26.2.23

PERSONE CHE SI SPOSTANO: SOLIDARIETÀ NON CARITÀ, EMANCIPAZIONE NON ASSISTENZIALISMO (PURO)

MIGRAZIONI, SOCCORSI IN MARE E NETWORK SOLIDALI: LA SOLIDARIETÀ NON È UN REATO!

Immagine di Ralphs Photos da Pixabay


Nelle scorse ore è passato in Senato il “decreto Ong” che ostacola (se non addirittura impedisce) le normali operazioni delle organizzazioni umanitarie che si occupano di ricerca e soccorso nella rotta migratoria più mortifera del pianeta, quella mediterranea.

In un post pubblicato nelle scorse ore abbiamo affrontato il tema, ripercorrendo alcune tappe della storia legislativa della criminalizzazione della solidarietà. Lo abbiamo fatto partendo da alcuni spunti di riflessione emersi in un incontro che si è tenuto  il 16 Febbraio presso il centro sociale napoletano Ex Opg, dal titolo “La solidarietà non è un reato”.

Nelle prossime righe parliamo degli stessi argomenti ma da una prospettiva più ampia, riportando i preziosi spunti di riflessione che emergono dalle parole di Moussa Abdoul Aziz Diakité, Abdel El Mir  del Movimento Migranti e Rifugiati di Napoli (MMRN) e di Laura Marmorale di Mediterranea Saving Humans. Era presente anche Sacha Girke della crew di Iuventa, che ha condiviso il suo punto di vista antitetico a quello che emergerebbe nella ricostruzione giudiziaria che lo coinvolge, basata sull'infondata tesi del "pull factor" e dei "tassisti del mare", tesi ampiamente pubblicizzata da ricostruzioni di diversi "giornaloni" sempre garantisti con i padroni e implacabili castigatori verso chi ha il delicato e cruciale compito di salvare vite in mare.


 

Uno screenshot della diretta Facebook: qui il link 

SCAFISTI PER NECESSITÀ E RETI DI SOLIDARIETÀ INFORMALI: CRIMINALIZZAZIONE DELLA MIGRAZIONE E DELLA SOLIDARIETÀ

L’inizio della criminalizzazione della migrazione può essere tracciato nel momento in cui gli Stati (e quindi sia i governi sia la cittadinanza) si arrogano il diritto di decidere chi è titolato a varcare un confine e chi no, chi è “fortunato” a essere nato in una parte di pianeta che per secoli ha saccheggiato altre parti da cui molti tentano di fuggire (presumibilmente a malincuore), e chi “eccezionalmente” e sempre in funzione del “mercato del lavoro” (nelle forme dello sfruttamento legale o illegale) può accedervi per ingrossare le fila della cosiddetta “manodopera di riserva” che a sua volta potrà essere ulteriormente criminalizzata quando verrà affidata nelle mani del welfare e del sistema sociale mafioso, offrendo loro delle possibilità che dovrebbero essere invece garantite dai paesi che mirano a definirsi “civili”; o magari quando in quegli stessi Stati ci saranno dei sistemi di accoglienza che invece di “accogliere” serviranno a “spremere” i migranti, oppure a non accoglierli proprio condannandoli a una vita in strada.

La criminalizzazione poi continua verso chi non è stato giudicato “titolato” e adatto agli standard darwiniani-sociali e che, non avendo i mezzi formalmente legali di spostarsi (anche nei casi in cui si avrebbe il diritto formale di chiedere la protezione umanitaria) e costretto dal “proibizionismo delle migrazioni” ad affidarsi a spietati trafficanti, i quali a loro volta vengono sostenuti –quantomeno indirettamente- da quegli stessi Stati che negano loro l’ingresso: dovranno affrontare le intemperie delle roventi aree desertiche in Africa o in Centro America, le avversità delle acque del Mediterraneo o delle gelide zone montuose europee; dopo essere stati sfruttati come schiavi e aver subito indicibili peripezie, anche per anni, viaggeranno su gommoni di fortuna, stipati in container come merci o agganciati con cavi di fortuna sotto dei camion: i più "forti" e "fortunati" arriveranno a destinazione, altri periranno, altri ancora verranno rispediti indietro e ricominceranno daccapo il circolo vizioso... 

La criminalizzazione viene poi diretta anche verso chi prova a offrire solidarietà a quegli esseri umani, che non sono solo le organizzazioni umanitarie e i “bianchi”.

25.2.23

DECRETO ONG: PRIMA SI SALVA POI SI DISCUTE!

APPROVATO IL DECRETO INUMANO: COMMISSARIO ONU NE HA GIÀ CHIESTO IL RITIRO


A sinistra alcuni articoli sulla richiesta dell'ONU di abolire il decreto. Al centro un'immagine di un soccorso tratta dal sito di Mediterranea Saving Humans. Le altre immagini provengono da Pixabay.

CRIMINALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETÀ E DISSOBEDIENZA CIVILE 




In questo post parliamo del cosiddetto “decreto ONG” (noto anche come decreto anti-sbarchi e decreto Piantedosi) approvato l'altroieri. Lo facciamo partendo da alcuni spunti emersi durante un incontro svolto il 16 Febbraio all’Ex Opg di Napoli, cui hanno preso parte Sacha Girke di Iuventa, Laura Marmorale di Mediterranea, Abdel El Mir e Moussa Abdoul Aziz Diakité  del Movimento Migranti e Rifugiati Napoli (MMRN).

Tema principale dell’appuntamento era la criminalizzazione della solidarietà e delle migrazioni, e più nello specifico del processo in corso a Catania dove alla sbarra siedono 4 membri del team di Iuventa (altri sono stati prosciolti).

Nelle prossime righe invece ripercorriamo alcune tappe della "storia legislativa" degli ultimi anni culminata nell'ultimo decreto, una storia all’insegna della criminalizzazione della solidarietà ma fatta anche di battaglie sociali e di fondamentali esempi di disobbedienza civile.

 

 

DAL CASO OCEAN VIKING AL DECRETO ONG

Nell’Ottobre 2022 il neo-insediato governo bloccava la nave Ocean Viking della ONG Sos Mediterranee a largo delle coste siciliane, impedendone lo sbarco a Catania: quasi 250 migranti venivano dirottati verso il porto francese di Tolone. Le autorità francesi spiegavano l’eccezionalità del provvedimento mentre il governo italiano rivendicava la legittimità del rifiuto con l’argomentazione che quelle persone non avevano bisogno di essere soccorse e che quindi non doveva essere assegnato loro il porto più vicino, argomentazione confutata dalla Commissione europea.

Queste “prove di forza” con chi è debole e che mettono a rischio la vita dei migranti non sono nuove: Matteo Salvini, è ancora a processo per aver impedito (quando era Ministro dell’Interno nel governo “giallo-verde”) nel 2019 l’ingresso della nave della Open Arms e di più di 160 migranti e richiedenti asilo con l’argomentazione della minaccia per la sicurezza nazionale ai tempi dei “decreti sicurezza”: è accusato di sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio, rischiando fino a 15 anni di carcere.

Il 15 Febbraio il cosiddetto “Codice di condotta delle Ong” (tecnicamente il Decreto Legge num. 1 del 2 Gennaio 2023) è stato approvato alla Camera e l'altro ieri in Senato. Sono almeno tre i punti critici del decreto, firmato dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che per le ONG che si occupano di SAR (Search and Reascue, ossia dell’attività di Ricerca e Soccorso) e per diversi esponenti istituzionali internazionali e della società civile sono in palese violazione del diritto internazionale. Punti che sembrano studiati per ostacolare con la burocrazia le attività delle ONG (mentre il governo invoca la questione della “difesa” dei confini, difesa che in realtà è stata appaltata alla sedicente Guardia Costiera libica, come argomentiamo nelle prossime righe): dopo un salvataggio non si può approdare nel porto più vicino ma solo in quello assegnato dalle autorità, costringendo le persone a bordo a navigare in condizioni precarie anche per giorni (dato che i porti assegnati distano anche diversi giorni di navigazione) e, paradossalmente, a essere “spedite” per decine di chilometri come dei pacchi, via pullman, in zone prossime al porto più vicino ma non a quello di assegnazione (in pratica dopo giorni in mare per raggiungere il porto più lontano vengono rimandati indietro).

18.2.23

HA VINTO (DI NUOVO) IL PARTITO DELL'ASTENSIONE!

 

Un manichino infila una scheda elettorale, con disegnato sopra un punto interrogativo e uno esclamativo, nell'urna.




LA DECADENZA DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA

Le ultime votazioni amministrative in Lazio e Lombardia confermano il trend di quelle politiche, dove si è raggiunto il massimo storico di persone che non si sono presentate alle urne (alle ultime elezioni nazionali hanno votato circa 6 italiani su 10, a quelle regionali solo 4 su 10, nemmeno la metà degli aventi diritto): il "partito" più grande è quello dell'astensione, quello del non voto! È un sintomo della crisi e della disaffezione verso il modello democratico rappresentativo-liberale: un modello meno brutale di molti regimi "apertamente autoritari", ma per definizione prossimo al concetto di "democraturaoligarchica ed aristocratica, tipologie di derive democratiche conosciute e concepite fin dai tempi antichi. In parole povere, esprimibili nel concetto dell'altra possibile deriva democratica: se democraticamente si eleggesse un dittatore (non come le elezioni truccate a suon di botte del fascismo, per capirci...) quella forma di governo sarebbe ancora una democrazia?!

Il modello democratico rappresentativo è più libero delle "dittature palesi" e meno "subdole", ma il grado di libertà aumenta insieme a quello del potere economico e "politico" (intendendo politico non in senso lato, non nel senso dei poteri individuali e collettivi -che non sono una deterministica somma- ma nel senso ristretto della sua deriva oligarchica): per i "poveracci" che nascono con un passaporto "sfigato", oppure per chi non riesce a soddisfare bisogni primari come quello del tetto e del cibo e che soffre gravi disagi, quel grado di libertà formale e garantita è a quota zero: in quei casi puoi anche morire di freddo e fame ai margini di città-vetrine oppure in fondo al mare, nel mezzo di confini ghiacciati o roventi, in balia di trafficanti illegali conniventi con certi membri delle istituzioni legali, mentre cerchi di fuggire da una dittatura "subdola" o mentre fuggi da condizioni aggravate dal saccheggio secolare di quelle stesse democrazie liberali che ti vogliono respingere a ogni costo, che ti faranno lavorare solo se accetterai le condizioni della schiavitù contemporanea, e che ti daranno il permesso di entrare solo se sei funzionale in qualche maniera al “mercato del lavoro”.

 

L'ETEROGENEA COMPOSIZIONE DEL PARTITO DEL NON VOTO

BERLUSCONI ASSOLTO NEL RUBY TER

A NOSTRA E FUTURA SAPUTA


Berlusconi assolto in primo grado al "Ruby Ter": molti media si scagliano contro la gogna mediatica che nemmeno Socrate e Cristo hanno patito...


Nel cosiddetto processo “Ruby ter” Berlusconi e una ventina di persone erano accusate di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza: al centro della vicenda una sorta di stipendio versato dall’ex premier  alle varie “olgettine” che secondo l’accusa serviva a corromperle per mentire riguardo alle serate a base di sesso a pagamento. La difesa invece sosteneva che si trattava di un legittimo risarcimento “caritatevole” per il danno di immagine subito dalle donne, se non addirittura un tentativo di estorsione da parte di queste.






Quattro giorni fa arriva la “svolta” nel processo che dura da dieci anni: dato che le accusate vestivano la qualifica di imputate nei processi “Ruby 1 e 2”, e non quella di testimoni, non erano tenute a dire la verità, e quindi i reati non si sarebbero “giuridicamente” consumati. Infatti nell’ordinamento italiano chi è indagato o imputato può avvalersi della facoltà di non rispondere, se non addirittura anche di quella di mentire.

In attesa della pubblicazione delle motivazioni della sentenza e della possibilità che la procura faccia ricorso in appello, i giudici di primo grado hanno affermato quindi che Mr. B. non ha corrotto e che il fatto non sussiste: siamo content@ che, almeno per il momento, qualche persona in meno finirà nelle carceri indecenti o nelle abitazioni di lusso ai domiciliari…

Intanto i media mainstream, in particolare quelli politicamente ed economicamente vicini al leader di Forza Italia, si scagliano contro la “gogna mediatica”, sfornando titoloni e articoli in cui denunciano la tribolazione mediatica che forse nemmeno Socrate (accusato di corrompere le nuove generazioni e di non riconoscere gli dei) e il Gesù storico hanno subito (pare che il Cristo abbia subito un doppio processo in tempi molto più rapidi, uno di fronte al Sinedrio con l’accusa di "deicidio" e uno di fronte al prefetto Pilato per sovversione: la crocifissione era la pena di morte prevista dai romani, per gli ebrei invece era la lapidazione). Meno male che non ci sono stati suicidi con la cicuta a causa della gogna mediatica… di suicidi nelle carceri però, purtroppo, l’anno scorso ce ne sono stati 84: la stampa mainstream sembra più orientata a trattare i -presunti- disagi dei potenti che abusano –moralmente se non anche giuridicamente- del loro potere politico, mentre i poveri disgraziati possono crepare dopo che la chiave viene proverbialmente buttata: questa è la giustizia della nostra democrazia liberale, dove la legge è uguale per tutti solo da un punto di vista formale ma, disgraziatamente, non sostanziale.

16.2.23

COME E PERCHÉ SI DIVENTA VEGAN?

SCELTE BESTIALI E NON SOLO ALIMENTARI...

 

 


Pubblichiamo il “sequel” di un articolo apparso sulle pagine della rubrica “Valvola”, scritto dall’allora autore “Semivegano Indeciso”, auto-ribattezzatosi per l’occasione come “Vegano Deciso MinimumFlexy”.



PRODUZIONE INDUSTRIALE: OGGETTI DI CARNE



Come di consueto citiamo un brano/video musicale in sintonia con quanto scritto nel post (questa volta però lo mettiamo all’inizio dell’articolo). Si tratta di “Am I Wrong” di “Etienne de Crecy”. Nei 4 minuti di video animato si racconta la storia romanzata di un hamburger: il cervello di un bovino è collegato a un macchinario che gli fa credere di vivere normalmente nella natura. Invece una creatura, a metà tra l’umano e il canide, taglia pezzi del suo corpo che entreranno in un macchinario per la triturazione della carne, a monte di un procedimento del confezionamento di burger di un fast-food.

Una persona, per caso, scoprirà il “bestiale” e disumano trattamento cui è sottoposto l’animale, innescando un sabotaggio della catena di montaggio e una vendetta dell’animale tanto rabbiosa quanto macabra.

Nonostante la narrazione fantasiosa il video mi fa tornare alla mente momenti reali di diverse fasi delle mie passate occupazioni nella ristorazione e in una fabbrica dove si confezionano prodotti a base di carne.


NELLA PRECEDENTE “PUNTATA”: SCELTA ETICA O SENSORIALE?

Qualche mese fa ho scritto un articolo intitolato Perché è come si diventa VEG” (sottotitolo: “Le svariate sfaccettature di un’unica scelta: il rispetto per il pianeta e per tutti i suoi abitanti, nonostante gusti e preferenze connesse a contraddizioni ed ipocrisie umane”).

Nel post si trovano diverse definizioni che consentono di “etichettare” diverse scelte di regimi alimentari, tra cui due intermedie tra il veganismo e il vegetarianismo, e cioè “flexitarianismo” e “semi-veganismo”. Se non avete familiarità con questi termini e con altri meno particolari, come pescetarianismo, carnivorismo e necrofagia, potreste trovare utile il precedente post, e vi invitiamo caldamente a leggerlo.

Oltre a questo raccontavo le motivazioni che possono condurre una persona a optare per un regime alimentare specifico, insieme a quelle mie personali ovviamente: in estrema sintesi sono stato vegetariano per circa 7 anni (e cioè non ho mai mangiato né carne né pesce ma ho continuato a consumare, più o meno sporadicamente, alcuni latticini e uova).

Da circa tre mesi sono diventato vegano, con tre eccezioni (contate) di cui parlo fra pochissime righe (non “cambiate canale”!).

La scelta che mi ha inizialmente portato a essere vegetariano era sia etica che "di gusto", e dunque "sensoriale": a un certo punto della mia vita ho cominciato a provare sia tristezza che disgusto nel mangiare cadaveri processati. Un simile disgusto, anche se in maniera molto minore, e un’ipocrita tristezza l’ho avuta anche per i latticini e per le uova (per le uova un po’ di meno), percependole come qualcosa di almeno vagamente “impuro”, qualcosa che usciva dalle mammelle di un animale o dalle sue parti intime, qualcosa con un odore e un sapore a tratti gradevole ma che comunque “non mi convinceva” pienamente. Per i primi venticinque anni circa della mia vita ho sempre mangiato “male”, sia quando ero onnivoro che vegetariano…

Insomma, in parole povere, direi che la questione etica e la questione sensoriale-gustativa nel mio caso erano nate insieme, e quindi capire quale fosse sorta prima o quale fosse prevalente era un po’ come cercare di capire se “è nato prima l’uovo o la gallina?”.

 

10.2.23

COS’È LA GIUSTIZIA RIPARATIVA?

LA DIFFERENZA E LA COMPLEMENTARITÀ CON I PARADIGMI DELLA RETRIBUZIONE E DELLA RIABILITAZIONE

 In circa 1200 parole ed 8000 battute, tra le righe della rubrica Define, cerchiamo di definire brevemente la “giustizia riparativa” spiegando in cosa consiste praticamente ed enunciando altri due paradigmi giudiziari (che iniziano pure con la lettera “r”).



Collage de "Lo Skietto" realizzato con immagini da Pixabay



TRE PARADIGMI DELLA GIUSTIZIA: RETRIBUTIVA , RIABILITATIVA (O RIEDUCATIVA) E RIPARATIVA

Quando si parla di una pena come quella dell’antica “legge del taglione” (ossia “occhio per occhio, dente per dente”) oppure come un determinato periodo di tempo da scontare in carcere, ci troviamo di fronte al modello di giustizia retributivo, quello che prende il nome da un “debito” che bisogna pagare: anticamente la punizione era intesa come un male da subire per il male causato (malum passionis propter malum actionis), mentre oggi la sanzione dovrebbe tendere alla riabilitazione, alla rieducazione e al reinserimento nella società della persona condannata, oltre a fungere da deterrente. A queste due modalità di rimediare ai conflitti che implicano la commissione di un atto illegale, se ne può aggiungere una terza: la “riparazione” di un rapporto sociale che si è “danneggiato”, a volte irreparabilmente, a seguito di un azione criminosa.

Nonostante esistano svariate definizioni e accezioni dell’espressione, la giustizia riparativa è comunemente intesa come un processo di mediazione tra autori di un atto criminale, la vittima e la collettività, finalizzato a riconciliare i rapporti o a sanare il più possibile la frattura che si è venuta a creare.

La giustizia riparativa quindi non consisterebbe tanto nella riparazione penale, “materiale” ed economica di un danno (o al limite questo potrebbe costituire un aspetto secondario a seconda dell’atto illegale commesso e di cosa prevede un sistema giudiziario), e non sostituirebbe gli altri due modelli di giustizia ma li affiancherebbe, trascendendo l’ambito meramente giudiziario e addentrandosi nella complessa dialettica delle diverse componenti sociali.



TRE PARTI IN CAUSA: VITTIMA, CARNEFICE E COMUNITÀ

Con il paradigma riparativo si sposta il focus dal reato alla vittima (oltre che alla collettività intera), concentrandosi anche sui “perché” di chi l’ha commesso e intervenendo nelle relazioni conflittuali che derivano dal misfatto per gestire una frattura relazionale, provando a ricomporla o quantomeno a mitigare gli effetti che creano divisione e dolore.

La “vittima”, che può essere una singola persona o un insieme di individui, dopo la sentenza di condanna e un’eventuale riparazione economica di solito viene dimenticata, non viene “seguita” dal sistema sociale e punitivo. Invece, sempre ammesso che voglia farlo, avviando un percorso di confronto con il reo e con la collettività, potrebbe avere la possibilità di palesare la sua sofferenza, di affrontare meglio il suo disagio senza “seppellirlo” nella sua anima e, in ultima istanza, dovrebbe sentirsi almeno vagamente soddisfatta nel vedere un colpevole pentito, “trasformato”, consapevole del male che ha fatto, convinto a non ripetere più una certa azione perché sofferente per lo stesso patimento che ha inflitto… e magari anche a comprendere le “ragioni del male”, i motivi che lo hanno spinto a commettere un torto.

9.2.23

TERREMOTO IN SIRIA E TURCHIA: TRA OSTILITÀ E SOLIDARIETÀ

NON UCCIDE IL TERREMOTO MA GLI EDIFICI COSTRUITI MALE E LA MANCANZA DI PREVENZIONE!


La catastrofe naturale e la conseguente tragedia umana offrono alcuni spunti di riflessioni illustrati da Editorialista Travagliato, insieme a una rassegna delle ultime notizie riguardanti la questione degli aiuti umanitari: la mancanza di prevenzione verso i fenomeni naturali alimentata dalla corruzionel’estraneità e la superiorità percepite dall’essere umano nei confronti dell’ambiente e degli ecosistemil’istinto al tempo stesso socievole e clanico degli umani.




Immagine di repertorio tratta da PixaBay di Angelo Giordano 



Il 6 Febbraio un terremoto ha scosso furiosamente il territorio alla frontiera tra Turchia e Siria con l'epicentro tra le province di Gaziantep e Kahramanmaras, nei confini politici della Sublime porta. La magnitudo rilevata della prima scossa è di quasi 8 gradi (su 9,5 della scala Richter, che indica la forza meccanica di un sisma) mentre la più forte scossa di assestamento ha raggiunto quasi 7 gradi. La profondità dell’evento sismico è di 10 KM (molto vicina al livello della superficie e quindi più dannosa): il grado dei danni subiti è stimato a quota 9 della scala Mercalli (precisamente detta scala MCS, su un massimo di 12 gradi, limite che indica la distruzione totale).

Mentre si scrive questo post il bilancio delle vittime accertate ha raggiunto la tremenda cifra di circa 20 mila, mentre centinaia di migliaia si contano tra dispersi, senzatetto e feriti. Per avere un’idea dell’ampiezza della catastrofe si è affermato che è stato mille volte più forte del terremoto di Amatrice ed è paragonabile, in riferimento alla storia italiana, solo a un terremoto che ha colpito la Sicilia nel 1693.

Secondo il “sultano” turco Erdogan si tratta del più grave terremoto nel paese dopo un evento analogo nel 1939 che provocò circa 30 mila morti. Anche nel 1999 la Turchia fu colpita da un altro sisma: le vite spezzate furono più di 17 mila. Molte organizzazioni in quel frangente denunciarono il dilagante abusivismo edilizio e la deturpazione dell’ambiente senza rispettare gli standard di sicurezza…

Questo articolo della BBC mostro le foto di alcuni luoghi immortalati prima e dopo la tragedia, fornendo visivamente una “cifra” dei danni subiti


 

LA MANCATA PREVENZIONE E L’ABUSIVISMO AMBIENTALE ED EDILIZIO COLLEGATO A CORRUZIONE E A UNA VISIONE MIOPE DELL’ESISTENZA

Molti edifici erano già gravemente danneggiati dalla guerra civile siriana che continua da più di un decennio (più del 65% delle infrastrutture basilari erano già distrutte o pesantemente danneggiate nel nord-ovest della Siria, secondo il Rojava Information Center): i danni del sisma si sono aggiunti alla precarietà esistenziale di popolazioni martoriate dalla guerra, dei profughi e degli sfollati interni che faticano a ricevere beni di prima necessità, assistenza sanitaria ed educazione e anche solo a scaldarsi, una popolazione quasi totalmente sotto la soglia di povertà.

Dal lato della Turchia, sul canale Telegram Rise Up 4 Rojava, oggi si legge: <<i giornalisti che criticano la reazione del governo alla catastrofe sono stati immediatamente arrestati. Non possiamo considerare questa catastrofe al di fuori della sua dimensione politica: migliaia di morti potevano essere evitate. Lo stato Turco e l’attuale regime al potere dei partiti AKP-MHP hanno rubato milioni diretti alla stessa emergenza di cui parliamo adesso, hanno permesso ai costruttori di realizzare edifici scadenti in una zona a rischio sismico senza nessun criterio ragionevole, collezionando milioni in tangenti. Le province a maggioranza curda aspettano disperatamente da giorni supporto>>.

Alla corruzione si somma la miopia della specie umana che tende a considerarsi avulsa dalla natura, salvo poi riscoprire tragicamente di essere ospite di un pianeta che non può e non dovrebbe tentare di dominare, ma dovrebbe rispettare come un ospite: si dice che non sono i terremoti a uccidere ma come vengono costruiti gli edifici, uccide la prevenzione che non viene fatta! 

Abbiamo le capacità tecnologiche per costruire in maniera –quantomeno più- compatibile con il nostro habitat e in maggiore sicurezza, ma allora perché non lo facciamo? Perché siamo coinvolti in un sistema socio-economico che punta all’espansione economica infinita in un sistema ambientale che pone dei limiti e che non è infinito, perché pensiamo all’arricchimento economico sul breve termine alimentato dalla corruzione e finalizzato all’accumulazione di capitale di pochissimi, mentre a un’altra minoranza più estesa restano le borghesi briciole di una vita “comoda” e la stragrande maggioranza non ha nemmeno le risorse per assicurarsi le calorie minime per far funzionare il proprio metabolismo… Perché l’abusivismo edilizio, le case costruite con materiali scadenti sono funzionali a questo sistema!

4.2.23

ETICHETTE SUGLI ALCOLICI COME SULLE SIGARETTE

DALLE SIGARETTE AL CIBO SPAZZATURA


Per la rubrica “RecenTips” pubblichiamo una provocazione tanto breve quanto intellettualmente densa della nostra penna d’assalto e polemista ufficiale di FanRivista, consigliando due video dello YouTubber e medico Valerio Rosso e richiamando brevemente alcune questioni economiche e sociali.

Il collage de "Lo Skietto" realizzato con diverse immagini da "Pixabay": un grazie a lui e alla comunità della piattaforma!

In questi giorni sta facendo scalpore il piano del governo irlandese di porre delle etichette sugli alcolici, similmente a quanto già avviene per le sigarette, al fine di informare i consumatori sui rischi dell’alcol per la salute, decisione che potrebbe costituire un “precedente” per l’intera UE: il governo italiano si è subito ribellato contro il provvedimento che danneggerebbe anche le vendite del vino “made in Italy” e sottolineando la <<differenza tra consumo moderato e abuso di alcol>>, una considerazione a mia detta ingiusta dato che il consumo “moderato” crea dei problemi “soltanto moderati” (come l’aumento del rischio di cancro), ma li crea comunque!

Io sono tendenzialmente a favore, e anzi rilancio: perché non metterle anche sulle confezioni di snack come patatine super-unte, bibite con un contenuto di zuccheri che basterebbe per diversi giorni e per tutto il junk-food? Perché non implementare misure come la “Fat Tax” (chiarisco che ho scritto “fat” che sta per “grassi” non “flat”) ossia una tassa sul cibo spazzatura per scoraggiarne vendita e consumo?!

Forse potrebbe essere un flebile freno alla voglia di consumo di “sostanze” favorita dallo spirito del capitalismo

Ma potrebbe anche stimolare un’attrazione pericolosamente consumistica in base al meccanismo dell’attrazione verso “il proibito”, nascosta dalla vana intenzione di iper-regolamentare formalmente e burocraticamente dei comportamenti umani, senza agire dialetticamente sulla sostanza dei problemi.

Forse dovrei rassegnarmi al fatto che i sapienti dell’oscura magia del marketing sapranno comunque sfruttare entrambe le possibilità...

ALFREDO COSPITO: TEORIE DEL COMPLOTTO O FRAMMENTI DI VERITÀ?!

LE ACCUSE INFODATE ALLA PSEUDO-SINISTRA (PD) E I TIPI DI PROTESTE CHE POSSONO FAVORIRE LA NORMALIZZAZIONE DELLA REPRESSIONE DEMOCRATICA E POTENZIALMENTE A BENEFICIO DELLA “STRATEGIA DELLA TENSIONE”






Prendendo spunto da un commento a un nostro articolo e dalle accuse infondate mosse da Giovanni Donzelli (Fratelli d’Italia) al Partito Democratico (sotto il video dell’intervento alla Camera pubblicato da La Repubblica), “disegniamo” alcuni scenari che potrebbero essere puri “deliri complottisti” senza fondamento così come dei frammenti “di e delle” verità legate al caso umano e giudiziario dell’anarchico insurrezionalista Alfredo Cospito




MAFIE E PRIGIONIERI POLITICI UNITI NELLA LOTTA PER CONDIZIONI PIÙ UMANE NELLE CARCERI DISUMANE: TEORIA COMPLOTTISTICA O SEMPLICE REALTÀ…

Partiamo dal commento di “Tin Hat (espressione gergale per definire i “complottisti”, e in particolare per quelle persone che creano un “cappello” con la carta argentata per impedire fantomatiche intercettazioni “telepatiche”, isolando il cervello con una barriera metallica) pubblicato in calce a un nostro articolo qualche giorno prima dell’intervento di Donzelli, commento che in un certo senso anticipava la teoria complottista “anarco-mafiosa”:

<<Mi dicono spesso che sono un complottista, e allora provo a immaginare uno scenario che può essere sia iper-complottista che realista: se ci fosse stata veramente una trattativa con Matteo Messina Denaro per abolire il 41 bis e l'ergastolo ostativo, il governo (incluso quello passato che ha firmato il 41 bis per Cospito o comunque alcuni settori istituzionali) potrebbe "trattare malissimo" l'anarchico per innescare un'ondata popolare per abolire o riformare in senso favorevole ai mafiosi i due istituti.

Uno scenario più realista è più semplice da disegnare: i governi "trattano malissimo" Cospito perché anarchico, per "punirne uno per educarne 100" e gli interessi dei prigionieri politici con quelli della criminalità organizzata semplicemente convergono...>>. Insomma, secondo Tin Hat, la lotta contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo(lotta portata avanti anche per vie legali come abbiamo già spiegato in questo post) potrebbe trattarsi di una semplice convergenza di interessi tra detenuti, mentre invece Donzelli arriva addirittura a definire Cospito <<un influencer della mafia>>!

Il parlamentare di destra (che è anche vice-presidente del Copasir) ha superato l’immaginazione del commentatore Tin Hat in una maniera poco raffinata e intellettualmente volgare, tanto banale quanto infondata, perché così come è stata raccontata è una pura congettura infamante, una cosa che se fosse stata detta da un comune cittadino, e non da un parlamentare, sarebbe stata denunciata per diffamazione: è arrivato addirittura ad alludere a un collegamento con la mafia dei parlamentari del PD che erano andati a visitare Cospito il 12 Gennaio.

L’accusa si basa sulla coincidenza della data della visita (ricordiamo che i parlamentari sono tra i pochi a poter entrare nelle carceri liberamente) nello stesso giorno in cui è stata “captata” (non si è ben capito se tramite un’intercettazione o una semplice trascrizione basata sulla testimonianza di una guardia) una comunicazione tra due appartenenti a organizzazioni mafiose (uno ‘ndranghetista e un camorrista) in cui sostanzialmente questi incoraggiavano Cospito a continuare nello sciopero della fame e a continuare la battaglia per tutti i detenuti, mafiosi e non mafiosi, terroristi brigatisti e fascisti, estremisti islamici ecc.

Giustamente il partito di centro-presunta-sinistra, oltre a rivendicare la legittimità della visita a Cospito e l’estraneità con il fenomeno mafioso, ha chiesto le dimissioni di Donzelli facendo notare che si sarebbe reso complice di un’irregolarità, che in una certa misura pareva essere stata confermata dal ministro Nordio quando è andato a riferire sul caso in parlamento: il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove ha “confessato” di aver riferito oralmente a Donzelli il contenuto del documento in cui era trascritta l’incitazione all’anarchico.

Il documento era del DAP (il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, l’organismo che gestisce le carceri),e Delmastro ha dichiarato di non aver previsto che Donzelli lo avrebbe riportato e ”spifferato” in parlamento. I due sostengono che si tratta di un documento pubblico, al quale almeno teoricamente potrebbe essere richiesto l’accesso (come avrebbe poi confermato Nordio). Peccato che è un documento che riguarda dei detenuti al 41 bis, e cioè di un regime studiato, in teoria, per impedire che gli appartenenti ad organizzazioni criminali comunichino con l’esterno. In pratica, purtroppo, il cosiddetto “carcere duro” si può trasformare in un’ulteriore afflizione, incostituzionale, per costringere il ristretto a una collaborazione (di tutta una serie di implicazioni legate al 41 bis ne parliamo nel post sopralinkato, collegato al caso Copsito e che tocca anche l’argomento dell’ergastolo ostativo, una cosa diversa ma che può essere collegata al 41 bis).

Al di là di quello che è successo veramente non mi sorprenderebbe se nelle carceri dei “mondi” criminali diversi si incontrassero (inclusi quelli statali “deviati”, che forse potrebbero avere un certo spazio anche nelle carceri militari e che hanno accesso a tutte le carceri): uno dei pochi “mondi” che probabilmente è sostanzialmente isolato, se non anche privilegiato, è quello dei “colletti bianchi” (o anche della “borghesia mafiosa” per usare un’altra espressione in voga dopo l’arresto di Messina Denaro, ma si potrebbe parlare anche delle “menti raffinatissime” cui si riferiva Falcone), quando ci entrano in carcere…

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