24.11.24

ISRAELE DIETRO LA “BORSA NERA” A GAZA

UN DOCUMENTO ONU RISERVATO IPOTIZZA IL COINVOLGIMENTO DELLE FORZE DI OCCUPAZIONE ISRAELIANE NELLA PROTEZIONE DI GANG ARMATE, OPPOSTE AD HAMAS, CHE RUBANO E TRAFFICANO CIBO E AIUTI


Negli ultimi mesi abbiamo seguito le vicende relative alla consegna degli aiuti umanitari a Gaza, questioni per cui Netanyahu e Gallant sono accusati di usare la fame come arma di guerra, tra i vari crimini. 

Due settimane fa abbiamo pubblicato l’ultimo aggiornamento sull’UNRWA, l’Agenzia ONU che assiste i rifugiati palestinesi e che è stata legalmente bandita da Israele. Una mossa legislativa che, se implementata, renderebbe la sopravvivenza dei gazawi e di tutti i palestinesi nei territori occupati ancora più complicata. 

Pochi giorni dopo l’ultimo post sull’UNRWA, in cui parlavamo della “borsa nera”, dell’economia di guerra e dei piani per affidare la gestione degli aiuti a mercenari dentro Gaza, si è verificato il più importante attacco a un convoglio umanitario. Non si tratta però, come successo più volte, di attacchi incendiari e minacce ai guidatori dei camion da parte di fanatici israeliani. Si tratta invece di bande palestinesi armate, sospettate di essere supportate dalle forze di occupazione israeliane.


A sinistra una folla di bambini tristi e agitati aspetta una razione di cibo con delle pentole in mano. A destra il frame di un video su "X" in cui un ragazzino spara colpi in aria con un fucile d'assalto. Alcune persone della folla (quasi tutti bambini) sembrano impaurite, altre incuriosite
Immagine a sinistra scattata a Luglio a Gaza da hosnysalah da Pixabay. A destra il frame di un video di pochi giorni fa in cui un ragazzino fa fuoco con un fucile M16 a Gaza in pieno giorno. Alcuni analisti e commentatori pensano che ci sia la complicità di Israele: quel tipo di armamento non è in dotazione ad Hamas e, in più, non si capisce come i droni che sorveglino costantemente Gaza non attacchino delle persone armate.

23.11.24

IL GIUDICE SOPRAVVISSUTO ALL’OLOCAUSTO “ANTISEMITA” E NETANYAHU

C’È UN SOPRAVVISSUTO ALL’OLOCAUSTO NEL GRUPPO DI GIURISTI CHE HA ANALIZZATO E APPOGGIA LA RICHIESTA DI ARRESTO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE, DEFINITA DA NETANYAHU <<ANTISEMITA>>


Sullo sfondo il disegno di un manifesto con sopra scritto "Wanted" e sotto "for war crimes and crimes against humanity". Al centro la foto di Netanyahu.

Per molti la richiesta di arresto al premier e all’ex ministro della difesa israeliani segna l’inizio della fine politica di Netanyahu, ma non certo la fine delle immani sofferenze inflitte a palestinesi e libanesi.

Mentre la propaganda si concentra sulla contro-accusa di Netanyahu e della sua schiera di pennivendoli, secondo cui la Corte sarebbe faziosa, allineata con il terrorismo e antisemita, quasi nessuno si accorge di un particolare: Theodor Meron, 95 anni, sopravvissuto all’Olocausto dopo essere stato detenuto in un campo di lavoro forzato in Polonia, fa parte di un gruppo di giuristi che ha appoggiato la richiesta di arresto. Il parere del comitato dei giuristi è stato richiesto dal Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Karim Ahmad Khan, a Maggio.


Iniziamo ricapitolando quali sono le specifiche accuse.



In alto a destra  il disegno di un manifesto con sopra scritto "Wanted" e sotto "for war crimes and crimes against humanity". Al centro la foto di Netanyahu. In basso a sinistra un primo piano di Theodor Meron con la toga: sullo sfondo si intravede un logo ONU. Al centro la seguente didascalia: Netanyahu ha definito il mandato d’arresto nei suoi confronti un «atto antisemita» di una «corte faziosa».  La decisione “antisemita” è stata analizzata e convalidata all’unanimità da un gruppo di sei esperti in diritto internazionale, consultato dal Procuratore Khan. Tra questi c’è Theodor Meron, sopravvissuto all’Olocausto ed ex ambasciatore israeliano. 4 anni fa disse:  «Oggi vediamo tantissimi esempi in corso di brutali massacri etnici e religiosi. Molti di questi sono in effetti, in termini legali, genocidi. Oggi ci stiamo addentrando in una fase di nazionalismo radicale e sfrenato. È contro gli immigrati. È contro i musulmani. È contro gli ebrei. Bisogna fare attenzione a questi demagoghi che predicano odio religioso ed etnico (...) L’Olocausto non sarebbe potuto accadere senza la collaborazione di tanti europei (...) Se non impariamo la lezione potremmo far ripetere queste situazioni.
Immagine del giudice Theodor Meron della Corte ONU per giudicare i crimini nell'ex Yugoslavia rilasciata con licenza Creative Commons.



LE ACCUSE DELLA CPI E DELLA CIG

Due giorni fa la Camera di giudizio preliminare della Corte Penale Internazionale (CPI) ha approvato i mandati di arresto richiesti a Maggio dal Procuratore Capo, Karim Ahmad Khan, nei confronti dei leader israeliani e di Hamas per diversi crimini di guerra e contro l’umanità. Teoricamente, se l’ex ministro della difesa Gallant e il premier Netanyahu si recassero in uno dei paesi che ha ratificato lo Statuto di Roma potrebbero essere arrestati e condotti all’Aja. L’autocrate ungherese Orban ha già invitato Netanyahu in segno di spregio e sfida al diritto internazionale.

La CPI (ICC è l’acronimo in inglese) ha il compito di accertare responsabilità di singole persone. Il suo procedimento giudiziario non va confuso con la causa della Corte “cugina” e massimo organismo giudiziario dell’ONU, la Corte di Giustizia Internazionale (CGI acronimo in italiano e ICJ in inglese) avviata dal Sudafrica.

10.11.24

UNRWA BANDITA DA ISRAELE: CRIMINALIZZATO IL LAVORO UMANITARIO

LA “BORSA NERA” DI GUERRA SEMBRA ESSERE GESTITA DALLE GANG LOCALI CON IL SUPPORTO DELLE FORZE DI OCCUPAZIONE ISRAELIANE.

CI SAREBBE ANCHE UN PIANO PER AFFIDARE LA GESTIONE DEGLI AIUTI A COMPAGNIE DI SICUREZZA PRIVATE.



Bambine, bambini e una persona anziana con delle pentole vuote attendono dietro un muretto divisorio che vengano riempite.
Foto di hosnysalah da Pixabay


Pubblichiamo un aggiornamento sulle ultime due leggi israeliane che criminalizzano l'UNRWA e che aprono le porte a ulteriori disastri umanitari e speculazioni. 

Parliamo anche delle implicazioni legali di questo provvedimento legislativo e della "borsa nera" che caratterizza le economie di guerra.

In più, includiamo nel post un breve "fact-checking" per sfatare delle fake-news sull'Agenzia che sostiene i profughi palestinesi.


ISRAELE CRIMINALIZZA L'UNRWA

Lunedì 28 ottobre il parlamento del sedicente stato ebraico ha approvato due leggi, adottate con un larghissimo consenso dell’opposizione, da implementare nell’arco di tre mesi: l’UNRWA (“Agenzia ONU per il soccorso e il collocamento dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente) viene identificata come un gruppo terroristico, non potrà operare <<nel territorio sovrano dello Stato di Israele>> e avere relazioni con istituzioni e funzionari pubblici, inclusi esercito e banche, perdendo la possibilità di ottenere visti, l’immunità diplomatica e le esenzioni fiscali. In concreto non potrà operare nemmeno a Gaza e in Cisgiordania oppure, nello scenario migliore, riuscirà solo a svolgere pochissimi compiti con grande difficoltà. Lunedì scorso è arrivata la comunicazione ufficiale del ministro degli esteri all’Agenzia: l’accordo di cooperazione in vigore dal ‘67, base legale del rapporto tra Israele e l'Agenzia, è cancellato. La motivazione addotta è un supposto legame con degli <<operativi di Hamas>>. Ma i benefici per l’etno-teocrazia israeliana sono ben altri che la presunta lotta al terrorismo. Non a caso alcuni terroristi ebraici uccisero colui che contribuì a far nascere l’UNRWA… Ma andiamo per ordine, e spieghiamo cosa fa in concreto l’UNRWA.




COS’È L'UNRWA E COME NASCE IL “DIRITTO AL RITORNO”

L’“Agenzia ONU per il soccorso e il collocamento dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente” assiste, difende e promuove i diritti di circa 5 milioni di rifugiati palestinesi nei territori occupati (Gerusalemme Est inclusa), in Siria, Libano e Giordania. Fondata dall’Assemblea Generale nel ’48 conta più di 30mila dipendenti. La maggioranza di questi sono rifugiati e operano insieme a circa 300 funzionari internazionali. Fornisce assistenza a tutte quelle persone che hanno perso mezzi di sostentamento e abitazioni a partire dalla cosiddetta guerra arabo-israeliana del ’48, la “guerra di indipendenza” per gli israeliani, la “Nakba” (la “Catastrofe”) per i palestinesi, l'inizio della pulizia etnica e del genocidio incrementale che continua fino a oggi.

9.11.24

CHE SUCCEDE IN KURDISTAN? OCALAN VERRÀ LIBERATO?

TRA KURDISTAN E PALESTINA


CRONACA E ANALISI: LA CRIPTICA APERTURA DEL LEADER DEI “LUPI GRIGI”, IL MESSAGGIO DI OCALAN, LA CONVERGENZA TRA DESTRA PALESTINESE, CURDA E TURCA, E L’ATTACCO ALLA TUSAS RIVENDICATO DALL’ALA ARMATA DEL PKK


STORIA, APPROFONDIMENTO E OPINIONI: LA NASCITA DELL’ISIS, IL RUOLO DELL’ITALIA NELL’ARRESTO DI OCALAN, LE “PURGHE” E I DISSIDI INTERNI AL PARTITO DEI LAVORATORI CURDO E IL CAMBIAMENTO DI PARADIGMA, DAL MARXISMO-LENINISMO AL CONFEDERALISMO DEMOCRATICO



Sullo sfondo un cielo nuvoloso e alcuni grigi palazzi, oltre ad alcune persone. Al centro risalta una bandiera con il volto di Ocalan e delle scritte in curdo. Si intravedono altre bandiere con Ocalan in uniforme e la stella rossa nel simbolo del KCK.
Foto di archivio di una manifestazione per la liberazione di Ocalan a Napoli de "Lo Skietto"



Ritorniamo a parlare di Kurdistan e Rojava con un articolo “long-form” e a “lunga scadenza”, ideato per essere sempre utile da leggere e per trascendere la stretta contemporaneità della cronaca, partendo comunque dagli eventi più recenti: la misteriosa apertura del “lupo grigio” a Ocalan, la notizia dell’incontro con il nipote di “Apo” dopo quasi 26 anni di prigionia in isolamento e 43 mesi senza che nessuno, nemmeno i suoi legali, aveva potuto visitarlo. Infine, l’attacco all’azienda aerospaziale Tusas rivendicato dal PKK (il “Partito dei Lavoratori del Kurdistan”). Secondo un comunicato dell’HPG (le “Forze di Difesa del Popolo”, ala armata del partito), non sarebbe connesso agli altri due eventi.

Affianchiamo poi alla cronaca, la “storia iper-contemporana”, altre tematiche: parliamo di politica e autogestione, e quindi del Confederalismo Democratico sperimentato nella DAANES (nota ai più con la metonimia “Rojava”). Poi, andiamo un po’ più indietro nel tempo, raccontando gli eventi che hanno portato al sequestro di Ocalan, non dimenticando il ruolo dell’allora governo di centrosinistra italiano. Lo facciamo con uno sguardo non agiografico su un Ocalan diverso, autoritario, prima della sua svolta libertaria, quello dei tempi delle prime “purghe” all’interno del PKK.

Non possono mancare altre questioni di “geopolitica popolare”, un tipo di ricerca e analisi che non intendiamo solo nel senso deterministico più diffuso, quello dell’incidenza dei fattori geografici sulle scelte politiche delle varie entità statali, ma soprattutto il contrario: parliamo di come le politiche influiscono sui, e nei confini perché vogliamo un mondo dove questi non esistono! A questo proposito, connetteremo virtuose lotte e ipocrisie più o meno pragmatiche che legano la Palestina al Kurdistan.

Infine, segnaliamo che questo articolo è incluso anche nel format di Fanrivista “Come va a finire?!, articoli nei quali si seguono degli eventi per domandarsi e capire, per l’appunto, quali saranno gli esiti. Gli eventi che seguiremo nei prossimi mesi, e forse nei prossimi anni, forniranno delle risposte a quesiti che tutti i militanti e i simpatizzanti della questione curda si fanno in questi giorni: il leader Abdullah Öcalan, ex marxista-leninista che ha adattato il municipalismo libertario al contesto curdo e dell’Asia occidentale, verrà liberato? Verrà perlomeno posta fine al suo isolamento sull’isola-carcere di Imrali? A quali condizioni? Come verrà risolta la questione curda? Ocalan svolgerà un ruolo simile a quello di Nelson Mandela nel Sudafrica dell’apartheid?

Ma prima di rispondere a queste fatidiche domande, bisogna tentare di dare risposta a un altro interrogativo più impellente: cosa hanno in mente adesso i governanti-fascisti turchi?!





L’INVITO AMBIGUO DEL “LUPO GRIGIO” E LA RISPOSTA DEL PKK

<<Se l’isolamento del leader dei terroristi viene revocato, lasciate che venga a parlare all’incontro del partito DEM in parlamento. Lasciategli gridare che il terrorismo è finito e che la sua organizzazione è smantellata>>, ha detto Devlet Bahçeli nel parlamento turco lo scorso 22 Ottobre. Lui è il leader del Partito del Movimento Nazionalista turco (MHP), successore del fondatore della “Gladio turca” e cofondatore dell’organizzazione neo-fascista dei “Lupi Grigi”, ritenuta da molti il cuore del “deep state” neo-ottomano (letteralmente “stato profondo”, ossia i veri manovratori della politica). Il destinatario del messaggio è Abdullah “Apo” Öcalan, uno dei fondatori e storico leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan in carcere dal 1999. Il parlamentare fascista turco, alleato del “Sultano” Erdogan, ha aggiunto che potrebbero esserci le condizioni di un suo rilascio in base all’articolo 3 della Convezione europea sui diritti umani, quello che regola il “diritto alla speranza” per chi è condannato alla pena perpetua dell’ergastolo.

La dichiarazione è stata interpretata come una possibile o ipocrita apertura per risolvere la questione curda, che riguarda la minoranza più numerosa e perseguitata della Turchia (circa il 20% della popolazione totale). Questione che si estende ai confini politici degli altri stati che comprendono la regione del Kurdistan (Iraq, Siria e Iran oltre alla Turchia e, secondo alcune visioni, anche un pezzo di Armenia). Questione di cui Ocalan è storicamente un simbolo, oltre che una spina nel fianco del regime turco con la guerriglia lanciata nell’84.



La regione curda evidenziata su un mappamondo evidenziata in verde, proiettata e ingrandita
Mappa della regione popolata dei curdi elaborata da Isochrone su Wikimedia


La richiesta di smantellare il PKK, e non solo di chiederne il suo disarmo, è apparsa da subito pretestuosa. Bisogna inoltre tenere presente che quando i regnanti fascisti turchi si riferiscono al “PKK” intendono, in realtà, tutti i partiti e le organizzazioni che derivano da esso o che si rifanno al rinnovato pensiero di Ocalan (come il KCK che raggruppa il PYD siriano, il PJAK iraniano e il PÇDK iracheno).

13.10.24

COME FERMARE COMMERCIO E TRAFFICO DI ARMI?!

OSSERVARE PER DENUNCIARE E DISUBBIDIRE: DALLA NASCITA DELL'"OSSERVATORIO DELLE ARMI NEI PORTI EUROPEI E MEDITERRANEI, THE WEAPON WATCH" AL RUOLO DELLA NATO E DEL COMPLESSO MILITARE-INDUSTRIALE, PASSANDO PER LA TRABALLANTE "LEGALITÀ INTERNAZIONALE"

Sullo sfondo si intravedono e si affastellano delle tabelle e un digramma a torta. Su di esse si intravedono scritte evidenziate come "Israele", "bombe, munizioni, software" e "documento interno della decima legislatura. Al centro una pila di banconote da 50 euro con sullo sfondo decine di proiettili. In alto a destra e in basso a sinistra delle immagini di aerei di combattimento. In basso a destra la sagoma di un soldato. Al centro e a sinistra il disegno di un carro armato visto dall'alto.


In questi ultimi anni commerci e traffici di armi tornano prepotentemente a essere dei temi di pressante e urgente attualità. Lo sono insieme alle azioni di disobbedienza civile e alle inchieste che svelano rapporti politico-militari indecenti e indicibili, ma men che mai segreti.

Dieci giorni fa "Altreconomia" ha smentito il governo, dopo una conferma della "Leonardo SPA", la principale azienda militare italiana: la Repubblica italiana ha continuato a fornire armamenti a Israele. Lo ha fatto inviando dei pezzi di velivoli utili all'addestramento di chi potrebbe sganciare bombe in Palestina e in Libano, nonché fornendo supporto da remoto per l'addestramento

Una settimana fa l'"Unione Sindacale di Base" ha indetto una protesta presso l'aeroporto civile di Montichiari di Brescia: da Giugno alcuni lavoratori denunciano il transito di materiale bellico con tutta una serie di implicazioni etiche e di sicurezza

Intanto, anche i lavoratori portuali europei sono in allerta per gli stessi motivi proprio in queste ore. Mentre chiudiamo quest'articolo l'ultima posizione pubblica della nave "MV Kathrin", battente bandiera portoghese, risulta essere nelle vicinanze di Malta: partita dal Vietnam e diretta a Capodistria, trasporta esplosivi diretti anche in Israele. Tra i primi a denunciare il mortifero carico è stata Francesca Albanese. All'appello per non permettere le operazioni di carico e scarico si sono unite tantissime associazioni, inclusa Amnesty. La Namibia aveva revocato il permesso all'attracco, cosa che permette di evitare anche responsabilità legali legate alla Convenzione sul Genocidio. Stando a quanto riportano le cronache, pare che anche Malta abbia negato alla Kathrin il permesso di entrare nelle proprie acque territoriali, mentre altre navi gli avrebbero portato carburante in attesa di trovare un porto nell'Adriatico.

Questo genere di denunce e di atti di disobbedienza da parte della società civile assume una cruciale importanza in relazione ai crimini commessi da diversi stati, a partire dal regime di apartheid israeliano. Bisogna opporsi ai tentativi, appoggiati più o meno tacitamente dai nostri stessi governi, di riscrivere le leggi di guerra.

Sabato 28 Settembre abbiamo seguito un evento organizzato presso lo spazio autogestito partenopeo "Santa Fede Liberata". All'incontro, intitolato "La guerra comincia qui: fermiamola!", si è discusso della logistica della guerra, delle leggi che regolano trasferimenti di armi e di disobbedienza civile. Ospite era Carlo Tombola dell'"Osservatorio sulle Armi Nei Porti Europei e Mediterranei", The Weapon Watch".

Questo articolo rappresenta una sintesi di quello che si è detto ma, soprattutto, cerca di offrire degli spunti di discussione e di azione, insieme a diversi approfondimenti.

Partiamo con una sintesi molto schematica e iper-semplificata della guerra civile yemenita, messa in relazione alle violazioni del diritto internazionale che vediamo anche in Palestina e Libano. Passiamo poi a parlare di una storica azione di disobbedienza civile dei portuali genovesi, che ha impedito l'attracco di una nave diretta in Arabia Saudita, un esempio di ribellione non violenta da attuare quando le leggi non funzionano o sono ingiusteContinuiamo parlando delle normative che dovrebbero regolare i conflitti e la vendita di armi, e in particolare della legge 185 del '90, il cui spirito originario è stato disatteso negli anni. Con l'attuale governo le cose potrebbero peggiorare, e le attuali garanzie minime di trasparenza sul commercio delle armi potrebbero essere completamente stravolte...

Concludiamo con alcune considerazioni "geopolitiche", per così dire, insieme al mutato ruolo della NATO nell'attuale contesto globale. 

Inoltre abbiamo aggiunto questo post anche nella rubrica "Dati Parziali". Infatti, come dimostra una breve ricerca inclusa nelle prossime righe, i dati pubblici, che dovrebbero aiutare parlamento e società civile a esercitare un controllo sulla vendita di armi e sull'esecutivo, sono talmente "spezzettati" da risultare praticamente incomprensibili al lettore medio, e solo parzialmente decifrabili da occhi ben più esperti, quelli di alcuni esponenti della società civile e del variegato "fronte pacifista" che da anni studiano le relazioni previste dalla 185/90.

L'articolo che vi apprestate a leggere è un esempio di giornalismo sperimentale, un articolo "long form" in stile "slow journalism", che contiene al suo interno diversi "articoletti". Difficilmente riuscirete a leggerlo tutto d'un fiato... Per questo vi consigliamo di leggerlo con calma, ritornando più volte su questa pagina o salvandola. Oppure, perché no, stampandolo, se preferite l'esperienza cartacea. Siamo sicurə che alla fine troverete molti elementi utili di "geopolitica popolare" e sulla legislazione italiana che dovrebbe regolare il commercio d'armi e impedirne il traffico (si tenga a mente che la parola "traffico" indica dei trasferimenti di armi al di fuori di ciò che è considerato legale). Se non sarà così criticateci nell'apposito spazio dedicato ai commenti. In caso contrario, potrete mostrarci apprezzamento e fornire ulteriori spunti di riflessione sempre nei commenti. Buona lettura.


I CRIMINI DI GUERRA IMPUNITI IN YEMEN, IL BLOCCO DELLA "BAHRI YANBU" E LA NASCITA DI "THE WEAPON WATCH"

Nel caotico contesto della decennale guerra civile yemenita si scontrano gli interessi di diversi attori regionali e internazionali. Tralasciando la presenza di Al-quaeda e di altre formazioni, i due schieramenti principali sono rappresentati dagli Houthi, alleati dell'Iran (nonché noti ai più per le recenti azioni di sabotaggio delle navi commerciali nel Mar Rosso) e da una coalizione militare a guida saudita ed emiratina supportata dai paesi "occidentali" (Stati Uniti e Regno Unito in prima fila). Per avere un quadro sintetico delle forze in campo va ricordato che Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, alleati contro Houthi ed Iran, supportano due fazioni diverse all'interno del Consiglio di Presidenza che guida la repubblica yemenita, rispettivamente quella unionista del nord e quella separatista del sud.

La guerra civile yemenita può essere inquadrata come uno dei "conflitti per procura" (proxy wars in inglese) tra Iran e Arabia Saudita, guerre semplicisticamente rappresentate come dei conflitti tra sciiti e sunniti (le "famiglie" principali della religione islamica, storicamente rappresentate dai due paesi e che, a loro volta, contengono una serie di divisioni al proprio interno). Sicuramente ci sono dei fattori etnico-religiosi alla base di queste guerre, ma le ragioni principali risiedono nel controllo politico ed economico del Medio-Oriente e nella proiezione di influenza in altre aree del pianeta da parte di varie potenze, interessi su cui si innestano mire imperialiste di vari "imperi" (o aspiranti tali) e delle rispettive "corti".

Dopo questa non esaustiva ma necessaria premessa andiamo all'oggetto principale di questo post. Nella nostra epoca, dominata dalla cultura consumista e capitalista, il nocciolo del problema dei traffici di armi risiede in un ordine mondiale e in un sistema socio-economico fondato sull'accumulazione di potere. Imbracciare le armi, e più in generale ricorrere alla violenza, dovrebbe essere una scelta estrema, da attuare solo per difendersi, non per imporre la propria egemonia. E nemmeno per far alzare il "PIL", il volume d'affari, con fruttuosi e mortiferi commerci in armamenti, finalizzati a "risolvere" le crisi generate dallo stesso sistema economico conquistando nuovi "mercati" e ampliando la schiera degli sfruttati. Per questo la nostra Costituzione ripudia la guerra come risoluzione dei conflitti, per questo il diritto internazionale dovrebbe imporre dei limiti a come vengono condotte le guerre, proteggendo in particolare i civili, oltre che porre argini a un sistema capitalista senza freni, ispirato dalla religione del profitto. Un sistema guidato dal cosiddetto "complesso militare industriale" di cui i governi nazionali sono dei meri burattini. I principi nazionali (l'Italia ripudia la guerra) e sovranazionali (le leggi che regolano la conduzione delle guerre, incluse quelle sulle forniture di armamenti), non sono stati rispettati in Yemen.

Nella guerra civile yemenita tutte le parti in conflitto si sono macchiate di palesi violazioni delle leggi internazionali. Abitando però nella parte "occidentale" del pianeta abbiamo il dovere primario di occuparci di quelle commesse dalla nostra "parte"Da anni svariate ONG internazionali, supportate da indagini delle Nazioni Unite, denunciano la commissione di diversi crimini in Yemen da parte della coalizione a guida saudita, commessi con supporto e armi forniti da noi, dalle nostre energie intellettuali ed economiche, dalle nostre menti, dai nostri portafogli e, quindi, con la nostra complicità. Da anni queste denunce sono rimaste sostanzialmente inascoltate, così come gli appelli a smettere di inviare armi usate in palese contrasto delle più elementari norme giuridiche (distinguere i combattenti dai civili, colpire un obiettivo militare solo se strettamente necessario e facendo il possibile per limitare i cosiddetti "danni collaterali", non affamare la popolazione civile, non attaccare personale umanitario, ospedali, scuole, ecc.) oltre che quelle del comune senso di umanità perduto. Tantissime uccisioni di persone innocenti potevano e dovevano essere evitate, tantissime persone dovrebbero prendersi la responsabilità e rendere conto di questi crimini affinché non si ripetano. Invece vige un sostanziale regime di impunità che ha raggiunto il suo apice con la guerra genocida a Gaza e in Cisgiordania, con violazione brutali e grossolane delle leggi di guerra -il cosiddetto "diritto umanitario internazionale". Leggi che vengono riscritte in favore dei nostri "alleati economici" con un'ipocrisia e un livello di mistificazione parossistico e tragicomico, supportato da una schiera di colleghi giornalisti pennivendoli (quando non direttamente coinvolti in delle campagne di propaganda, magari supportate da reparti militari e di intelligence, appositamente dedicati alla guerra tramite la comunicazione). Putin ha invaso uno stato sovrano ed è sbagliato, ma perché non si dice che è sbagliato invadere e mantenere una dittatura militare, un regime di apartheid (definizione legale dell'occupazione israeliana, stabilita dalla traballante legalità internazionale) in piedi in Palestina almeno dal 1967?! Forse perché ci sono delle persone che disgustosamente accusano di antisemitismo chiunque osi mettere in dubbio la presunta legittima difesa israeliana, che in realtà è una decennale punizione collettiva e sproporzionata, che ha prodotto il crimine efferato del 7 Ottobre, sfruttato come pretesto per legittimare un'altra serie di stragi. Così strumentalizzano la tragedia degli ebrei senza terra per legittimare una politica coloniale iniziata con la dichiarazione unilaterale della nascita di uno stato, oggi teocratico ed etnocratico, in violazione del diritto internazionale, fondato sullo sfollamento forzato, sullo stupro e sui massacri della popolazione nativa?! Forse si può dire che Putin è un "pazzo", ma non Netanyahu, anche perché diverse "aziende-vassalle" traggono profitto da questo caos (si pensi agli accordi che l'ENI ha stipulato con il governo israeliano per cercare e sfruttare i giacimenti di gas a largo delle coste di Gaza, poco dopo l'inizio della guerra genocida).

7.10.24

L'OCCUPAZIONE IMMORALE E ILLEGALE HA PRODOTTO IL 7 OTTOBRE

UN ANNO DI GENOCIDIO, DI PROPAGANDA GUERRAFONDAIA E DI RISCRITTURA DELLE LEGGI DI GUERRA IN SENSO MEDIOEVALE


In questo articolo di fondo atipico ripercorriamo un anno di guerra genocida, punizione collettiva dei palestinesi e libanesi, oltre che di furia vendicativa e coloniale, riproponendo una serie di approfondimenti apparsi su queste pagine digitali. Sono articoli che si concentrano sul doppio metro di giudizio applicato dai nostri media e sulla riscrittura delle leggi di guerra. Stiamo tornando indietro di secoli a livello di conquiste legali, anche se poi la guerra è condotta con mezzi tecnologicamente avanzati.


Sullo sfondo i grigi scheletri degli edifici di una Gaza in rovine, avvolti da fumo e fiamme. Al centro uno "strillone" (ragazzo che vende giornali agli angoli delle strade, in inglese "newsboy") che strilla: <edizione straordinaria: è tutta colpa di Hamas! La vita di un palestinese non vale quanto quella di un israeliano>.
Dettaglio dell'mmagine sullo sfondo della Tasnim News Agency tratta da Wikimedia, rilasciata con licenza Creative Commons



Non serve essere "pro-Pal" o addirittura "pro-Hamas" per affermare che l'occupazione illegale, così come sancito dal diritto internazionale, deve finire. Basta essere "pro-diritti-umani" e "pro-senso-di-comune-umanità". Tutti dobbiamo impegnarci contro le ingiustizie, nel nostro piccolo e nel nostro grande, e questo post rappresenta il minimo che possiamo fare.

Senza la fine dell'occupazione, senza riconoscere le colpe, senza verità e giustizia non ci può essere pace. Gli oppressi non hanno bisogno di supereroi liberatori: basta che noi occidentali smettiamo di fornire armi, risorse e copertura politica ai governanti che commettono palesi e brutali violazioni dei diritti umani, scendendo in maniera ipocrita ben al di sotto del livello di altre potenze statali opprimenti e avverse.



OSSERVARE IL CONTESTO, SEMPRE!

Quando si tenta di giustificare le malefatte di proporzioni bibliche commesse in questo ultimo anno da Israele, potenza nucleare illegale e "nostro" alleato NATO de facto, si dice che bisogna osservare il contesto che le ha generate. A questo punto si passa a parlare del sanguinoso attacco del 7/10, un atto orrifico e tragico che però non giustifica tutti i "Sette Ottobre" inflitti ai danni alla popolazione palestinese in un anno di guerra genocida. Così come non legittima quelli precedenti, l'inizio del genocidio incrementale finalizzato alla pulizia etnica "dal fiume Giordano al mar Mediteranneo" e allo spossessamento dei palestinesi.

Il contesto va osservato sempre, non selettivamente... Senza avere la pretese di individuare la causa prima dei conflitti nelle martoriate terre di Palestina, nel medio-Oriente o addirittura nel Mondo, l'inizio dell'attuale carneficina può essere individuato nella dichiarazione unilaterale della nascita di Israele nel maggio del 1948. Un (dis)ordine mondiale che si reggeva sul colonialismo aveva stabilito che la popolazione indigena avrebbe dovuto accontentarsi di meno della metà dei territori (tra l'altro meno redditizi e senza continuità territoriale), assegnando l'altra metà a una comunità che ne possedeva circa il 7%. Le potenze regnanti di allora (Unione Sovietica inclusa) saldarono così il debito degli Olocausti (il plurale non è un refuso e in questo post spieghiamo perché) facendolo pagare ai palestinesi, dando vita a uno stato che diversi ebrei vedevano come intrinsecamente antisemita. Fin dalla nascita del movimento sionista alla fine dell'800 molti ebrei (incluso un celebre fisico che oggi sarebbe chiamato "ebreo che si auto-odia", un certo Albert Einstein) hanno scorto i pericoli di quel nazionalismo sui generis, per il quale la nascita di uno stato ebraico sarebbe potuta avvenire anche in continenti diversi (tra le ipotesi più accredita dei sionisti c'erano anche l'Africa e l'America). Se una persona di religione e/o di cultura ebraica nasce in Italia, in America o in Russia, perché dovrebbe essere incoraggiata o deportata -più o meno volontariamente- a emigrare altrove?! Per due motivi che, paradosso della storia, hanno unito gli obiettivi dei colonizzatori sionisti a quelli dei biechi nazisti. Da un lato colonizzare terra altrui col supporto dei britannici (e poi degli statunitensi) favorendo l'immigrazione in Palestina per compensare lo squilibrio demografico, dall'altro deportare quanti più ebrei possibile.

Dopo la famosa risoluzione ONU 181, quella che divideva la Palestina in due parti, ci sarebbero dovute perlomeno essere altre mediazioni con i paesi e le popolazioni arabe. Ma i fascisti e terroristi sionisti (uso le parole di quell'ebreo antisemita che era Albert Einstein) colsero l'occasione, inaugurando una tradizione di utilizzo selettivo e distorto del diritto internazionale

17.9.24

DEFINIZIONE DI NEURODIVERGENZA, NEUROTIPICITÀ E NEURODIVERSITÀ

BREVE DEFINIZIONE, DIFFERENZE E ALTRI CONTENUTI DI APPROFONDIMENTO

Per le rubriche Define e RecenTips forniamo una breve definizione dei termini "neurodivergenza" (o "neuroatipicità"), "neurotipicità" e "neurodiversità" , consigliamo delle risorse online per approfondire il tema, e facciamo alcune considerazioni sul deleterio approccio "patologizzante" alla neurodivergenza (e in generale a tutte le disabilità, incluse quelle fisiche) in chiave intersezionale, con il fine ultimo di rivoluzionare una società malata.


Due cervelli disegnati che fanno parte dei simboli di fanrivista: sono posti orizzontalmente a specchio, e in uno i colori sono invertiti. Sopra la scritta: <NEURODIVERGENZA, NEUROTIPICITÀ E NEURODIVERSITÀ>, sotto: <DEFINIZIONI E DIFFERENZE>

NEURODIVERGENZA, NEUROTIPICITÀ E NEURODIVERSITÀ IN PAROLE POVERE

In estrema sintesi, il termine neurodivergenza indica un funzionamento del cervello diverso dalla più omogenea "norma statistica", quest'ultima indicata con il termine neurotipicità.

Nell'intera specie umana non esistono due persone esattamente uguali l'una all'altra e, per questo, sia le persone neurotipiche che quelle neuroatipiche rientrano nel concetto di "neurodiversità".

Le persone neurodivergenti però, come tutte le minoranze, tendono a essere discriminate e ad avere più difficoltà nell'interagire e adattarsi a un ambiente non inclusivo, dal punto di vista sia fisico che sociale. Ciò, come spiega lo psichiatra Valerio Rosso sul suo canale Youtube, può condurre a un <<disagio mentale da disadattamento>> causato proprio dal contesto socio-ambientale escludente. Lo psichiatra-Youtuber spiega che anche se <<alcune neurodivergenze, di gravità maggiore o estrema, possono avere dei connotati intrinseci di psicopatologia>>, questi connotati comunque non sono <<la regola (...) la patologia raramente risiede nella neuordivergenza in sé ma, piuttosto, coinciderà con il disadattamento che essa può generare in un contesto socio-ambientale strutturato per essere vissuto da soggetti neurotipici>>.



LE ORIGINI DEI TERMINI

Qualunque persona è diversa e "neurodiversa" da un'altra e tutti gli esseri umani hanno delle qualità e punti deboli, giudicati come tali secondo parametri dettati dai vigenti paradigmi culturali e socio-economici. Il termine "neurodiversità" (e l'analoga espressione "diversità neurologica") è stato usato nel 1998 dalla sociologa Judy Singer. Alcuni contestano il fatto che sia stata lei a coniarlo affermando che è stato usato online, almeno un paio d'anni prima, dalla comunità autistica. La studiosa lo ha modellato ricalcando il concetto di "biodiversità" e riferendosi soltanto alle persone che, come lei, rientravano nei criteri diagnostici della cosiddetta "sindrome di Asperger" o "autismo ad alto funzionamento".

16.9.24

ISRAELE USA "SCUDI UMANI" PALESTINESI E ISRAELIANI

E SFRUTTA QUESTA DEFINIZIONE GIURIDICA PER DARE UNA PARVENZA DI LEGALITÀ AD ATTACCHI INDISCRIMINATI E SPROPORZIONATI

Leggiamo o sentiamo dire spesso che "Hamas usa i palestinesi come scudi umani" . Anche ammettendo che Hamas usi come "scudi umani" i civili, ciò non giustificherebbe comunque le violazioni del diritto internazionale grossolane e brutali cui assistiamo quotidianamente

In parole povere: se una forza armata viola della regole ciò non implica che l'altra può violarne altre a sua volta, impunemente.


Inoltre, le evidenze storiche e giuridiche finora raccolte testimoniano che, contrariamente a quanto si afferma sui media dominanti, è proprio Israele a usare i civili come "scudi umani", sia quelli palestinesi che quelli israeliani.


Partiamo spiegando cosa si intende per scudi umani da un punto di vista legale e concludiamo con alcune considerazioni sui "doppi standard"...




Bambino seduto sul cofano di una jeep militare con una faccia impaurita, legato con il braccio a una grata metallica che difende il parabrezza. Di fianco un altro mezzo militare, su cui si intravede una scritta in ebraico, e un soldato che parla alla radio.
Un bambino di 13 anni legato al braccio sul cofano di una jeep della polizia militare israeliana, nel villaggio di Biddu, durante una protesta nel 2004. La riprovevole immagine rappresenta un esempio "classico" di scudo umano.



L'IMPIEGO DI SCUDI UMANI È ILLEGALE, MA NON GIUSTIFICA ALTRI CRIMINI E VA DIMOSTRATO!

Nel diritto internazionale l'espressione "scudi umani" denota una strategia vietata, un crimine di guerra. Consiste nello sfruttare la presenza o il movimento di civili in modo tale da evitare l'attacco a obiettivi militari, oppure per favorire o impedire delle operazioni militari.

Ecco qualche esempio pratico: un insediamento con abitazioni ed edifici civili viene costruito vicino una base militare per evitare che questa venga attaccata; un singolo civile, o un gruppo di più civili, può essere preso in ostaggio e usato da una formazione di militari come "schermo", evitando di essere colpiti durante un'azione militare, come una ritirata o una penetrazione in un territorio urbano; oppure, ancora, quando si sospetta che siano state piazzate delle trappole esplosive per impedire l'accesso a un luogo (si pensi a un campo minato), si manda un civile "all'avanscoperta" (eventualmente a saltare in aria sarà lui e non i soldati). Su quest'ultimo esempio ritorneremo fra pochissime righe, ma prima facciamo delle basilari considerazioni legali.

L'uso di scudi umani della popolazione civile è illegale e, per questo, la formazione militare avversa a quella che li impiega ha comunque il diritto di attaccare l'obiettivo militare che il nemico vuole proteggere. Tuttavia ciò non implica la sospensione dei principi del diritto umanitario internazionale (le "leggi di guerra"): bisogna sempre distinguere civili da combattenti facendo tutto il possibile per minimizzare i cosiddetti "danni collaterali". Non si possono infliggere in maniera indiscriminata danni come uccisioni, ferimenti, demolizioni di infrastrutture. Bisogna tenere conto anche della proporzione tra l'obiettivo militare da raggiungere e il costo in devastazione e vite umane, assumendosi rischi maggiori per colpire solo il nemico, non gli innocenti. Precauzioni aggiuntive e particolari devono essere assolutamente adottate anche quando si hanno prove inconfutabili che strutture sanitarie vengono usate per scopi militari. Non si può bombardare un ospedale senza far evacuare prima personale e pazienti.

In estrema sintesi: non si ha "carta bianca" se gli avversari stanno usando gli scudi umani, sia che questi ultimi vengano sfruttati come tali involontariamente, sia che lo facciano in maniera volontaria.



SCUDI UMANI VOLONTARI, INVOLONTARI E DI PROSSIMITÀ

7.9.24

UCCISA IN CISGIORDANIA AYSENUR EYGI, ATTIVISTA PACIFISTA STATUNITENSE

LA MARTIRE PACIFISTA FACEVA PARTE DELLA STESSA ASSOCIAZIONE DI VITTORIO ARRIGONI, CHE DENUNCIA: 

<<ATTACCATI MANIFESTANTI PACIFICI CHE PREGAVANO. NESSUN LANCIO DI PIETRE VERSO I MILITARI, CHE COMUNQUE SI TROVAVANO A 200 METRI DI DISTANZA DALLA VITTIMA, UCCISA A SANGUE FREDDO>>.


È LA 18ESIMA MANIFESTANTE ASSASSINATA DALLE FORZE DI OCCUPAZIONE ISRAELIANE NELL'AREA DI BEITA DAL 2020 E LA TERZA NELLA STORIA DELL'ISM.



In alto a sinistra l'avamposto nel 2023: si vede una torretta con alcuni militari e una bandiera israeliana. A destra l'immagine di Aysenur Eygi. In fondo al centro 3 soldati e 3 soldatesse israeliani. Due sparano lacrimogeni nella direzione del fotografo. Alcuni ridono, altri appaiono indifferenti.

In alto a sinistra foto dell'avamposto di Evyatar ad Aprile 2023. In basso dei soldati israeliani lanciano gas lacrimogeno verso dei manifestanti nella stessa zona nel 2021.

Immagini di שי קנדלר tratte e "ritagliate" da Wikimedia, rilasciate con licenza Creative Commons. In alto a destra il volto di Ayşenur Eygi nel comunicato rilasciato dall'International Solidarity Movement.




La mattina del 6 settembre la comunità palestinese del villaggio di Beita, vicino Nablus, protestava contro l'espansione dell'insediamento illegale di Evyatar, in Cisgiordania. Alle proteste pacifiche avevano preso parte anche attivisti anti-sionisti israeliani e internazionali in qualità di osservatori, per prevenire eventuali abusi. Tra questi Ayşenur Ezgi Eygi, 26 anni, nata ad Adalia in Turchia e cresciuta negli Stati Uniti, dove studiava psicologia, lingue e culture mediorientali e lavorava come tutor (aveva doppia cittadinanza turca e statunitense).

Evyatar è uno dei più di 300 insediamenti coloniali illegali, ai sensi del diritto internazionale. Molti sono nati come degli "avamposti" che sarebbero dovuti servire solo a scopi militari e temporanei, trasformandosi con il tempo in insediamenti civili, mentre altri sono stati "autorizzati" e costruiti su terre espropriate alla popolazione nativa e dichiarate demanio statale. Alcuni insediamenti sono illegittimi anche per la stessa legge israeliana, come Evyatar. A Giugno, però, è stato "legalizzato" dalle autorità della potenza che occupa illegalmente quei territori dal 1967, lo stato etno-teocratico israeliano.

L'International Solidarity Movement (ISM), associazione che impiega tattiche di protesta non violenta (principalmente documentando gli abusi e proteggendo i civili tramite interposizione non violenta) per la quale Aysenur era volontaria, ha ricostruito il suo assassinio in un comunicato stampa: <<la manifestazione, che consisteva principalmente in uomini a bambini che pregavano, è stata affrontata con la forza dall'esercito israeliano posizionato sulla collina. Inizialmente hanno lanciato un grande quantitativo di gas lacrimogeno e poi hanno cominciato a usare armi da fuoco (...) Hanno sparato due colpi. Uno ha colpito un uomo palestinese a un gamba, ferendolo. L'altro è stato intenzionalmente sparato contro attivisti per i diritti umani che osservavano la manifestazione>>, ferendo mortalmente la giovane volontaria, sembrerebbe con un fucile di precisione. Nella conclusione della nota stampa, dopo l'elenco delle altre 17 vittime massacrate nella stessa zona dal 2020, si evidenzia: <<Alcuni media hanno ripetuto false affermazioni su lanci di pietre da parte degli attivisti dell'ISM durante la manifestazione pacifica. Tutte le dichiarazioni di testimoni oculari confutano queste affermazioni. Aysenur era a più di 200 metri di distanza dai soldati israeliani, e non c'è stato nessuno scontro nei minuti precedenti lo sparo. E comunque, da una tale distanza, né lei, né nessun altro avrebbe potuto essere percepito come una minaccia>>, a differenza di quanto stanno provando a sostenere in queste ore le autorità della potenza occupante, secondo cui a un presunto lancio di pietre, da distanza imprecisata, sarebbe legittimo rispondere con armi da fuoco e proiettili "veri", e non con i proiettili di gomma (che possono essere comunque letali). <<È stata uccisa a sangue freddo>>. 

A questo proposito, vale la pena di ricordare anche quello che è passato alla storia come "l'incidente di Beita": nel 1988 Tirza Porat, un'adolescente israeliana, fu uccisa per errore da un proiettile di un fucile d'assalto israeliano durante degli scontri con i coloni. Subito dopo veniva diffusa la fake-news che ad ucciderla sarebbero stati dei palestinesi con delle pietre. Il bossolo estratto dal suo cranio provò il contrario. 

LA STAGIONE DELL'ORRORE

Riceviamo e pubblichiamo nello "Spazio Comunica Azioni" una "call" per un progetto di ricerca indipendente sul lavoro-sfruttamento stagionale e precario di una compagna.


La "chiamata" è anche denuncia contro gli abusi del precariato e sfogo di "classe precaletaria" (per questo l'abbiamo inclusa anche nella rubrica "Cronache Precarie").


Si tratta di un progetto "etnografico informale" che potrebbe evolversi in un'auto-produzione editoriale.




La Stagione dell’Orrore viene e va!

Ciao!

Una donna dietro il bancone di un bar impugna minacciosamente una bottiglia di liquore. Anche lo sguardo è minaccioso, anche se un po' forzato.
Immagine di Jazz Guy da Flickr rilasciata con licenza Creative Commons


Il mio nome è Marga Romagnoni e sono una barlady antropologa, alle volte antropologa barlady, specializzata in Pestati, Blended, Studi Femministi, Salute Mentale e Critica Anticapitalista in genere.

Mi occupo di Antropologia ormai saltuariamente, in forma autonoma (ossia non dipendo da nessuna Università o altra istituzione) e ‘a sentimento’.

‘A sentimento', significa che decido cosa investigare in profondità sulla base delle sfighe che mi succedono.

‘A sentimento', significa che il mio operato riguarda una vocazione di vita e che non vengo pagata per farlo.

Sono sempre stata quello che Antonio Gramsci ha definito come “intellettuale organico”, ossia faccio parte io stessa dei contesti che pretendo studiare e sui quali produco teoria; l’obiettivo è dunque quello di trovare forme di denuncia, miglioramento ed emancipazione collettiva e non quello di avanzare nella mia carriera sulla pelle altrui.

Se ti è arrivato questo messaggio, è perché, molto probabilmente, come me lavori nel settore Ho.Re.Ca (acronimo di "Hotel Restauranta Café" che indica il settore alberghiero) in modalità stagionale o conosci qualcuno che lo fa.

Ti contatto perché ho in programma di condurre un’etnografia dei contesti del lavoro stagionale, con l’obiettivo di rintracciarne, renderne visibili e analizzarne le problematicità sociali specifiche.


Cos’è un’etnografia

5.9.24

DUE NAUFRAGI NEL MEDITERRANEO IN UN GIORNO

L'ONG MEDITERRANEA: <<LA STRATEGIA DEL GOVERNO PROVOCA L’ENNESIMA STRAGE>> 


Il primo settembre un'imbarcazione è partita dalla Libia con 28 "persone in movimento" a bordo, stando alla testimonianza di 7 sopravvissuti, di nazionalità siriana, soccorsi ieri mattina dalla Guardia costiera mentre il natante stava per affondare vicino a Lampedusa. 21 di queste, di cui 3 minori, sono disperse. Sempre nella giornata di ieri si sono registrati altri 22 dispersi e almeno un morto a largo delle coste libiche.

Di seguito l'ultimo comunicato di "Mediterranea Saving Humans". Negli scorsi giorni il governo italiano ha accusato l'ONG, sostenendo che la loro imbarcazione, la "Mare Jonio", non è in possesso della certificazione necessaria al soccorso, addebito smentito dalla ONG in un altro comunicato


Immagine della Mare Jonio, rimorchiatore della ONG, in alto mare
Immagine della "Mare Jonio"


2.9.24

LA STRUMENTALIZZAZIONE DELL'OMICIDIO DI SHARON VERZENI E DELLA CRONACA NERA

E QUELL'ITALIANO DECAPITATO CHE NON HA FATTO NOTIZIA...


Questa estate un uomo è stato decapitato dal fratello, un italiano con la pelle bianca e cattolico, che ha gettato la sua testa per strada, in provincia di Benevento.


Sempre questa estate una donna è stata accoltellata a morte da un italiano con la pelle nera, apparentemente senza un movente specifico che non sia la pura e malata voglia di uccidere qualcunə.


La stragrande maggioranza di voi della prima vittima non avrà nemmeno sentito parlare, mentre della seconda se ne straparla. Entrambi i reo-confessi sono due persone con evidenti problemi psico-sociali, ma uno ha la pelle di colore diverso dalla maggioranza degli italiani...



Il tweet di Ravetto che allega uno screenshot con un articolo di cronaca su Sharon Verzeni
La parlamentare leghista Laura Ravetto ha scritto su "X" (ex "Twitter"): <<Nato a Milano. Ma opportuno che un soggetto simile sia cittadino italiano? Sono questi i nuovi Italiani cui aspiriamo?>>



UN FRATRICIDIO E UN FEMMINICIDIO

Il 4 luglio a Pannarano, in provincia di Benevento, Annibale Miarelli, 70 anni, viene decapitato da suo fratello, Benito, di 57 anni. Pare che la testa sia stata tagliata mentre dormiva, dopo una lite, e poi gettata in strada (secondo la sua versione avrebbe tagliato la testa dopo averlo inizialmente ferito, e non l'avrebbe gettata dal balcone, anche se un testimone l'ha trovata per strada mentre andava a buttare l'immondizia). Benito Miarelli avrebbe dichiarato di aver sentito delle voci che lo hanno spinto a tale gesto. Annibale era un operaio che dopo la morte di figlio e moglie era tornato al paese natale. L'omicida era seguito dai servizi sociali, alcuni compaesani intervistati hanno dichiarato che aveva delle strane fissazioni legate alla religione cristiana e che era una persona dal carattere scontroso, non potendo però immaginarlo capace di un atto simile. Consultando i suoi profili social (come si vede nelle immagini qui sotto) emergono in effetti diversi contenuti legati alla fede cristiana ma anche un interesse per la rivoluzione francese e il risorgimento italiano, oltre che una simpatia per le forze armate.