6.8.22

Svezia e Finlandia consegneranno dissidenti alla Turchia?





Su Fanrivista inauguriamo una serie di articoli intitolati “Come va a finire?!”. In questo primo post ci domandiamo se Svezia e Finlandia acconsentiranno alle richieste di espulsioni e di estradizioni di residenti e cittadini verso la Turchia, che minaccia nuovamente di porre il suo veto alla loro entrata nella NATO

Cosa c’è scritto nel memorandum firmato dai tre stati? Chi sono le più di 70 persone di cui la Turchia chiede l’estradizione e l’espulsione, e che considera terroristi? La politica della "porta aperta" della NATO riuscirà a contenere le mire espansioniste di Putin o gli fornirà soltanto un ulteriore pretesto? Quali sono le reali alternative per chi "non sta né con Putin né con la NATO"?

 Come andrà a finire?! #ComeVaAfinire #ComeAndràAfinire







Dagli “omini verdi” al memorandum trilaterale

Lo scoppio della guerra sull’intero territorio dell’Ucraina ha accelerato il processo di adesione alla NATO da parte degli ultimi due paesi scandinavi che non ne fanno ancora parte e che confinano con la Russia: Svezia e Finlandia infatti, già dall’annessione della Crimea del 2014 attuata dagli “omini verdi” dell’”Orso” russo, cominciavano a valutare la prospettiva di porre fine alla loro politica neutrale.

Pochi giorni fa anche l’Italia ne ha approvato l’adesione, ma tra gli ultimi dei 30 paesi membri dell’Alleanza atlantica che si appresterebbero a farlo in tempi record, l’ostacolo principale è rappresentato dalla Turchia: il paese con il secondo esercito più numeroso del Patto atlantico.

Durante il vertice NATO di Madrid del 28 Giugno è stato siglato un memorandum (a questo link si trova il testo completo sul sito della NATO) trilaterale: le richieste della Turchia per ritirare il diritto di veto all’entrata nell’alleanza riguardano l’export di armi (limitato o interrotto da diversi paesi europei a seguito delle operazioni militari turche in Siria nel 2019) e la cooperazione contro organizzazioni ritenute terroriste da Ankara con la conseguente espulsione o estradizione dei presunti “terroristi”.

Infatti si stabilisce che i due paesi nordici condannano <<senza ambiguità tutte le organizzazioni terroristiche che commettono attacchi contro la Turchia, ed esprime la più profonda solidarietà con la Turchia e con le famiglie delle vittime>> e che quindi <<non supporteranno>> PKK (acronimo del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, organizzazione che molte istituzioni considerano terrorista mentre altri la ritengono una “parte in un conflitto armato”), YPG/PYD (acronimi rispettivamente delle Unità di Protezione Popolare e del  Partito dell’Unione Democratica nel nord della Siria), e FETO (il movimento democratico-islamista di Fethullah Gulen bollato dal presidente-autocrate Erdogan come Organizzazione del Terrore Gulenista che starebbe dietro al fallito tentativo di colpo di stato del 2016) implementando strategie anti-terrorismo e ostacolando anche le attività (incluse le proteste che <<incitano alla violenza contro la Turchia>>) di altri gruppi a essi <<affiliati o da loro ispirati>>. Non è di secondaria importanza notare che la Commissione Europea ha ribadito che solo la prima delle organizzazioni menzionate è definita come terrorista dall’UE.

La lista “di proscrizione”





Stando a quanto si legge in una notizia della BBC che riporta le intenzioni del governo turco, la sola Svezia <<avrebbe promesso a Erdogan di estradare 73 “terroristi” e ne avrebbe inviati già 3 o 4>>. 

L’emittente pubblica del Regno Unito ha intervistato tre di loro, dopo che una lista di 45 nomi (33 in Sevezia e 12 in Filandia) è stata pubblicata dalla stampa turca (in foto). C’è un giornalista <<in esilio a Stoccolma>> accusato di complottare contro il governo turco e condannato con pena sospesa per una <<molto comune imputazione>>, ossia l’aver insultato il presidente in un tweet. Si chiama Bulent Kenes è ha dichiarato che l’accordo non è un test per il regime della “Sublime porta” ma per la democrazia svedese. 

Il secondo è un cittadino curdo-finnico che quattordici anni fa aveva dato fuoco alla porta dell’ambasciata turca di Helsinky: venne condannato con una pena sospesa di poco più di un anno; adesso che si è rifatto una vita si dice pentito di quell’atto portato a termine <<in un periodo della mia vita molto caotico>>, quanto sorpreso della sua presenza nella lista, negando qualunque tipo di connessione con il PKK ed esprimendo paura di viaggiare all’estero (dove potrebbe essere arrestato) e di ritorsioni da parte della comunità turca. 

Anche la terza intervistata, l’insegnante Aysen Furhoff, esprime sorpresa di essere entrata nella “lista di proscrizione”: dopo aver passato cinque anni nelle prigioni turche con l’accusa di sovversione e, dopo essere stata torturata, ha ottenuto il diritto d’asilo in Svezia. Ha ammesso di aver collaborato per tre mesi con il PKK 25 anni fa, che allo stato attuale non è più una loro simpatizzante ma che comunque la ritiene come una delle parti con il titolo di negoziare la pace, non essendo da lei definibile come un’organizzazione terroristica.

Nella conclusione dell’articolo si parla delle condizioni necessarie per l’estradizione secondo le leggi dei due paesi nordici, che la rendono altamente improbabile per la maggioranza delle richieste: per prima cosa la parola finale sui singoli casi spetta a una corte e non ai politici; coloro i quali sono cittadini svedesi o finlandesi non possono essere estradati; invece coloro i quali non hanno cittadinanza possono essere estradati solo se in linea con l’apposita convenzione europea (non sono un esperto di diritto, ma immagino che ci siano anche altre norme internazionali da prendere in esame) e solo se gli atti criminosi sono considerati tali anche in Svezia e Finlandia; l’estradizione non è consentita per crimini politici o connessi a reati politici (l’argomento di che cosa sia un reato politico o connesso all’attività politica è molto dibattuto nel diritto internazionale) o verso paesi in cui si rischiano persecuzioni, torture e che non rispettano i basilari diritti umani (cosa che, secondo la modesta opinione di chi scrive quest’articolo, è una certezza in uno stato autoritario come quello turco. Forse non è un caso che addirittura Mario Draghi definì il suo presidente un <<dittatore di cui si ha però bisogno>>).




Tra i nomi fatti da Ankara c’è anche quello di Amineh Kakabaveh: figlia di una famiglia politicamente attiva, a tredici anni iniziò a militare nell’organizzazione pro-curda marxista-leninista iraniana Komalah. Quando ancora non era ventenne fuggì verso l’Europa, trovando rifugio in Svezia dove ora siede in parlamento. A proposito dell’accordo e delle trattative con <<Erdogan che è come Putin>>, ha dichiarato che la Svezia sta rinunciando a <<duecento anni di storia, di libertà, pace e difesa delle minoranze>>! Fa notare che chiunque osi pronunciarsi sulla questione curda è un terrorista agli occhi del dittatore turco.

Il “tradimento” dei curdi o di Erdogan?

In un articolo pubblicato su Internazionale (traduzione dal turco del portale Gazete Duvar di un articolo di Fehim Tastekin e intitolato "Svezia e Finlandia cedono al ricatto turco") si spiega che la comunità curda si sente usata come moneta di scambio e tradita, ma che <<le autorità di Svezia e Finlandia>> cercano di calmare le proteste (per quelli che riescono a reggere i rinnovati timori di scendere a manifestare) e gli animi <<sostenendo che l’ambiguità dell’accordo gli permetterà di sfuggire ai diktat di Erdogan>>, che potranno ancora essere inviati aiuti umanitari nel Kurdistan occidentale (regione nota anche come Rojava, autogestita secondo i principi del con federalismo democratico all’interno dei confini siriani) e che i curdi lì residenti <<che non hanno compiuto reati di terrorismo non devono temere l’estradizione (ma potrebbero sentirsi costretti a limitare le loro attività per non correre rischi)>>. Inoltre si precisa quanto già scritto nel precedente paragrafo, ossia che chi è cittadino dei due paesi affacciati sul Mar Baltico non potrà essere estradato.

Negli ultimi mesi invece la Turchia, nella persona del suo leader, ha affermato di sentirsi tradita e che si opporrà all’entrata nella NATO se Svezia e Finlandia non manterranno la loro “promessa”

Le tre questioni conclusive di quest’articolo

1) La Finalndia e la Svezia consegneranno i “terroristi” (e se sì quanti? Chi è stato già “consegnato”?) alla Turchia, o cercheranno di stare proverbialmente con “due piedi in una scarpa”? Entreranno nella Nato o la Turchia opporrà il suo veto?

2) Ma soprattutto: se entreranno nella NATO cosa farà la Russia che ha attaccato l’Ucraina anche perché quest’ultima sarebbe voluta entrare nell’Alleanza nata nel 1949?

3) E voi/noi “comuni” cittadini “mortali” del pianeta, cosa ne pensate/pensiamo? I timori di Svezia, Finlandia e altri paesi confinanti con la Russia sono fondati, ed entrare nella NATO aumenterà la sicurezza dell’occidente e del globo intero? E se così fosse, sarebbe comunque giusto che a pagarne le spese sia quella parte del Kurdistan che ha avviato un esperimento politico-sociale senza precedenti, e dopo che uno dei fondatori del PKK, Abdullah Ocalan, ha chiesto dall’isola su cui è prigioniero un cessate il fuoco da ambo le parti? O forse si sta dando un ulteriore pretesto per fomentare le mire espansioniste dell’ex membro del KGB Putin? Esiste una terza via, una via che “non sta né con Putin né con il Patto Atlantico”? Se sì, come ci si incammina su di essa?!

L’epilogo della prima questione è quello di cui ci si è occupati in quest’articolo, quella più a breve termine e di cui vi daremo conto su queste pagine elettroniche…

La seconda potrebbe avere un esito enorme, plateale, le cui conseguenze dovrebbero essere visibili a tutti, purtroppo...

La terza è quella su cui dobbiamo applicarci di più, quella su cui riflettere maggiormente: se non lo facciamo noi, lo farà qualcun altro al posto nostro: documentiamoci, studiamo, pensiamo a nuove soluzioni e a come far sentire la nostra voce ai “potenti” del globo, dialoghiamo (nei limiti del possibile e nel rispetto delle nostre diversità), e, se davvero crediamo nella PACE, facciamo fronte comune!

Paolo Maria Addabbo

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