ARTICOLI BREVI O LUNGHI PER LA SEO?!
ATTENZIONE: QUESTO POST è UN CLICKBAIT SOVVERSIVO
Vi apprestate a leggere un post con un titolo “clickbait sovversivo” dedicato alla lunghezza di articoli, post e contenuti informativi in generale.
State cercando un post che vi dice esattamente di quanti caratteri e parole deve essere un post o un articolo per posizionarsi meglio nei motori di ricerca?! Allora mi sa che siete nel posto sbagliato : ) ! Ma non è detto…
Si parla molto di SEO, acronimo di Search Engine Optimization, ossia di quelle strategie attuate per “piacere” agli algoritmi dei motori di ricerca che decretano -a torto o a ragione- se quello che si scrive è degno di finire in cima ai risultati delle ricerche online, oppure relegato nelle ultime pagine che raramente vengono raggiunte (anche perché possono essere svariate decine). Inoltre gli algoritmi dei motori di ricerca e dei social sono coperti dal segreto industriale e quindi già per questo la SEO non è una “scienza esatta” o quantomeno “aperta”, ed è una “disciplina” destinata a cambiare con l’avvento di strumenti come ChatGPT, che modificheranno ulteriormente anche le maniere in cui facciamo ricerche online, forse fornendoci precise e maggiormente ristrette risposte ad altrettanto precise domande, in maniera più dialogica…
Oggi per la SEO, a detta di chi scrive, contano molto di più delle pratiche (di solito orribili da un punto di vista etico-editoriale) di marketing, mentre invece molti anni fa contavano più dei “trucchetti” e degli studi sulle parole chiave da usare (da sempre invece contano una serie di parametri di architettura del sito web, parametri che per diverse ragioni contingenti, “idealiste” e programmatiche, non sono abbastanza curate tra le righe di questa Zina/Rivista come potete vedere: in soldoni privilegiamo il contenuto sulla forma...).
Ma il punto è forse un altro: dovremmo pensare di meno a cosa piace ai motori di ricerca, a quante visualizzazioni possiamo ottenere, e concentrarci maggiormente sul dire e scrivere qualcosa che secondo noi veramente conta! Non dobbiamo sacrificare l’“integrità” dei nostri contenuti, del nostro pensiero, in nome dell’imperativo della comunicazione puramente commerciale, che consiste nel far arrivare per forza il messaggio al più grande numero di persone possibile... Ci sono pubblicità, slogan brevissimi, tecniche subdole per diffondere i messaggi più o meno subliminali di multinazionali del cibo spazzatura, del tabacco e degli alcolici che arrivano a miliardi di persone: in questo caso è giusto far arrivare quel messaggio a quante più persone possibile?! E in altri casi che sono meno “estremi” ed esemplificativi di quello appena citato?! Dipende: non bisogna scadere nell’elitarismo o nel settarismo con contenuti per pochi, esoterici, ma a volte alcune cose potrebbero davvero essere capite da pochi per le più disparate ragioni. A volte forse dobbiamo identificare il “target” di persone alle quali comunicare un messaggio pensando a costruire delle relazioni durature e scambievoli, svincolate dalle logiche di mercato... O forse a volte sarebbe anche meglio tacere, semplicemente...
Forse dovremmo cominciare a ragionare su come sovvertire le logiche algoritmiche e comunicative, su come costruire dei contatti e delle relazioni “reali” più che virtuali, senza auspicare un ritorno all’età della pietra, ma sfruttando le tecnologie e perché no, reinventandole.
Magari dovremmo prepararci di più su come usare gli strumenti di ricerca in maniera più precisa, per esempio usando le funzioni avanzate di Google, degli archivi, delle emeroteche online e di altri strumenti simili, come quando si cerca una sequenza di parole, oppure di nomi usando le “virgolette”, che corrisponde alla funzione “ricerca una frase esatta”; o magari ricercare delle “combinazioni” di quelle “frasi esatte” all’interno di un documento; o magari ricercare delle parole in uno specifico periodo temporale o in una particolare lingua, escludendone altre (per escluderle da una ricerca di solito si usa il trattino “-”) eccetera eccetera... Più in generale servirebbe una maggiore educazione su come verificare “filologicamente” le fonti di una notizia, di un’affermazione… (la filologia è la disciplina che mira a interpretare testi, in particolare quelli letterari, ma anche a ricostruirli).
Non so dire se gli algoritmi considerano (ma credo che in qualche modo dovrebbero farlo) la lunghezza di un articolo in relazione alla “rarità” di una notizia o un contenuto… E probabilmente gli algoritmi delle grandi multinazionali, così come quelli che dicono di essere in grado di identificare la percentuale di “contenuti unici”, “contenuti duplicati” o “contenuti comuni” di un preciso sito web, con quale accuratezza riescono a stabilirlo è un altro paio di maniche però...
Le risposte che si ottengono da due motori di ricerca "chiedendo" la lunghezza ideale per la SEO di un articolo. Clicca o tocca l'immagine per ingrandirla |
Come vedete in foto ci sono articoli di siti specializzati nella SEO che, di anno in anno, si lanciano nel fornire delle stime esatte di quante battute dovrebbe essere lungo un post, perlomeno mediamente... Non so dire se queste scelte funzionino per attirare maggiori “users” (per me è meglio attirare “prosumers” o comunque qualcuno con cui interagire), non so dire se effettivamente un articolo con più parole riesce ad apparire in più ricerche perché potenzialmente include un maggior numero di “termini” (e quindi anche espressioni, nomi propri, toponimi) e quindi di potenzialmente maggiori combinazioni di queste che verranno digitate nelle buche o nelle “barre” di ricerca...
Sicuramente quando si scrive un articolo molto lungo la soglia di attenzione cala insieme al tempo di permanenza su un sito, sicuramente il dono della sintesi è qualcosa di molto prezioso, ma a volte serve tempo per spiegare dei fenomeni e delle notizie molto complesse... E serve anche tempo per leggerle: purtroppo (come ha spiegato bene la nostra Cronissa Nolletta nel post “Scriviamo quello che non vorremmo leggere!”, ci siamo disabituati ad “abbracciare la complessità” delle cose, ci abituiamo sempre più a una fruizione delle informazioni (anche quelle di intrattenimento) “mordi e fuggi”, modellata sul modello industriale dei fast-food e dell’obsolescenza pianificata (e cioè di quei meccanismi per creare dei “prodotti” che si devono rompere abbastanza presto così che ne andiamo subito a comprarne di nuovi per sostituirli, sacrificandoci alla divinità del consumismo)...
Siamo inondati di “junk-news” (all’italiana diremmo di “notizie-spazzatura”) omologate, da consumare voracemente e da dimenticare presto, in modo che passiamo a nuove notizie online, a nuovi programmi televisivi in maniera frenetica, facendo vendere anche più spazio per la pubblicità che può mettere gravemente in pericolo l’indipendenza dei giornali e dei media in generale.
Nel campo della comunicazione siamo inondati di richieste di lavoro che ci dicono: “devi scrivere almeno tot battute”, e poi si finisce per “allungare il brodo” come si faceva con i temi a scuola che dovevano essere lunghi almeno “tot facciate”. Ancora più spesso mi sento dire: “eh ma quell’articolo è troppo lungo, così non lo legge nessuno”. Il problema è forse che ci siamo abituati a leggere tantissimi testi brevi e frammentati, come quelli dei social, studiati con gli stessi meccanismi delle slot-machine per renderci dei “ludopatici-informativi” che passano sterminate ore a scrollare video di gatti, e poi non dedichiamo abbastanza tempo alla lettura di un libro interessante, o di un’inchiesta molto lunga e approfondita su un giornale online dedicata a un tema che socialmente dovrebbe essere più rilevante di video frivoli e virali che, però, sono “carini” e ci fanno tanto ridere (ma come degli scemi, senza farci riflettere)… Oppure altre volte desistiamo dall’approcciare dei testi perché ci sembrano troppo lunghi anche se potrebbero essere una miniera di preziose informazioni che stiamo cercando saltellando da un sito all’altro come degli scalmanati: anche in questo caso una maggiore consapevolezza (e quindi educazione, che dovrebbe partire dalla scuola) sugli strumenti da usare potrebbe farci risparmiare molto tempo e farci capire se all’interno di quel testo c’è quello che ci interessa, usando la funzione “cerca nel testo” (che sui browser e in Libre Office si attiva digitando “Ctrl+F”, nella suite Microsoft digitando “Ctrl+Shift+T” oppure cliccando sulle funzioni “trova o cerca nella pagina” contrassegnate dalle immagini di lenti di ingrandimento e binocoli. In passato c’era anche una funzione che permetteva, nella pagina dei risultati di Google, di vedere l’anteprima di una pagina con la posizione esatta delle parole da noi cercate al suo interno: infatti spesso si trovano i termini esatti che stiamo cercando ma non sono in relazione, dato che potrebbero trovarsi in due articoli diversi ma nella stessa pagina... La trovavo molto utile perché non dovevo aprire per forza la pagina e poi digitare Ctrl+F!).
Quando si può essere brevi e quando si riesce a essere sintetici va bene! Abbiamo pochissimo tempo in questa esistenza dove regna il “consuma-produci-crepa”... Ma a volte dobbiamo abbracciare la complessità, che può essere “pallosa” ma molto utile, e richiede tempo…
Non esitate a chiedere qualcosa nei commenti se non stata chiara, o delle critiche se ho detto delle ovvietà... Mi fermo qua: ho parlato troppo e ho anche superato le 1.400 parole e le 10.000 battute.
Maria Paulina Lackofmann
Come di consueto alleghiamo una citazione musicale: si tratta di “Parole Chiave” del rapper Marracash. Il pezzo è di 13 anni fa, ma la questione dell’uso dei dati da parte di motori di ricerca, social e i vari servizi online per la nostra profilazione è sempre attuale!
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