29.6.23

CHIEDIAMO LIBERTÀ PER JULIAN ASSANGE!

RICEVIAMO, PUBBLICHIAMO E COMMENTIAMO...

 

Attivisti di Free Assange Napoli con le maschere di Assange espongono striscioni e cartelli in favore della sua liberazione di fronte al Consolato USA a Napoli

Il nodo partenopeo di “Free Assange Italia” intensifica le azioni in favore del giornalista, editore e hacktivista australiano, Julian Assange, mentre il suo destino giudiziario sembra dirigersi pericolosamente verso un paese in cui i suoi diritti umani sarebbero seriamente a rischio, un paese che avrebbe addirittura tramato per ucciderlo, dopo averlo delegittimato con una potentissima “macchina del fango” mediatica e giudiziaria internazionale.

Nelle prossime righe, prima di riportare il comunicato che il gruppo “Free Assange Napoli” ci ha inviato, vi segnaliamo anche alcuni concetti e degli scritti già apparsi tra le righe di questa Fanza/Rivista sul prigioniero politico e ricercatore della verità: la battaglia per la sua liberazione è la battaglia per la libertà della conoscenza ed è una lotta che riguarda tutt* noi!

 

Attivisti di Free Assange Napoli con le maschere di Assange espongono striscioni e cartelli in favore della sua liberazione di fronte al Consolato USA a Napoli

Julian Assange, sin da quando militava come attivista “cypherpunk, ha sempre avuto in mente un principio tanto basilare e chiaro quanto cruciale: garantire la massima privacy per chi è “debole”, e al contempo sviscerare le azioni dei potenti per ottenere da loro il massimo grado di trasparenza. Senza questo presupposto noi giornalist* non siamo “cani da guardia del popolo”, ma veniamo allevati come “cani da salottoche leccano il sedere al padrone!

La conoscenza è potere, e se questo potere non è equamente distribuito, se non riusciamo ad avere dati oggettivi sulle nostre vite intrecciate e interdipendenti, costruire una società e un mondo più giusto, o anche solo avvicinarsi a questa utopia diventano dei castelli in aria senza fondamenta, come abbiamo già spiegato in questo post in cui ripercorriamo brevemente la storia di Assange.

La piattaforma Wikileaks ha garantito tutto ciò: redistribuire conoscenza (in particolare sui crimini di guerra americani, ma non solo) garantendo l’anonimato ai “whistleblowers”, ossia a chi faceva delle denunce, le sacrosante fonti che ogni cronista dovrebbe tutelare.

In quest’altro post scendiamo molto più nel dettaglio, e abbiamo metaforicamente indossato la toga dell’“avvocato del diavolo” chiedendo a Stella Moris (moglie di Assange, nonché sua legale ed esperta di diritti umani) se alcune conseguenze delle rivelazioni di Wikileaks, come quelle che hanno causato dei tumulti in Kenya nel 2007, sono un prezzo necessario da pagare per una società più “vera” e libera. In merito a quella specifica vicenda lo stesso Assange, accusato quindi di avere anche le mani sporche di sangue, disse: <<in quel frangente morirono circa 1300 persone e 350 mila dovettero fuggire. Fu un risultato della nostra nostra fuga di notizie. D’altra parte gli abitanti del Kenya avevano diritto a sapere che 40 mila bambini morivano di malaria, e che molti altri morivano per il denaro portato al di fuori del Kenya e della conseguente svalutazione dello scellino (…) Bisogna iniziare con la verità. La verità e l’unica maniera per arrivare da qualche parte, perché ogni decisione basata su bugie o ignoranza non può condurre a buone conclusioni>>. 

Analoghe accuse riguarderebbero il presunto pericolo di vita di diversi giornalisti, politici, diplomatici ed esponenti di ONG che avevano relazioni con gli USA, a causa delle rivelazioni di Wikileaks: nei processi queste accuse non solo non sono state mai dimostrate, come ci ha detto Stella, ma in più, ricorda Sara Chessa (in questa intervista), l’accusa secondo cui su Wikileaks si erano conservati i nomi delle fonti dell’intelligence americana in Iraq e Afghanistan mettendoli in pericolo, insieme alle loro famiglie, non ha alcun fondamento: <<in 12 anni non c’è stato un solo caso a supporto di queste affermazioni (...) Assange destinò molte risorse economiche e umane all’eliminazione di quei nomi dai documenti>>, ritardando la pubblicazione degli articoli con i colleghi giornalisti/e che fremevano per pubblicare il prima possibile quelle notizie.

Stella Moris, quando a Napoli ha ricevuto un premio al festival Imbavagliati”, a cui abbiamo dedicato un ampio articolo, ha spiegato un altro concetto che ci obbliga a ripensare come sono organizzate le nostre “democrazie”: <<i segreti di stato non sono qualcosa di naturale>>!

Se pensate che Assange sia divisivo e controverso, a nostra detta, siete completamente fuori strada: quello che c’è di controverso nella sua storia sono le fandonie diffamatorie di una campagna mediatica globale, alimentate dalla stampa asservita, ignorate da quei/quelle giornaliste/i ed editori che hanno venduto tantissime copie con le rivelazioni di Wikileaks, e che oggi dimenticano il prigioniero politico Assange mentre marcisce in una prigione di massima sicurezza come se fosse un terrorista e non un ricercatore della verità, come se fosse lui il colpevole delle atrocità commesse nelle guerre, dalle multinazionali e dai potentati vari... Immaginate un omicidio: invece di arrestare l’assassino sbattiamo in galera chi lo ha denunciato?! Trattiamo come una spia una persona che ha “rubato” informazioni per darle alla collettività, come dovrebbe fare qualunque giornalista, lo trattiamo come se avesse passato delle informazioni a una potenza straniera, come se fosse un pericolosissimo cyberterorrista e agente al servizio di imprecisate nazioni straniere... È paradossale!

Il primo ministro Australiano, anche per la pressione della società civile del sua paese, ha chiesto ufficialmente agli Stati Uniti di far cadere le accuse contro Assange: dobbiamo fare lo stesso anche noi, perciò non manchiamo ai prossimi appuntamenti e supportiamo le iniziative dei vari gruppi “pro-Assange”!

A tal proposito riportiamo di seguito il comunicato di Free Assange Napoli con i prossimi appuntamenti.

Scriba Contemporaneo

 

 

 

COMUNICATO STAMPA
Libertà per Julian Assange


Nel pomeriggio di oggi, mercoledì 28 giugno 2023, alcuni attivisti di Free Assange Napoli hanno tenuto un presidio in piazza della Repubblica, nei pressi del Consolato Generale USA di Napoli.

21.6.23

COLLABORA E COOPERA CON FANRIVISTA!

UN PROGETTO DI GIORNALISMO SPERIMENTALE, INDIPENDENTE E AUTOPRODOTTO


In alto a tutto la scritta: <partecipa al progetto di giornalismo autoprodotto>. Sotto <D.I.Y or die!>. Sotto ancora <we need us>. Diverse persone si indicano tra loro e al centro due figure che satiricamente rappresentano "Unkle Sam": sul loro cappello non c'è la bandiera statunitense. Su quello del primo c'è il simbolo dell'anarchismo, affiancato da quello del pacifismo e sotto una stella rossa. Su quello dell'altra il simbolo del transfemminismo e una bandiera arcobaleno


Sintetizziamo cos’è “FanRivista, La Fanzina Generalista” e spieghiamo come potete partecipare al progetto o proporne di altri affini.


COSA È “FANRIVISTA, LA FANZINA GENERALISTA” IN BREVE

Fanrivista è una pubblicazione "publishing fluid" che consiste in auto-produzione giornalistica: è una "Fanzina" per lo spirito indipendente da ogni potere esterno (condizionamenti del "mercato" e meccanismi di "autocensure" inclusi), perché privilegia il contenuto sulla forma non delegando nessun aspetto della testata a terzi ma partecipando collettivamente ai diversi "problemi" produttivi. In questo senso la Fanza rientra nelle logiche dell'"autonomous publishing"...

Ed è "Generalista" per l'ampiezza dei temi trattati (volutamente indefiniti) e perché propone un modello di giornalismo aderente agli standard deontologici e informativi "classici", ma al contempo cercando di scardinare le criticità del mondo della stampa dal suo "interno" (in questo senso ci proiettiamo tatticamente verso alcune dinamiche del "self-publishing", accettando alcuni "compromessi formali" come la registrazione della testata), dimostrando che un'informazione diversa è possibile, amplificando la voce di chi vuole cambiare e sovvertire un sistema economico fermo a secoli fa (il capitalismo), di chi lotta verso ogni forma di discriminazione, e contrastando gli abusi dei potenti, non essendo il loro "cane da salotto" ma il "cane da guardia" del popolo.

Autofinanziandoci con il sudore di lavori precari portiamo avanti un modello di giornalismo indipendente e sperimentale, abbiamo "coperto" diversi festival di autoproduzioni, di giornalismo, di tecnologie, realizzato inchieste su fonti aperte (dalle stragi nelle carceri fino a ricerche nel campo dell'editoria "anarchicheggiante"), articoli pseudo-accademici sulle applicazioni della filologia classica nel web, curiamo alcune rubriche (e ne prepariamo di nuove) come quella psuedo-enciclpedica "Define", quella di fact-checking "Chekka il Fatto" e quella di "filosofia spicciola" “Valvola, scritto articoli su questioni di attualità come la detenzione di Julian Assange e Alfredo Cospito, la resistenza del Rojava, la giustizia riparativa, le politiche sulle droghe legali e illegali, e molto altro in poco più di un anno di vita.

Lo facciamo con un approccio "slow-news", creando articoli "a lunga scadenza" contro i meccanismi delle "catene di montaggio mediatiche" che sfornato "junk-news" in rapida successione da "consumare" voracemente, e soprattutto lo facciamo con un'attenzione "meta-mediatica", ossia dalla prospettiva di un mezzo di comunicazione che indaga i processi di altri media. Inoltre svolgiamo una serie di esperimenti comunicativi e autoproduciamo articoli (che non troverebbero spazio nei circuiti mediali “mainstream”) nella cornice di un giornalismo sperimentale, come quelli sulla “filologia del web”.

Per chi vuole saperne di più: a questo indirizzo si trova un saggio breve-informale sull’universo dei “media alternativi (cos’è una fanzine? Un blog? Che vuole dire “autonomous publishing”? Cosa sono i media alternativi?) e si spiegano gli intenti programmatici del progetto. Passiamo adesso a spiegare come collaborare e cooperare con noi...

 

AAA CERCASI COLLABORATOR*/PARTNER/PARTECIPANTI PER TESTATA ONLINE: REDAZIONE DI ARTICOLI, GRAFICA E ALTRI RUOLI (ANCHE/SOPRATTUTTO “MUTUALISTICI”)

Fanrivista tecnicamente è un plurisettimanale telematico, regolarmente registrato in tribunale, anche se in pratica è una produzione ibrida tra un blog, una rivista cartacea di approfondimento, un mini-portale di informazione online, ecc.

Il progetto ha una chiara linea editoriale per cui, come prima cosa per chi ha intenzione di conoscerci meglio o di partecipare, vi preghiamo di dare un’occhiata agli intenti programmatici espressi nel saggio succitato: anche se non la condividete pienamente ma la ritenete comunque “compatibile” con la vostra maniera di lavorare in senso stretto, e di “lavorare” come attivistə e militantə, le vostre proposte ed energie sono più che benvenute!

Tutte le persone che si identificano in valori o visioni anti-capitalisti, anti-fascisti, anti-sessisti, anti-razzisti, non omotransfobici, non abilisti, contro l’abuso della forza (fisica, mentale, comunicativa) e non discriminatori in generale, al di là di un’eventuale appartenenza politica o partitica specifica sono benvenute: tuttavia lo spirito che anima questo progetto è “libertario” (non “liberale” o peggio “liberista”!), nel senso che è improntato alla libertà (nello specifico di comunicazione ed espressione) alla sperimentazione contro i dogmatismi, a pratiche autogestionarie, orizzontali e mutualistiche.

20.6.23

APARTHEID E CRIMINI DI GUERRA IN PALESTINA

UN’EMERGENZA UMANITARIA E MEDIATICA

Sullo sfondo un muro divisorio. In alto e al centro a sinistra due screenshot, rispettivamente dal sito di Amnesty e Human Rights Watch, in cui si afferma che in Palestina si verifica l'apartheid
Clicca o schiaccia l'immagine per vederla meglio. La foto del muro è tratta da Pixabay. In alto a sinistra degli articoli di Amnesty International  e Human Rights Watch in cui si associa il termine "apartheid" alla questione palestinese.

Tra le righe di questa Fanza/Rivista ci sforziamo di approfondire argomenti per nulla o insufficientemente trattati altrove, ma anche di “amplificare” qualcosa di “già detto” che però non trova abbastanza spazio nei circuiti mediali mainstream: è proprio questo il caso della questione palestinese, questione che anche esperti delle Nazioni Unite hanno definito come un regime di apartheid perpetrato da Israele, che si somma ad altre violazioni del diritto internazionale

Perciò in questo articolo della rubrica “Define” forniamo una concisa definizione di apartheid e proponiamo una breve rassegna delle volte in cui il termine è stato associato all’occupazione israeliana, concentrandoci in particolare su quanto affermato in due rapporti presentati all'ONU.

 

L’ORIGINE DEL TERMINE APARTHEID

Apartheid” significa “Separazione” in afrikaans, la lingua originariamente diffusa nell’Africa australe dai colonizzatori boeri e simile all’olandese.

Il termine, traducibile anche con “sviluppo separato”, indicava una politica di segregazione razziale in uso dai primi anni del XX secolo e implementata dal ‘48: scopo principale era quello di preservare una presunta “purezza” delle diverse “razze” (oggi sappiamo che il concetto stesso di “razza” è biologicamente inconsistente e scientificamente una bufala, dato che esiste un’unica “razza”, o per meglio dire specie umana), e lo si faceva vietando matrimoni e rapporti sessuali “misti”, restringendo le possibilità di movimento e accesso a spazi pubblici, non consentendo la libera associazione e l’adesione a sindacati, restringendo le possibilità di movimento o di avviare attività commerciali nelle aree dei “bianchi”, e quindi creando dei ghetti per le persone di colore (non solo africani ma anche indiani) e altre politiche di questo tenore.

Il termine è stato quindi esteso a tutti i regimi di separazione in cui una parte della popolazione non gode dei medesimi diritti di un’altra, e dunque anche alla colonizzazione e contenzione fisica e normativa attuata, progressivamente, anche dallo stato israeliano.


LE DENUNCIE SULL’APARTHEID IN PALESTINA: DA NELSON MANDELA ALL’ONU PASSANDO PER I POLITICI ISRAELIANI

Nel 1997 Nelson Mandela , dopo aver passato quasi trent’anni nelle prigioni del Sud Africa per poi diventare il primo presidente nero del paese, disse che <<senza la libertà del popolo palestinese anche la nostra sarà incompleta>>, insieme a quella di tutti i popoli oppressi mi sentirei di aggiungere...

18.6.23

È MORTO BERLUSCONI...

PERÒ IL BERLUSCONISMO È DURO A MORIRE!

 

una lapide con al centro l'immagine di Berlusconi: sopra il suo nome con data di nascita e morte. Sotto la scritta "Berlusconisco" e la data 26-01-1994
La fonte dell'immagine originale di Silvio Berlusconi è il sito "Quirinale.it" ed è stata presa da Wikimedia

Il 12 Giugno 2023 è morta la persona che ha influenzato maggiormente la storia politica italiana degli ultimi trent’anni.

Le leggi proposte in questi ultimi giorni, funzionali a logiche illiberali ma spacciate come ideale prosieguo della fantomatica “rivoluzione liberale” annunciata nel ‘94, strumentale lascito politico di “Mr. B.”, e con un manto di presunto garantismo (che tradotto in termini pratici significa impunità per i potenti in un sistema punitivo debole con i forti e forte con i deboli) insieme alla grottesca decisione di dichiarare lutto nazionale, ci fanno capire quanto ancora lo spirito del “berlusconismo” sia vivo nella nostra società seppure in forme “rinnovate”, quanto ancora questo pezzo di pianeta chiamato Italia sia la versione caricaturale delle democrazie liberali-liberiste, ridotto a barzelletta dei cosiddetti paesi sviluppati, e tramite l’auspicato progetto presidenzialista del “melonismo” pericolosamente proiettato verso un modello di “democratura” di stampo orbaniano.

Le influenze culturali dei media che ha controllato (sia pubblici che privati) hanno contribuito a diffondere una cultura patriarcale, qualunquista, individualista, consumista, dove la politica non è più un impegno quotidiano (anche e soprattutto al di fuori delle strutture partitiche) ma una chiacchiera da bar, qualcosa che assomiglia alla futile identificazione e appartenenza a una squadra calcistica invece che a una “fede laica”.

17.6.23

NUOVI INDAGATI PER TORTURA NEL CARCERE DI MODENA

AGGIORNAMENTO SULL’INCHIESTA PER TORTURA E LESIONI NEL CARCERE SANT’ANNA

Nove agenti aggiunti agli indagati nel filone d'inchiesta modenese sulle torture in carcere durante lo scoppio della pandemia

a sinistra l'immagine stilizzata di un poliziotto che colpisce una persona a terra. Al centro la scritta "Noi non archiviamo!" e uno striscione con scritto: "verità e giustizia per i morti di Sant'anna". In alto a destra le immagini delle 9 vittime. In basso e a destra immagini dei medicinali "razziati", in particolare metadone.

Tre mesi fa abbiamo pubblicato un dettagliato resoconto relativo alle rivolte e alla strage nelle carceri durante i primi giorni dell’esplosione della pandemia, un evento tanto tragico quanto oscuro e unico nella storia penitenziaria italiana.

In quell’inchiesta (qui la prima parte  e a quest’altro link la seconda), basata su fonti aperte, abbiamo provato a ricostruire i frammenti di vita noti delle vittime (13 sono morte nell’immediatezza di quelle funeste ore, di queste 9 erano detenute nel carcere modenese, mentre altre 2 sono spirate a distanza di circa un mese) oltre alle diverse versioni sulle dinamiche delle rivolte, dei trasferimenti e dei soccorsi.

In più abbiamo parlato delle condizioni di vita disumane e illegali che caratterizzano le nostre carceri e che, a nostra detta, sono la causa principale di quelle rivolte, con l’arrivo del Covid che ha aggravato strutturali problemi sanitari e sociali, la “micciache le ha fatte scoppiare.

Abbiamo parlato anche dell’inchieste giudiziarie avviate lungo tutto lo Stivale, dato che le rivolte hanno riguardato decine di isituti.

In questi ultimi giorni la stampa riporta un aggiornamento su uno dei filoni di inchiesta aperti a Modena: si tratta del fascicolo che dovrebbe fare luce sulle violenze e sulle carenze nei soccorsi (e in particolare sui pestaggi “punitivi” avvenuti nel cosiddetto “casermone” prima dei trasferimenti), originariamente aperto a carico di ignoti, poi sono stati indagati 5 agenti per tortura e lesioni, mentre adesso gli indagati sarebbero passati a 14: stando a quanto riporta Il Resto del Carlino  l’iscrizione al registro indagati di altri 9 agenti sarebbe legata alla testimonianza di due ristretti.

9.6.23

SVEZIA NELLA NATO SULLA PELLE DEI CURDI

UN’ALTRA ESTRADIZIONE CONCESSA DOPO LA DISCUSSA LEGGE ANTITERRORISMO

Aggiornamento sulla questione delle estradizioni richieste dalla Turchia a Svezia e Finlandia come condizione per la ratifica dell’entrata nel patto atlantico.

 

Sullo sfondo l'immagine di Erdogan con le bandiere di Svezia (a fianco un punto interrogativo rosso), Finlandia (a fianco un punto interrogativa verde) e quella della NATO. In basso a sinistra un F-16, a destra Orban, al centro in alto a destra i titoli di giornali critici della nuova legge antiterrorismo svedese.
"Schiaccia" o clicca l'immagine per ingrandirla e vederla nitida

A Maggio dello scorso anno, quando i due paesi scandinavi siglavano un memorandum con la Turchia in cui si impegnavano a cooperare nella lotta al terrorismo, abbiamo cominciato a seguire le pretestuose richieste di Ankara in un apposito format intitolato “Come va a finire?!”: pretendeva la consegna di più di 150 dissidenti, per lo più nell’ambito della sinistra curda ma non solo, che venivano bollati come “terroristi” (tra i quali c’era addirittura una parlamentare svedese curda-iraniana, un poeta deceduto da anni e un giornalista che sarebbe vicino alla confraternita islamica “gulenista”).

Tra le varie domande ci chiedevamo se il nuovo governo di destra svedese avrebbe continuato a cedere alle richieste del “Sultano” Erdogan sulla pelle dei curdi, mentre almeno due persone nell’ultimo anno sono state estradate e dopo la recente approvazione di una nuova legge antiterrorismo nel paese scandinavo che desta preoccupazione: più che combattere il terrorismo, mentre Erdogan supporta milizie jihadiste in chiave anti-curda (con le forze militari siriane a maggioranza curda alleate alla NATO contro l’ISIS e tacciate dall’alleato NATO turco di essere a loro volta terroriste), la nuova norma potrebbe mettere seriamente in pericolo una serie di diritti fondamentali, a cominciare dalla libertà d’espressione, potenzialmente identificando come “propaganda” l’attività dei simpatizzanti e sostenitori del PKK, oltre a criminalizzare qualunque forma di supporto logistico, e non parliamo di forniture di armi ma anche, banalmente, l’offrire accoglienza a chiunque sia considerato, a torto o a ragione, appartenente a un’organizzazione terroristica.

La NATO infatti è una di quelle istituzioni che considera il PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan il cui leader recluso, Ocalan, ha compiuto un salto ideologico dal nazionalismo e dal marxismo-leninismo al modello confederalista-democratico libertario e che ultimamente ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale) un’organizzazione terroristica, nonostante molti ne chiedano la cancellazione dalle apposite liste, e che a partire dal memorandum siglato la scorsa estate a Madrid anche i due paesi scandinavi considerano tale.

8.6.23

RESTIAMO ABITANTI!

RIFLESSIONI SUL CAPITALISMO URBANISTICO E SULLA TURISTIFICAZIONE SELVAGGIA

 



striscione della testa del corteo: in risalto l'immagine di un maiale antropormofizzato gigante mentre capovolge un palazzo con persone che cadono. Ha un sigaro in bocca e ai piedi un sacco pieno di danaro con scritto "Airbnb"

Torniamo a parlare del diritto all’abitare dopo che avevamo seguito un’installazione/azione di attivist* del nodo napoletano di “S.E.T. diritti al tempo del turismo (parte della rete di lotta e resistenza contro l’industria turistica denominata “città del Sud Europa di fronte alla Turistificazione”).

 

locandina della manifestazione

Lo facciamo prendendo spunto dagli interventi fatti durante il corteo che si è tenuto ieri a Napoli, partito da Piazza Dante e giunto fino a Palazzo San Giacomo, contrassegnato dal motto “Resta abitante!”: un primo risultato è stato l’aver ottenuto un tavolo di discussione tra il Comune e la rete di comitati, associazioni e collettivi scesi in piazza...

la testa del corteo. Nell'immagine dello striscione in testa al corteo: a sinistra un maiale antropormofizzato e gigante capovolge un palazzo con persone che cadono. Ai piedi un sacco pieno di danaro con scritto "Airbnb". La scritta principale recita "Resta abitante"

 




RIVENDICHIAMO IL BISOGNO PRIMARIO DEL TETTO... INSIEME A QUELLO DEGLI SPAZI DI AGGREGAZIONE!

Il diritto ad abitare è legato a uno dei bisogni primari degli umani, e cioè il diritto ad avere un tetto sopra la testa che è anche il bisogno primordiale di avere un “riparo”.

Diritto all’abitare non vuol dire però solamente avere “quattro mura” in cui espletare le proprie funzioni vitali, non vuol dire risiedere in dei “quartieri dormitorio” dove rincasare dopo una giornata di sfruttamento più o meno legale, abboffandosi di intrattenimento-mediatico-spazzatura per poi crollare stremat* davanti a uno schermo…

Diritto all’abitare significa costruire degli spazi urbani interconnessi in cui sviluppare senso di comunità e aggregazione sociale tramite una pianificazione partecipata e inclusiva, vuol dire avere degli spazi dove poter praticare gratuitamente attività ludiche, attività fisica come una banale camminata in un parco, vivere in città non progettate principalmente per la circolazione di automobili, essere circondati dal verde da ammirare e respirare...

Questi diritti sono però minati dalle speculazioni del capitalismo urbanistico, da cicli produttivi e dinamiche che arricchiscono pochi a danno di molti...

Sono le aziende e i privati, principalmente multiproprietari, in possesso di abitazioni affittate ai turisti a prezzi esosi, garantendo in pochi giorni di pernottamento un profitto che cittadine/i “comuni” fanno fatica a sborsare per interi mesi d’affitto, e rendendo ancora più scarse le abitazioni in un mercato dai prezzi oltre il limite del proibitivo.

Sono i pochi i privilegiati, principalmente multinazionali, che costruiscono fortune sui viaggi di persone che una vacanza possono permettersela, incrementando i problemi della gestione dei rifiuti, dell’aumento del costo della vita (non solo quello degli affitti ma anche dei beni di prima necessità, con negozi di prossimità che chiudono e “tourist-trap” che spuntano come funghi), della gestione dei traballanti trasporti pubblici, della privatizzazione degli spazi pubblici e del patrimonio storico e artistico, dell’inquinamento prodotto dalle navi da crociera e dagli aerei, degli smaltimenti irregolari che seguono le ristrutturazioni, della negazione del diritto allo studio per studenti fuorisede che non possono usufruire delle borse di studio perché non vengono fatti i contratti per gli alloggi, della precarizzazione di lavoratori stagionali e dell’industria del turismo senza contratto o con contratti che costituiscono una vera e propria forma di sfruttamento anche se formalmente legale, degli sfratti degli abitanti “storici” dai quartieri che diventano “alla moda”, innescando processi di gentrificazione temporanei, che di solito terminano quando non sono più in voga, per poi “regredire” allo status di “periferia” o di zona “off-limits” nel momento in cui nuove aree acquisiscono notorietà e vantaggi “logistico-economici”, dettati dai cicli del capitalismo urbanistico e dall’imperativo di costruire “città-vetrine” piene di “non luoghi” da attraversare “consumando”, gradevoli agli occhi di fugaci visitatori, ma sempre più difficili da abitare concretamente…

 

LE ISTANZE DELLA MANIFESTAZIONE: DALLA LOTTA CONTRO L’“ANARCO-CAPITALISMO” ALL’OVERTOURISM

4.6.23

LA FINLANDIA NELLA NATO, E LA SVEZIA?!

LE ESTRADIZIONI RICHIESTE E QUELLE NON CONCESSE DALLA TURCHIA

 

Sullo sfondo Erdogan. In trasparenza la bandiera della Nato, quella Finlandese con un punto esclamativo a fianco, e un punto interrogativo a fianco quella Svedese

ERDOGAN CHIEDE LA CONSEGNA DI DISSIDENTI (BOLLATI COME “TERRORISTI”) ORMAI DA UN ANNO, MA FORSE PUNTA SOLO AD AVERE CAMPO LIBERO CONTRO I CURDI E PIÙ ARMI

 

Dopo la ri-elezione del Sultano Erdogan (virtualmente al potere fino al 2028), profondamente viziata da arresti di dissidenti, brogli “fisici” e “mediatici”, la Svezia e il segretario Jens Stoltenberg continuano a prodigarsi per la ratifica dell’entrata nell’alleanza atlantica da parte del parlamento ungherese e di quello turco (gli unici mancanti all’appello).

La Finlandia invece è già entrata a far parte della NATO dal 5 Aprile 2023, divenendo il 31esimo stato dell’alleanza militare che negli ultimi 30 anni ha avviato una serie di guerre illegali (dato che, come sostengono molti, le regole stabilite dell’ONU vengono puntualmente violate, in un tombale e globale silenzio massmediatico) e che servirebbero ad “esportare la democrazia”...

Si pone così fine alla storica neutralità dei due paesi che sono anche due delle mete principali della diaspora curda (i/le curde/i sarbbero almeno circa 80 mila in Svezia e 15 mila in Finalndia): la NATO è una di quelle istituzioni che considera il PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan il cui leader recluso, Ocalan, ha compiuto un salto ideologico dal nazionalismo e dal marxismo-leninismo al modello confederalista-democratico libertario e che ultimamente ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale) un’organizzazione terroristica, nonostante molti ne chiedano la cancellazione dalle apposite liste, e che a partire dal memorandum siglato la scorsa estate a Madrid anche i due paesi scandinavi considerano tale.

La Svezia in questi ultimi giorni, in base a quanto sottoscritto nel memorandum e con lo scopo di soddisfare le richieste turche, ha anche approvato una nuova legge-antiterrorismo che prevede esplicitamente la proibizione del supporto a organizzazioni terroristiche, mentre molti mettono in guardia del pericolo che queste nuove norme potrebbero rappresentare per diversi diritti umani, in primis per quello alla libertà di espressione

La scorsa estate, quando Erdogan pose come condizione la consegna di dissidenti (prevalentemente tra i curdi di sinistra e tra i “seguaci” del movimento islamico di Fetullah Gulenl’ “Imam” ex amico del Sultano) abbiamo cominciato a seguire la vicenda, domandandoci “come sarebbe andata a finire”? I due paesi sarebbero entrati nella NATO? I dissidenti sarebbero stati consegnati nelle grinfie di uno “stato-canaglia”-nel senso di “canaglia palese” perché nel mondo occidentale siamo delle “canaglie più subdole”- che ha anche il secondo esercito più numeroso dell’alleanza militare atlantica?

Per questo abbiamo pensato di costruire un “format”, intitolato “Come Va A Finire”, in cui sostanzialmente seguiamo l’“evoluzione” di una specifica vicenda, in questo caso quella delle estradizioni di dissidenti politici (in gran parte curdi ma non solo) verso la Turchia e dell’entrata di Svezia e Finlandia nella NATO.

Nelle righe che seguono trovate una sintesi dettagliata di vari eventi relativi alla vicenda accaduti negli ultimi mesi, insieme ai probabili obiettivi politici e militari di Turchia e Ungheria che probabilmente si nascondono dietro il “temporeggiamento” delle pseudodemocrazie governate da Orban ed Erdogan.

Il senso e l’obiettivo di questo di articolo riflette il tipo di approccio sperimentale alle notizie che portiamo avanti tra le righe di questa ZINA/RIVISTA: più che andare dietro le notizie “breaking” e veloci da consumare voracemente, preferiamo puntare all’approfondimento di un argomento, raccogliendo quante più fonti possibile e cercando di “fotografare” un “momento” preciso della contemporaneità, e quindi realizzando dei contenuti che saranno “a lunga scadenza”, e cioè utili da leggere (e dunque criticare) anche molto tempo dopo l’immediatezza della pubblicazione.

 

 

L’ESTRADIZIONE CHE LA SVEZIA CHIEDE ALLA TURCHIA (E ALTRI CASI GIUDIZIARI AFFINI): LE PARTI SI INVERTONO

Prima di entrare nel merito delle estradizioni richieste dalla Turchia ai due paesi nord-europei, partiamo con un’inversione delle parti: la Svezia e l’Interpol hanno chiesto alla Turchia la consegna dello svedese di origine curda-irachena Rawa Majid, detto la “volpe curda”, vertice di una gang svedese e accusato di diversi reati legati al narcotraffico. Secondo il ministro degli esteri, Tobias Millstrom, e un diplomatico svedese, Oscar Stenstrom, il trafficante sarebbe legato al PKK (il partito comunista curdo represso dalla Turchia, insieme ad altri partiti a maggioranza curda più moderati, di cui Erdogan chiede l’estradizione) che invece smentisce categoricamente ogni legame.

La Turchia ha negato l’estradizione in quanto la “volpe” nel 2020 ha acquistato il cosiddetto “Passaporto Dorato”, e cioè è diventato formalmente un cittadino turco grazie a un investimento di quasi mezzo milione di dollari. In base alla leggi di Ankara una persona che è diventata da poco cittadina turca non può essere estradata. Come spiega un articolo di Mitchell Prothero di Vice, pubblicato ad Aprile e intitolato I gangsters hanno una nuova possibilità di sfuggire alla cattura, anche un trafficante olandese ha acquistato la cittadinanza turca usufruendo quindi dell’impunità.

È curiosamente tragico notare come un paese guidato da un autocrate che sfrutta i flussi migratori e le inadeguate e inumane politiche sulle migrazioni europee, garantisce invece l’impunità a chi può comprarsela mentre al contempo reprime, incarcera e tortura dissidenti politici.

Intanto Cipro, storicamente “vicina” al Kurdistan, un mese fa ha avviato l’estradizione in Germania di Kenan Ayaz, dove è accusato di aver supportato il PKK. Dopo aver speso dodici anni nelle galere turche aveva riparato nella parte greca dell’isola venendo riconosciuto come rifugiato: secondo chi lo difende aveva continuato l’attività politica dall’esilio, pubblicamente e in maniera legale, e nelle proteste in suo favore ci sono stati almeno tre arresti, incluso suo fratello.

A Marzo del 2023 le YPJ, sezione femminile delle Unità di protezione popolare del Rojava, ritenevano insufficiente la condanna a 3 mesi, da parte di una corte svedese, a una donna che si era unita all’ISIS nel 2014

Nello stesso periodo l’Italia negava l’estradizione di Baris Boyun verso la Turchia, considerato un boss della mafia locale che si sarebbe macchiato di svariati crimini, incluso l’omicidio, ma che a sua detta è perseguitato in quanto curdo: era stato catturato dalla polizia a Rimini nel 2022, dove sarebbe arrivato dalla Svizzera mentre pendeva su di lui un mandato di cattura internazionale emesso dalla Turchia, e aveva con se una pistola, facendo scattare l’arresto in flagranza per detenzione di armi.

L’estradizione è stata però negata anche per le argomentazioni depositate dal suo difensore alla Corte bolognese: in Turchia i parametri sullo spazio minimo individuale nelle prigioni non vengono rispettati, e questo vale anche per altri esseri umani meno “fortunati” da un punto di vista formale/legale, e i diritti di quegli esseri umani andrebbero rispettati a prescindere, anche se fossero davvero “terroristi” o esponenti della criminalità organizzata...


3.6.23

DENUNCIA-DAZEBAO DI RETE S.E.T. NAPOLI

AZIONE/INSTALLAZIONE DI “SUD EUROPA DI FRONTE ALLA TURISTIFICAZIONE”

 

gli/le attivist@ in azione

Azione del nodo partenopeo di “S.E.T. i diritti al tempo del turismo (parte della rete di lotta e resistenza contro l’industria turistica denominata “città del Sud Europa di fronte alla Turistificazione”) ieri sera a Dante: alcun@ attivistə hanno incollato un dazebao, tre “maxi-pagine” per denunciare i perversi effetti della turistificazione selvaggia, sopra le saracinesche di un’edicola in disuso, ri-valorizzando uno spazio abbandonato dedicato all’informazione (probabilmente non hanno ancora aperto l’ennesimo chiosco per vendere aperitivi per ragioni burocratiche ed economiche, come la mancanza di spazio per i servizi igienici, previsti almeno per il personale degli innumerevoli chioschi, LOL).

 

un volantino diffuso con lo slogan "resta abitante"



L’installazione, con il fine principale di promuovere la manifestazione per chiedere "più diritto all’abitare e meno affitti turistici" e che si terrà alle 18:00 di Mercoledì 7 Giugno, è stata ideata da Nicola Angrisano, “battezzato” per l’occasione come direttore di “Liberi”, giornale murario e parodia di Libero.

L’artista/attivista aveva già ri-valorizzato un’altra edicola abbandonata in favore di Julian Assange, prima di lavorare all’installazione in supporto della battaglia contro le meccaniche perverse del capitalismo urbanistico e non tanto contro il turismo in sé (come spiegato nel loro "manifesto"):

sono quelle dinamiche che arricchiscono aziende e privati in possesso di plurime abitazioni da affittare ai turisti a prezzi esosi, rendendo ancora più scarse le abitazioni in affitto per cittadine/i “comuni”; oppure che fanno la fortuna di chi trae profitto dai viaggi di persone che una vacanza possono permettersela, incrementando i problemi della gestione dei rifiuti, dell’aumento del costo della vita, della gestione dei traballanti trasporti pubblici, della privatizzazione degli spazi pubblici e del patrimonio storico e artistico, dell’inquinamento prodotto dalle navi da crociera e dagli aerei, degli smaltimenti irregolari che seguono le ristrutturazioni, della precarizzazione di lavoratori stagionali, degli sfratti degli abitanti “storici” dei quartieri che diventano “alla moda”, innescando processi di gentrificazione temporanei, che di solito terminano quando non sono più in voga, per poi “regredire” allo status di “periferia” o di zona “off-limits” nel momento in cui nuove aree acquisiscono notorietà e vantaggi “logistico-economici”, dettati dai cicli del capitalismo urbanistico e dall’imperativo di costruire “città-vetrine” piene di “non luoghi” da attraversare “consumando”, gradevoli agli occhi di fugaci visitatori, ma sempre più difficili da abitare sul medio-lungo termine...