30.6.25

PARLIAMO DI “NON TUTTI GLI UOMINI”

  •  “Non tutti gli uomini”  -un’affermazione piena di misoginia-  è stata diffusa da giovani uomini sui social media per difendere l’immagine pubblica degli uomini in generale.
  • Questo articolo riflette su come la violenza di genere viene normalizzata di questi tempi.

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Immagine di una bambina mentre mantiene una bandierina durante l’annuale Marcia delle Donne del 2019 in Pakistan. La scritta in inglese recita: <<Marcia delle donne del 2019. Noi donne>>.
La bambina mantiene una bandierina durante l’annuale Marcia delle Donne del 2019 in Pakistan. La scritta in inglese recita: <<Marcia delle donne del 2019. Noi donne>>.

Il patriarcato è una condanna a morte per le donne di tutto il mondo. Recentemente, a Napoli, la 14enne Martina Carbonaro è stata uccisa a sassate dal su ex fidanzato. Nel 2006 la ventenne pakistana Hina Saleem è stata assassinata da suo padre in un orribile “delitto d’onore” a Brescia. Il caso ha innescato un dibattito sulla storia della stessa Italia e le leggi sui delitti d’onore. Casi come questo, così brutalmente violenti, non fanno nemmeno notizia in Pakistan. Questo articolo di opinione -siglato da Sana Siddiqui, autrice che attualmente vive a Napoli- discute delle crudeltà giornaliere che le donne devono affrontare a causa dei costumi patriarcali incorporati nelle nostre società.


Parlare apertamente in questa società è quasi un atto di ribellione in sé, quindi voglio dire la mia. Perché non c’è molto altro che una piccola, giovane donna può fare per portare cambiamento nel suo paese.

Vivere in uno dei posti del mondo più insicuri per le donne fa schifo. Perché ogni giorno sentiamo notizie terribili di qualcun'altra, di donne o bambine che sono state terribilmente molestate, abusate o assalite - se non peggio. Viviamo in un terrore costante. Si vedono post di questi avvenimenti con una didascalia: “questo poteva capitare a noi”. Ma è capitato. È capitato a noi, alle nostre amiche, madri, sorelle o zie. Tuttə noi abbiamo una storia. Alcunə, però, non vivono abbastanza per poterla raccontare.

29.6.25

Let's Talk About 'Not All Men'

  • 'Not all men— a statement rife with misogyny — has been popularized by young men on social media in order to defend the public image of men in general. 
  •  This piece reflects upon how normalized gender-based violence and oppression have become in today’s time. 

READ THE ARTICLE IN ITALIAN HERE / QUI LA TRADUZIONE IN ITALIANO DELL'ARTICOLO


mage of a girl holding a flag at the annual Women’s March held in 2019 in Pakistan. The flag reads: <<Women’s March 2019. We women>>.
Image of a girl holding a flag at the annual Women’s March held in 2019 in Pakistan. The flag reads: <<Women’s March 2019. We women>>. Credit: Beenish Sarfaraz



Patriarchy is a death sentence for women all over the world. 

In Naples, Italy, 14-year-old Martina Carbonaro was recently found stoned to death by her ex-boyfriend. In 2006, 20-year-old Pakistani woman, Hina Saleem, was murdered by her father in a horrifying 'honour killing' in Brescia, Italy. This case sparked a nationwide debate about Italy’s own history and laws regarding honour killings. In Pakistan, such brutal cases of violence are so common that they don’t even make the news. 

This thinkpiece—penned by Pakistani writer, Sana Siddiqui, currently living in Naples—discusses the everyday cruelty that women face due to the patriarchal customs embedded in our societies.



Speaking out in this society is almost a rebellion in itself—so I want to speak out. Because there really isn't much that a small, young woman can do to bring change in her country.
 
Living in one of the most unsafe-for-women countries in the world sucks. Because every day we hear terrible news about someone or the other, a woman or a child, being horrifically abused, harassed, or assaulted—if not worse. We live in this terror constantly. You'll see people share posts of such occurrences with the captions, "This could have been us." But it is. It is us. It is our friends, our mothers, our sisters, our aunts. All of us have a story. Some just don't live to tell it.

16.6.25

ULTIMA GENERAZIONE, NAPOLI: INTERVIENE L’ESERCITO ALLA PRIMA AZIONE

Riceviamo e pubblichiamo per lo spazio “ComunicAzioni” un comunicato stampa da “Humanity in Focus”: raccontano di una "doppia azione" congiunta con “Ultima Generazione”, svolta lo scorso Sabato a Napoli. Le principali istanze sono due: far pagare il costo della transizione ecologica a multinazionali e gruppi che hanno causato il disastro ambientale e boicottare, come si fece con il Sudafrica, quelle aziende che fanno affari con uno stato che, ai sensi del diritto internazionale, pratica l’apartheid.


9 attivisti con due bandiere della Palestina e una del gruppo "Humanity in Focus". A terra uno striscione, fermato a terra da un megafono e una borsa. Sopra la scritta: "Boicotta il genocidio. Palestina Libera dal fiume al Mare"
Gli attivisti di fronte al Mc Donald della stazione centrale di Napoli


ULTIMA GENERAZIONE INSIEME A HUMANITY IN FOCUS: LA MATTINA ALLA CONAD E IL POMERIGGIO AL MCDONALD PER DENUNCIARE LA LORO COMPLICITÀ NEL GENOCIDIO PALESTINESE

15.6.25

FREEDOM FLOTILLA: SEQUESTRATI DALLA MARINA ISRAELIANA IN ACQUE INTERNAZIONALI

TRE ATTIVISTI RISCHIANO UN MESE NELLE GALERE ISRAELIANE, UFFICIALMENTE PER VIOLAZIONE DELLE LEGGI SULL’IMMIGRAZIONE



+AGGIORNAMENTO DEL 18 GIUGNO: Con il supporto legale di "Adalah - The Legal Center For Arab Minority Rights in Israel", i tre attivisti sono stati liberati e fatti passare attraverso la Giordania per tornare a casa, come comunicato dai canali ufficiali della Freedom Flotilla Coalition due giorni fa, che chiede di continuare le mobilitazioni. Ulteriori aggiornamenti saranno pubblicati qui o in nuovi articoli: restiamo connessi!+


Mentre Netanyahu espande la guerra verso l’Iran, mentre meno occhi sono puntati per questo su Gaza, torniamo a parlare della “Freedom Flotilla”, gruppo di associazioni e attivisti nato nel 2010 con lo scopo di rompere l’assedio di Gaza. Una settimana fa la “Madleen”, una piccola barca a vela, è stata assaltata e sequestrata dalla marina militare israeliana a circa cento miglia da Gaza, dove avrebbe dovuto consegnare un carico di aiuti e un messaggio per il resto dell’umanità, complice o indifferente: la popolazione di Gaza non deve morire sotto le bombe, di fame, di stenti e per la mancanza di cure basilari. Tra gli attivisti presenti c’era anche Greta Thunberg.


In alto a sinistra e a destra Greta Thunberg in piedi, con un braccio che indica l'orizzonte, e seduta sulla prua della nave. Al centro in alto il profilo della Madleen: si notano 6 persone a bordo e una bandiera palestinese. Sotto il momento dell'arrembaggio ripreso da una telecamera di sicurezza: tutti sono seduti sul ponte della nave con le mani in alto.
In alto Greta Thunberg e la Madleen (immagini dai profili social dell'attivista). Sotto il momento dell'arrembaggio israeliano, ripreso dalla telecamera di sicurezza dell'imbarcazione (diffuso sul canale Telegram della Freedom Flotilla Coalition).


Per chi non avesse mai sentito parlare di questa flotta di navi civili, o per chi volesse saperne di più sulla sua storia, consigliamo, come lettura preliminare o di approfondimento, un articolo dello scorso Maggio, pubblicato tra queste pagine impalpabili: troverete una ricostruzione della dinamica dell’attentato a un’altra nave, laConscience”, colpita vicino Malta da droni. In quell’articolo ricordavamo anche la vicenda della naveMavi Marmara”, quando un’altra missione pacifica finì nel sangue.

10.6.25

REFERENDUM ABROGATIVI: MENO QUORUM PIÙ PARTECIPAZIONE

In questo post per la rubrica a-periodica “Dati Parziali non ci concentriamo tanto sui risultati numerici dell'ultimo referendum, ma sul livello di coinvolgimento elettorale in quella che oramai è una "democratura". Se il quorum venisse abbassato, o addirittura abolito, si potrebbe aumentare la partecipazione alla vita politica e il livello di democrazia diretta ma, evidentemente, non è questo il risultato sperato da chi ci governa.

In altre parole, non ci concentriamo sui “numeri” relativi alla partecipazione conteggiati ieri, ma su quelli che potrebbero riflettere un maggiore impegno politico dei più, mentre viviamo sotto una "dittatura della minoranza".


Un manichino infila una scheda elettorale, con disegnato sopra un punto interrogativo e uno esclamativo, nell'urna.


I NUMERI DEGLI ULTIMI REFERENDUM ABROGATIVI

L'8 e il 9 Giugno si sono recate alle urne circa 15 milioni di persone, il 31% degli aventi diritto, circa 2 milioni in più di quelle che hanno votato l'attuale maggioranza (considerando anche chi ha votato “No”), quando l'astensione era del 40%. Il livello di astensione, comparato con quelli di altri referendum, è lo stesso del 2016 (riforma Renzi Boschi) e più basso di 9 punti percentuali dei referendum abrogativi promossi da Lega e Radicali nel 2022. Circa l'88% dei votanti ha voto in favore del “” per cancellare le norme su contratti di lavoro, licenziamenti e sicurezza. Solo il 60% si è dichiarato favorevole all'abrogazione della norma che avrebbe portato da 10 a 5 gli anni per ottenere la cittadinanza italiana. La Toscana è la regione dove l'affluenza è stata più alta (circa il 39%), la Sicilia la più bassa (poco più del 23%), con una differenza marcata tra l'alta partecipazione delle aree urbane più grandi rispetto a quelle meno abitate.


LE REAZIONI STERILI E LA PARTECIPAZIONE DA INCREMENTARE, NON DA DIMINUIRE

8.6.25

NETANYAHU AMMETTE: ISRAELE ARMA JIHADISTI E BANDE CRIMINALI

NON È LA PRIMA VOLTA E SONO PROPRIO QUELLI CHE RUBANO GLI AIUTI


Torniamo a parlare dell'uso della fame come arma di guerra e del ruolo israeliano dietro la “borsa nera” di Gaza e dietro il furto stesso dei beni di prima necessità.

Nella parte conclusiva di questo articolo andiamo oltre l'immediatezza degli eventi più recenti argomentando perché tutto viene permesso a una potenza nucleare illegale (non è l'Iran!) in una dissociazione comunicativa che è solo apparente, trovando le sue ragioni in un modo di ragionare fondato su faziosità e illogicità: da un lato ci raccontano che la popolazione di Gaza muore letteralmente di fame perché Hamas ruberebbe gli aiuti, dall'altro politici israeliani affermano candidamente che <<non deve entrare nemmeno un chicco di grano nella Striscia>>.


Al centro un'immagine da X con un bambino scheletrito tra le braccia di un soccorritore con uno sguardo confuso. Sotto il logo delle "Popular Forces" da Facebook: in un cerchio c'è una mano con una fiaccola.; sullo sfondo i colori della bandiera palestinese, un ramoscello di ulivo e una kefiah. Nella colonna sinistra due immagini: tre uomini che impugnano armi leggere puntandole verso il cielo; il comandante della banda ha un cappello e il volto scoperto. Sotto un'altra immagine da Facebook di un miliziano mascherato con un elmetto. Appese al torace delle cartucce e una bandiera palestinese. Sulla colonna destra due immagini dei miliziani mentre distribuiscono aiuti. Il volto di uno di loro è stato sfocato. Sotto la scritta: <<Netanyahu ammette: Israele arma jihadisti e bande criminali che rubano gli aiuti.



DA TRAFFICANTE DI DROGA A CAPO DELLE “FORZE POPOLARI” CON IL SOSTEGNO DI ISRAELE

Israele fornisce armi leggere a gruppi di criminali jihadisti di Gaza per seminare il caos e indebolire Hamas <<su ordine di Netanyahu>>: lo ha rivelato pubblicamente tre giorni fa Avigdor Lieberman, capo del partito Israel Beitenu, un tempo alleato dell'attuale primo ministro, temendo che quelle armi <<potrebbero essere usate contro Israele>>. “Bibi” Netanyahu conferma, affermando <<che male c'è?! Serve a salvare le vite dei nostri soldati>>, e accusa il suo avversario politico di fare <<un piacere ad Hamas>>.

A capo dei circa trecento uomini della principale banda criminale c'è Yasser Abu Shabab. Questo nominativo gira da mesi. Lo avevamo menzionato in un articolo in cui davamo notizia di un documento ONU riservato che accusava proprio Israele di essere dietro ai criminali che assaltano i convogli umanitari, uccidono gli autisti e impongono il pizzo per il passaggio dei camion di aiuti con il beneplacito dell'esercito israeliano, oltre a gestire la “borsa nera” di Gaza, il mercato clandestino di beni di prima necessità.