15.1.23

GLI APPELLI PER ALFREDO COSPITO

PROSEGUE LO SCIOPERO DELLA FAME CON IL RISCHIO DI MORIRE


IL SUO LEGALE PRESENTA RICHIESTA DI REVOCA DEL 41 BIS AL GUARDASIGILLI NORDIO

Ieri abbiamo pubblicato un articolo in cui ripercorriamo le vicende giudiziarie di Alfredo Cospito

Abbiamo spiegato in dettaglio perché è stato ristretto al 41 Bis e perché rischia l’ergastolo ostativo. Nelle ultime ore, dopo l’annuncio del ministro della giustizia in cui affermava che nessuna richiesta ufficiale per un atto di clemenza era stata inoltrata, l’avvocato dell’anarchico-insurrezionalista ha formalmente presentato un’istanza. Il Manifesto riporta le dichiarazioni del legale in cui spiega che lo scorso Settembre sono emersi <<fatti nuovi dalla sentenza della Corte d’Assise di Roma sulla cosiddetta operazione Bialystok emessa il 28 Settembre (…)l’imputazione era costruita come se l’associazione anarchica avesse come ispiratore lo stesso Cospito. Ma la sentenza ha fatto chiarezza su questo assolvendo gli imputati e accertando che non vi è alcuna associazione anarchica di cui Cospito sarebbe l’ispiratore>>.

Negli scorsi tre mesi, da quando Cospito ha iniziato lo sciopero della fame, ci sono state svariate manifestazioni e atti di frange più o meno radicali della galassia anarchica e, più in generale, dei movimenti antagonisti. Inoltre hanno trasversalmente alzato gli scudi in sua difesa diversi attori e attrici politici, istituzionali e della società civile, da sinistra a destra, con appelli, manifestazioni, maratone radiofoniche e scioperi della fame a staffetta: da Zerocalcare (che ha realizzato un breve fumetto dal titolo “La Voragine”) a Giuliano Castellino (ex leader di Forza Nuova), passando per Adriano Sfori (ex leader di Lotta Continua), Carlo Taormina (noto avvocato penalista che ha difeso Berlusconi mentre sedeva contemporaneamente in parlamento), Enrico Mentana (direttore del Tg di La7 e fondatore di Open), Gherardo Colombo (ex magistrato del pool di “mani pulite”), Giandomenico Caiazza (presidente dell’Unione camere penali), Padre Alex Zanotelli (missionario comboniano), Don Luigi Ciotti (fondatore di Libera), Daniela Dioguardi (presidente dell’Unione Donne Italiane) oltre a collettività e associazioni come Legal Team Italia e Nessuno Tocchi Caino.

Di seguito ripubblichiamo tre appelli, firmati da personaggi istituzionali e della società civile, in favore della revoca del 41 bis e dell’ergastolo ostativo per l’anarchico insurrezionalista: il primo è stato inviato a diverse testate e pubblicato sull’Avvenire quattro giorni fa; il secondo scritto è stato pubblicato nella stessa data su Il Manifesto: il presidente dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo illustra le ragioni della sua adesione all’appello; il terzo è stato scritto dai legali di Cospito a Novembre, e firmato da molt# altr@: lo abbiamo trovato sulla pagina Facebook “La difesa del nemico” dove si spiega che è stato ripubblicato sempre dal quotidiano cattolico L’Avvenire.

 

Alcune immagini dei numerosi gruppi Facebook in favore della revoca del 41 Bis per Cospito e contro il carcere duro in generale

 

1) L’ULTIMO APPELLO DIRETTO A DIVERSE TESTATE E PUBBLICATO DA “L’AVVENIRE” IL 11/01/2023

Gentile direttore,

 

Alfredo Cospito è a un passo dalla morte nel carcere di Bancali a Sassari all’esito di uno sciopero della fame che dura, ormai, da 80 giorni. Detenuto in forza di una condanna a 20 anni di reclusione per avere promosso e diretto la Fai-Federazione Anarchica Informale (considerata associazione con finalità di terrorismo) e per alcuni attentati uno dei quali qualificato come strage pur in assenza di morti o feriti, Cospito è in carcere da oltre 10 anni, avendo in precedenza scontato, senza soluzione di continuità, una condanna per il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi. Dal 2016 è stato inserito nel circuito penitenziario di Alta Sicurezza 2, mantenendo, peraltro, condizioni di socialità all’interno dell’istituto e rapporti con l’esterno. Ciò sino al 4 maggio 2022, quando è stato sottoposto al regime previsto dall’art. 41 bis ordinamento penitenziario, con esclusione di ogni possibilità di corrispondenza, diminuzione dell’aria a due ore trascorse in un cubicolo di cemento di pochi metri quadri e riduzione della socialità a una sola ora al giorno in una saletta assieme a tre detenuti. Per protestare contro l’applicazione di tale regime e contro l’ergastolo ostativo, il 20 ottobre scorso Cospito ha iniziato uno sciopero della fame che si protrae tuttora con perdita di 35 chilogrammi di peso e preoccupante calo di potassio, necessario per il corretto funzionamento dei muscoli involontari tra cui il cuore.

 

La situazione si fa ogni giorno più grave, e Cospito non intende sospendere lo sciopero, come ha dichiarato nell’ultima udienza davanti al Tribunale di sorveglianza di Roma: «Sono condannato in un limbo senza fine, in attesa della fine dei miei giorni. Non ci sto e non mi arrendo. Continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro». Lo sciopero della fame di detenuti potenzialmente fino alla morte è una scelta esistenziale drammatica che interpella le coscienze e le intelligenze di tutti. È un lento suicidio (che si aggiunge, nel caso di Cospito, agli 83 suicidi “istantanei” intervenuti nelle nostre prigioni nel 2022), un’agonia che si sviluppa giorno dopo giorno sotto i nostri occhi, un’autodistruzione consapevole e meditata, una pietra tombale sulla speranza. A fronte di ciò, la gravità dei fatti commessi non scompare né si attenua, ma deve passare in secondo piano. Né vale sottolineare che tutto avviene per “scelta” del detenuto. Configurare come sfida o ricatto l’atteggiamento di chi fa del corpo l’estremo strumento di protesta e di affermazione della propria identità significa tradire la nostra Costituzione che pone in cima ai valori, alla cui tutela è preposto lo Stato, la vita umana e la dignità della persona: per la sua stessa legittimazione e credibilità, non per concessione a chi lo avversa. Sta qui – come i fatti di questi giorni mostrano nel mondo – la differenza tra gli Stati democratici e i regimi autoritari.

 

La protesta estrema di Cospito segnala molte anomalie, specifiche e generali: la frequente sproporzione tra i fatti commessi e le pene inflitte (sottolineata, nel caso, dalla stessa Corte di assise d’appello di Torino che ha, per questo, rimesso gli atti alla Corte costituzionale); il senso del regime del 41bis, trasformatosi nei fatti da strumento limitato ed eccezionale per impedire i contatti di detenuti di particolare pericolosità con l’organizzazione mafiosa di appartenenza in aggravamento generalizzato delle condizioni di detenzione; la legittimità dell’ergastolo ostativo, su cui il dibattito resta aperto anche dopo l’intervento legislativo dei giorni scorsi e molto altro ancora. Non solo: la stessa vicenda di Cospito è ancora per alcuni aspetti sub iudice ché la Corte costituzionale deve pronunciarsi sulla possibilità che, nella determinazione della pena, gli effetti della recidiva siano elisi dalla concessione dell’attenuante della lievità del fatto e la Cassazione deve decidere sul ricorso contro il decreto applicativo del 41bis. Su tutto questo ci si dovrà confrontare, anche con posizioni diverse tra di noi. Ma oggi l’urgenza è altra. Cospito rischia seriamente di morire: può essere questione di settimane o, addirittura, di giorni. E l’urgenza è quella di salvare una vita e di non rendersi corresponsabili, anche con il silenzio, di una morte evitabile. Il tempo sta per scadere.

 

Per questo facciamo appello all’Amministrazione penitenziaria, al Ministro della Giustizia e al Governo perché escano dall’indifferenza in cui si sono attestati in questi mesi nei confronti della protesta di Cospito e facciano un gesto di umanità e di coraggio. Le possibilità di soluzione non mancano, a cominciare dalla revoca nei suoi confronti, per fatti sopravvenuti e in via interlocutoria, del regime del 41 bis, applicando ogni altra necessaria cautela. È un passo necessario per salvare una vita e per avviare un cambiamento della drammatica situazione che attraversano il carcere e chi è in esso rinchiuso.

 

Alessandra Algostino docente di diritto costituzionale, Università di Torino; Silvia Belforte già docente di architettura, Politecnico di Torino; Ezio Bertok presidente Controsservatorio Valsusa; don Andrea Bigalli parroco in Firenze, referente di Libera per la Toscana; Maria Luisa Boccia presidente del Crs (Centro per la Riforma dello Stato); Massimo Cacciari filosofo; Gian Domenico Caiazza avvocato, presidente Unione Camere Penali Italiane; don Luigi Ciotti presidente del Gruppo Abele e di Libera; Gherardo Colombo già magistrato, presidente della Garzanti Libri; Amedeo Cottino professore di sociologia del diritto nelle Università di Torino e Umeå (Svezia); Gastone Cottino accademico ed ex partigiano già preside Facoltà di Giurisprudenza, Università di Torino; Beniamino Deidda magistrato, già Procuratore generale di Firenze; Donatella Di Cesare Filosofa, docente di filosofia teoretica Università di Roma La Sapienza; Daniela Dioguardi Udi (Unione Donne Italiane), Palermo; Angela Dogliotti vicepresidente Centro Studi Sereno Regis; Elvio Fassone già magistrato e parlamentare; Luigi Ferrajoli filosofo del diritto; Giovanni Maria Flick già presidente della Corte costituzionale e ministro della Giustizia; Chiara Gabrielli docente di procedura penale, Università di Urbino; Domenico Gallo magistrato, già presidente di sezione della Corte di Cassazione; Elisabetta Grande docente di Sistemi giuridici comparati nell’Università del Piemonte orientale; Leopoldo Grosso presidente onorario del Gruppo Abele; Franco Ippolito presidente Fondazione Basso; Roberto Lamacchia avvocato, presidente Associazione italiana Giuristi democratici; Gian Giacomo Migone docente di Storia dell'America del Nord nell'Università di Torino, già parlamentare; Tomaso Montanari docente di storia dell’arte, rettore dell’Università per stranieri di Siena; Andrea Morniroli cooperatore sociale, Napoli; Moni Ovadia attore, musicista e scrittore; Giovanni Palombarini magistrato, già procuratore generale aggiunto presso la Corte di Cassazione; Michele Passione avvocato in Firenze; Valentina Pazé docente di filosofia politica, Università di Torino; Livio Pepino presidente di Volere la Luna e direttore editoriale delle Edizioni Gruppo Abele; Alessandro Portelli storico e docente di letteratura angloamericana Università di Roma La Sapienza; Nello Rossi magistrato, già avvocato generale presso la Corte di Cassazione; Armando Sorrentino, avvocato, Associazione italiana giuristi democratici, Palermo; Gianni Tognoni segretario generale del Tribunale permanente dei popoli; Ugo Zamburru psichiatra, fondatore del Caffè Basaglia di Torino, padre Alex Zanotelli missionario comboniano

 

Per aderire all’appello: https://forms.gle/jtekmZS4zsdLPUht6

 

2) ADESIONE CON LE RAGIONI ILLUSTARTE DAL PRESIDENTE DELL’ANPI PUBBLICATO DA IL MANIFESTO” E SUL SITO DELL’ANPI L’11 Gennaio 2023

 




Pagliarulo: "Aderisco all'appello per Alfredo Cospito"

Sul quotidiano il manifesto il Presidente nazionale ANPI illustra le ragioni della sua adesione all'appello di giuristi e intellettuali per Alfredo Cospito

 

Alfredo Cospito, detenuto nel carcere di Sassari, a causa dello sciopero della fame che ha iniziato il 19 ottobre 2022 fa ha perso 35 chilogrammi.

 

Cospito è un anarchico insurrezionalista autore in diverse circostanze di un ferimento alle gambe e di un attentato totalmente incruento. Dal 4 maggio 2022 è in regime di Art. 41bis, ordinariamente applicato ai mafiosi, e in attesa di una probabile rideterminazione della pena con l'applicazione dell'ergastolo ostativo, cioè senza possibilità di usufruire dei benefici di legge come la liberazione condizionale, il lavoro all'esterno, i permessi premio e la semilibertà, in base ad un iter processuale complesso, secondo alcuni anomalo.

Va da sé il ripudio di qualsiasi atto di terrorismo e la critica senza appello a chiunque lo pratichi, a cominciare da Alfredo Cospito. Eppure appare palese una sproporzione fra i reati da lui commessi, il regime di pena che sta scontando, cioè il 41bis, il rischio della condanna all'ergastolo ostativo.

La Costituzione va senz'altro interpretata, ma non si può non ricordare - in particolare nel caso di reati non di natura mafiosa e senza esiti letali per la vita umana – l'art. 27, ove recita che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

Né si può negare la pesante discrepanza fra la situazione di Alfredo Cospito e le pene comminate a responsabili di reati ben più gravi. È giusta una giustizia che alterna senza criterio rigore e lassismo? È giusta una giustizia non equilibrata?

 

Non posso non notare, per esempio, la consapevole inattuazione negli ultimi vent'anni della Legge Scelba del 1952 che prevede tra l'altro lo scioglimento delle organizzazioni fasciste in attuazione della XII Disposizione finale della Costituzione, persino a fronte di episodi di gravità inconfutabile e di cui sono accertati i responsabili, come l'assalto e la devastazione della sede nazionale della CGIL avvenuti il 9 ottobre 2021, quando la Procura non ha contestato agli imputati i reati di apologia previsti dal combinato disposto delle leggi Scelba-Mancino.

 

Leggo inoltre che nel solo 2022 nelle carceri italiane si sono registrati 83 suicidi, ove è lo Stato l'unico responsabile della custodia e perciò della tutela del detenuto.

 

Mi colpisce, infine, il silenzio da parte delle autorità davanti al processo di consapevole autodistruzione intrapreso da Alfredo Cospito con lo sciopero della fame. L'esistenza di quest'uomo è appesa a un filo, e ciò ci interroga sui temi delle condizioni dell'universo carcerario, della giustizia giusta, dei valori costituzionali della dignità della persona e della vita umana. Vedo in filigrana un punto di debolezza dello Stato, laddove l'umanità del trattamento penitenziario è un elemento di forza della democrazia.

 

Per questo aderisco all'appello lanciato da diverse personalità affinché, senza nulla togliere alle responsabilità del condannato ed alle più generali esigenze di sicurezza dello Stato, sia concessa al Alfredo Cospito la revoca del regime del 41bis.

 

Gianfranco Pagliarulo

 

3)APPELLO DI NOVEMBRE SCRITTO DAI LEGALI DI COSPITO, DIFFUSO DAL GRUPPO FACEBOOK “LA DIFESA DEL NEMICO” E SUL QUOTIDIANO CATTOLICO L’AVVENIRE

 

Pubblichiamo la lettera sottoscritta da oltre 100 avvocati e avvocate che abbiamo inviato ai mass media che hanno deciso di mantenere il silenzio sulla storia di Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis e in sciopero della fame da 30 giorni, condannato insieme alla coimputata del grave delitto di strage politica, nonostante il dibattito e le prese di posizione che in questo periodo hanno trovato spazio in tanti altri giornali e radio.

Lettera che è stata ripresa proprio oggi dal quotidiano Avvenire.

Egregio Direttore,

Le scriviamo questa lettera aperta per comprendere le ragioni politico-editoriali che spingono il quotidiano da Lei diretto a ignorare alcuni avvenimenti accaduti negli ultimi mesi impedendo così  ai lettori e alle lettrici del suo giornale di conoscere importanti questioni di politica giudiziaria e conseguentemente di formarsi una opinione al riguardo.

Ci riferiamo alla decisione ministeriale di applicare per la prima volta in trent’anni il 41 bis o.p., istituto nato per contrastare la mafia stragista, ad un anarchico; alla sentenza della Corte di Cassazione con la quale il medesimo soggetto, e una sua coimputata, sono stati condannati al più grave reato previsto dal codice penale Rocco, ovvero la strage politica, per un fatto privo di conseguenze letali o lesive, quando neppure nei processi agli attentatori di Capaci e via D’Amelio, oltre che per gli innumerevoli ulteriori fatti di sangue perpetrati negli ultimi 50 anni nel Bel Paese, è mai stata attribuita tale qualificazione giuridica dalla quale discende, sic et simpliciter, la condanna all’ergastolo; alla severa condanna a 28 anni comminata ad un altro anarchico per un attentato anch’esso senza vittime o ferite; alla presa di parola di 20 avvocati, cui hanno successivamente aderito oltre duecento colleghi, che, con un comunicato stampa, hanno denunciato la evaporazione delle garanzie difensive, costituzionali e processuali, nei processi intentati contro i militanti anarchici, e non solo anarchici, nonché sulla torsione della funzione del processo penale; delle ulteriori esternazioni di eminenti professori di diritto sulla giurisdizione esercitata dai “giudici combattenti”.

E ancora, dello sciopero della fame intrapreso dall’anarchico Alfredo Cospito il 20 ottobre u.s., giunto al suo 25esimo giorno e a circa 20 chili di dimagrimento, quale forma di protesta estrema contro il 41 bis op e l’ergastolo ostativo; alla campagna di mobilitazione che sia in Italia che all’estero è stata intrapresa da gruppi politici di diversa matrice in adesione e solidarietà all’anarchico detenuto; all’interrogazione parlamentare sottoposta al ministro della Giustizia; alle decine di trasmissioni avvenute nelle radio locali sulle problematiche sovra espresse e sui numerosissimi articoli di giornale che hanno dato voce a chi voce non ha più perché sepolto nel regime differenziato del 41 bis a Bancali (SS).

Giungiamo infine alla domanda accennata nell’incipit, per quale ragione il quotidiano da Lei direttore non ha ritenuto di dover informare l’opinione pubblica?

Conoscendo la Sua professionalità siamo certi di poter leggere nei prossimi giorni una risposta sulle pagine del Suo Giornale.

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