30.5.24

DUE PESI E DUE MISURE: IL BAMBINO DECAPITATO CHE NON FA NOTIZIA

LA FAKE-NEWS SUI BAMBINI DECAPITATI PER GIUSTIFICARE IL GENOCIDIO

Le immagini di corpi carbonizzati, di un bambino decapitato e il racconto di uno degli ultimi attacchi su Rafah, avvenuto domenica 26 Maggio, non si sono guadagnati gli "onori" delle cronache mainstream.

Invece le fakenews sui bambini decapitati il 7 Ottobre continuano a essere invocate a sproposito per giustificare una vendetta spacciata come legittima difesa e un genocidio come ritorsione a un atto illegittimo e orribile di una resistenza armata che, legalmente, non può essere invalidata in toto da quell'atto brutale.

In questo breve editoriale parliamo del "duepesismo" nei confronti delle vittime palestinesi, un doppio standard applicato dalla propaganda mainstream occidentale per giustificare colonialismo, pulizia etnica e genocidio.


Un disegno dell'artista "Yassin Draws". Rielabora artisticamente un'immagine orrenda del massacro di cui si parla in questo post: un uomo, incredulo e disperato, stringe tra le braccia un piccolo corpo senza testa, mentre tutto brucia intorno. Dal collo della vittima infante nasce un fiore.
Un disegno dell'artista "Yassin Draws". Rielabora artisticamente un'immagine orrenda del massacro di cui si parla in questo post: un uomo, incredulo e disperato, stringe tra le braccia un piccolo corpo senza testa, mentre tutto brucia intorno. Dal collo della vittima infante nasce un fiore. Ringraziamo Yassin per averci concesso di utilizzare questa immagine, che ha anche il merito di raccontare un fatto orrifico, oscurato almeno in parte dagli organi di stampa che vanno per la maggiore, sfuggendo alle censure ed evitando di traumatizzare le persone più sensibili o di contribuire all'assuefazione "visuale" verso l'orrore del primo genocidio filmato in diretta della storia. Le immagini vere del massacro di Tel al-Sultan sono state raccolte dal fotoreporter Yousef Hamada.


La notte del 24 Maggio un attacco aereo israeliano ha colpito la tendopoli di Tel al-Sultan a Rafah, città di Gaza al confine con l'Egitto. Sono state massacrate all'incirca 50 persone, alcune bruciate vive nelle tende e baracche dove erano rifugiate, e ferite all'incirca 200. La maggioranza delle vittime sono donne e bambini. E, purtroppo, quello non è stato l'unico accampamento oggetto di un attacco del genere in questi ultimi giorni.

In questi mesi i gazawi sono stati fatti spostare da un punto all'altro della Striscia con diversi ordini di evacuazione ma, come dimostra quest'ennesima strage nel genocidio, non ci sono "aree sicure" per i palestinesi, sfollati più e più volte, costretti a passare le giornate a cercare un luogo in cui accamparsi, a racimolare qualcosa da mangiare, a fare interminabili file anche solo per andare al bagno o ricevere un po' d'acqua torbida da bere.

Diversi organismi internazionali, inclusa la Corte Internazionale di Giustizia, hanno richiesto, invano, ai fanatici messianici e fascio-sionisti israeliani di fermare l'offensiva su Rafah. Anzi, per molti l'attacco potrebbe costituire una sorta di "risposta provocatoria" nei confronti delle due corti che dovranno indagare sui crimini di guerra e contro l'umanità, con responsabilità sia individuali che collettive.

Le immagini dell'attacco, raccolte dal fotoreporter Yousef Hamada, sono letteralmente infernali. Sono disponibili sul suo profilo Instagram e riprese principalmente da utenti dei social media, ma ve ne sconsigliamo la visione: possono servire agli storici di un futuro che dovrà essere meno tetro, a chi fa indagini per documentare i crimini di guerra, ai giornalisti che devono (o forse meglio dire, dovrebbero) raccontare quanto avviene. Ma, chi scrive, comincia ad avere dubbi sul fatto che immagini del genere servano a far sollevare la società civile globale e imporre ai nostri governanti di fermare questi inutili massacri, come dovrebbe essere...

22.5.24

ASSANGE DISCRIMINATO PER CITTADINANZA, NON PER NAZIONALITÀ:

DECISO NUOVO APPELLO CONTRO ESTRADIZIONE USA

Un uomo, in tuta arancione da detenuto, indossa una maschera con il volto di Assange imbavagliato da una bandiera USA. Le mani sono legate da catene. Sullo sfondo si intravede il Vesuvio: è un'attivista di Free Assange Napoli.
Attivista di Free Assange Napoli. Foto de "Lo Skietto"

VITTORIA PARZIALE PER L'INFORMAZIONE MENTRE ASSANGE MARCISCE NELL'INFERNO DI BELMARSH IN CONDIZIONI DI SALUTE PRECARIE


L'Alta Corte Britannica dà a Julian Assange la possibilità di un nuovo appello contro l'estradizione verso gli USA, dove rischia fino a 175 anni di carcere in base all'Espionage Act, la legge anti-spionaggio statunitense elaborata nel 1917. A marzo la Corte della Gran Bretagna aveva chiesto tre assicurazioni ai procuratori statunitensi. Due di queste non sono state ritenute soddisfacenti.

In attesa della pubblicazione della sentenza completa commentiamo quanto avvenuto nell'udienza dell'altro ieri e gli scenari che potrebbero portare l'editore-giornalista australiano alla fine dell'odissea giudiziaria o a una sua condanna.

Inoltre vi segnaliamo altri articoli di approfondimento apparsi su queste pagine digitali e su altri organi di informazione. In particolare quelli riguardanti il cosiddetto "caso svedese", e cioè l'accusa mai provata e prescritta (ma "mantenuta in piedi" per nove anni) di violenza sessuale a carico di Assange.


IL PRIMO EMENDAMENTO, LA CITTADINANZA, LA NAZIONALITÀ E LA SICUREZZA NAZIONALE

Julian Assange, almeno per adesso, non verrà estradato verso gli Stati Uniti, dove affronterebbe un processo per spionaggio, associazione a delinquere finalizzata all'accesso abusivo a sistema informatico e alla cospirazione. Sono 18 i capi di accusa, relativi a informazioni che avrebbero messo in pericolo vite di collaboratori degli USA e la sicurezza nazionale. Parliamo, in particolare, dei cosiddetti "war log", informazioni riguardanti le guerre in Iraq e Afghanistan, il campo di internamento di Guantanamo e comunicazioni diplomatiche. Accuse infondate, secondo la difesa di Assange e l'ampio movimento popolare che lo sostiene: ha fatto solo il suo lavoro di editore e giornalista, rivelando crimini di guerra e contro l'umanità (mai indagati ufficialmente), dunque di pubblico interesse.

I procuratori degli Stati Uniti non sono riusciti a garantire due delle tre rassicurazioni richieste a Marzo. La prima riguarda la non applicabilità della pena di morte, potenzialmente prevista in base alla legge anti-spionaggio. La Corte britannica ha ritenuto sufficienti le garanzie in merito.

Le altre due rassicurazioni sono intrecciate: Assange non deve essere discriminato in base alla sua nazionalità non statunitense e, conseguentemente, dovrebbe vedersi garantito il diritto a beneficiare delle protezioni derivanti dal Primo Emendamento della Costituzione, quello sulla libertà di parola.

20.5.24

SCRITTE ANTISEMITE A PROCIDA. COMITATO PER LA PALESTINA LIBERA: "SIAMO ANTISIONISTI, NON ANTISEMITI"

SPAZIO COMUNICA-AZIONI: RICEVIAMO, PUBBLICHIAMO E COMMENTIAMO 

Il Comitato "Procida Per una Palestina Libera - Stop al Genocidio" prende le distanze dalle scritte antisemite apparse cinque giorni fa a Procida

Prima di lasciarvi ai due comunicati che ci ha inviato il Comitato, vi segnaliamo due articoli pubblicati tra queste pagine impalpabili.

Il primo, intitolato "Antisionismo non è antisemitismo", si focalizza sull'accusa strumentale di essere antisemita mossa a chiunque critica le politiche coloniali israeliane. In maniera assurda a diversi ebrei, israeliani, rabbini e perfino sopravvissuti all'Olocausto, che si oppongono al genocidio incrementale avviato 76 anni fa, viene appiccicata addosso l'etichetta di "antisemita" (o di "ebreo che odia sé stesso"). La radice di questo corto circuito semantico risiede nell'identificare Israele con l'ebraismo. Paradossalmente, questa artificiosa e opportunistica identificazione finisce per aumentare l'odio verso gli ebrei: se Israele e l'ebraismo sono la stessa cosa, allora le malefatte dei governanti israeliani vanno addebitate a qualunque ebreo... E purtroppo, secondo chi scrive, per questo meccanismo tale sentimento si è diffuso, ben prima del 7 Ottobre, anche tra alcune persone che si definiscono "di sinistra" (seppure in misura molto minore rispetto a quello che vuole far pensare la propaganda mainstream, che identifica qualunque manifestazione in favore della Palestina come antisemita).

Siamo ritornati sull'argomento in un editoriale sugli Olocausti (il plurale è usato intenzionalmente) in cui abbiamo fatto notare che Amiram Levin, generale in congedo delle forze di offesa israeliane, ha affermato che ci sono similitudini tra le politiche discriminatorie israeliane e quelle naziste: immaginate cosa succederebbe se un'affermazione del genere venisse fatta da un non ebreo... 

Di seguito il comunicato di Michael Leonardi, fondatore del Comitato.


Diverse persone riunite in un cortile sotto una gigantesca bandiera della Palestina
Foto del Comitato Procida per una Palestina Libera



<<Intervengo in quanto fondatore del comitato "Procida Per una Palestina Libera - Stop al Genocidio". Il nostro comitato è stato creato nel dicembre del 2023 in risposta al genocidio perpetrato dallo Stato di Israele, non solo dal 7 ottobre, ma da 76 anni, da quando è iniziata la pulizia etnica e l'uccisione di massa dei Palestinesi indigeni nella loro patria.

15.5.24

ATTACCATA TRE VOLTE IN UNA SETTIMANA SEDE UNRWA DI GERUSALEMME EST

LAZZARINI: <ATTO OLTRAGGIOSO. TROVARE I RESPONSABILI SE NON SI VUOLE STABILIRE UN NUOVO E PERICOLOSO STANDARD>


IERI GLI ISRAELIANI RICORDAVANO L'"INDIPENDENZA", OGGI I PALESTINESI RICORDANO LA "NAKBA"


Lanci di pietre, intimidazioni a mano armata e attacchi incendiari alla sede dell'UNRWA di Gerusalemme Est per ben tre volte in sette giorni. 

Gli attacchi, anche quelli contro i camion che portano cibo e aiuti a Gaza, accompagnano una campagna di delegittimazione internazionale ai danni dell'Agenzia ONU per il Soccorso e il Collocamento dei Profughi Palestinesi nel Vicino Oriente: scopo principale dei fanatici messianici e dei fascio-sionisti è quello di minare il "diritto al ritorno" di profughi e discendenti palestinesi (oltre che controllare la ricostruzione di Gaza e appropriarsi delle sue risorse). 

Ricordiamo, inoltre, che i vertici dello stato teocratico ed etnocratico sostengono che diversi membri dell'UNRWA sarebbero complici di Hamas e altri gruppi armati ma, secondo l'Agenzia, queste accuse (mai provate) sarebbero state "fabbricate" estorcendo false confessioni con torture agli ostaggi palestinesi.

Infine, ricordiamo che oggi ricorre un funesto anniversario per i palestinesi: la "Nakba"...



Una mappa che mostra come la comunità ebraica è passata dal possedere circa il 7% delle terre nel '47 a occupare quasi tutta la Palestina, inclusi gli insediamenti illegali in Cisgiordania. Il titolo recita: <L’ESPANSIONE COLONIALE DAL 1947 A OGGI>. Sotto la scritta:<Nel primo riquadro, in blu, le terre possedute da ebrei nel 1947. Nel secondo i confini stabiliti nel 1949: la “Green Line” delimita Gaza (governata dall’Egitto) e la Cisgiornania (dalla Giordania). Nel terzo e nel quarto la suddivisione attuale con gli insediamenti illegali, dopo gli Accordi di Oslo e le elezioni del 2006.>

Le 4 mappe sono state elaborate da Oncenawhile e Comservant, tratte da Wikimedia e rilasciate con licenza Creative Commons.





GLI ATTACCHI DEI "COLONI" (MILIZIE PARAMILITARI)

In un messaggio su "X" (ex Twitter) del 9 Maggio Philippe Lazzarini, Commissario generale dell'UNRWA, annunciava la chiusura temporanea dell'ufficio dell'Agenzia di Gerusalemme est. Il motivo: un attacco di <<estremisti israeliani>> che hanno <<incendiato per due volte il perimetro del quartier generale dell'UNRWA (...) causando ingenti danni alle aree esterne. Al pian terreno si trova anche un deposito di benzina per le macchine dell'Agenzia. Il nostro direttore, con l'aiuto di altri membri dello staff, hanno domato da soli l'incendio perché i pompieri e la polizia israeliana hanno impiegato molto tempo prima di arrivare. Una folla di uomini armati sono stati visti mentre cantavano "Bruciamo le Nazioni Unite" (come nel video allegato sotto e diffuso sui media israeliani) (...) Hanno lanciato pietre a funzionari dell'ONU e contro l'edificio. Negli ultimi mesi, membri dell'ONU sono stati costantemente sottoposti a molestie e intimidazioni. In diverse occasioni, gli estremisti israeliani li hanno minacciati con delle pistole. È responsabilità dello Stato di Israele, in quanto potenza occupante, di assicurare che il personale ONU e i suoi edifici siano sempre protetti>>.

14.5.24

GAZA: PRIMA VITTIMA INTERNAZIONALE ONU

Anil Kale è la prima vittima dell'ONU di nazionalità non palestinese uccisa a partire dall'8 Ottobre. In totale sono almeno 260 gli operatori umanitari uccisi nel genocidio di Gaza, di cui 188 membri dell'UNRWA, l'agenzia che si occupa dei rifugiati palestinesi. Tra queste pagine abbiamo anche parlato della campagna di delegittimazione ai danni dell'UNRWA.



LE VITTIME "INTERNAZIONALI" FANNO SEMPRE PIÙ NOTIZIA... MA NON ABBASTANZA PER FERMARE IL GENOCIDIO


Sfondo nero, in basso a sinistra il simbolo dell'ONU e a destra una bandiera palestinese. Al centro la scritta:<LA PRIMA VITTIMA “INTERNAZIONALE” DELLE NAZIONI UNITE DEL GENOCIDIO DI GAZA SI CHIAMA ANIL KALE: LAVORAVA PER IL “DIPARTIMENTO DELLE NAZIONI UNITE DELLA SICUREZZA E PROTEZIONE” (UNDSS) LO SCORSO MESE UN ATTACCO AEREO ISRAELIANO HA TRUCIDATO 6 OPERATORI INTERNAZIONALI E 1 PALESTINESE DI “WORLD CENTRAL KITCHEN” A OGGI, 14 MAGGIO 2024, SONO STATI UCCISI ALMENO 260 OPERATORI UMANITARI DEI QUALI 191 MEMBRI DI DIVERSE AGENZIE ONU: 188 DELL’UNRWA, 1 DELL’UNDP, 1 DELL’OMS E 1 DELL’UNOPS SENZA CONTARE QUASI 500 OPERATORI SANITARI, 70 DI PROTEZIONE CIVILE E ALMENO 35000 VITTIME CIVILI  BASTA A GENOCIDIO E COLONIALISMO: FERMIAMO LA NUOVA NAKBA>



Lunedì un veicolo di un convoglio delle Nazioni Unite, con tanto di bandiere e insegne ben visibili, è stato raggiunto da colpi d'arma da fuoco. In quello che Farhan Haq, portavoce dell'ONU, definisce un <<attacco>> ha trovato la morte Anil Kale, ex appartenente all'esercito indiano e da due mesi membro del Dipartimento delle Nazioni Unite della sicurezza e protezione (UNDSS), diramazione dell'ONU che garantisce la sicurezza e affianca chi fornisce servizi e aiuti umanitari, con il ruolo di osservatore. Un'altra persona sarebbe rimasta ferita in maniera non grave. Il convoglio si trovava nei pressi di Rafah, dove le forze di offesa israeliane stanno preparando un'invasione via terra che finirebbe per moltiplicare i catastrofici danni della punizione collettiva dei gazawi.

È la prima vittima di nazionalità non palestinese del personale ONU: fino a oggi sono morti almeno 260 operatori umanitari (senza contare quasi 500 operatori sanitari e 70 di protezione civile), di cui 191 tra le fila delle Nazioni Unite: 188 membri dell'UNRWA e tre vittime, rispettivamente, dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), del Programma per lo sviluppo (UNDP) e dell'Ufficio per i servizi e i progetti (UNOPS). 

13.5.24

CRONACHE AUTOPRODOTTE DA "LIBBRA", FESTIVAL DELLE "LIBRERIE INDIPENDENTI IN RELAZIONE"

IL RESOCONTO VACILLANTE DAL FESTIVAL DELLE "L.I.RE."


Il logo del festival: a sinistra un monumento equestre con un cavallo fatto di ingranaggi e una figura femminile a cavvallo. A destra due occhi con un paio di occhiali. L'immagine assomiglia a una banconota delle vecchie "lire".


Il nostro auto-inviato per nulla speciale, il sincero e diligente Cronista Autoprodotto, è stato a "Libbra, festival delle librerie indipendenti in relazione" (in acronimo L.I.RE.). Il festival, giunto alla terza edizione, ha avuto luogo a Napoli tra il 3 e il 5 Maggio presso la chiesa barocca di San Giuseppe delle Scalze, sede del gruppo di associazioni "Le Scalze". È un evento progettato da una rete di librerie indipendenti partenopee: "Tamu", "Perditempo - libri, vini e vinili", "Libreria Librido" e "Libreria Dante & Descartes".

L'unione di questa rete si rifletteva anche nel posizionamento degli stand, che non erano separati come avviene nei classici saloni del libro, offrendo una soluzione di continuità sia "logistica" che tematica.


La gente che affolla la cappella/padiglione dove erano esposti i libri e dove hanno preso luogo le presentazioni.

Libri esposti della sigla editoriale "Derive Approdi". In alto se ne intravede uno recensito da noi nella rubrica "RecenTips", il Manuale di guerra psichica.

La facciata della chiesa vista da fuori
La location dell'evento

Come facciamo di consueto per le nostre recensioni di festival, il maxi-post che segue è fatto di tanti "articoletti nell'articolone": iniziamo con una prefazione meta-giornalistica sull'utilità delle presentazioni dei libri per un cronista precario nella frenetica epoca della mala-informazione.



La facciata della chiesa vista dall'interno. Sotto le statue si nota la scritta illuminata "mare nostrum".
La location dell'evento.


Ci addentriamo nel resoconto dell'evento con un primo mini-report sulla presentazione delle memorie di una prigioniera politica palestinese e sul dibattito in merito al genocidio in Palestina.

Altri testi esposti. Al centro uno intitolato "Aboliamo le prigioni?" di Angela Davis edito da Mimesis



Continuiamo spostandoci virtualmente in Egitto, con la presentazione di un podcast in cui si parla ancora di resistenza, repressione, necropolitica e realpolitik.

Passiamo poi a parlare dell'influenza delle droghe sulla storia dell'umanità, prendendo spunto da un libro a metà strada tra il saggio e il racconto.


Ancora altri testi esposti. Al centro se notano due delle edizioni del Saggiatore. Si intitolano "Nuova liberazione animale" e "Funghipedia".


Proseguiamo con una sintetica biografia di Danilo Dolci, riduttivamente noto come "il Gandhi italiano" o "Gandhi della Sicilia", in cui si spiega cosa significava per lui la pratica della maieutica o "autoanalisi popolare".

Torniamo a parlare di oppressione con la prosa poetica di una scrittrice-giornalista turca, di cui ci colpisce la vicenda biografica segnata da esilio, carcerazione e semplici denunce che, in un contesto di manipolazione e disinformazione, appaiono radicali e richiedono molto coraggio.

Avviandoci verso la conclusione, prendiamo spunto da una rivista di giornalismo a fumetti per riflettere, ancora una volta, sui veri scopi dell'informazione mainstream, sull'alternanza scuola lavoro e su un'esperienza di riscatto tramite lo sport popolare.

Infine, concludiamo ritornando nel girone infernale-carcerario palestinese con alcune tavole di una graphic novel.

Il resoconto che vi apprestate a leggere è per forza di cose frammentato e incompleto: definire la tre giorni solo come "densa" sminuirebbe la portata culturale e di aggregazione che rappresentano momenti del genere. È stato difficile fare una cernita delle presentazioni da seguire con le poche risorse a nostra disposizione. Non ce ne vogliano tutt3 quelle/i che non sono state/i menzionat3 e che hanno preso parte alla fiera: la scelta che abbiamo operato non si basa su criteri "qualitativi" delle opere presentate, delle conferenze e dei vari laboratori, ma ha privilegiato esclusivamente alcuni temi già approfonditi su questa testata, oltre alle preferenze tematiche del nostro cronista autogestito e a contingenze varie...

Augurandovi buona lettura, vi suggeriamo di leggere questa "recensione di recensioni" con tanta calma (lo "slow-journalism" richiede "slow-reading") oppure di selezionare i capitoletti che vi attirano di più, un po' come quando si sceglie di prendere un libro da uno scaffale invece che un altro...


LE PRESENTAZIONI DI LIBRI E UNA LIBRERIA DA CRONISTA PRECARIO

9.5.24

QUARANTASEI ANNI FA MORIVANO PEPPINO IMPASTATO E ALDO MORO

Il 9 Maggio del 1978 morivano Giuseppe Impastato e Aldo Moro.

Un anno fa abbiamo pubblicato due approfondimenti, tra le righe impalpabili della rubrica Recentips.


Gli screenshot degli articoli linkati nel post e apparsi un anno fa su Recentips
Gli screenshot degli articoli linkati qui sotto

8.5.24

BASTA ANIMALI AL CIRCO!

SPAZIO COMUNICA-AZIONI 

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato diffuso da Napoli Animal Save e Salerno Animal Save in merito a un presidio contro l'impiego di animali (non umani) nei circhi


Il simbolo di un divieto con all'interno le sagome di un leone, un elefante e un orso. Sotto la scritta "No animals in circuses"
Immagine di Chrisdesign da Openclipart.org

I due collettivi si descrivono così: <<Napoli Animal Save e Salerno Animal Save fanno parte di una rete globale di centinaia di capitoli di Animal Save Movement che testimoniano la sofferenza degli animali e le ingiustizie ai cancelli dei mattatoi. La missione di Animal Save Movement è quella di condividere l’idea che tutti abbiamo il dovere morale di testimoniare e di porre fine all’allevamento degli animali. La nostra visione è quella di un mondo equo, vegano ed eco-friendly per gli animali, il pianeta e la nostra salute.>>


Il volto di una leonessa dietro la grata di una gabbia
Foto di Publicdomainpictures da Pixabay


Prima di lasciarvi alla lettura del comunicato ci preme segnalarvi un post antispecista pubblicato tra queste pagine digitali: utilizzando preziosissimi spunti, presi in prestito dagli scritti di Ocalan, parliamo della scaturigine dello sfruttamento e dello sterminio contemporaneo degli animali, e cioè dell'antica "cultura della caccia" potenziata dall'"intelligenza analitica", per usare le definizioni dell'ispiratore del confederalismo democratico.

Sempre in tema di allevamenti intensivi e connessi interessi, normative e devastazioni ambientali, segnaliamo inoltre l'inchiesta "Food for Profit" di Giulia Innocenzi e Paolo D'Ambrosi, visibile su RaiPlay e mandata in onda dal programma Report la scorsa domenica. 


<<PRESIDIO CONTRO L’UTILIZZO DEGLI ANIMALI NEL CIRCO

Venerdì 3 maggio 2024 noi attivistɜ di Napoli Animal Save e di Salerno Animal Save ci siamo recatɜ di fronte al circo Lidia Togni a Bellizzi per esprimere il nostro dissenso per quanto riguarda l’utilizzo degli animali negli spettacoli.

Siamo riuscitɜ a vedere e riprendere elefanti indiani, pinguini di Humboldt, cavalli e tigri bianche. Questi erano gli animali lì presenti, animali utilizzati per il divertimento delle famiglie. Animali che dovrebbero e vorrebbero trovarsi ovunque tranne che lì.

1.5.24

UNRWA, LAZZARINI: FINIREMO DI OPERARE QUANDO NASCERÀ STATO PALESTINESE

GLI USA SONO L'UNICO PAESE CHE NON HA RIPRESO A FINANZIARE L'AGENZIA ONU


Un monumento con la chiave che simboleggia il diritto al ritorno dei palestinesi.
Un monumento con la chiave che simboleggia il diritto al ritorno dei palestinesi, prerogativa connessa allo status di rifugiato che viene certificato dall'UNRWA. Foto di Reina91 da Wikimedia rilasciata con licenza Creative Commons


MINISTRO DEGLI INTERNI ISRAELIANO VIETA A LAZZARINI DI ENTRARE A GAZA VIA ISRAELE



Aggiornamento sull'UNRWA (acronimo di United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), l’Agenzia ONU per il Soccorso e il Collocamento dei Profughi Palestinesi nel Vicino Oriente che si occupa di assistere, difendere e promuovere i diritti di quasi 6 milioni di rifugiati palestinesi nei territori occupati (Gerusalemme est inclusa), in Siria, Libano e Giordania. L'Agenzia conta 13mila dipendenti ed è la più numerosa dell'ONU.

Israele accusa l'UNRWA di complicità nel 7 ottobre mentre l'agenzia accusa lo stato teo-etnocratico di aver estorto confessioni con la tortura per fabbricare quelle accuse

Al vertice dell'agenzia, Philippe Lazzarini, è stato vietato di recarsi a Gaza passando per Israele

Lazzarini ha spiegato che le funzioni "para-governative" dell'agenzia, inclusa quella di accertare lo status di rifugiato (e il conseguente "diritto al ritorno"), cesseranno di esistere quando nascerà lo stato palestinese, dopo che verrà trovata una soluzione politica. 


DELEGITTIMARE L'UNRWA PER NEGARE IL DIRITTO AL RITORNO

In queste ore il ministro degli interni israeliano, Moshe Arbel, ha vietato a Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell'agenzia, di entrare a Gaza passando per Israele. Questo perché, come abbiamo spiegato tra queste pagine digitali, lo stato guidato dai fondamentalisti messianici e fanatici sionisti accusa l'UNRWA di essere complice dell'attacco del 7 Ottobre.

L'UNRWA ha invece accusato l'intelligence dello stato etno-teocratico di aver estorto confessioni con la tortura a suoi dipendenti per fabbricare false prove sul presunto coinvolgimento.

Una Commissione indipendente dell'ONU ha confermato che Israele non ha fornito alcuna prova a sostegno delle accuse, inizialmente veicolate a mezzo stampa con un "dossier riservato" che, in realtà, era una velina governativa colma di generiche denunce, non supportate da evidenze. 

Vero scopo della campagna di delegittimazione dell'UNRWA, oltre al controllo delle fornitura degli aiuti, delle risorse e alla ricostruzione della Striscia oramai ridotta a macerie, è quello di scongiurare il cosiddetto "diritto al ritorno", spettante ai profughi scacciati dalle pulizie etniche e ai loro successori.

Il commissario dell'agenzia dovrebbe perciò entrare a Gaza passando tramite il confine con l'Egitto a Rafah, cittadina a bordo della quale da giorni le forze di offesa israeliane si stanno ammassando in preparazione di un attacco via terra che sarebbe imminente e catastrofico. Quasi tutti gli sfollati di Gaza sono accampati lì.