16.4.23

UCCISI SOLO PERCHÉ ITALIANI?!

LA FIGLIA DI UN MARTIRE DÀ RAGIONE ALLA MELONI


L’ECCIDIO DELLE ARDEATINE ANNUNCIATO VIA RADIO?!


LE ALTRE IMPROBABILI TEORIE DEL COMPLOTTO SUI FATTI DI VIA RASELLA

 

i titoli degli articoli di Libero relativi ai fatti di via Rasella, l'immagine di Sallusti mentre lo dichiara l'atto più stupido della resistenza
In foto gli screenshot dei "titoloni" del quotidiano Libero, Sallusti mentre sostiene che l'attacco di via Rasella è stata la "strage più stupida della resistenza, il documento su Romolo Gigliozzi archiviato dall'ANFIM e i resti delle vittime dell'eccidio delle Fosse Ardeatine


Oggi torniamo a parlare dei fatti di via Rasella: la scorsa settimana abbiamo pubblicato un corposo post che spazia dalle narrazioni generiche sulla Resistenza alle polemiche e diatribe sui fatti specifici dell’attacco di via Rasella e sull’Eccidio delle Fosse Ardeatine; oggi invece parliamo della testimonianza della figlia di una delle vittime, riportata dal quotidiano Libero una decina di giorni fa...

 


LA FIGLIA DELLA VITTIMA CHE DÀ RAGIONE ALLA MELONI

Con quest’articolo di fact-checking “storico”, così come in generale in tutti gli articoli della rubrica “Chekka Il Fatto, non vogliamo o non possiamo sempre affermare delle verità “definitive”, ma possiamo iniziare almeno a porci dei dubbi, a proporre degli spunti di ricerca e riflessione, e a confutare quanto appare largamente inconsistente...

La scorsa settimana abbiamo parlato approfonditamente della dichiarazione “revisionista” della premier Giorgia Meloni che, nell’anniversario dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine, ha affermato che i bambini e gli uomini fucilati dai nazisti erano stati <<uccisi solo perché italiani>>.

In difesa della Meloni e con analoghi intenti di “riscrivere la storia” anche la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa, aveva rispolverato delle vecchissime fake-news su quei fatti in un’intervista di Libero, affermando che i nazisti del battaglione Bozen, un reggimento di polizia direttamente collegato alle SS naziste, erano in realtà dei <<semi-pensionati>> (avevano invece tra i 26 e i 43 anni) di una <<banda musicale>> (in realtà quei nazisti erano obbligati a cantare mentre marciavano e per questo nei ricordi di alcuni, tra cui il fratello della signora intervistata dal quotidiano mainstream, erano diventati una “banda musicale”).

 

Sullo stesso quotidiano, che ha intervistato La Russa mentre tentava di difendere la sua pupilla-premier, è apparsa anche la dichiarazione della figlia di una delle vittime che dà ragione alla Meloni: <<ha ragione, papà ucciso perché italiano>> dice Liana Gigliozzi, classe 1941 e candidata nella lista di Giorgia Meloni alle amministrative di Roma nel 2016, figlia di Romolo Gigliozzi: nell’intervista non nasconde la sua “tendenza a destra” chiarendo che <<di Giorgia Meloni ho sempre apprezzato la persona, non solo il politico di cui comunque condivido tanto>>. In un’altra intervista rilasciata ad Antonio Iovane de La Repubblica nel 2013 la donna aveva parlato del suo incontro con Erich Priebke, speranzosa di conoscere di più sulle circostanze dell’arresto del padre, ma il criminale di guerra nazista, condannato proprio per quella rappresaglia, in quel frangente le aveva detto che aveva <<eseguito solo un ordine>>.

Suo padre fu rastrellato dai nazisti nei pressi di via Rasella, quando lei aveva compiuto da pochi giorni appena 3 anni, e lì gestiva un bar-latteria: proprio al momento dello scoppio al suo interno si trovavano altri partigiani, dei comunisti che però non facevano parte del Partito Comunista Italiano, ma del movimento “Bandiera Rossa”, e cioè del Movimento Comunista d’Italia. Sulla presenza di quei tre militanti e, più in generale, sui fatti di via Rasella, ci sono diverse tesi:

secondo la più “complottista” i militanti del McdI si trovavano lì perché erano stati attirati con un tranello da una spia;

secondo un’altra tesi “cospirazionista”, affine a questa, si pensa che quell’attentato (così come altre azioni del genere) sia stato attuato con l’intento di far scatenare un’insurrezione della popolazione (prevedendo e mettendo in conto le brutali rappresaglie) e di ottenere il vantaggio politico di “eliminare” altri avversari dell’area antifascista, dato che tra le fila dei prigionieri sui quali si sarebbero scatenate le vendette non c’erano i propri compagni di partito o questi erano molto pochi;

la spiegazione più realistica è che quei tre militanti comunisti, non affiliati al PCI, si trovavano lì per pianificare un nuovo attentato con il supporto del proprietario del bar, ossia il padre dell’orfana che dà ragione alla Meloni.

Liliana è anche la nipote di Giovanni Gigliozzi che ha presieduto l’ANFIM, Associazione nazionale famiglie italiane martiri caduti per la libertà della patria, <<impegnata nel ricordo delle donne e degli uomini -antifascisti, partigiani, semplici civili- vittime delle stragi compiute durante l’occupazione dell’Italia centro-settentrionale da parte dei tedeschi e della Repubblica sociale>>.

L’archivio dell’ANFIM è digitalizzato e presente sul sito del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, dove ci sono delle schede con i dettagli sui frammenti di storia delle vite spezzate dalla furia nazista: vengono riportati i dati relativi all’arresto, all’appartenenza politica, alla fede religiosa, ai reparti militari in cui si era stati inquadrati e alla professione.

Consultando la scheda di Romolo Gigliozzi si legge che era cattolico, faceva l’autista, aveva combattuto come volontario in Africa con la Divisione Sabauda e che era tra quelle persone arrestate e rastrellate nei pressi di via Rasella dopo l’attentato. Si legge anche che apparteneva al Partito Socialista Italiano: suo cugino confermò che <<era di idee socialiste>> e la moglie, nonché madre di Liliana e Silvio, firmò i documenti dell’archivio che attestano la sua “fede” politica.

 

l'immagine della scheda di Gigliozzi sull'archivio online dell'ANFIM
Immagine della scheda di Gigliozzi sull'archivio online dell'ANFIM


Ma secondo la figlia quest’ultimo dato è errato: <<dicono che era schedato come socialista, ma in realtà non c’entrava nulla. Uscì dal bar che stava proprio sulla via, preoccupatissimo, per cercare me e mio fratello dopo il boato (…) Mio padre è stato ucciso dai tedeschi ma sono stati i gappisti a volere la rappresaglia>>. Poi però nella stessa intervista, dopo aver sottolineato nuovamente che <<ne presero dieci per ogni tedesco. Non solo antifascisti. Furono ammazzati in quanto italiani, a prescindere dalla loro appartenenza politico o religiosa>>, sembra smentire sé stessa: <<mio papà stava al bar, era socialista ma è morto con la giacca bianca da lavoro...>>.

Secondo lo storico Alessandro Portelli, autore del libro che già dal titolo allude alla segretezza con cui i tedeschi misero in atto la rappresaglia, e cioè “L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria” (edito dalla Feltrinelli nel 2012) si sostiene che <<i figli di Romolo Gigliozzi affermano orgogliosamente l’apoliticità del padre. Forse, bambini, non se ne rendevano conto; forse lui li proteggeva non facendoglielo sapere. Comunque, i figli hanno preferito coltivare la figura di Romolo come vittima inconsapevole>>.

 

 

IL FANTOMATICO ANNUNCIO VIA RADIO

E infatti nell’intervista di Libero ritorna la tesi secondo cui i partigiani avrebbero potuto evitare la strage consegnandosi, e quindi che le vittime delle Ardeatine sono morte “al loro posto”, teoria che, come abbiamo argomentato nello scorso post, possiamo definire eufemisticamente fragile per diverse ragioni.

Tra l’altro lo storico Alessandro Barbero ricorda come, dopo che questa teoria dell’improbabile invito a consegnarsi tramite radio o manifesti cartacei era stata smontata (dagli stessi nazisti a processo), si cominciò a dire che i partigiani avrebbero dovuto presentarsi spontaneamente, addirittura... 

Antonio Rapisarda, il cronista di Libero, chiede: <<i partigiani sapevano a cosa sarebbe andata incontro la società civile con quell’attentato?>>, e Liliana Gigliozzi risponde: <<Certo. Ho il ricordo personale di mia madre. La sera dell’attentato, dopo poche ore, ci fu un comunicato radio: spiegava che doveva presentarsi il responsabile dell’attentato onde evitare la rappresaglia. Responsabile e responsabili che ovviamente non si sono mai presentati. Pensi che si era fatto avanti anche mio zio Domenico, scapolo: “Prendete me a posto di mio fratello che ha due bambini piccoli”. I tedeschi non accettarono. Il risultato è storia: dieci italiani uccisi per ogni soldato tedesco>>.

Le dichiarazioni di Liana Gigliozzi in merito al presunto comunicato radio, riportate però nel citato libro dello storico Portelli, sono, apparentemente, leggermente diverse: <<hanno scritto un comunicato per radio che hanno detto che se si presenta il colpevole verranno salvati… per lo meno quello che diceva mia madre>>. E anche suo fratello che all’epoca aveva 10 anni, nello stesso libro, dà credito alla leggenda della “banda musicale” di nazisti delle SS “spacciata” da La Russa: <<questi di questa banda musicale erano tutti italo-tedeschi, di Bolzano, la sera tornavano e erano tutti amici di mio padre, si fermavano al bar a bere birra, parlano italiano, me lo ricordo>>


Sallusti intervistato a DiMartedì su La7
Sallusti intervistato a DiMartedì su La7

 

Nella continuazione dell’intervista apparsa sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, che ha definito via Rasella <<la strage più stupida della resistenza>>, azione incitata dal comando alleato che ne ha pure apprezzato il valore morale e militare, la signora Liliana continua: <<hanno mandato a morire 335 innocenti. La guerra era di fatto finita, Roma era stata dichiarata “città aperta”. Che atto eroico è stato? Buttare una bomba su trentatré altotesini? Questo ancora deve arrivare qualcuno a spiegarmelo>>. Che fossero 33 altoatesini era vero, così come che Roma era stata dichiarata città aperta, ossia c’era un accordo per non operare militarmente risparmiando alla capitale devastazioni di una certa entità: peccato che i tedeschi non rispettavano quell’accordo dichiarato unilateralmente... E quindi anche gli alleati, che incoraggiarono e apprezzarono quell’attentato perché si era osato sfidare il nemico nazifascista, continuavano a bombardare la città provocando “danni collaterali”, ossia tantissime vittime civili, che forse sarebbero state molte di più se non ci fosse stato l’attacco di via Rasella.

L’intervista continua con le teorie “complottiste” mai provate fino a oggi di cui abbiamo fatto cenno, oltre all’immenso dolore che ha segnato la sua esistenza: <<Si dice che l’obiettivo fosse far sollevare Roma contro i tedeschi. Non è successo. L’attacco non ha avuto nessun risvolto a livello politico. Sempre se in realtà – come sostengono alcune tesi – l’obiettivo dei gappisti non fosse quello di far colpire l’altra cordata, non comunista e interna alla stessa Resistenza. Il risultato, per ciò che mi riguarda, è che sono cresciuta senza padre. Finita in un collegio. Chi devo “ringraziare” per questa infanzia e questa adolescenza negate?>>

 

 

UCCISI PERCHÉ ANTIFASCISTI ED EBREI ITALIANI DA TEDESCHI ED ALTRI ITALIANI NAZIFASCISTI!

E soprattutto, quello che non dice la signora e che non ha detto la Meloni, è che la maggioranza, se non la quasi totalità di quelle persone, sono state uccise perché antifascisti ed ebrei da altri italiani e tedeschi nazi-fascisti.

I martiri, tra i 15 e i 74 anni, sono principalmente antifascisti, prigionieri politici, dissidenti e partigiani di tutti gli schieramenti, inclusi quelli cattolici (muore anche un sacerdote), liberali, monarchici e conservatori del Regio Esercito (questi ultimi erano i cosiddetti partigiani “azzurri”, “badogliani”), democratici, “azionisti” e, ovviamente, comunisti (non tutti filosovietici e che numericamente costituivano circa la metà delle e dei combattenti), socialisti e anarchici (tre vittime considerate anarchiche secondo Umanità Nova sono anche presenti nella lista dei circa venti “liberi muratori” morti nell’eccidio del Grande Oriente d’Italia), ma anche ebrei (75 erano arrestati per “motivi razziali”), detenuti in attesa di processo e “per motivi di pubblica sicurezza” di cui non si conosce il motivo dell’arresto, uomini rastrellati “a caso” nei pressi del luogo dell’attentato, persone che avevano salvato ebrei e militari angloamericani o che sostenevano i partigiani (per esempio un giovane di neanche vent’anni fu arrestato con l’accusa di fornire sigarette ai partigiani, altri solo per aver contribuito a diffondere “pubblicazioni clandestine”), e infine sette vittime non italiane e sette vittime non ancora identificate

Chi scrive ci tiene a precisare che moltissime fonti parlano di “detenuti comuni”, ma consultando le 335 schede dell’archivio menzionato e facendo altre ricerche su fonti aperte online ci risulta che, a parte la stragrande maggioranza di prigionieri politici, ci sono pochissimi per i quali o non è noto il tipo di incriminazione o il tipo di affiliazione politica.

 

 

ATTO DI GUERRA, NON ATTO TERRORISTICO

In conclusione: la signora ha avuto una vita stravolta dalla morte del padre per mezzo dei nazi-fascisti, per colpa di tedeschi ma anche di altri italiani, in primis. Abbiamo già spiegato che il gesto è stato criticato anche negli ambiti interni alla Resistenza che, come abbiamo argomentato, includeva persone di appartenenze politiche opposte, incluse ex militari dell’esercito regio e fascisti.

Tuttavia quell’attentato, se pure lo si volesse definire “sconsiderato”, è comunque un legittimo atto di guerra e non un atto terrorista (vi invitiamo a leggere anche il breve approfondimento sulla definizione di terrorismo).

Se ha ragione in merito all’appartenenza politica del padre non possiamo affermarlo con precisione assoluta, ma comunque le sue tesi sono in contrasto con quanto sottoscritto da sua madre e affermato da suo zio: forse il padre teneva nascosta la sua attività politica alla famiglia, o forse i fascisti hanno rastrellato persone a caso con accuse pretestuose e addebitando alle vittime militanze politiche che non corrispondevano al vero solo per completare la mortifera lista il più in fretta possibile... Resta il fatto che, fino a prova contraria, la stragrande maggioranze dei martiri erano antifascisti, prigionieri politici ed ebrei.

 

 

Maria Paulina Lackofmann


ultima modifica 20/04/2023 ore 16:56

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