UN APPROFONDIMENTO PER IL "DAY X", E PER I GIORNI A VENIRE...
L'Alta Corte di Giustizia britannica deciderà, tra Martedì 20 e Mercoledì 21 Febbraio 2024, se Julian Assange verrà estradato negli Stati Uniti.

<<Una delle migliori maniere per ottenere giustizia è quella di rivelare l'ingiustizia>>. Citazione di Julian Assange e immagine di Gianluca Costantini
Al di là del
fatto che questo pericolo per un coraggioso cronista e un editore visionario venga
scongiurato o meno, abbiamo il dovere di mobilitarci sia per il
giorno "X", come è stato ribattezzato da militanti e
attivisti di tutto il Mondo, sia nei giorni a venire. Il
perché lo spieghiamo in questo approfondimento sulla vicenda che
mischia cronaca giudiziaria, questioni etiche, deontologia
giornalistica e libertà di informazione.

Un articolo "a lunga conservazione" e "scadenza" in accordo con la linea editoriale e la filosofia di "slow-journalism" che caratterizza "La Fanzina Generalista", colmo di spunti sulla vicenda dell'hacktivista. Pensiamo sia utile non solo per mobilitare quante più persone domani e dopodomani: militanti e attivisti si riuniranno a Londra e in tutto il Mondo, per chiedere non solo la liberazione di una persona attualmente sotto "tortura di stato", ma anche per rivendicare la libertà di informare e conoscere.
Se per assurdo
ammettessimo che Assange abbia davvero commesso dei reati per
ottenere delle informazioni di rilevanza pubblica, sarebbe più
importante dei crimini di guerra scoperti? In altre parole: è
più importante un ipotetico crimine commesso per rivelare dei
crimini di stato, oppure quegli stessi crimini di stato che hanno
fatto morire migliaia di innocenti nelle guerre "per esportare
la democrazia"?
Non è forse paradossale che chi ha denunciato quei crimini è trattato come il peggiore dei terroristi, mentre chi li ha commessi probabilmente è stato addirittura premiato (non considerando che anche il peggiore dei terroristi, inclusi quelli "di Stato", dovrebbero sempre godere del rispetto dei più basilari diritti umani)?
Se pure avesse commesso tutti i crimini che gli vengono contestati, se fosse anche il peggiore dei criminali sulla terra, meriterebbe comunque quasi due secoli di carcere o la pena di morte?
Seppure fosse vero che Wikileaks abbia diffuso delle informazioni che hanno messo in pericolo la vita di alcune persone, non sarebbe forse un prezzo caro da pagare per avere un mondo più vero e perciò più giusto, per scoprire che altre persone sono state uccise impunemente, e per fare in modo che altri civili non vengano uccisi a cuor leggero, fungendo da deterrente e rivelando all'opinione pubblica il vero costo della guerra, con narrazioni non edulcorate da una criminale propaganda di stato?
Le informazioni devono solo finire nelle mani dei governanti, o anche in quelle degli attivisti per i diritti umani che dedicano la loro vita a capire chi li viola?
I CAPI DI IMPUTAZIONE: UN PROCESSO LETTERALMENTE SENZA PRECEDENTI
L'editore e giornalista Julian Paul Assange potrebbe essere estradato negli Stati Uniti nelle prossime ore. Rischia una condanna fino a 175 anni di carcere per spionaggio in regime di "massima sicurezza", e quindi di isolamento pressoché totale, in violazione dei più basilari diritti umani. Rischierebbe anche la pena di morte, oltre a essere stato oggetto di un tentativo di omicidio extragiudiziale, stando a quanto dichiara la sua difesa e a quanto hanno riportato alcune testate internazionali.
I capi di accusa sono 18 e riguardano la violazione della legge sullo spionaggio: in 16 di questi gli si contesta di avere ottenuto e divulgato (e, in un caso, solo tentato di ottenere e divulgare) in maniera non autorizzata informazioni riguardanti le guerre in Iraq e Afghanistan, e le relative regole di ingaggio, oltre a diverse comunicazioni diplomatiche e ad altre informazioni sul campo di internamento di Guantanamo. Un altro capo di imputazione riguarda l'accesso abusivo a sistema informatico. L'ultima accusa è quella di associazione per delinquere finalizzata all'intrusione in un sistema informatico e alla cospirazione, <<insieme ad altri noti e non noti complici>>, per ottenere, ricevere e rendere pubbliche informazioni pertinenti la difesa nazionale. Contenuti che avrebbero messo in pericolo la vita di diversi informatori delle autorità nord-americane e alleate.
Per la difesa la richiesta di una pena così elevata è legata a una <<tradizione di richieste di patteggiamento coercitive, tramite accuse eccessive, per assicurarsi una sentenza di condanna>>. La giuria, che verrebbe selezionata tra <<persone connesse con il governo, agenzia di sicurezza nazionali e imprese militari private>>, rischia di non essere indipendente.
È la prima volta nella storia degli USA, l'unico paese dell'"illuminato" occidente ad applicare la pena di morte, che un editore viene processato per avere ottenuto e pubblicato dei segreti di stato.
La difesa afferma che prima di questa causa esisteva <<una pratica consolidata di non accusa per gli editori>>, come testimonia il caso dei "Pentagon Papers": negli anni '70 l'allora militare Daniel Ellsberg girò alla stampa 7000 documenti top-secrets riguardanti, tra le varie cose, la guerra del Vietnam. Fu accusato di spionaggio e si intimò ai giornali di non procedere con la pubblicazione. In tribunale fu assolto e le rivelazioni furono consentite sulla stampa in base al Primo Emendamento della costituzione americana, che regola la libertà di espressione.