si ritiene che la resistenza palestinese è legittima (sempre secondo il diritto internazionale) ma non il tipo di attacco portato avanti da Hamas, quando -da progressisti non teisti- si sostiene che la strategia del Movimento Islamico di Resistenza potrebbe essere funzionale alle mire espansioniste e alle tattiche diplomatiche israeliane, quando si mette in dubbio che l’attacco senza precedenti nella storia di Israele, avendo innescato una nuova “Nakba” e la possibile “soluzione finale” per accaparrarsi tutte le terre palestinesi, potrebbe non essere la migliore strategia per l’emancipazione del popolo palestinese (anche se è indubbio che dopo litri di sangue versato anche il "mainstream" torna a parlare di Palestina), allora potresti essere etichettato come un infido collaboratore e sostenitore del colonialismo di matrice europea in Medio Oriente. Se osi pensare, anche in questo caso, che la guerra mossa da Israele contro gli stessi territori che già occupa ferocemente e illegalmente sia un altro conflitto per procura (che mette in crisi i famosi accordi di Abramo e quindi la strategia del friend-shoring statunitense) strumentalizzato da politici e paesi “amici” dei palestinesi solo a parole (come la Turchia del dittatore Erdogan che sostiene l’ISIS, per esempio), e se addirittura osi parlare di pace sperando in una soluzione che non porti ad altri spargimenti di sangue, soffrendo per i civili di ambo i lati, ma non dimenticando la sproporzione di forze in campo, e ricordando che il vero aggressore è quello che fomenta odio, che semina guerra da decenni nonché quello che si dipinge come “vittima” con il supporto mediatico e politico dell’occidente, allora verrai considerato comunque come un filo-sionista e un nemico della causa palestinese...

 


DECONTESTUALIZZAZIONI, MANCANZA DI ARGOMENTAZIONI, “PENSIERI UNICI” E CONTRO-RADICALIZZAZIONI

 

La narrazione delle guerre e le relative prese di posizioni riflettono una tendenza alla “tifoseria”, alla spettacolarizzazione banale di infuocati dibattiti (probabilmente non sono molto diversi quelli dei talk-show rispetto a quelli nei bar) e alla polarizzazione politica verso i rispettivi estremi, posizioni preordinate secondo uno schema di “pensieri unici”, sfornate a rotazione in un ciclo continuo di notizie e comunicati monotoni, ripetute in maniera omologata e propagandate con stile superficiale... Ma purtroppo efficace!

 

Si dice che la prima vittima della guerra è la “verità”, e pur non pretendendo di averne di assolute da dispensare tra queste pagine, non si possono non notare le ipocrisie più varie che riflettono schieramenti economici, politici e mediatici: per esempio si dice quasi sempre che Putin è l’invasore e che quest’ultimo dovrebbe ritirarsi senza condizione alcuna, mentre non si dice che Israele è uno Stato invasore (tanto è vero che si parla di “territori occupati”), mentre questo viene appoggiato, difeso a spada tratta e addirittura dipinto come l’unica democrazia del Medio Oriente. Tutto ciò nonostante l’ampiezza ben più estesa delle migliaia di vittime civili causate in due mesi di guerra, incluse le più di cento morti tra le fila del personale delle Nazione Unite, evento senza precedenti nella storia dell’ONU. Di questo, così come di altro, non se ne parla a sufficienza (o non se ne parla proprio) perché all’infuori del “pensiero unico” o delle “tifoserie uniche” non c’è un vero dibattito, non si può avere nemmeno un pensiero minimamente critico e vagamente elaborato, seppure logicamente molto semplice, senza che si venga etichettati in maniera sbrigativa, perché è più facile: perché le semplificazioni sono funzionali alla “polemica da bar” che vediamo praticamente a reti unificate, perché “buttarla in caciara”, oltre ad evitare analisi complesse e argomentazioni minimamente elaborate, fa fare più ascolti, e cioè più profitto, l’unico canone da rispettare nell’attuale sistema socio-economico e, di riflesso, nel sistema mediale.

 

Le generalizzazioni per distruggere l’avversario “dialettico” o “politico” non sono solo più efficaci e banali, prestandosi a essere sfornate e ripetute “a macchinetta”, ma sono anche quelle partorite da menti “mediatiche” non sempre raffinatissime, e amplificate da media asserviti, e cioè dalla collaborazione (più o meno formale anche dal punto di vista lavorativo) tra chi si occupa della comunicazione dei politici e chi lavora nel campo della comunicazione, giornalisti inclusi (quando le menti comunicative, più o meno raffinate, non sono proprio le stesse, e quindi quando siedono contemporaneamente sia negli uffici della comunicazione dei vari politicanti che nelle redazioni dei giornali, delle televisioni, o sono “influencer”, curano il marketing di potenti aziende, e così via - oppure addirittura quando sono loro stessi contemporaneamente politicanti ed editori o giornalisti).

Bisognerebbe fornire contenuti che non solo dovrebbero tendere a essere quanto più possibile obiettivi, magari pure “schierati”, ma che dovrebbero essere comunque indipendenti, spendendo energie e risorse per storicizzare gli eventi, per aprirsi ad argomentazioni complesse, per innescare dei processi di riflessione e di critica in chi fruisce di quei contenuti, e non facendoli assorbire passivamente per “imporre” di schierarsi con una “tifoseria” o con l’altra (come se ce ne fossero sempre solo due di “squadre” per cui fare il tifo, tra l'altro).

 

Oltre ai meccanismi “pilotati” dall’alto delle sfere mediatiche, ce ne è un altro altrettanto insidioso che si sviluppa “dal basso”, e che si potrebbe definire come quello della “contro-radicalizzazione” in risposta alle narrazioni polarizzanti: in pratica essendo le tesi diffuse dai media che vanno per la maggiore (i cosiddetti media mainstream) non veritiere ed estreme si tende, all’opposto, ad assumere punti di vista specularmente contrari, a prescindere da qualunque fatto o variabile. 

Per esempio questo meccanismo “contrario” lo ritroviamo quando non si riesce nemmeno a concepire, conoscere e comprendere il fatto che in Ucraina ci sono persone e gruppi progressisti "autoctoni" che lottano armi in pugno contro la Russia (mentre è più noto che ci sono dei gruppi che si definiscono progressisti provenienti anche dall'Italia e che combattono per la Russia); o per esempio quando, dopo che sono stati trucidati migliaia di bambini a Gaza in due mesi di guerra (circa 5000 rispetto a più di 500 in due anni di guerra in Ucraina, dopo che ne sono morti almeno 101 nella Cisgiordania quest’anno (stando ai dati di “Save the Children”), e dopo che era stata diffusa la più nota fake-news di questo conflitto secondo la quale il 7 Ottobre erano stati decapitati circa 40 bambini (funzionale ad accomunare i tagliagole dell'ISIS con i nazionalistici islamici), si arriva a essere indifferenti verso i “solamente” 39 bambini israeliani morti quest’anno (sempre secondo i dati di Save the Children, nel cui documento non si specifica però se tutti e 39 sono morti nel tragico 7 Ottobre), quando invece dovremmo provare dolore per ogni singola vittima.

 

Abbiamo certamente bisogno di idee radicali, di rottura, di pensieri e di pratiche conflittuali perché il capitale e gli eserciti -mediatici e militari- non si possono sconfiggere offrendo loro rose... Ma contro-radicalizzarsi “in automatico” può farci sviare da nobili obiettivi, da una comprensione approfondita e oggettiva (seppure “schierata”) dei fatti, oltre a farci perdere credibilità e a farci esporre ad attacchi mediali sempre più potenti...

 

Dobbiamo re-imparare a dibattere, ritornare ad allenare lo spirito critico, sforzarci incessantemente di essere più “creativi” nell’elaborare soluzioni ai conflitti senza alimentare cicli di violenza e sofferenza, e non semplicemente schierarci con una tifoseria o l’altra, oppure limitarci a sventolare bandiere come allo stadio...

 

Anarcopacifista


Come di consueto, oltre a invitarvi a sostenerci criticandoci, apprezzandoci, chiedendoci delucidazioni e, per l'appunto, avviando dibattiti online (nei commenti qui sotto, sui "social asociali" e sui social alternativi) e ancora meglio di persona, alleghiamo una citazione musicale. Si tratta di "Terza Guerra Mondiale" di Mistaman e Dj Shocca. Ci colpisce particolarmente una frase: <<Nessuno vuole che tu sia obiettivo, controllarti è l'obiettivo, è il solo motivo per cui sei ancora vivo>>.


ultima modifica 16/12/2023 22:47

1 commento:

  1. STU-PEN-DO!!! Da utilizzare in classe per educazione civica sulla polarizzazione

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