La scorsa settimana abbiamo inaugurato una serie di post intitolati “Come va a finire?”, in cui seguiamo l’evoluzione di alcuni eventi per capire, per l’appunto, “Come andrà a finire”…
Ci eravamo occupati della volontà di Svezia e Finlandia di entrare nella NATO (cominciata a palesarsi sin dall’invasione russa della Crimea nel 2014) e delle condizioni poste dalla Turchia: consentire un maggiore export di armi e la consegna di più di 70 persone considerati come “terroristi” da Ankara. In questo breve post rendiamo conto di alcuni aggiornamenti: almeno una persona è pronta per essere estradata verso la Turchia, ma il ministero della giustizia svedese non ha specificato se era tra quelli specificamente indicati dopo l’accordo di Madrid.
La dichiarazione perentoria del ministro degli esteri turco
Sono ancora 7 i paesi che devono ratificare l’entrata di Svezia e Finlandia nella NATO, tra questi la Turchia rappresenta l’ostacolo principale. Nell’articolo di una settimana fa avevamo parlato della “lista di proscrizione” consegnata ai due paesi scandinavi dopo il memorandum trilaterale siglato a Madrid a Giugno, accordo che mette alla prova l’essenza stesse delle due democrazie.
Diverse testate internazionali riportano la dichiarazione del ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu (in foto a sinistra), a proposito: <<Vogliamo conoscere perché la strada necessaria all’entrata non è stata intrapresa. Non c’è fretta per noi. Naturalmente abbiamo fretta per il problema del terrorismo, ma alla fine sono loro i paesi che vogliono diventare membri della NATO>>, e che farebbero salire il numero dei membri del Patto atlantico a 32. Anche le proteste di alcuni curdi a Stoccolma, poche settimane fa, sono state bollate come “propaganda terrorista”.
Come avevamo spiegato, i contorni dell’accordo sembrano sfocati al punto da poter essere in qualche modo “aggirati” dai due paesi scandinavi che, stando a quanto riportava una testata turca, avrebbero rassicurato dissidenti, rifugiati e persone ricercate dalla Turchia, anche grazie a una serie di requisiti legali legati al processo di estradizione.
Nello specifico il paese guidato dall’autocrate Erdogan vuole ottenere l’espulsione e l’estradizione di membri (o presunti tali) del PKK, del PYD/YPG e di FETO; le prime tre sigle sono collegate alla lotta partigiana curda, mentre l’ultima al movimento gulenista; ricordiamo anche questa volta che solo la prima sigla, ossia quella che indica il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, è ancora considerata ufficialmente come terrorista da diversi organismi e stati, cosa che a nostro avviso costituisce comunque una conferma della pretestuosità della richiesta turca.