Visualizzazione post con etichetta potere. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta potere. Mostra tutti i post

19.2.24

LIBERTÀ PER JULIAN ASSANGE, PRIGIONIERO POLITICO

UN APPROFONDIMENTO PER IL "DAY X", E PER I GIORNI A VENIRE...


L'Alta Corte di Giustizia britannica deciderà, tra Martedì 20 e Mercoledì 21 Febbraio 2024, se Julian Assange verrà estradato negli Stati Uniti.


<<Una delle migliori maniere per ottenere giustizia è quella di rivelare l'ingiustizia>>. Citazione di Julian Assange e immagine di Gianluca Costantini
<<Una delle migliori maniere per ottenere giustizia è quella di rivelare l'ingiustizia>>. Citazione di Julian Assange e immagine di Gianluca Costantini


Al di là del fatto che questo pericolo per un coraggioso cronista e un editore visionario venga scongiurato o meno, abbiamo il dovere di mobilitarci sia per il giorno "X", come è stato ribattezzato da militanti e attivisti di tutto il Mondo, sia nei giorni a venire. Il perché lo spieghiamo in questo approfondimento sulla vicenda che mischia cronaca giudiziaria, questioni etiche, deontologia giornalistica e libertà di informazione. 

Un articolo "a lunga conservazione" e "scadenza" in accordo con la linea editoriale e la filosofia di "slow-journalism" che caratterizza "La Fanzina Generalista", colmo di spunti sulla vicenda dell'hacktivista. Pensiamo sia utile non solo per mobilitare quante più persone domani e dopodomani: militanti e attivisti si riuniranno a Londra e in tutto il Mondo, per chiedere non solo la liberazione di una persona attualmente sotto "tortura di stato", ma anche per rivendicare la libertà di informare e conoscere. 


locandina per il giorno x con il volto di Assange

Nelle prossime righe cerchiamo di ripercorrere le tappe fondamentali della vicenda umana e giudiziaria dell'editore, cronista e attivista "cypherpunk", scandagliando alcuni degli aspetti più rivoluzionari e controversi del più noto portale di whistelblowing, Wikileaks, con alla base l'idea di un giornalismo e di un'informazione all'avanguardia, basati principalmente su fonti primarie.


Se per assurdo ammettessimo che Assange abbia davvero commesso dei reati per ottenere delle informazioni di rilevanza pubblica, sarebbe più importante dei crimini di guerra scoperti? In altre parole: è più importante un ipotetico crimine commesso per rivelare dei crimini di stato, oppure quegli stessi crimini di stato che hanno fatto morire migliaia di innocenti nelle guerre "per esportare la democrazia"?

Non è forse paradossale che chi ha denunciato quei crimini è trattato come il peggiore dei terroristi, mentre chi li ha commessi probabilmente è stato addirittura premiato (non considerando che anche il peggiore dei terroristi, inclusi quelli "di Stato", dovrebbero sempre godere del rispetto dei più basilari diritti umani)? 

Se pure avesse commesso tutti i crimini che gli vengono contestati, se fosse anche il peggiore dei criminali sulla terra, meriterebbe comunque quasi due secoli di carcere o la pena di morte? 

Seppure fosse vero che Wikileaks abbia diffuso delle informazioni che hanno messo in pericolo la vita di alcune persone, non sarebbe forse un prezzo caro da pagare per avere un mondo più vero e perciò più giusto, per scoprire che altre persone sono state uccise impunemente, e per fare in modo che altri civili non vengano uccisi a cuor leggero, fungendo da deterrente e rivelando all'opinione pubblica il vero costo della guerra, con narrazioni non edulcorate da una criminale propaganda di stato? 

Le informazioni devono solo finire nelle mani dei governanti, o anche in quelle degli attivisti per i diritti umani che dedicano la loro vita a capire chi li viola?



I CAPI DI IMPUTAZIONE: UN PROCESSO LETTERALMENTE SENZA PRECEDENTI

L'editore e giornalista Julian Paul Assange potrebbe essere estradato negli Stati Uniti nelle prossime ore. Rischia una condanna fino a 175 anni di carcere per spionaggio in regime di "massima sicurezza", e quindi di isolamento pressoché totale, in violazione dei più basilari diritti umani. Rischierebbe anche la pena di morte, oltre a essere stato oggetto di un tentativo di omicidio extragiudiziale, stando a quanto dichiara la sua difesa e a quanto hanno riportato alcune testate internazionali.

I capi di accusa sono 18 e riguardano la violazione della legge sullo spionaggio: in 16 di questi gli si contesta di avere ottenuto e divulgato (e, in un caso, solo tentato di ottenere e divulgare) in maniera non autorizzata informazioni riguardanti le guerre in Iraq e Afghanistan, e le relative regole di ingaggio, oltre a diverse comunicazioni diplomatiche e ad altre informazioni sul campo di internamento di Guantanamo. Un altro capo di imputazione riguarda l'accesso abusivo a sistema informatico. L'ultima accusa è quella di associazione per delinquere finalizzata all'intrusione in un sistema informatico e alla cospirazione, <<insieme ad altri noti e non noti complici>>, per ottenere, ricevere e rendere pubbliche informazioni pertinenti la difesa nazionale. Contenuti che avrebbero messo in pericolo la vita di diversi informatori delle autorità nord-americane e alleate.

Per la difesa la richiesta di una pena così elevata è legata a una <<tradizione di richieste di patteggiamento coercitive, tramite accuse eccessive, per assicurarsi una sentenza di condanna>>. La giuria, che verrebbe selezionata tra <<persone connesse con il governo, agenzia di sicurezza nazionali e imprese militari private>>, rischia di non essere indipendente. 

È la prima volta nella storia degli USA, l'unico paese dell'"illuminato" occidente ad applicare la pena di morte, che un editore viene processato per avere ottenuto e pubblicato dei segreti di stato. 

La difesa afferma che prima di questa causa esisteva <<una pratica consolidata di non accusa per gli editori>>, come testimonia il caso dei "Pentagon Papers": negli anni '70 l'allora militare Daniel Ellsberg girò alla stampa 7000 documenti top-secrets riguardanti, tra le varie cose, la guerra del Vietnam. Fu accusato di spionaggio e si intimò ai giornali di non procedere con la pubblicazione. In tribunale fu assolto e le rivelazioni furono consentite sulla stampa in base al Primo Emendamento della costituzione americana, che regola la libertà di espressione.

17.2.24

NON TI INTERESSA LA POLITICA?!

TANTO NON CAMBIA NIENTE?!


Senti spesso dire (o dici) “non mi interessa la politica”, “tanto non cambia niente”, “i politici sono tutti uguali”, per poi cadere nella rassegnazione? Allora continua a leggere questo post di filosofia spicciola della rubrica “Valvola”(e incluso anche in “Define”). Troverai degli spunti di riflessione molto semplici per ragionare sull’evenienza di rifiutare la parola “politica” in ogni accezione, o per rispondere a chi se ne disinteressa totalmente, cedendo a passività o indifferenza.

Infatti, non esistono azioni che, per quanto piccole possano essere, non producano delle conseguenze, mentre esistono degli “alibi collettivi” per rassegnarsi, giustificare e accettare, anche solo tramite l’indifferenza, le ingiustizie. Oppure per accontentarsi di piccole “concessioni” che in realtà dovrebbero essere dei diritti.

Inoltre, la parola politica non può essere associata solo a quella fatta dai partiti, in particolare quelli dalla “Seconda Repubblica” in poi (per rimanere nel contesto italiano)... Viviamo in un'epoca di de-politicizzazione totale, e dobbiamo assolutamente ritornare a interessarci di "Politica", capire che questa parola non è solo questione di "politica partitica", andando al di là delle affiliazioni populiste, dogmatiche e, per l'appunto, partitiche.


Figure di persone disegnate in maniera semplice, che si tengono per mano e che espongono 3 cartelli: uno ha un punto esclamativo, un altro interrogativo e l'ultimo entrambi



3.5.23

NON C'È GIUSTIZIA SENZA VERITÀ!

STELLA MORIS, LEGALE E MOGLIE DI ASSANGE: <<I SEGRETI DI STATO NON SONO QUALCOSA DI NATURALE>>


 

Nell'immagine superiore uno striscione in cui Julian Assange è simbolicamente imbavagliato da una bandiera statunitense. Sotto lo screenshot della testata del sito del festival, raffigurante l'automobile in cui è stato giustiziato Giancarlo Siani, una Citroen Mehari: l'ideatrice e la direttrice del festival, Desirée Klain, ha ricordato che la criminalità organizzata è la forma di terrorismo diffusa nel pezzo di pianeta in cui abitiamo.
Nell'immagine superiore uno striscione in cui Julian Assange è simbolicamente imbavagliato da una bandiera statunitense. Sotto lo screenshot della testata del sito del festival, raffigurante l'automobile in cui è stato giustiziato Giancarlo Siani, una Citroen Mehari: l'ideatrice e la direttrice del festival, Desirée Klain, ha ricordato che la criminalità organizzata è la forma di terrorismo diffusa nel pezzo di pianeta in cui abitiamo.


Torniamo a parlare di Julian Assange dopo aver incontrato Stella Moris a “Imbavagliati, Festival Internazionale del Giornalismo Civile”, dove ha ricevuto il Premio Pimentel Fonseca.

 

Stella Moris mette, letteralmente e in senso figurato, la faccia nella cornice realizzata dal gruppo "Free Assange Napoli", che recita <<non si può arrestare la nostra libertà ad essere informati>>. Sullo sfondo alcune tavole della mostra realizzata dall'artista Gianluca Costantini, dove spicca l'immagine di Mario Paciolla, osservatore dell'ONU morto in Colombia in un omicidio mascherato da suicidio.
Stella Moris mette, letteralmente e in senso figurato, la faccia nella cornice realizzata dal gruppo "Free Assange Napoli". Sullo sfondo alcune tavole della mostra realizzata dall'artista Gianluca Costantini, dove spicca l'immagine di Mario Paciolla, osservatore dell'ONU morto in Colombia in un omicidio mascherato da suicidio.


Dopo aver seguito una serie di festival di auto-produzioni grafiche ed editoriali (“Ué Underground Eccetera”, “Raise Your Zine”, “Crack! Vudu” e “Santa Feira”) oltre a quello organizzato da Mediterranea Saving Humans, “A Bordo!”, il nostro auto-inviato per nulla speciale, il difficilmente gestibile Cronista Autogestito, si è recato a un evento più “formale” e “istituzionale”, ma non per questo meno valido e denso di spunti di riflessione sul ruolo del giornalismo, sulla censura e sulla ricerca della Verità.

 

Stella Assange riceve la targa del premio


Nel post che segue ci focalizziamo principalmente sulla vicenda dell’hack-tivista australiano, sugli aspetti della sua attività che alcuni considerano controversi mentre, a nostro dire, di controverso c’è solo il tentativo di incarcerare chi si batte per un’informazione libera, senza la quale non ci può essere una società giusta ed equa.

Nella parte conclusiva troverete alcune considerazioni che ci sono rimaste particolarmente impresse della tre giorni, che si è conclusa Sabato, su diversi temi che ci sono particolarmente a cuore: dalle "persone in movimento" al tema della detenzione, passando per la guerra e le mistificazioni di certi meccanismi mediali.

 


CONOSCENZA, POTERE E SEGRETI: UN CASO POLITICO PIÙ CHE GIUDIZIARIO

L’informazione e le conoscenze corrispondono a un potere, un potere tanto vasto quanto basilare, dato che siamo l’unica specie sulla Terra che può tramandare conoscenze complesse ai posteri. 

Il potere del sapere dovrebbe essere distribuito equamente fra tutti, così come ogni altra risorsa, materiale e non. 

Julian Assange è tra i fondatori della piattaforma Wikileaks il cui scopo era quella di prendere informazioni, e dunque potere, da chi ne aveva molto, per poi “redistribuirlo” e restituirlo alla collettività, proteggendo al contempo chi forniva quelle informazioni tramite sistemi di cifratura. La mole di documenti era immensa e per questo alla stessa collettività, oltre che al suo team, spettava il compito di controllare quelle notizie, prevenendo la pubblicazione di notizie deliberatamente false o pericolose: questo concetto è a nostra detta cruciale, perché implica un controllo collettivo dell’informazione, un protagonismo auto-gestionario nelle verifica delle fonti che non dovrebbe essere delegato solo agli specialisti della comunicazione e della politica.

Come abbiamo già argomentato, chiedere la liberazione di Assange è un dovere morale di tutti quelli che hanno a cuore la libertà di parola, e il suo caso è preminentemente politico, più che mediatico e giudiziario: hanno prima imbastito contro di lui uno scandalo sessuale in Svezia, si è poi rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador londinese “auto-recludendosi” per 7 anni, e da 4 anni è in un carcere di massima sicurezza britannico, dove vive in un isolamento totale e barbaro per 22 ore al giorno in attesa che venga esaminata la richiesta di estradizione verso gli USA, dove rischia 175 anni di prigione per spionaggio o, addirittura, la pena di morte, se l'accusa formulata nei suoi confronti fosse quella di cospirazione. Negli Stati Uniti è accusato in base al cosiddetto “Espionage Act”, una legge promulgata nel 1917, quando la tecnologia che fa funzionare le nostre radio era ancora agli albori, quando la concezione della libertà di stampa era molto diversa da quella attuale, quando non esistevano ancora le potenzialità della rete di favorire sia la comunicazione libera sia un controllo repressivo e capillare vagamente immaginato da scrittori come Orwell.

Dopo aver provato a macchiare indelebilmente la sua immagine con l’accusa (caduta e infondata) di stupro, chi lo incolpa sostiene che l’attivista, giornalista e programmatore sia un terrorista o una spia al servizio di qualche oscura potenza statale. Secondo chi scrive queste accuse sono delle fandonie campate in aria: la piattaforma Wikileaks infatti ha ospitato migliaia di documenti non facendo sconti a nessuno, né agli USA, né alla Russiané alla Cina, né ai potentati delle multinazionali private, ed è anche per questo che è molto complicato valutare in maniera precisa l’estensione del “raggio” di “nemici” che Assange e il suo team, oltre alle diverse testate internazionali che hanno collaborato con loro, si sono fatti, ed è per questo che non bisogna smettere di indagare e parlare di questa immensa vicenda.

E comunque, se pure volessimo ammettere per assurdo che Assange fosse uno dei peggiori terroristi di tutti i tempi e non uno dei giornalisti più coraggiosi e preparati della storia, se pure volessimo additarlo come “il nemico pubblico numero 1” del “disordine” mondiale costituito, bisognerebbe come minimo assicurargli delle condizioni detentive che siano il più umane possibile (abbiamo scritto diversi articoli sul tema della detenzione in merito, come questo dedicato al caso Cospito).

 


ASSANGE È UN SANGUINARIO PERCHÉ HA DETTO LA VERITÀ?!

Oltre all’accusa di essere al soldo di qualche agenzia di intelligence molti imputano ad Assange l’avere le mani “sporche di sangue” per le conseguenze delle sue rivelazioni, come accaduto in Kenya quando, in occasione delle elezioni del 2007, delle rivelazioni di Wikileaks innescarono un’ondata di violenza. 

In merito alla vicenda Assange dichiarò a Carole Cadwalladr del The Guardian nel 2010: <<in quel frangente morirono circa 1300 persone e 350 mila dovettero fuggire. Fu un risultato della nostra nostra fuga di notizie. D’altra parte gli abitanti del Kenya avevano diritto a sapere che 40 mila bambini morivano di malaria, e che molti altri morivano per il denaro portato al di fuori del Kenya e della conseguente svalutazione dello scellino (…) Bisogna iniziare con la verità. La verità e l’unica maniera per arrivare da qualche parte, perché ogni decisione basata su bugie o ignoranza non può condurre a buone conclusioni>>. Altre accuse affini a questa riguarderebbero il presunto pericolo di vita di diversi giornalisti, politici, diplomatici ed esponenti di ONG, a causa delle rivelazioni di Wikileaks.

Un giornalista dovrebbe cercare di essere “scomodo” anche verso le proprie convinzioni (e, come si sostiene nel manifesto programmatico di questa Zina/Rivista, manifestarle è in realtà un passo necessario per tendere verso la massima obiettività), e per questo abbiamo vestito i panni dell’“avvocato del diavolo” e abbiamo fatto questa domanda a Stella Moris:

<<Alcuni sostengono che la pubblicazione di certe notizie ha messo diverse vite a rischio: ammesso che sia vero, lei pensa che sia un prezzo necessario da pagare per avere una società e un mondo migliore?!>>. 

22.4.23

LIBERTÁ PER JULIAN ASSANGE!

CONOSCENZA È POTERE...

 

Nell'immagine un'attivista di "Free Assange Napoli" prova a dare un'idea diretta e "visiva" di cosa vuol dire vivere in una cella di due metri per tre con un'installazione in piazza Dante, a Napoli: un pezzo della piazza è recintato con nastro adesivo. La "cella" all'aperto è spoglia, e l'attivista legge un libro senza parlare con i curiosi che si avvicinano
Nell'immagine un'attivista di "Free Assange Napoli" prova a dare un'idea diretta e "visiva" di cosa vuol dire vivere in una cella di due metri per tre.


Nella prima parte di questo post il nostro "Scriba Contemporaneo" fa delle concise e taglienti considerazioni sulla vicenda politica, mediatica e giudiziaria del giornalista e "hack-tivista" Julian Assange. 

Nella seconda parte riportiamo le immagini di alcune proteste del gruppo partenopeo "FREE ASSANGE Napoli" che si battono per la sua libertà, e quindi anche per la libertà di informazione e conoscenza, oltre a un comunicato in cui si annuncia il prossimo arrivo a Napoli della moglie del fondatore di Wikileaks, Stella Moris (si sono sposati in carcere).

 

CONOSCERE  È POTERE

Conoscere è potere, e quando la conoscenza viene limitata o concentrata solo nelle menti e nella mani di poche persone, anche il potere di incidere sulla realtà viene limitato o concentrato.

La piattaforma Wikileaks (nome che fonde la parola “wiki” con “leak” ossia “perdita” nel senso di “fuga di notizie”) fondata dal giornalista e attivista-hacker Julian Assange, è arrivata a ospitare decine di migliaia di testi riservati, dati, notizie, corrispondenze diplomatiche e video sui più disparati argomenti.

I primi documenti e video pubblicati a fare scalpore furono forniti più di dieci anni fa da un militare statunitense, Bradley Edward Manning, che diventerà Chelsea Elizabeth Manning dopo un percorso di transizione di genere, e documentavano gli abusi e le stragi dell’esercito americano (nel video che segue c'è un estratto di una puntata del programma Rai Presa Diretta che mostra quelle immagini, oltre alle interviste dei familiari delle vittime civili irachene, non a caso il video è stato intitolato “Collateral Murder”, ossia “Danni Collaterali”).


 


 

Si parla molto dei “big data”, dei dati che multinazionali private e organizzazioni governative raccolgono sui cittadini del pianeta, “profilandoli” principalmente per scopi commerciali, e acquisendo il potere di  predire e influenzare le nostre scelte, online e offline, ma anche di attuare repressioni immorali e illegali. La difesa della nostra privacy può servire dunque a conferire meno potere a chi ne ha già molto...

Wikileaks ha ribaltato questo meccanismo: si prendono informazioni da chi è già “potente” e si rendono pubbliche, tentando di trasferire quel potere, quelle conoscenze tanto dolorose quanto utili, alla collettività, e cercando al contempo di proteggere tramite dei meccanismi di cifratura i cosiddetti “whistelblowers”, ossia le “talpe” che all’interno di un’istituzione, un’azienda o un’organizzazione denunciano dei fatti, come ha fatto Chelsea Manning. Stando a quanto riportato da Assange e dalle FAQ di Wikileaks, i documenti vengono revisionati da un team di cui lui stesso faceva parte, tenendo presente che <<la più semplice ed efficace contromisura>> per prevenire fughe di notizie deliberatamente false o pericolose <<è una comunità mondiale di utenti informati e curatori che può esaminare e discutere i documenti>>.

14.8.22

Soldi e potere

Pubblichiamo oggi, per lo spazio virtuale chiamato Valvola, un aforisma su soldi e potere.