18.3.24

FALSE CONFESSIONI ESTORTE CON TORTURA

L'UNRWA ACCUSA ISRAELE. 

L'OCCIDENTE SI PREPARA A ESTRARRE GAS...


I servizi di sicurezza dello stato etno-teo-cratico israeliano avevano diffuso un documento che accusava l'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency), Agenzia ONU che fornisce cibo e servizi basilari alla popolazione palestinese, di essere complice di Hamas e di altre milizie

Ciò aveva comportato la sospensione dei fondi che giungevano dalla comunità internazionale, aggravando ancora di più la catastrofe umanitaria in corso


Dieci giorni fa l'UNRWA ha diffuso un report di 11 pagine, attualmente non pubblico, in cui ci sarebbero evidenze di confessioni estorte dalle forze di offesa israeliane per fabbricare le accuse di collegamenti con Hamas

Alcuni paesi hanno ripreso a finanziare le attività dell'Agenzia, l'unica con una struttura in grado di fornire i beni necessari alle basilari funzioni vitali della popolazione.

Intanto la malnutrizione si aggiunge alle vittime dei bombardamenti e alle epidemie. Servirebbe fare entrare più aiuti con assoluta urgenza: la maniera più rapida ed efficace sarebbe far entrare i camion con i beni necessari. Invece vengono lanciati con i paracaduti dal cielo, trasportati via nave e sembra avviata la costruzione di un molo "ad hoc" e "temporaneo" degli USA che, secondo alcuni, potrebbe essere utilizzato in futuro per estrarre gas e altre risorse dal sottosuolo: in pratica si tratterebbe dell'ennesima azione predatoria-coloniale, mascherata da aiuto umanitario.


Bambini con in mano pentole vuote
Foto di Hosny Salah da Pixabay



IL "DOSSIER-VELINA" ISRAELIANO E IL REPORT DELL'UNRWA: LO STAFF DELL'UNRWA COMPLICE DI HAMAS O TORTURATO DALL'ESERCITO ISRAELIANO?!

A Febbraio avevamo parlato di un "dossier" diffuso a mezzo stampa dall'intelligence israeliana che accusava alcuni membri dell'UNRWA di complicità nell'eccidio del 7 Ottobre e di appartenere ai vari gruppi jihadisti. Il documento, in realtà una "velina" ripresa acriticamente da tantissimi giornali per screditare l'agenzia ONU, non conteneva nessuna prova di queste presunte complicità, che avrebbero riguardato comunque soltanto una decina di dipendenti su un totale di trentamila.

L’Agenzia ONU per il soccorso e il collocamento dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente, fondata nel 1948, opera nei territori occupati della martoriata terra di Palestina, oltre che in Siria, Giordania e Libano. In questo momento ha il delicatissimo compito di fornire aiuti basilari a una popolazione ridotta alla fame e con un'assistenza medica insufficiente. Già da prima dell'eccidio di Hamas e della spropositata vendetta e punizione collettiva delle forze di offesa israeliane, forniva sevizi basilari a circa cinque milioni di rifugiati palestinesi: cibo, acqua potabile, servizi sociali, servizi sanitari, interventi di emergenza, supporto per trovare un’occupazione tramite formazione e programmi di micro-credito, costruzione e gestione di scuole, strutture sanitarie e campi profughi. Inoltre l'agenzia è anche custode della memoria dei palestinesi, conservando nei suoi archivi frammenti delle storie dei rifugiati. 

Le accuse contenute nel "dossier-velina" avevano comportato la sospensione dei fondi da circa venti paesi e organismi internazionali, principali finanziatori dell'agenzia. Questo ha causato l'aggravarsi di una situazione già ben oltre il sostenibile. 

In foto un'insegna malandata dell'UNRWA
Foto di Roman Deckert rilasciata con licenza Creative Commons


Intanto, come ha riportato l'8 Marzo Reuters, l'UNRWA ha compilato un altro documento, visionato dall'agenzia di stampa britannica. Juliette Touma, Direttrice della comunicazione dell'Agenzia, ha annunciato che verrà inviato ad organizzazioni specializzate nell'accertamento di violazioni dei diritti umani. Il documento di 11 pagine conterrebbe le prove che l'esercito israeliano ha fatto prigionieri alcuni membri dell'agenzia, torturandoli per estorcere false confessioni, al fine di collegare l'operato dell'UNRWA al "nemico di comodo" di Israele. Nemico utile ad annullare ogni prospettiva di autodeterminazione del popolo palestinese, l'avversario che è stato foraggiato in maniera occulta dai fascio-sionisti-messianici al governo di Israele, ovvero Hamas. Pestaggi, minacce ai familiari, attacchi con i cani, violenze sessuali, negazioni di cure che avrebbero portato alla morte di detenuti e "waterboarding" (ingerimento forzato di acqua) sarebbero alcuni dei metodi usati dall'esercito per ottenere le "confessioni" su cui si dovrà indagare. Reuters specifica che <<non ha potuto confermare le accuse di coercizione dello staff dell'UNRWA e dei maltrattamenti, anche se le accuse di abusi concordano con le descrizioni fornite da altri palestinesi rilasciati a Dicembre, Febbraio e Marzo>>.

Va ricordato che in Israele esiste un "doppio" sistema giudiziario, una delle caratteristiche dello specifico regime di apartheid, ossia separazione, imposto alla popolazione palestinese: per uno stesso tipo di reato i cittadini israeliani vengono processati da corti civili, mentre i palestinesi vengono processati da corti militari, con soldati che hanno il diritto di stabilire regole specifiche, come il divieto di assembramento di un certo numero di persone. Inoltre in Israele viene applicata anche la cosiddetta "detenzione amministrativa": delle persone possono essere ristrette ab aeterno senza nemmeno conoscere le accuse a loro carico, una delle tante violazioni rozze e brutali delle più basilari norme che dovrebbero caratterizzare uno stato di diritto.

Israele, il 4 Marzo, ha rincarato la dose affermando che tra le file dell'UNRWA ci sarebbero 450 combattenti di diverse milizie. Un portavoce dell'esercito ha poi smentito le accuse contenute nel report, dichiarando che sarebbero state create ad arte da Hamas per screditare le forze di offesa sioniste. Juliette Touma ha replicato che le decine di testimonianze sono state raccolte direttamente e che diverse persone presentano chiari segni di abusi fisici e psichici. Inoltre, le autorità occupanti sostengono che il 10% di tutti gli impiegati dell'organizzazione dell'ONU avrebbero collegamenti con Hamas. Israele avrebbe inoltre comunicato all'agenzia una lista con diversi nominativi di sospettati già nel 2012, come riporta il sito SwissInfo.ch. Philipe Lazzarini, vertice dell'agenzia, ha affermato che sotto la sua guida, dal 2020, non ha mai ricevuto comunicazioni in tal senso. 

Frattanto sono diversi i paesi che hanno mantenuto, ripristinato o aumentato i fondi all'UNRWA, tra cui Belgio, Spagna, Danimarca, Australia, UE, Svezia e Canada. Data la catastrofe in corso, se le centinaia di camion fermi al valico di Rafah non entrano, i fondi non sono comunque sufficienti. Solitamente ne entrano meno di 100 al giorno e ne servirebbero molti di più: prima dell'invasione israeliana ne entravano circa 500. Ogni camion resta bloccato in fila per svariati giorni, a volte mesi, prima di passare i controlli delle autorità egiziane e israeliane, fornendo un carente sollievo a un popolo in ginocchio.

Sabato la nave dell'ONG "Open Arms", in collaborazione con "World Central Kitchen", ha compiuto la prima missione navale civile per consegnare aiuti, trasportando da Cipro circa 200 tonnellate di cibo, una goccia nel mare della fame. Questa prima missione servirebbe anche da "banco di prova" per altri corridoi umanitari marittimi che dovrebbero essere organizzati dall'UE, dagli Emirati e dagli USA.



UN MOLO PER GLI AIUTI O PER LE RISORSE NEL SOTTOSUOLO?

Gli Stati Uniti hanno annunciato di voler costruire un imponente molo "temporaneo", che verrà assemblato in una maniera simile a quanto avviene con le costruzioni dei giochi "Lego". Una piattaforma galleggiante che dovrebbe essere collegata alla terraferma da una strada lunga più di mezzo chilometro. Serviranno un paio di mesi e l'impiego di decine di soldati USA. Tuttavia questa strategia "logistica", che dovrebbe risolvere un problema che in realtà è politico, viene contestata da diverse organizzazioni, come Medici Senza Frontiere: gli aiuti devono arrivare tempestivamente perché le persone sono già uccise, mentre leggete, dalla mancanza di beni di necessità. Perfino Antony Blinken, Segretario di Stato USA, ammette che se anche sarà possibile distribuire fino a due milioni di pasti al giorno, a lavori completati, le operazioni di consegna via mare saranno comunque insufficienti e non potranno essere sostituite da quelle via terra. Israele, ha dichiarato Blinken, <<deve aprire quanti più punti di accesso possibili e lasciarli aperti>>. Ma il vassallo statunitense sembra sfuggire agli ordini del suo "signore" che potrebbe, e dovrebbe, semplicemente smettere di fornirgli armi. Tra l'altro, come riporta il Jerusalem Post, un piano per creare una rotta marittima da Cipro per gli aiuti umanitari, con annessa isola galleggiante, esisteva anni prima del 7 Ottobre 2023. Perlomeno dal 2018, stando a un articolo di quell'anno pubblicato su Relief Web, un organo stampa dell'ONU. Stranamente un portavoce di Hamas, stando a quanto riportato da Il Manifesto, si è detto favorevole all'iniziativa (forse perché sarebbe l'unico soggetto capace di dirigere l'operazione, come si sostiene su Haaretz). Nel mentre dalla società civile si muovono altri sospetti: il "molo temporaneo" potrebbe essere usato dai soldati statunitensi per mettere, proverbialmente, gli "stivali sul terreno", e cioè per entrare direttamente nel campo di guerra. 

E potrebbe essere usato anche come piattaforma per l'estrazione di risorse dal sottosuolo. A fine Ottobre 2023, in piena invasione, il governo di Netanyahu e del Ministro delle infrastrutture e dell'energia israeliano, Israel Katz, ha assegnato a una manciata di colossi energetici, tra cui l'italiana ENI, delle licenze per cercare gas naturale, ed eventualmente estrarlo, in confini marittimi che in gran parte apparterrebbero ai palestinesi. Motivo per cui, secondo uno studio legale statunitense che agisce su mandato di alcune associazioni locali, ENI dovrebbe astenersi dall'estrarre gas che non appartiene a Israele

Ricordiamo che il ministro Israel Katz è lo stesso che ha dichiarato: <<non riceveranno una goccia d’acqua o una singola batteria fino a quando non lasceranno il mondo (...) Aiuti umanitari a Gaza? Nessun interruttore della corrente sarà acceso, nessun idrante aperto e nessun camion di carburante entrerà fino a quando gli ostaggi israeliani saranno a casa. Umanitarismo per umanitarismo, e nessuno ci verrà a fare la morale>>. Purtroppo ancora troppe poche persone gli stanno facendo "la morale", e ancora meno persone ricordano che anche Israele ha degli "ostaggi": si chiamano "prigionieri politici". Inoltre l'assedio di Gaza, altra violazione del diritto internazionale, non è cominciato il 7 Ottobre 2023, ma 17 anni fa. Da 17 anni Gaza è una prigione a cielo aperto, adesso è un gigantesco cimitero...

Tornando alla questione della strumentalizzazione della piattaforma galleggiante, esiste una petizione avviata da alcuni cittadini statunitensi e inviata al presidente Biden e al Congresso. Si intitola "Aiuti o piattaforme petrolifere? Seriamente. Cessate il fuoco ora". Oltre a contestare il "terrorismo di stato" israeliano, che nel mezzo dei massacri lascia anche cadere volantini con scritto "Felice Ramadan", richiedono tra le altre cose la fine dei finanziamenti, degli aiuti diplomatici e militari a Israele, il ritiro delle leggi contro il movimento BDS (Boicotaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e la possibilità di esprimersi liberamente contro il sionismo.

Manolo Luppichini, regista, reporter e attivista, nelle scorse settimane è stato al valico di Rafah, dove sono bloccati i camion con gli aiuti, insieme a una delegazione italiana. Mentre si trovava in Egitto, nel primo giorno del Ramadan, raggiunto telefonicamente da Radio Onda D'urto, ha dichiarato: <<la necessità di creare questo "hub" a pochi chilometri dalla costa, chiaramente, solleva qualche perplessità, per usare un eufemismo. Questa soluzione, mascherata da intervento umanitario, porta con sé tutta una serie di elementi molto importanti da prendere in conto. Questa operazione sembra "cucita" apposta per togliere, ulteriormente, autorevolezza e depotenziare tutto il lavoro che agenzie ONU, come l'UNRWA, stanno cercando di fare e hanno fatto per tanti anni. Questa cosa bypassa tutta la struttura che l'agenzia ha messo su>>.

Va ricordato che decine di funzionari e membri delle Nazioni Unite sono stati anche loro massacrati dalle forze di offesa israeliane. L'UNRWA ha dichiarato che sono state colpite, negli ultimi 5 mesi, approssimativamente centocinquanta strutture dell'agenzia, mentre <<circa 400 persone, rifugiate sotto la bandiera blu dell'ONU, sono state uccise. Un oltraggio e una chiara violazione del diritto internazionale>>. Esiste poi un progetto per smantellare l'UNRWA, portato avanti dalla ONG ginevrina UN Watch, di cui abbiamo già parlato nello scorso post. Ha attivato tre petizioni online, sottoscritte da circa 150 mila persone, per chiedere alle Nazioni Unite di scioglierla. A "rimpiazzarla" dovrebbero essere altri organismi internazionali come la FAO e la Croce Rossa, in un'iniziativa promossa principalmente dall'Italia, intitolata "Food for Gaza". Altri organismi dovrebbero dunque caricarsi di oneri che molti ritengono difficilmente sopportabili e attuabili senza la collaborazione della storica agenzia.


Nell'immagine di una delle petizioni si vedono due miliziani sotto l'insegna dell'UNRWA, accompagnata dall'hashtag: #RepalceUNRWA

In una delle immagini che accompagnano le petizioni per sciogliere l'UNRWA si mostra quella che sarebbe una struttura ONU con al di sotto un lancia razzi e, in una foto separata, altri razzi
Screenshot delle petizioni per sciogliere l'UNRWA, accusata di essere collusa con il terrorismo.



Luppichini continua parlando del secondo scopo della creazione del molo "temporaneo": <<Questa piattaforma ospiterà un contingente di militari americani. Quindi sarà una base americana a pochi chilometri dalla Striscia. La cosa più impressionante è che una delle cause che ha scatenato questa guerra, e che la rende ancora più feroce, è proprio la presenza di giacimenti di gas a pochi chilometri dalla costa di Gaza, nelle acque territoriali palestinesi. Gli appetiti feroci e predatori di Israele e dell'occidente intero (ricordiamo che anche ENI ha ottenuto delle concessioni per contribuire al trivellamento di quei giacimenti) sono pronti per approfittare di questa situazione. Questa piattaforma, guarda il caso (lo dicono molto apertamente) verrà costruita con le stesse identiche tecniche usate per le piattaforme petrolifere. Lascio a voi comprendere cosa mai potrebbe andare storto... Abbiamo un'ennesima operazione a sfondo coloniale e predatorio, mascherata da intervento umanitario>>, mentre migliaia di camion sarebbero già pronti a entrare con materiale che potrebbe anche scadere. Josep Borrell, Alto rappresentante europeo per gli affari esteri e la sicurezza, accusa Israele di usare la fame come <<arma di guerra>>, e spiega che il cibo in attesa al valico basterebbero per <<diversi mesi>>. Probabilmente anche lui è in combutta con i terroristi di Hamas e loro vettore di propaganda...

E ad andare storto potrebbero essere diverse cose, in aggiunta a quanto detto da Luppicchini: dalle difficoltà logistiche che comporterebbero sprechi in denaro, risorse che dovrebbero essere destinate alla sofferente popolazione civile, fino ai possibili danni per l'ambiente causati da incidenti non previsti o sabotaggi, senza considerare ulteriori conflitti per il controllo della piattaforma galleggiante e delle risorse sotto il mare. 

In sostanza, l'idea della piattaforma potrebbe essere utile solo se venisse usata come canale aggiuntivo per far arrivare quanti più aiuti possibili e, in futuro, per l'eventuale ricostruzione di Gaza. Invece la stessa ricostruzione della città ridotta a macerie, insieme agli istinti predatori-capitalisti per accaparrarsi più risorse, potrebbero essere il fine principale del molo "temporaneo".



LA CATASTROFE UMANITARIA E LA MACCHIA INDELEBILE SULLA "COSCIENZA OCCIDENTALE"

La sospensione dei finanziamenti all'UNRWA ha esacerbato i tormenti dei gazawi.

I medici esausti, quelli ancora vivi, non arrestati e che riescono a operare a Gaza, si lavano le mani con l'acqua di mare tra un intervento e l'altro. Le medicine scarseggiano, si opera senza anestesia e perfino le forbici da usare in sala operatoria sono state vietate dalle autorità israeliane.


Foto di un cartello a una protesta delle rete "Sanitari per Gaza". La statistica degli almeno 374 operatori sanitari uccisi si riferisce ai primi 4 mesi di invasione. Oltre ai volti di alcune vittime è riportata una frase di Refaat Alareer: <<se dovessi morire, fa che porti speranza fa che sia un racconto!>>
Foto di una protesta delle rete "Sanitari per Gaza". La statistica degli almeno 374 operatori sanitari uccisi si riferisce ai primi 4 mesi di invasione.

Foto della stessa manifestazione che si è svolta a Napoli. Muhammad Abu Salmiya, direttore dell'ospedale Al Shifa immortalato in un'immagine su un cartello, è ancora prigioniero delle autorità occupanti. Su un altro cartello si legge una citazione di Desmond Tutu: <<se resti neutrale in una situazione di ingiustizia hai scelto la parte dell'oppressore>>
Foto della stessa manifestazione che si è svolta a Napoli. Muhammad Abu Salmiya, direttore dell'ospedale Al Shifa, è ancora prigioniero delle autorità occupanti.

Su quest'altro cartello si trova l'immagine e la storia del Dr. Hani al Haytam: capo del pronto soccorso di Al Shifa, ha dormito per 8 settimane sul pavimento del Pronto Soccorso. Il 18/12 è tornato a casa ed è stato ucciso da una bomba assieme alla moglie a ai loro cinque figli.
Altro cartello esposto durante la protesta


La popolazione è ridotta alla fame. Le persone racimolano erbe e mangime per gli animali, mentre quelle più fortunate, a volte, riescono ad "aggiudicarsi" qualcosa di più sostanzioso sul mercato nero a prezzi esorbitanti, dopo estenuanti ricerche. La tensione per cercare di mettere sul piatto le calorie appena sufficienti è altissima, mentre gran parte della giornata passa cercando qualcosa per scaldarsi o in interminabili file per bagni condivisi da centinaia di persone. Affamare i civili non è solo un crimine di guerra, ma innesca una sorta di "legge della giungla" in cui il "più forte" lotta fisicamente per accaparrarsi qualche scorta di cibo in più. Come quelle che "piovono" dal cielo, casse di viveri che hanno anche provocato morti per schiacciamento, dato che alcuni paracaduti difettosi non si sono aperti.




Anche alcuni esperti delle Nazioni Unite accusano Israele di affamare la popolazione, con almeno un quarto dei Gazawi sull'orlo della carestia. Le autorità sioniste e fanatico-messianiche replicano, con crudele spudoratezza, che <<non ci sono limiti alle quantità di aiuti umanitari per i civili di Gaza>>.




Sulla stampa mainstream si disquisisce principalmente della causa esatta della morte di alcune persone in fila per la distribuzione di cibo il 29 Febbraio, come se la cosa più importante fosse capire se più di cento persone sono morte direttamente per gli spari sulla folla dell'esercito israeliano o a causa della calca (quest'ultima versione, propagandata dalle IDF).







E quell'evento non è stato né il primo né l'ultimo: già a Gennaio c'erano stati degli spari verso chi aspettava di sfamarsi e tre giorni fa, presso la stessa rotonda, sono state uccise altre venti persone e ferite centocinquanta. L'esercito occupante ha parlato di spari partiti da imprecisati palestinesi armati. Anche se fosse vero, i responsabili principali di queste "stragi nella strage" sono le autorità israeliane che stanno affamando e, dunque, anche abbrutendo la popolazione.

Mentre qualcuno, nel "civile occidente", si batte per i diritti dei "feti", in Palestina sono circa trenta le vittime già accertate per malnutrizione e disidratazione. Secondo l'UNICEF il 25% dei bambini sotto i cinque anni e il 28% dei bambini sotto i due anni soffrono già di malnutrizione acuta. Troppo pochi, dalle nostre parti, si battono per il diritto alla vita dei minori palestinesi. Ne sono morti, fino a Febbraio, circa 12.300, più di quanti ne sono morti nei quattro anni precedenti in tutti i conflitti globali. Perché non riusciamo a imporre un cessate il fuoco, mentre inviamo truppe per difendere le merci invece che i civili? Perché non facciamo entrare subito tutti gli aiuti necessari? Perché non smettiamo di fornire armi e non iniziamo a imporre sanzioni a Israele, come si è fatto per la Russia

Perché vanno tutelati gli sporchi interessi dell'"unica democrazia del Medio-Oriente" "vassalla" della NATO, il suo "sovrano"! Il "signore" di un impero in decadenza.

Paolo Maria Addabbo



!!!ATTENZIONE!!! IL VIDEO DI AL JAZEERA ENGLISH, CHE ALLEGHIAMO E RI-POSTIAMO DI SEGUITO (E A QUESTO LINK), CONTIENE IMMAGINI FORTI CHE URTERANNO LA VOSTRA SENSIBILITÀ. NE SCONSIGLIAMO LA VISIONE ALLE PERSONE PIÙ SENSIBILI.

Tuttavia, crediamo sia giusto riportarle perché rendono visivamente l'ampiezza della ferocia e della catastrofe in corso in una maniera difficile da esprimere con le parole. Nel video si trovano le immagini di un bambino, Yazan al-Kafarneh, prima del 7 Ottobre e dopo, quando il suo corpo in fin di vita, e a morte avvenuta, era ridotto letteralmente a pelle e ossa a causa della denutrizione. Suo padre ha cercato invano le medicine necessarie a tenerlo in vita, nonostante fosse disposto a pagarle a qualunque prezzo.



Queste immagini, per quanto crude e orribili, dovrebbero essere trasmesse dagli organi di stampa dominanti per far capire davvero cosa significa la guerra che finanziamo con le nostre tasse, per far comprendere quanto è efferata l'invasione israeliana spacciata come legittima difesa e quanto sono disumane le tecniche di questo massacro e genocidio cui stiamo assistendo. Invece si preferisce non turbare troppo gli spettatori: meglio parlare di ricette di cucina, di sport-showbusiness e della cattiveria di Putin, non certo di quella di Netanyahu...


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Stop genocidio! Cessate il fuoco ora!


ultima modifica 28/03/2024 23:37

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