10.9.25

COLPITA DI NUOVO LA GLOBAL SUMUD FLOTILLA

È IL SECONDO ATTENTATO IN 24 ORE



Due fotogrammi che registrano il momento dell'impatto: si vede una scia di fuoco abbattersi sulle imbarcazioni.
Le immagini dei due attacchi ripresi dalle telecamere di sicurezza


Colpita due volte in Tunisia e in una singola giornata la “Global Sumud Flotilla”, la flotta di navi civili che vuole tentare di rompere l’assedio a cui Gaza è sottoposta da quasi vent’anni. La prima volta la “Family Boat”, la nave ammiraglia della missione umanitaria, è stata attaccata intorno alle ore 23:30 italiane di Lunedì. Poi, a distanza di circa 24 ore, è toccato alla nave “Alma”. I filmati delle telecamere di sicurezza mostrano degli ordigni incendiari scagliati dall’alto, presumibilmente da droni o da altri tipi di velivoli pilotati a distanza.

Fortunatamente, gli attivisti a bordo stanno bene, ma al danno si aggiunge la beffa delle autorità tunisine: dopo il primo attacco hanno negato di aver rilevato droni nel loro spazio aereo e hanno dichiarato che a generare l’incendio sarebbe stato un mozzicone di sigaretta. Gli attivisti, invece, puntano il dito contro gli investigatori: raccontano che si sono recati sulla scena del crimine non per fare indagini, ma per far sparire materiale compromettente, che dovrebbe scatenare una crisi diplomatica, visto che per compiere i due attentati terroristici sono stati sorvolati i cieli tunisini.


MENO RISCHIO E MENO IMPEGNO

In questi giorni la presidente Meloni ha dichiarato che ci sono <<canali meno rischiosi e meno impegnativi>>, rispetto a quelli praticati dagli attivisti della “flotilla”. Le tonnellate di aiuti che hanno raccolto sono simboliche dal punto di vista materiale, ma sono fondamentali per fare pressione affinché dei concreti canali umanitari siano aperti.

Certamente, i lanci di aiuti dagli aerei che fanno arrivare pochissimo cibo sono più rischiosi per i palestinesi, che muoiono letteralmente schiacciati o che vengono ridotti a lottare letteralmente per un pezzo di pane. E sono meno impegnativi per i governi che supportano uno stato che pratica apartheid e genocidio.

Così si dice all’opinione pubblica che si è fatto quello che si poteva, mentre si potrebbe fare molto di più: aprire una crisi diplomatica e mandare le marine militari a consegnare gli aiuti, visto che la potenza occupante, che avrebbe l’onere di sobbarcarsene i costi, viola il diritto internazionale ostacolando il flusso di beni di prima necessità e usando la fame come arma di guerra. E anche l’ONU potrebbe mandare i suoi “caschi blu”, quelli che sono stati colpiti più volte da quello “stato canaglia” al quale non si impongono sanzioni di alcun tipo.  
                          

Certamente, le trappole per umani camuffate da centri di distribuzione degli aiuti (come confermano tutte le ONG internazionali che operano sul campo e perfino un soldato privato statunitense che ha lavorato per      la sedicente fondazione "GHF") sono meno rischiose e impegnative per quei governi che, da gennaio 2024 (quando il massimo organo giudiziario ONU stabilì che il genocidio, già allora, era plausibile), avrebbero dovuto cessare immediatamente di supportare Israele. 

Ed è anche poco impegnativo, per adesso, fingere di credere alle fandonie della propaganda israeliana: “noi facciamo entrare gli aiuti, ma Hamas li ruba tutti”, si dice. Bene, anche facendo finta di non ricordare che il criminale genocida Benjamin Netanyahu ha ammesso pubblicamente di aver armato quelle bande di gazawi che lucrano sugli aiuti, in chiave anti-Hamas, resta un fatto molto logico: se gli aiuti entrassero realmente in abbondanza, verrebbe meno la motivazione per rubarli.

Sarebbe più impegnativo dire a una potenza nucleare e illegale che forse non sarebbero dovuti transitare nei nostri cieli pochi giorni fa, evento confermato dal ministro della difesa Crosetto, secondo il quale gli aerei israeliani atterrati a Sigonella dovevano fare solo rifornimento: non erano lì per ostacolare o spiare la “flotilla”, dovevano solo prendere un po’ di carburante per andare a continuare le stragi degli innocenti...

Sarebbe più impegnativo esigere delle spiegazioni su quel relitto-missile israeliano rinvenuto nelle acque siciliane.

Sarebbe stato più impegnativo fare delle indagini lo scorso Maggio, quando una nave della “Freedom Flotilla” è stata bombardata da dei droni, dopo che era stata bloccata a ridosso delle acque maltesi.

La società civile può fare solo una cosa collettivamente, che si può tradurre in tante piccole azioni di gruppi e singoli: ribellarsi. Ribellarsi e chiedere giustizia, esigendo che i criminali israeliani vengano fermati e processati. Bisogna sanzionare "dal basso" tutte quelle aziende complici del genocidio boicottando i loro prodotti, visto che l’Occidente riesce a sanzionare solo Putin. E questo serve solo per cominciare: il genocidio avrà conseguenze per decenni e affonda le sue radici in altrettanti decenni di soprusi, barbarie e occupazione. L'umanità è morta a Gaza: proviamo a dargli almeno degna sepoltura.


Lo Skietto







Possiamo cominciare a fare qualcosa di concreto contro il genocidio partendo da quello che mettiamo nel carrello della spesa: scaricate applicazioni come “No Thanks” e “Boycat” (le abbiamo testate entrambe e la prima sembra funzionare meglio), seguite le campagne del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e non acquistate prodotti di aziende che fanno affari con uno stato terrorista che applica l'apartheid e pratica il genocidio.



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ultima modifica 10/09/2025 12:10

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