TRE ATTIVISTI RISCHIANO UN MESE NELLE GALERE ISRAELIANE, UFFICIALMENTE PER VIOLAZIONE DELLE LEGGI SULL’IMMIGRAZIONE
Mentre Netanyahu espande la guerra verso l’Iran, mentre meno occhi sono puntati per questo su Gaza, torniamo a parlare della “Freedom Flotilla”, gruppo di associazioni e attivisti nato nel 2010 con lo scopo di rompere l’assedio di Gaza. Una settimana fa la “Madleen”, una piccola barca a vela, è stata assaltata e sequestrata dalla marina militare israeliana a circa cento miglia da Gaza, dove avrebbe dovuto consegnare un carico di aiuti e un messaggio per il resto dell’umanità, complice o indifferente: la popolazione di Gaza non deve morire sotto le bombe, di fame, di stenti e per la mancanza di cure basilari. Tra gli attivisti presenti c’era anche Greta Thunberg.
Per chi non avesse mai sentito parlare di questa flotta di navi civili, o per chi volesse saperne di più sulla sua storia, consigliamo, come lettura preliminare o di approfondimento, un articolo dello scorso Maggio, pubblicato tra queste pagine impalpabili: troverete una ricostruzione della dinamica dell’attentato a un’altra nave, la “Conscience”, colpita vicino Malta da droni. In quell’articolo ricordavamo anche la vicenda della nave “Mavi Marmara”, quando un’altra missione pacifica finì nel sangue.
Catania, primo giugno 2025: a distanza di quasi un mese dall’attentato contro la nave passeggeri “Conscience”, la “Madleen” salpa alla volta di Gaza. Si tratta di una piccola barca a vela battente bandiera britannica, che porta il nome della prima donna pescatrice di Gaza. A salutare la partenza c’era anche Liam Cunningham, noto attore de “Il Trono di Spade”, di cui era stata riportata erroneamente la possibile presenza a bordo.
Gli auspici non sono buoni e le possibilità dell’assalto israeliano alla piccola imbarcazione, così come accaduto ad altre missioni simili, sembrano inevitabili sin dall’inizio. Poco dopo la partenza il senatore USA Lindsey Graham ha detto: <<spero che Greta e i suoi amici sappiano nuotare>>. Non a caso, nei momenti più critici trasmessi via Telegram quando le comunicazioni non erano interrotte, tutti i passeggeri indossavano giubbotti salvagente. Diametralmente opposto l’augurio di Gabor Maté, sopravvissuto all’Olocausto : <<oggi voi rappresentate i combattenti del Ghetto di Varsavia, quelli che combatterono contro l’esercito più potente del mondo (…) con voi trasportate tutta l’umanità, quella di tutti gli umani il cui cuore è aperto, che credono nella giustizia e nella libertà (...) anche se non riuscite a raggiungere Gaza, cosa che non vi lasceranno fare, naturalmente, avete già ottenuto una grande vittoria per l’umanità>>.
I membri dell’equipaggio umanitario sono 12: Greta Thunberg, nota attivista climatica svedese e ispiratrice del movimento “Fridays for Future”; Rima Hassan, europarlamentare palestinese de “La France Insoumise”; Thiago Ávila, attivista brasiliano e coordinatore della “Freedom Flotilla Coalition”, protagonista di diverse missioni nel “Sud del Mondo”; Pascal Maurieras e Reva Viard, attivisti francesi che hanno partecipato ad altre missioni della Flotilla; Baptiste André, medico francese che segue le orme di suo padre, anch’egli dottore impegnato in missioni umanitarie; Yanis M’hamdi, giornalista di “Blast”, testata francese indipendente; Omar Faiad, giornalista francese di “Al-Jazeera”; Yasemin Acar, attivista curdo-tedesca con una storia di militanza trentennale; Marco Van Rennes, studente olandese di ingegneria navale; Sergio Toribio, attivista spagnolo della ONG “Sea Shepherd”; Suayb Ordu, attivista turco.
Con loro trasportano un carico di aiuti umanitari, molto più piccolo delle 5 tonnellate raccolte per le precedenti missioni. Operazioni fallite dopo attacchi burocratici, con il ritiro delle bandiere e il diniego di permessi, e l’attacco militare, con le esplosioni provocate dai droni nel cuore dell’Europa. Il valore dell'ultimo carico di aiuti è soprattutto simbolico: Israele occupa illegalmente dei territori e non può impedire la consegna di cibo e medicine. Ai sensi del diritto internazionale la potenza occupante dovrebbe garantirla e farsene carico. Invece, si sta usando la fame come arma di guerra e strumento necro-politico, decidendo chi e come vive o muore, finanziando quelle stesse milizie che rubano gli aiuti, per ammissione dello stesso premier israeliano.
Il 4 giugno la Madleen è circa a metà strada quando riceve una richiesta di soccorso: c’è un gommone pieno di migranti alla deriva e in pericolo. Arriva la sedicente guardia costiera libica a catturarli, mentre 4 di loro riescono a fuggire: si tuffano e raggiungono la barca a vela a nuoto. I rifugiati vengono poi affidati a Frontex, l’agenzia europea accusata di essere coinvolta in rimpatri illegali. Inutile il tentativo di salvare da schiavitù e prigionia gli altri rifugiati: <<state violando il diritto internazionale>>, diceva invano via radio l’attivista olandese ai libici.
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Il gommone con le "persone in movimento" alla deriva |
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I migranti fuggono dai sedicenti guardiacoste libici nuotando verso la Madleen. Immagini dal profilo "X" di Rima Hassan |
La Madleen si rimette in viaggio, passa per le coste egiziane e arriva a circa cento miglia nautiche da Gaza, in acque internazionali. La notte tra l’8 e il 9 giugno viene attuato l’arrembaggio con almeno cinque imbarcazioni e droni, dopo aver lanciato un liquido biancastro e urticante. A compiere l’attacco alla nave umanitaria è la Shayetet 13, reparto d’assalto della marina israeliana che ha già assaltato altre missioni pacifiche. Equipaggio e passeggeri si siedono in cerchio con le mani alzate, dopo aver gettato telefonini e tablet a mare per evitare di essere ulteriormente spiati. Poi i militari salgono a bordo.
L’azione israeliana può essere inquadrata legalmente come un atto di pirateria, un crimine di guerra contro una nave umanitaria, un rapimento in acque internazionali, un attacco al paese in cui la nave è registrata (batte bandiera britannica) e un atto ostile verso le nazioni di cui sono cittadini i diversi volontari. Nel 2010, quando furono uccisi 10 attivisti della “Mavi Marmara” con un uso sproporzionato della forza, c’erano dei vaghi dubbi legali sull’occupazione di Gaza. Oggi non ci sono nemmeno più quei flebili e pretestuosi alibi giuridici: l’isolamento e l’embargo illegale devono finire, come sarebbe dovuta terminare l’occupazione illegale della Cisgiordania. Questo è quanto stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia un anno fa. Anche se l’esercito israeliano si è ritirato dall’interno di Gaza nel 2005, Israele continua a occupare illegalmente e isolare la Striscia.
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Vignetta di Latuff da Wikimedia |
Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU su diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, ha dichiarato: <<Israele non ha assolutamente nessuna autorità per intercettare e bloccare un’imbarcazione che trasportava aiuti umanitari e, ancora più importante, il senso di umanità, a Gaza. Le imbarcazioni delle marine militari dei vari stati dovrebbero rompere l’assedio, non dovrebbero farlo dei volontari che rischiano le loro vite (…) questa barca è così “pericolosa” perché stabilirebbe un precedente>>, quello di consegnare aiuti umanitari per ridurre l’entità del genocidio e rallentare il piano di pulizia etnica.
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Vignetta di Latuff da Wikimedia |
L’imbarcazione viene dirottata verso il porto di Ashdod. In tutto passano circa 18 ore dall’abbordo all’arresto vero e proprio, mentre i volontari restano sequestrati sulla nave. Vengono arrestati per aver violato le leggi sull’immigrazione, le stesse che impediscono a migliaia di gazawi di uscire dal campo di concentramento più grande del pianeta. Stando a quanto riportano le cronache e la testimonianza diretta di Greta Thunberg al suo arrivo a Parigi, agli arrestati vengono sottoposti diversi documenti: firmando dovrebbero autorizzare la loro espulsione, prendere atto del divieto di entrare nella Palestina storica per i prossimi 100 anni e ammettere che la natura della missione era illegale. Alcuni, di comune accordo, firmano per l’espulsione, considerando variabili personali, sanitarie e mediatiche. Altri tre, mentre chiudiamo questo articolo, sono ancora detenuti e rischiano una condanna a un mese di prigione: sono Mark, Pascal e Yanis. Tra i motivi del loro prolungato sequestro c’è il blocco di tutti i voli dal suolo israeliano, dopo l’ultima offensiva lanciata da Netanyahu contro l'Iran. La “Freedom Flotilla Coalition” considera pretestuosa questa scusa, argomentando che i tre potrebbero essere trasferiti verso altre mete via terra, e invita tutti a scrivere alle ambasciate francese e olandese di Tel Aviv per fare pressione sui rispettivi governi.
Tutti gli attivisti hanno sperimentato, seppur per un breve periodo, le torture a cui sono sottoposti migliaia di prigionieri palestinesi (inclusi centinaia di minorenni), ostaggi rapiti con un manto di finta legalità: monitorati 24 ore su 24, si sta in delle stanze chiuse con la luce sempre accesa, viene permessa una sola ora di sole e poi la deprivazione di sonno, con agenti che provocano grida e rumori quando si prova a cercare riposo. Thiago aveva iniziato anche uno sciopero della fame per protestare contro questa barbarie. Il ministro dell’offesa Katz ha ordinato alle forze armate di mostrare agli attivisti un video con le atrocità del 7/10, una trovata sadica in stile “Arancia Meccanica”. Ma gli attivisti non hanno commesso nessun crimine, a differenza del protagonista del film di Kubrick (la distopia filmica supera la realtà!).
Su di loro si è scagliato anche un polverone mediatico: hanno diffuso immagini dei soldati israeliani che offrivano pan bauletto ai sequestrati, infantilizzandoli e portando avanti la narrativa dell’“esercito più morale del mondo” che fa morire i palestinesi di fame, considerati pubblicamente subumani. È stata diffusa perfino un’immagine falsa, generata con la cosiddetta “intelligenza artificiale”, in cui si nota una Greta Thunberg stringere un cocktail, mentre era in viaggio per Gaza, con sole quattro dita (la quinta è di difficile realizzazione per le “IA”). Hanno attaccato la missione parlando di “barca dei selfie”, come se gli attivisti avessero affrontato la galera per divertimento, non per protestare contro un assedio barbaro. Hanno detto che gli aiuti che portavano erano troppo pochi, dimenticando sia il valore simbolico della protesta che il carico di 5 tonnellate bloccato con le bombe dei droni nelle vicinanze delle coste italiane. Nel mentre, anche un’altra iniziativa, quella della “Marcia verso Gaza” dal confine con l’Egitto, è stata bloccata con la complicità del governo filo-occidentale egiziano, insieme alle tonnellate di aiuti che marciscono da mesi.
È ora di dire basta alla punizione collettiva di un intero popolo. Era già ora di dirlo 20 mesi fa, 58 anni fa, se non anche 78 anni fa. Ogni limite legale e di umana decenza è stato già superato: oramai è troppo tardi, ma potrebbe peggiorare ulteriormente. Agiamo ora! Qualunque azione, per quanto piccola possa essere, avrà comunque delle conseguenze. E se uniamo le forze l’impatto sarà maggiore.
Loskietto
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