Quando la pressione del flusso di pensieri, di sentimenti e di modi di fare sale troppo abbisogniamo di un dispositivo di sicurezza, di una
valvola di sfogo,
di un filtro che trattenga umori distruttivi: la sezione di questa rivista è popolata da sfoghi, riflessioni, aforismi e similari libertà filosofiche e creative dell’universo sociale e del suo contenente universale...
Non lasciamo
che la passione sfondi la diga della nostra
etica straripando odio e apprendiamo come
rendere manifesto il profluvio d’amore…
Non disperdiamo
il fiume energico della grinta in un affluente di rabbia, piuttosto, canalizziamolo
in persistenza e fermezza…
Prendiamoci
il tempo che ci serve per studiare, riflettere e meditare, navigando in profondità nel nostro vissuto e scorgendo nuovi obiettivi, senza
però rimuginare su quello che avremmo dovuto fare o su quello che sappiamo non
potrà mai avvenire!... Pena: uno tsunami emotivo ci travolgerà trascinandoci
nei fondali ignavi dell’oceano mentale, paralizzando la nostra voglia di
attivismo e, in ultima istanza, di vita.
30/04/2022 Perché e come si diventa "VEG"?
Le svariate sfaccettature di un’unica scelta: il rispetto per il pianeta e
per tutti i suoi abitanti, nonostante gusti e preferenze connesse a
contraddizioni ed ipocrisie umane.
La scelta di uno stile di vita e di una dieta che escludono o
riducono il consumo di carne e derivati animali è connessa
a svariati fattori e può assumere diverse declinazioni,
come nel caso dei “flexitarian”. Semplificando si può dire
che ciò avviene perché, alle ragioni etiche, salutistiche e
dell’eco-sostenibilità, largamente condivise da chi sceglie o
viene educato a essere “veg”, si vanno ad aggiungere le
esperienze particolari e le scelte del singolo. Nelle righe
che seguono si trovano le considerazioni di chi scrive questo
post, vegetariano da sei anni che si interroga sulla possibilità
di diventare vegano e sullo sfruttamento del pianeta e dei suoi
abitanti, cominciando da quello attuato da sé stesso.
Diventare Veg: tra categorizzazioni,
“etichette” e statistiche
Usare delle categorie o delle “etichette” per definire
dei fenomeni, come uno stile di vita o l’appartenenza a un credo filosofico,
è qualcosa di intrinsecamente connesso alla nostra capacità di astrazione e
alla maniera in cui ci relazioniamo alla realtà.
Sono quasi nove su cento gli italiani “etichettabili” come “veg”, cioè che adottano
una dieta vegetariana o vegana
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8.7.22
Come abolire il carcere?
O come tendere il più possibile verso l’abolizione/riduzione della detenzione in una società ideale
(partendo dalle politiche sugli stupefacenti)?
un tema tra tanti da immaginare per un mondo che pensiamo migliore.
Non lo facciamo tramite la discussione di
visioni complesse o studi accademici,
principalmente perché non li abbiamo
svolti e non abbiamo competenze formali,
ma lo si fa partendo da esempi, eventi e
Tuttavia questo post penso sia definibile
come di socio-antropologia, politica e
Cerca di rispondere alla tipica domanda,
posta a quelli che si definiscono
<<ma se non ci sono le carceri, dove mettiamo assassini e stupratori, per esempio?!>>.
arrivando a toccare il tema-tabù degli stupefacenti visto da “sinistra”.
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14.8.22
Soldi e potere
Pubblichiamo oggi, per lo spazio virtuale chiamato Valvola, un aforisma su
soldi e potere.
Lo Skietto
16.12.22
SCRIVIAMO QUELLO CHE NON VORREMMO LEGGERE!
Partendo da un aforisma sul giornalismo
arriviamo a riflettere sui “massimi sistemi”
sul perché “scriviamo quello che non vorremmo
<<La vera libertà di stampa è dire alle persone quello che
non vorrebbero sentirsi dire>>
<<Giornalismo è parlare di qualcosa che qualcuno non vuole
Il resto è fare pubbliche relazioni>>
<<Dire una verità che qualcuno vuole non che sia pubblica è
<<Le notizie sono cose che qualcuno non vuole siano pubblicate.
<<Qualunque cosa gli sponsor e la proprietà vogliono pubblicare
è pubblicità, il resto sono notizie>>
<<Se qualcuno ti chiama dicendo che ha una storia da raccontare
è pubblicità. Il resto è una notizia>>
<<Giornalismo è diffondere quello che qualcuno non vuole che
tu conosca. Il resto è propaganda>>
Per la rubrica “Valvola” pubblichiamo un commento di un aforisma e
“varianti”, la cui attribuzione è incerta: la paternità della prima “versione”
di questa “frase-concetto” (tra quelle scritte sopra) , viene fatta risalire
da molti a George Orwell, così come le tre versioni successive che
attribuiscono rispettivamente a Oscar Wilde, Alfred Harmsworth,
William Randolph Earst, Katharine Graham e Harold Harmsworth .
La quinta e la sesta sembrano essere anonime. Secondo altri queste
sarebbero apocrife (e cioè ascritte agli autori menzionati in maniera errata)
mentre la settima pare l’unica di attribuzione certa: l’autore è Horacio
Nel titolo c’è la “rivisitazione” di queste massime pensata da Cronissa
Nolletta, autrice di questo post, che la fa “propria” rileggendola e
aggiungendo un’interpretazione meno immediata e diversa da quella
che sarà già balzata alla vostra attenzione... Cominciamo, come di
consueto tra le righe digitali di questa rubrica, a “svalvolare”
facendo un po’ di filosofia e psicologia “spicciola”! E diciamo spicciola
per il tono informale con cui l’affrontiamo ma, a nostra detta, profonda e intensa…
LA COMUNICAZIONE UMANA E IL COMPITO PIÙ IMPORTANTE DEL
La capacità di comunicare e di tramandare conoscenze è probabilmente
quello che ci distingue di più dagli altri animali, nel bene e nel male!
La nostra società, la tecnologia e la complessità delle nostre relazioni ci
hanno fatto “avanzare” a tal punto che siamo “talmente intelligenti da essere
stupidi/e”, talmente complicati/e e articolati/e da non riuscire più a essere
compatibili con l’ambiente circostante, essendo l’unico animale che inquina
e modifica il suo habitat con una tale incisività e consapevolezza (forse
quest’ultima non è comunque sufficiente). Il giornalismo fa parte della
dimensione comunicativa moderna: chiunque si occupa di informazione
ha il compito di raccontare “le cose” che non sono “finzione” e non sono
classificabili come “narrativa pura”, dopo averle “selezionate” tra una marea
di vicende -in prima istanza- e sforzandosi di essere il più accurati/e e onesti/e
16.2.23
COME E PERCHÉ SI DIVENTA VEGAN?
SCELTE BESTIALI E NON SOLO ALIMENTARI...
PRODUZIONE INDUSTRIALE: OGGETTI DI CARNE
Come di consueto citiamo un brano/video musicale in sintonia con quanto scritto
nel post (questa volta però lo mettiamo all’inizio dell’articolo). Si tratta di
“Am I Wrong” di “Etienne de Crecy”. Nei 4 minuti di video animato si racconta
la storia romanzata di un hamburger: il cervello di un bovino è collegato a un
macchinario che gli fa credere di vivere normalmente nella natura. Invece una
creatura, a metà tra l’umano e il canide, taglia pezzi del suo corpo che entreranno
in un macchinario per la triturazione della carne, a monte di un procedimento del
confezionamento di burger di un fast-food.
Una persona, per caso, scoprirà il “bestiale” e disumano trattamento cui è
sottoposto l’animale, innescando un sabotaggio della catena di montaggio e
una vendetta dell’animale tanto rabbiosa quanto macabra.
Nonostante la narrazione fantasiosa il video mi fa tornare alla mente momenti
reali di diverse fasi delle mie passate occupazioni nella ristorazione e in una
fabbrica dove si confezionano prodotti a base di carne.
NELLA PRECEDENTE “PUNTATA”: SCELTA ETICA O SENSORIALE?
Qualche mese fa ho scritto un articolo intitolato “Perché è come si diventa VEG”
(sottotitolo: “Le svariate sfaccettature di un’unica scelta: il rispetto
per il pianeta e per tutti i suoi abitanti, nonostante gusti e preferenze
connesse a contraddizioni ed ipocrisie umane”).
Nel post si trovano diverse definizioni che consentono di “etichettare”
diverse scelte di regimi alimentari, tra cui due intermedie tra il veganismo
e il vegetarianismo, e cioè “flexitarianismo” e “semi-veganismo”.
il precedente post, e vi invitiamo caldamente a leggerlo.
Oltre a questo raccontavo le motivazioni che possono condurre una persona
a optare per un regime alimentare specifico, insieme a quelle mie personali
ovviamente: in estrema sintesi sono stato vegetariano per circa 7 anni
(e cioè non ho mai mangiato né carne né pesce ma ho continuato a consumare,
più o meno sporadicamente, alcuni latticini e uova).
Da circa tre mesi sono diventato vegano, con tre eccezioni (contate) di cui parlo
fra pochissime righe (non “cambiate canale”!).
La scelta che mi ha inizialmente portato a essere vegetariano era sia etica che
"di gusto", e dunque "sensoriale": a un certo punto della mia vita ho cominciato
a provare sia tristezza che disgusto nel mangiare cadaveri processati.
Un simile disgusto, anche se in maniera molto minore, e un’ipocrita tristezza
l’ho avuta anche per i latticini e per le uova (per le uova un po’ di meno),
percependole come qualcosa di almeno vagamente “impuro”, qualcosa che
usciva dalle mammelle di un animale o dalle sue parti intime, qualcosa con
un odore e un sapore a tratti gradevole ma che comunque “non mi convinceva”
pienamente. Per i primi venticinque anni circa della mia vita ho sempre mangiato
“male”, sia quando ero onnivoro che vegetariano…
Insomma, in parole povere, direi che la questione etica e la questione
12.3.23
TENDERE CONCRETAMENTE VERSO LE UTOPIE
SE LE UTOPIE NON SONO RAGGIUNGIBILI SONO ALMENO AVVICINABILI!
Tra le righe telematiche della rubrica “Valvola” pubblichiamo, in una manciata di parole,
un ragionamento legato a sogni e ideali da cui questa stessa Zina/Rivista scaturisce.
Un concetto che è stato già sfiorato quando si è parlato di “eterotopia” (
nello specifico nel post dedicato al festival underground "Crack!")
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Immagine dell'artista KELLEPICS da Pixabay |
Chi è militante politico, attivista sociale, o chi semplicemente sogna un Mondo diverso,
ispirato/a da ideali tanto alti quanto difficilmente realizzabili (almeno a prima vista),
avrà sentito o dovrà sentire spesso frasi come: “ma quello che dici tu è un’utopia”;
“non accadrà mai”, “sono castelli in aria, la natura umana è diversa, la storia insegna che…”
Forse è vero che certe cose, come la violenza insita nella natura e funzionale alla sopravvivenza
di certi viventi, non si possono cambiare, non si può fare in modo che cessino del tutto...
Forse è vero che nella “storia” (perlomeno quella più vicina a noi che riusciamo a comprendere
meglio) è sempre esistita la sopraffazione, l’ingiustizia, l’ineguaglianza, la guerra…
Ma sono convint#, e penso sia anche “più vero”, che se un qualcosa non potrà mai essere
Per esempio, forse, non riusciremo mai a risolvere tutti i “conflitti”, tutte le “guerre”,
ma possiamo attivare dei processi affinché questi diventino marginali, partendo dal nostro
“piccolo” e cercando di espandere scelte e strategie al di fuori del nostro “quotidiano”...
Sono convint# che per quanto delle scelte possono essere limitate da contesti e da eventi
interdipendenti talmente vasti e intricati da non poter avere mai piena contezza di quanto accade,
quelle scelte -inclusa quella della sottrazione in casi estremi, e dunque una “non scelta”-
rimangono tali, e possiamo indirizzarle per tendere concretamente verso le “utopie”!
(e non è sempre detto che le scelte sono poche o limitate, anzi a volte non sappiamo nemmeno
di poterle compiere, di averle a disposizione... Oppure le “utopie” verso cui tendere con delle
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