LA FAKE-NEWS SUI BAMBINI DECAPITATI PER GIUSTIFICARE IL GENOCIDIO
Le immagini di corpi carbonizzati, di un bambino decapitato e il racconto di uno degli ultimi attacchi su Rafah, avvenuto domenica 26 Maggio, non si sono guadagnati gli "onori" delle cronache mainstream.
Invece le fakenews sui bambini decapitati il 7 Ottobre continuano a essere invocate a sproposito per giustificare una vendetta spacciata come legittima difesa e un genocidio come ritorsione a un atto illegittimo e orribile di una resistenza armata che, legalmente, non può essere invalidata in toto da quell'atto brutale.
In questo breve editoriale parliamo del "duepesismo" nei confronti delle vittime palestinesi, un doppio standard applicato dalla propaganda mainstream occidentale per giustificare colonialismo, pulizia etnica e genocidio.
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Un disegno dell'artista "Yassin Draws". Rielabora artisticamente un'immagine orrenda del massacro di cui si parla in questo post: un uomo, incredulo e disperato, stringe tra le braccia un piccolo corpo senza testa, mentre tutto brucia intorno. Dal collo della vittima infante nasce un fiore. Ringraziamo Yassin per averci concesso di utilizzare questa immagine, che ha anche il merito di raccontare un fatto orrifico, oscurato almeno in parte dagli organi di stampa che vanno per la maggiore, sfuggendo alle censure ed evitando di traumatizzare le persone più sensibili o di contribuire all'assuefazione "visuale" verso l'orrore del primo genocidio filmato in diretta della storia. Le immagini vere del massacro di Tel al-Sultan sono state raccolte dal fotoreporter Yousef Hamada. |
La notte del 24 Maggio un attacco aereo israeliano ha colpito la tendopoli di Tel al-Sultan a Rafah, città di Gaza al confine con l'Egitto. Sono state massacrate all'incirca 50 persone, alcune bruciate vive nelle tende e baracche dove erano rifugiate, e ferite all'incirca 200. La maggioranza delle vittime sono donne e bambini. E, purtroppo, quello non è stato l'unico accampamento oggetto di un attacco del genere in questi ultimi giorni.
In questi mesi i gazawi sono stati fatti spostare da un punto all'altro della Striscia con diversi ordini di evacuazione ma, come dimostra quest'ennesima strage nel genocidio, non ci sono "aree sicure" per i palestinesi, sfollati più e più volte, costretti a passare le giornate a cercare un luogo in cui accamparsi, a racimolare qualcosa da mangiare, a fare interminabili file anche solo per andare al bagno o ricevere un po' d'acqua torbida da bere.
Diversi organismi internazionali, inclusa la Corte Internazionale di Giustizia, hanno richiesto, invano, ai fanatici messianici e fascio-sionisti israeliani di fermare l'offensiva su Rafah. Anzi, per molti l'attacco potrebbe costituire una sorta di "risposta provocatoria" nei confronti delle due corti che dovranno indagare sui crimini di guerra e contro l'umanità, con responsabilità sia individuali che collettive.
Le immagini dell'attacco, raccolte dal fotoreporter Yousef Hamada, sono letteralmente infernali. Sono disponibili sul suo profilo Instagram e riprese principalmente da utenti dei social media, ma ve ne sconsigliamo la visione: possono servire agli storici di un futuro che dovrà essere meno tetro, a chi fa indagini per documentare i crimini di guerra, ai giornalisti che devono (o forse meglio dire, dovrebbero) raccontare quanto avviene. Ma, chi scrive, comincia ad avere dubbi sul fatto che immagini del genere servano a far sollevare la società civile globale e imporre ai nostri governanti di fermare questi inutili massacri, come dovrebbe essere...