LA MARTIRE PACIFISTA FACEVA PARTE DELLA STESSA ASSOCIAZIONE DI VITTORIO ARRIGONI, CHE DENUNCIA:
<<ATTACCATI MANIFESTANTI PACIFICI CHE PREGAVANO. NESSUN LANCIO DI PIETRE VERSO I MILITARI, CHE COMUNQUE SI TROVAVANO A 200 METRI DI DISTANZA DALLA VITTIMA, UCCISA A SANGUE FREDDO>>.
È LA 18ESIMA
MANIFESTANTE ASSASSINATA DALLE FORZE DI OCCUPAZIONE ISRAELIANE
NELL'AREA DI BEITA DAL 2020 E LA TERZA NELLA STORIA DELL'ISM.
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In alto a sinistra foto dell'avamposto di Evyatar ad Aprile 2023. In basso dei soldati israeliani lanciano gas lacrimogeno verso dei manifestanti nella stessa zona nel 2021.
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La mattina del 6 settembre la comunità palestinese del villaggio di Beita, vicino Nablus, protestava contro l'espansione dell'insediamento illegale di Evyatar, in Cisgiordania. Alle proteste pacifiche avevano preso parte anche attivisti anti-sionisti israeliani e internazionali in qualità di osservatori, per prevenire eventuali abusi. Tra questi Ayşenur Ezgi Eygi, 26 anni, nata ad Adalia in Turchia e cresciuta negli Stati Uniti, dove studiava psicologia, lingue e culture mediorientali e lavorava come tutor (aveva doppia cittadinanza turca e statunitense).
Evyatar è uno dei più di 300 insediamenti coloniali illegali, ai sensi del diritto internazionale. Molti sono nati come degli "avamposti" che sarebbero dovuti servire solo a scopi militari e temporanei, trasformandosi con il tempo in insediamenti civili, mentre altri sono stati "autorizzati" e costruiti su terre espropriate alla popolazione nativa e dichiarate demanio statale. Alcuni insediamenti sono illegittimi anche per la stessa legge israeliana, come Evyatar. A Giugno, però, è stato "legalizzato" dalle autorità della potenza che occupa illegalmente quei territori dal 1967, lo stato etno-teocratico israeliano.
L'International Solidarity Movement (ISM), associazione che impiega tattiche di protesta non violenta (principalmente documentando gli abusi e proteggendo i civili tramite interposizione non violenta) per la quale Aysenur era volontaria, ha ricostruito il suo assassinio in un comunicato stampa: <<la manifestazione, che consisteva principalmente in uomini a bambini che pregavano, è stata affrontata con la forza dall'esercito israeliano posizionato sulla collina. Inizialmente hanno lanciato un grande quantitativo di gas lacrimogeno e poi hanno cominciato a usare armi da fuoco (...) Hanno sparato due colpi. Uno ha colpito un uomo palestinese a un gamba, ferendolo. L'altro è stato intenzionalmente sparato contro attivisti per i diritti umani che osservavano la manifestazione>>, ferendo mortalmente la giovane volontaria, sembrerebbe con un fucile di precisione. Nella conclusione della nota stampa, dopo l'elenco delle altre 17 vittime massacrate nella stessa zona dal 2020, si evidenzia: <<Alcuni media hanno ripetuto false affermazioni su lanci di pietre da parte degli attivisti dell'ISM durante la manifestazione pacifica. Tutte le dichiarazioni di testimoni oculari confutano queste affermazioni. Aysenur era a più di 200 metri di distanza dai soldati israeliani, e non c'è stato nessuno scontro nei minuti precedenti lo sparo. E comunque, da una tale distanza, né lei, né nessun altro avrebbe potuto essere percepito come una minaccia>>, a differenza di quanto stanno provando a sostenere in queste ore le autorità della potenza occupante, secondo cui a un presunto lancio di pietre, da distanza imprecisata, sarebbe legittimo rispondere con armi da fuoco e proiettili "veri", e non con i proiettili di gomma (che possono essere comunque letali). <<È stata uccisa a sangue freddo>>.
A questo proposito, vale la pena di ricordare anche quello che è passato alla storia come "l'incidente di Beita": nel 1988 Tirza Porat, un'adolescente israeliana, fu uccisa per errore da un proiettile di un fucile d'assalto israeliano durante degli scontri con i coloni. Subito dopo veniva diffusa la fake-news che ad ucciderla sarebbero stati dei palestinesi con delle pietre. Il bossolo estratto dal suo cranio provò il contrario.