14.1.23

ALFREDO COSPITO: DALL’ACCUSA DI DISERZIONE AL 41 BIS

LE VICENDE GIUDIZIARIE DELL’ANARCHICO INSURREZIONALISTA

 

Sintetizziamo le vicende giudiziarie dell’anarchico insurrezionalista Alfredo Cospito: sfioriamo anche i temi del 41 bis e dell’ergastolo ostativo, domandandoci se siano compatibili con la nostra democrazia liberale (e non in altre forme di governo, o auto-governo, più “utopiche”).

In un altro post dedicato all’argomento, di imminente pubblicazione, prenderemo posizione riguardo alla sua vicenda umana e politica, in accordo con la linea editoriale di Fanrivista che ritiene lo “schierarsi” in maniera franca un progresso verso l’agognata obiettività (separando fatti da opinioni e fornendo delucidazioni su questioni come la stessa selezione di certi “fatti” a discapito di altri) .

Nel prossimo post invece raccoglieremo gli appelli pubblicati sulla stampa e sui social in favore dell’annullamento della misura del 41 bis.

 

A sinistra e al centro le immagini di Cospito che viene allontanato da un'udienza, riprese da siti dell'area insurrezionalista e usate per pubblicizzare degli eventi in suo favore. A destra la stessa immagine viene stilizzata e usata per analoghe iniziative.
A sinistra e al centro le immagini di Cospito che viene allontanato da un'udienza, riprese da siti dell'area insurrezionalista e usate per pubblicizzare degli eventi in suo favore. A destra la stessa immagine viene stilizzata e usata per analoghe iniziative.



COSPITO E LA FAI-FRI: GLI ATTENTATI E LE CONDANNE

Alfredo Cospito, classe ’67 originario di Pescara e poi trasferitosi a Torino, si è impigliato la prima volta nelle maglie della giustizia perché, tra i primi in Italia, fece la scelta di essere un obiettore “totale” venendo accusato di diserzione: l’intricata vicenda giudiziaria si concluse nel ’91, dopo uno sciopero della fame, la richiesta di grazia all’allora presidente Cossiga da parte del padre e una sentenza della Corte Costituzionale.

È stato poi accusato di essere l’ispiratore di una cinquantina di attentati avvenuti tra i primi anni 2000 e il 2016, rivendicati dalla sigla anarco-insurrezionalista e “anti-organizzatrice” FAI-FRI (Federazione Anarchica Informale - Fronte Rivoluzionario Internazionale) e siglati con i nomi di diversi “nuclei” (Cooperativa artigiana fuoco e affini; Nucleo Olga; Rivolta anonima e tremenda ecc.). 

È finito quindi nel mirino dell’operazione condotta dai ROS, denominata “Scripta Manent”, che indagava su quegli attentati: in tutta Italia sono stati sistemati ordigni e inviati plichi incendiari ed esplosivi, camuffati all’interno di libri. Erano diretti a diverse persone e in luoghi "simbolici", e tra i destinatari c'erano l’allora presidente del consiglio Prodi, due sindaci del centro-sinistra (Cofferati di Bologna e Chiamparino di Torino), il tribunale di Civitavecchia, i rappresentati di strutture pubbliche e aziende private (come i centri per migranti, il questore di Lecce e il comando della polizia municipale torinese), le redazioni di giornali (con il ferimento del direttore di “Torino Cronaca”). Altre bombe sono state posizionate in luoghi pubblici (come nel parco ducale di a Parma, vicino alla sede dei RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche), e nella zona pedonale del quartiere “Crocetta” di Torino nel 2007). Diverse persone sono state accusate di associazione per delinquere con finalità terroristiche, anche se la responsabilità di molti di quegli attentati rimane formalmente senza colpevoli.

Ci sono poi altri due eventi dei quali Cospito è stato ritenuto direttamente responsabile (ma lui rivendica soltanto il primo di questi, per una questione di <<orgoglio anarchico>>): la gambizzazione di Roberto Adinolfi (amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare) nel 2012 e l’esplosione di due ordigni al di fuori della caserma per allievi carabinieri di Fossano (provincia di Cuneo) nel  2006 (oltre alla bomba posizionata nei pressi della sede dei RIS di Parma da cui gli investigatori sarebbero risaliti alla sua identità, tramite il suo DNA).

Il processo iniziato nel 2017 si è concluso in primo grado con 5 condannati (tra cui la sua compagna, Anna Beniamino, attualmente reclusa a Rebibbia) e quasi 20 assoluzioni, mentre in appello le condanne sono state più di 10, con pene che non superano i 2 anni per l’istigazione a commettere reati e l’apologia di questi, condotte concretizzate dalla scrittura di contenuti su pubblicazione variesiti web e volantini (da qui viene il nome dell’operazione).

Perciò Cospito è detenuto da circa 6 anni (sta già scontando la condanna a quasi 11 anni per la gambizzazione) ed è attualmente recluso nella casa Circondariale di Sassari (il carcere di Bancali).



PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ, STRAGI ITALIANE ED ERGASTOLO OSTATIVO: IN ATTESA DELLA DECISIONE DELLA CONSULTA

L’anno scorso la Corte di Cassazione, dopo aver confermato le condanne in secondo grado e respinto i rispettivi ricorsi, ha rinviato gli atti alla Corte d’appello torinese per calcolare nuovamente la pena legata all’evento specifico delle esplosioni fuori dalla caserma allievi: dopo di ciò in estate Cospito, inizialmente condannato per il reato di strage (articolo 422 C.P. che prevede un minimo di 15 anni se non ci sono vittime), è stato ritenuto colpevole della più grave fattispecie di reato (articolo 285 C.P. Devastazione, saccheggio e strage, detta “strage politica” che la procura torinese aveva contestato dall’inizio del processo), ossia di una strage (anche se solo “tentata” e anche se non ha provocato vittime) contro la sicurezza dello Stato, il reato più grave previsto dal nostro ordinamento, che non è stato contestato per eventi come la strage di Capaci e via d’Amelio, legalmente inquadrati nella cornice penale di “strage comune” (nella sentenza emessa nel 2015 per uno dei processi per l’attentato fascista di piazza della Loggia a Brescia nel ‘74, in cui morirono otto persone mentre si teneva una manifestazione antifascista, si legge che quell’evento <<è il primo ad essere qualificato giuridicamente a norma dell’art. 285 c.p.>>, ossia la “strage politica”; invece due anni fa una corte bolognese ha condannato Gilberto Cavallini detto “il Negro”, che ha fornito supporto logistico agli autori materiali della strage di Bologna nell’80, ha riformulato il capo di accusa lui ascritto, qualificando il reato come “strage comune” perché la formazione neofascista dei Nuclei Armati Rivoluzionari è stata definita dalla procura “spontaneista” e quindi non diretta a destabilizzare lo stato italiano).

La Corte d’appello a Dicembre, mentre “quantificava” la nuova pena ed effettuava il nuovo calcolo, ha però chiamato in causa la Corte Costituzionale per una valutazione riguardante il quarto comma dell’art. 69 CP (e cioè quello sul “concorso di circostanze aggravanti e attenuanti”) e altre norme collegate: la Consulta dovrà chiarire se l’attenuante della tenuità del fatto (che secondo l’art. 311 CP dipende dall’effettiva gravità dei mezzi o degli effetti in causa) può essere invocata anche per la “strage politica” prevalendo sulla recidiva del reato e comminando –si legge nell’ordinanza della corte torinese- <<una pena proporzionata, idonea a tendere alla rieducazione del condannato ai sensi dell’art, 27 comma 3 della Costituzione>>, dato che l’art 311 <<postula l’applicazione della più grave fra le sanzioni detentive conosciute dal nostro ordinamento a prescindere da ogni considerazione sulla gravità dell’offesa in concreto arrecata>>: se venisse riconosciuta la tenuità del fatto, solo inizialmente sostenuta anche dall’accusa, Cospito non verrebbe condannato all’ergastolo (che sarebbe anche “ostativo” se il detenuto non "collabora" con la giustizia, e quindi potenzialmente a un effettivo “fine pena mai) con un anno di isolamento diurno (come richiede la procura) ma a una pena tra i 20 e i 24 anni (che sommata alle altre accuse condannerebbe comunque Cospito a circa 30 anni in totale). Anna Beniamino invece è stata condannata a 27 anni e un mese. In sostanza i giudici torinesi ritengono che, se fosse deciso diversamente, verrebbe intaccata la loro facoltà di soppesare una giusta pena.



LA CORRISPONDENZA ESTREMISTA E IL TERZO SCIOPERO DELLA FAME DI COSPITO CONTRO IL 41 BIS  



Un'esplosione davanti a una caserma dei carabinieri in un'immagine da loro diffusa. L'attentato, avvenuto nel 2017 e dunque dopo l'arresto di Cospito, è stato rivendicato con la sigla FAI-FRI: le autorità hanno ritenuto che gli scritti dal carcere di Cospito rappresentano un appello a commettere ulteriori violenze. Anche per questo gli è stato imposto il cosiddetto "carcere duro", ossia il 41 bis.
Un'esplosione davanti a una caserma dei carabinieri in un'immagine da loro diffusa. L'attentato, avvenuto nel 2017 e dunque dopo l'arresto di Cospito, è stato rivendicato con la sigla FAI-FRI: le autorità hanno ritenuto che gli scritti dal carcere di Cospito rappresentano un appello a commettere ulteriori violenze. Anche per questo gli è stato imposto il cosiddetto "carcere duro", ossia il 41 bis.



Il regime di detenzione di Cospito è stato inasprito per un altro motivo: dal regime di alta sicurezza continuava a comunicare con la sua area di appartenenza, pubblicando contenuti “a distanza”.

Per questo a Maggio 2022 con un provvedimento richiesto dalla DDA torinese e dalla Direzione Nazionale Antimafia, e firmato dall’allora ministra Cartabia, è stato trasferito in Sardegna e ristretto al 41 bis, il regime carcerario usato solitamente per impedire i contatti tra gli appartenenti alla criminalità organizzata, e quindi delle mafie, con l’esterno.

In questo caso l’ “associazione” con cui si vogliono tagliare i ponti non è una precisa organizzazione criminale “definita” da ruoli e gerarchie, ma una magmatica componente dell'universo anarchico. Ci riferiamo alle frange insurrezionali del movimento anarchico, e dunque all’area libertaria anti-organizzatrice” e “individualista-nichilista(una delle principali divisioni all’interno della galassia anarchica riguarda proprio la propensione a “strutturare” la lotta politica in maniera spontanea o meno: nel primo post dedicato all'editoria libertaria italiana si trova una concisa storia dell'anarchismo italiano e si parla anche delle diatribe tra le frange più violente del movimento e le altri componenti).

Secondo i sostenitori di Cospito il provvedimento sembra più mirato a impedire la comunicazione politica (“estremista” ed estrema, ma che comunque dovrebbe essere consentita in uno stato di diritto) piuttosto che a impedire l’“organizzazione” di nuovi attentati, come sostengono quelli in favore della misura coercitiva detta anche “carcere duro”.

Da notare è che la misura servirebbe appunto a evitare il contatto tra il mondo esterno alle mura carcerarie e quello interno, mentre nei fatti si traduce purtroppo in un’afflizione vera e propria, una “vendetta” di uno stato di diritto che dovrebbe essere clemente ed equilibrato, ma che invece prova a spingere il condannato a collaborare, collaborazione a volte impossibile: prendiamo come esempio il caso di un ristretto condannato per mafia che, stretto tra due fuochi, potrebbe essere “costretto” a non collaborare dato che i suoi familiari o altre persone care rischierebbero il pericolo di eventuali ritorsioni… Oppure, come si sostiene a favore di Cospito nel suo caso particolare (è il primo anarchico al 41 bis nella storia repubblicana), perché un’ “organizzazione” criminale in senso stretto non esiste, e sarebbe quindi impossibile collaborare per “smantellare” una struttura che non c’è.

Fatto sta che il detenuto anarco-insurrezionalista a Ottobre ha iniziato il terzo sciopero della fame della sua esistenza chiedendo l’abolizione del 41 bis, perdendo decine di chili e mettendo in serio pericolo la sua vita: <<continuo il mio sciopero della fame per abolire il 41 bis e l’ergastolo ostativo fino all’ultimo respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi>>. Il primo sciopero lo attuò ai tempi della sua battaglia contro gli obblighi di leva, mentre il secondo in solidarietà di su# compagn# anarchic# nel 2019.

Secondo i giudici i suoi scritti incitano a commettere reati, a identificare obiettivi e costituirebbero un apporto “organizzativo” alla già citata “Federazione Anarchica Informale” (da non confondere con la “Federazione Anarchica Italiana”) giustificando il “trattamento” riservato solitamente agli esponenti della criminalità organizzata mafiosa. Chi lo difende invece sostiene che quelle pubblicazioni siano legate a semplici (anche se “estremiste”) comunicazioni politiche con la sua area di riferimento ideologica. 

Inoltre il suo legale sottolinea che la pubblicazione della sua corrispondenza era, per l’appunto, pubblica, e quindi sarebbe stato sufficiente un controllo più serrato dei suoi scritti oppure, eventualmente, la contestazione di reati “a mezzo stampa-informale”. L’effetto che potrebbe innescarsi sarebbe opposto a quello che le entità statali vorrebbero raggiungere, fomentando un escalation di atti violenti e sabotaggi già in corso, come il pestaggio di un barista che si ribellava mentre veniva raffigurata una scritta in favore di Cospito sul muro della sua attività durante una manifestazione, o l’incendio dell'auto della sorella di Elly Schlein ad Atene.

L’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, dopo la bocciatura della richiesta di annullamento del Tribunale di sorveglianza di Roma (che ha confermato la misura motivandola con il <<ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza>>, ma parlare di “associazione” è un ossimoro per l’avvocato) ha fatto ricorso in Cassazione e si è rivolto all’alto commissario ONU per i diritti umani (OHCHR): i suoi legali, e più in generale tutti quelli che lo difendono, sottolineano che i suoi scritti non sono assimilabili ai criptici “pizzini” usati da mafiosi ma sono espressione della sua identità politica: <<un paese liberale dovrebbe tutelare ogni tipo di ideologia, anche la più odiosa>>, hanno detto alla stampa. La durata della misura è di 4 anni, più altri due rinnovabili se le condizioni da cui scaturisce non sono ritenute cessate. La decisione della suprema Corte potrebbe arrivare tra mesi, mentre potrebbe giungere un intervento di clemenza “diretto” dal ministro della giustizia Nordio.

Alcune pubblicazione dell'area anarchica insurrezionalista e nichilista.



ERGASTOLO E 41 BIS: DEPRIVAZIONE SENSORIALE, MANCATA RIEDUCAZIONE, COSTRIZIONE ALLA COLLABORAZIONE E VENDETTE DI STATO

Secondo molti la misura dell’ergastolo (non solo quello “ostativo” ma anche quello “semplice”) andrebbe contro il principio di rieducazione della pena (terzo comma dell’art. 27 della Costituzione): anche se si ritiene l’ergastolo legittimo costituzionalmente, perché c’è la possibilità di uscire fuori dalle galere, resta un fatto che solo pochissimi hanno effettivamente messo i piedi fuori: tra i circa 1800 ergastolani in Italia, di cui il 70% sono “ostativi”, solo 4 hanno avuto accesso alla libertà condizionale (che si può richiedere dopo 26 anni di espiazione della pena per reati non ostativi e per chi collabora, e dopo 30 anni per reati ostativi e per chi non collabora, dopo il decreto legge varato dall'attuale governo) nel 2020, mentre nessuno l'ha ottenuta nel 2021.

Critiche non vengono risparmiate nemmeno al 41 bis, ritenuto da molti un’illegale costrizione a “collaborare” con lo stato: a volte la collaborazione potrebbe essere impossibile (per la paura di ritorsioni o per l’assenza di un’organizzazione criminale in senso stretto, come si ipotizza in favore di Cospito e come si è detto sopra) oppure potrebbe essere “distorta” tramite l’uso di “pentiti” infedeli, tramite l’accusa “mirata” di pesci piccoli o, addirittura, di innocenti. Inoltre lo stesso “pentimento” potrebbe essere strumentale e non derivare da un effettivo troncamento di rapporti con l’organizzazione criminale di appartenenza. Prescindendo da queste potenziali strumentalizzazioni del “carcere duro” ci sono poi da prendere in considerazione l’assenza di attività rieducative e la vera e propria deprivazione sensoriale e “umana” alla quale vengono sottoposti i ristretti.

L’avv. Luigi Romano, presidente di Antigone Campania, ha spiegato a al programma radiofonico della Rai “Zazà che  <<il 41 bis nasce come un istituto in una precisa fase storica di fenomeni di eversione all’interno della nostra storia politica e istituzionale>>, ossia nel periodo collocabile tra la fine degli anni di piombo e l’inizio delle stragi di mafia. Romano parla poi di un utilizzo “nuovo”, per così dire, della specifica normativa: <<si impianta però, organicamente, nel nostro ordinamento finanche a provare questo tipo di sperimentazioni per reati di pericolo (e cioè di quei reati che, a differenza dei reati “di danno”, vengono contestati per la semplice minaccia di un bene giuridico da tutelare, prescindendo dal danno effettivamente arrecato NDR) perché il mutamento del titolo di reato, che in Cassazione è avvenuto per Alfredo Cospito, apre le porte ad un reato di pericolo astratto ( detto anche di pericolo “presunto”, ossia quando un bene tutelato non è effettivamente messo in pericolo, a differenza del reato di pericolo “concreto” NDR) e per l’appunto questo tipo di istituto andrebbe discusso e criticato sulla base degli effetti di quello che vorrebbe produrre, che è appunto la collaborazione (con lo stato NDR). Collaborazioni delle volte impossibili, come nel caso di Cospito, perché non c’è alcun legame con nessuna associazione né di stampo terroristico né di stampo criminale mafioso, e per questo la fine di questo istituto sarebbe a discrezionalità delle autorità>>.

Luigi Manconi, politico del PD e autore di “Abolire il carcere ha affermato ai microfoni radiofonici dello stesso programma che il 41 bis ha <<una e una sola finalità: quella di interrompere i legami tra il detenuto e l’organizzazione criminale di appartenenza esterna. È importante precisarlo perché nel linguaggio corrente il 41 bis viene definito carcere duro, il che non è esatto perché lo scopo non è una maggiore afflittività, una maggiore sofferenza o una pena più severa, ma impedire contatti, legami, comunicazioni e relazioni con l’organizzazione criminale alla quale si appartiene o si è appartenuto. Se si garantisce l’interruzione di questi legami il detenuto dovrebbe godere sulla carta dei diritti che restano a una qualunque persone detenuta. Così non è: con il regime di 41 bis a Cospito è stata per esempio bloccata la corrispondenza proveniente dall’esterno; il ché ha fatto sì che egli limitasse la sua corrispondenza, e cioè che ha smesso di scrivere lettere o le ha scritte autocensurandosi>>.

Dopo la questione giuridica inizia ad affrontare il tema della deprivazione sensoriale e “umana”: <<La sua ora d’aria si svolge in un cunicolo con mura molto alte e intravede un pezzo di cielo solo attraverso la grata sul soffitto; le sue relazioni sociali sono ridotte al minimo perché dovrebbe avere in teoria rapporti con tre detenuti, ma due non escono più dalla cella e quindi ha contatti occasionali con un solo detenuto. Tutto ciò comporta una depressione molto acuta contro la quale Cospito ha deciso di intraprendere uno sciopero della fame dal 20 Ottobre>>.

Il conduttore gli chiede poi se la decisione possa rispecchiare <<la volontà di comprimere l’identità politico-culturale del detenuto partecipando a un dibattito politico della sua area d’appartenenza>>. La risposta è affermativa e chiarisce che <<la Corte Costituzionale e la Cassazione hanno da sempre precisato che i contenuti del pensiero politico non possono discriminare la possibilità di esprimere quel pensiero politico. Il fatto che Cospito sia un anarchico ed esprima idee anarchiche contro lo stato borghese, l’organizzazione capitalista del lavoro e contro l’ordine costituito (…) non consentono allo Stato e agli apparati istituzionali di impedire che vengano espresse: chiunque può esprimere il suo pensiero. Questo rischia di essere impedito>>

Si ritorna sul tema degli aspetti psicofisici compromessi dal carcere duro, quando il giornalista parla della polarizzazione che il 41 bis e gli atti commessi da chi vi è ristretto (inclusi quelli di Cospito) creano nel dibattito pubblico e politico: <<non metto in discussione la colpevolezza di Cospito. Non attenuo le sue responsabilità. Io sto parlando di altro, di una persona che condannata a una pena regolarmente inflitta è sottoposta a un regime che solleva molti dubbi di costituzionalità>>. Come si può parlare di rieducazione se il condannato non trova la sua libertà dopo percorso di “trasformazione”, argomenta Manconi?! 

E continua aggiungendo l'argomento di un principio sacrosanto, non solo per chi è “di sinistra” ma anche per chi si definisce liberale, per chi si batte per il rispetto dei diritti umani: <<lo stato non può essere disumano contro chi si è dimostrato disumano contro altri esseri umani: lo stato deve mostrare la sua superiorità etica e giuridica (…) il carcere non può distruggere l’identità della persona>>. 

Ritorna poi ancora una volta sulla questione “psicofisica”, parlando di <<quel meccanismo terrificante chiamato deprivazione sensoriale>>: << vedere il cielo solo attraverso una grata e incontrare solo muri con lo sguardo significa alterare sensorialmente la persona (…) stiamo parlando della capacità dello Stato di conservare il suo essere uno stato di diritto>>.

 


L’ATTENTATO ALLA CASERMA E LA “TATTICA” DEL “DOPPIO COLPO”

Prima di concludere torniamo su un argomento più “tecnico” che verte sulla dinamica dell’evento che rischia di spedire Cospito all’ergastolo, e cioè il fallito attentato alla caserma di allievi dei Carabinieri. In primis ricordiamo che Cospito lo ha definito un “atto dimostrativo”, anche se non l’ha rivendicato.

Secondo l’accusa il primo  dei due ordigni ad alto potenziale (così si legge tra le carte della corte torinese, mentre sulla stampa si ripete che gli ordigni erano a basso potenziale) con sistema di attivazione a tempo, posizionati di fronte alla caserma succitata, serviva solo ad “attirare l’attenzione” facendo giungere sul posto forze dell’ordine e i reparti della scientifica. Il secondo, costituito da polvere nera “arricchita” con chiodi e frammenti metallici, avrebbe dovuto fare i danni “veri”.

La tattica era emersa anche in un’intercettazione in un’altra indagine sull’anarco-insurrezionalismo, in cui era coinvolta la sorella di Cospito, oltre che nelle esplosioni della zona pedonale torinese –dove gli ordigni erano però tre- e nel parco di Parma, che in quel contesto veniva definita la “tecnica della trappola”): è la tattica del “doppio colpo” che consiste appunto nel “colpire” una prima volta, principalmente per “attirare” nuovi obiettivi che saranno coinvolti poi in una seconda esplosione: sta di fatto che alla fine non ci sono stati né feriti né morti, e che lo stesso Cospito ha definito <<assurda>>  l’accusa <<di aver commesso una strage politica per due attentati dimostrativi a notte fonda, in un luogo deserto, che non doveva e non poteva far male a nessuno>>.

La procura afferma il contrario: solo per circostanze fortuite non ci sono state vittime e la vita di un indeterminato numero di persone è stata messa in pericolo.

Sulla contestazione del movente politico (e quindi della strage per sovvertire l’ordinamento statale, che integra la fattispecie più grave prevista dal citato art. 285 CP) la difesa dei due ha sostenuto che il bene messo in pericolo è solo quello dell’incolumità personale dei carabinieri, e non la sicurezza dello Stato: come abbiamo già scritto, ma giova ripeterlo data la complessità della materia, la Corte Costituzionale è chiamata in causa per decidere se l’attenuante della “lieve entità” può essere concessa in questo caso particolare.

Infine, in merito all’inchiesta citata in cui Claudia Cospito era coinvolta, ricordiamo che: si trattava di una serie di attentati commessi tra il 2003 e il 2004 nel Lazio. In primo grado, si legge nelle cronache, la sorella di Cospito era stata assolta mentre altri nove furono condannati per diversi eventi. La condanna più alta, a 9 anni, fu comminata a Marco Ferruzzi (aka “Tombolino” o "Ardito"), accusato dell’evento più grave, e cioè di aver inviato il plico esplosivo che ferì il maresciallo Stefano Sindona, provocando la perdita di alcune dita. In secondo grado fu  però assolto con formula piena. Pochi mesi dopo l’assoluzione Ferruzzi fu trovato morto per una presunta overdose, sempre stando a quanto riportano le cronache. Un mese prima invece la Cassazione, dopo il ricorso del procuratore, stabilì che la Corte d’appello doveva rivedere le assoluzioni: al momento non sappiamo niente su come la vicenda giudiziaria si sia evoluta, ma solo che la Beniamino fu arrestata a Soriano, dove risiedevano almeno due degli indagati (tra cui la Cospito).

Inoltre la tattica del "double tap" sarebbe stata usata, secondo l'accusa, anche nell'attentato esplosivo alla sede della Lega Nord di Villorba (provincia di Treviso) nel 2018: l'anarchico spagnolo Antonio Sorroche Fernandez è stato condannato a 28 anni lo scorso Luglio. Anche in quel caso non ci sono state vittime e solo un primo ordigno è deflagrato e anche in quel caso l'atto è stato siglato dalla FAI-FRI. 

Dopo aver affrontato sinteticamente le spinose questioni di diritto, e in particolare quelle legate alla cronaca giudiziaria, in due prossimi post saranno riportati gli appelli mossi in suo favore e si spiegeranno i motivi per cui “sono con Cospito” (come con tutti gli esseri umani) e i motivi politici per cui, da libertario e militante, “non sono con Cospito”.

Anarco-pacifista





In questi due video, risalenti a quasi dieci anni fa, è ritratta l'udienza in cui Cospito e Nicola Gai (condannato per la gambizzazione dell'AD di Ansaldo Nucleare) vennero allontanati dall'aula tra le proteste di diversi astanti: questo è l'evento da cui è tratta l'immagine divenuta "simbolo" e riportata all'inizio del post.



Ultima modifica 19/01/2023

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