RIFLESSIONI SUL CAPITALISMO URBANISTICO E SULLA TURISTIFICAZIONE SELVAGGIA
Torniamo a parlare del diritto all’abitare dopo che
avevamo seguito un’installazione/azione di
attivist* del nodo napoletano di “S.E.T. diritti al tempo del turismo”
(parte della rete di lotta e resistenza contro l’industria turistica denominata
“città del Sud Europa di fronte alla Turistificazione”).
Lo facciamo prendendo spunto dagli interventi fatti
durante il corteo che si è tenuto ieri a Napoli, partito da Piazza Dante e
giunto fino a Palazzo San Giacomo, contrassegnato dal motto “Resta abitante!”:
un primo risultato è stato l’aver ottenuto un tavolo di discussione tra il
Comune e la rete di comitati, associazioni e collettivi scesi in piazza...
RIVENDICHIAMO IL BISOGNO PRIMARIO DEL TETTO... INSIEME A QUELLO DEGLI SPAZI DI AGGREGAZIONE!
Il diritto ad abitare è legato a uno dei bisogni primari degli umani, e cioè il diritto ad avere un tetto sopra la testa che è anche il bisogno primordiale di avere un “riparo”.
Diritto all’abitare non vuol dire però solamente avere “quattro mura” in cui espletare le proprie funzioni vitali, non vuol dire risiedere in dei “quartieri dormitorio” dove rincasare dopo una giornata di sfruttamento più o meno legale, abboffandosi di intrattenimento-mediatico-spazzatura per poi crollare stremat* davanti a uno schermo…
Diritto all’abitare significa costruire degli spazi urbani interconnessi in cui sviluppare senso di comunità e aggregazione sociale tramite una pianificazione partecipata e inclusiva, vuol dire avere degli spazi dove poter praticare gratuitamente attività ludiche, attività fisica come una banale camminata in un parco, vivere in città non progettate principalmente per la circolazione di automobili, essere circondati dal verde da ammirare e respirare...
Questi diritti sono però minati dalle speculazioni del capitalismo urbanistico, da cicli produttivi e dinamiche che arricchiscono pochi a danno di molti...
Sono le aziende e i privati, principalmente multiproprietari, in possesso di abitazioni affittate ai turisti a prezzi esosi, garantendo in pochi giorni di pernottamento un profitto che cittadine/i “comuni” fanno fatica a sborsare per interi mesi d’affitto, e rendendo ancora più scarse le abitazioni in un mercato dai prezzi oltre il limite del proibitivo.
Sono i pochi i privilegiati, principalmente multinazionali, che costruiscono fortune sui viaggi di persone che una vacanza possono permettersela, incrementando i problemi della gestione dei rifiuti, dell’aumento del costo della vita (non solo quello degli affitti ma anche dei beni di prima necessità, con negozi di prossimità che chiudono e “tourist-trap” che spuntano come funghi), della gestione dei traballanti trasporti pubblici, della privatizzazione degli spazi pubblici e del patrimonio storico e artistico, dell’inquinamento prodotto dalle navi da crociera e dagli aerei, degli smaltimenti irregolari che seguono le ristrutturazioni, della negazione del diritto allo studio per studenti fuorisede che non possono usufruire delle borse di studio perché non vengono fatti i contratti per gli alloggi, della precarizzazione di lavoratori stagionali e dell’industria del turismo senza contratto o con contratti che costituiscono una vera e propria forma di sfruttamento anche se formalmente legale, degli sfratti degli abitanti “storici” dai quartieri che diventano “alla moda”, innescando processi di gentrificazione temporanei, che di solito terminano quando non sono più in voga, per poi “regredire” allo status di “periferia” o di zona “off-limits” nel momento in cui nuove aree acquisiscono notorietà e vantaggi “logistico-economici”, dettati dai cicli del capitalismo urbanistico e dall’imperativo di costruire “città-vetrine” piene di “non luoghi” da attraversare “consumando”, gradevoli agli occhi di fugaci visitatori, ma sempre più difficili da abitare concretamente…