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10.2.23

COS’È LA GIUSTIZIA RIPARATIVA?

LA DIFFERENZA E LA COMPLEMENTARITÀ CON I PARADIGMI DELLA RETRIBUZIONE E DELLA RIABILITAZIONE

 In circa 1200 parole ed 8000 battute, tra le righe della rubrica Define, cerchiamo di definire brevemente la “giustizia riparativa” spiegando in cosa consiste praticamente ed enunciando altri due paradigmi giudiziari (che iniziano pure con la lettera “r”).



Collage de "Lo Skietto" realizzato con immagini da Pixabay



TRE PARADIGMI DELLA GIUSTIZIA: RETRIBUTIVA , RIABILITATIVA (O RIEDUCATIVA) E RIPARATIVA

Quando si parla di una pena come quella dell’antica “legge del taglione” (ossia “occhio per occhio, dente per dente”) oppure come un determinato periodo di tempo da scontare in carcere, ci troviamo di fronte al modello di giustizia retributivo, quello che prende il nome da un “debito” che bisogna pagare: anticamente la punizione era intesa come un male da subire per il male causato (malum passionis propter malum actionis), mentre oggi la sanzione dovrebbe tendere alla riabilitazione, alla rieducazione e al reinserimento nella società della persona condannata, oltre a fungere da deterrente. A queste due modalità di rimediare ai conflitti che implicano la commissione di un atto illegale, se ne può aggiungere una terza: la “riparazione” di un rapporto sociale che si è “danneggiato”, a volte irreparabilmente, a seguito di un azione criminosa.

Nonostante esistano svariate definizioni e accezioni dell’espressione, la giustizia riparativa è comunemente intesa come un processo di mediazione tra autori di un atto criminale, la vittima e la collettività, finalizzato a riconciliare i rapporti o a sanare il più possibile la frattura che si è venuta a creare.

La giustizia riparativa quindi non consisterebbe tanto nella riparazione penale, “materiale” ed economica di un danno (o al limite questo potrebbe costituire un aspetto secondario a seconda dell’atto illegale commesso e di cosa prevede un sistema giudiziario), e non sostituirebbe gli altri due modelli di giustizia ma li affiancherebbe, trascendendo l’ambito meramente giudiziario e addentrandosi nella complessa dialettica delle diverse componenti sociali.



TRE PARTI IN CAUSA: VITTIMA, CARNEFICE E COMUNITÀ

Con il paradigma riparativo si sposta il focus dal reato alla vittima (oltre che alla collettività intera), concentrandosi anche sui “perché” di chi l’ha commesso e intervenendo nelle relazioni conflittuali che derivano dal misfatto per gestire una frattura relazionale, provando a ricomporla o quantomeno a mitigare gli effetti che creano divisione e dolore.

La “vittima”, che può essere una singola persona o un insieme di individui, dopo la sentenza di condanna e un’eventuale riparazione economica di solito viene dimenticata, non viene “seguita” dal sistema sociale e punitivo. Invece, sempre ammesso che voglia farlo, avviando un percorso di confronto con il reo e con la collettività, potrebbe avere la possibilità di palesare la sua sofferenza, di affrontare meglio il suo disagio senza “seppellirlo” nella sua anima e, in ultima istanza, dovrebbe sentirsi almeno vagamente soddisfatta nel vedere un colpevole pentito, “trasformato”, consapevole del male che ha fatto, convinto a non ripetere più una certa azione perché sofferente per lo stesso patimento che ha inflitto… e magari anche a comprendere le “ragioni del male”, i motivi che lo hanno spinto a commettere un torto.