C’È UN SOPRAVVISSUTO ALL’OLOCAUSTO NEL GRUPPO DI GIURISTI CHE HA ANALIZZATO E APPOGGIA LA RICHIESTA DI ARRESTO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE, DEFINITA DA NETANYAHU <<ANTISEMITA>>
Per molti la richiesta di arresto al premier e all’ex ministro della difesa israeliani segna l’inizio della fine politica di Netanyahu, ma non certo la fine delle immani sofferenze inflitte a palestinesi e libanesi.
Mentre la propaganda si concentra sulla contro-accusa di Netanyahu e della sua schiera di pennivendoli, secondo cui la Corte sarebbe faziosa, allineata con il terrorismo e antisemita, quasi nessuno si accorge di un particolare: Theodor Meron, 95 anni, sopravvissuto all’Olocausto dopo essere stato detenuto in un campo di lavoro forzato in Polonia, fa parte di un gruppo di giuristi che ha appoggiato la richiesta di arresto. Il parere del comitato dei giuristi è stato richiesto dal Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Karim Ahmad Khan, a Maggio.
Iniziamo
ricapitolando quali sono le specifiche accuse.
Immagine del giudice Theodor Meron della Corte ONU per giudicare i crimini nell'ex Yugoslavia rilasciata con licenza Creative Commons. |
LE ACCUSE DELLA CPI E DELLA CIG
Due giorni fa la Camera di giudizio preliminare della Corte Penale Internazionale (CPI) ha approvato i mandati di arresto richiesti a Maggio dal Procuratore Capo, Karim Ahmad Khan, nei confronti dei leader israeliani e di Hamas per diversi crimini di guerra e contro l’umanità. Teoricamente, se l’ex ministro della difesa Gallant e il premier Netanyahu si recassero in uno dei paesi che ha ratificato lo Statuto di Roma potrebbero essere arrestati e condotti all’Aja. L’autocrate ungherese Orban ha già invitato Netanyahu in segno di spregio e sfida al diritto internazionale.
La CPI (ICC è l’acronimo in inglese) ha il compito di accertare responsabilità di singole persone. Il suo procedimento giudiziario non va confuso con la causa della Corte “cugina” e massimo organismo giudiziario dell’ONU, la Corte di Giustizia Internazionale (CGI acronimo in italiano e ICJ in inglese) avviata dal Sudafrica.
In teoria, anche nell’ambito giudiziario delle Nazioni Unite potrebbe essere creato un tribunale ad hoc per indagare le responsabilità individuali di quello che, attualmente, è considerato dalla Corte ONU un <<plausibile>> genocidio. Ricordiamo che le misure preliminari stabilite dalla Corte dell’ONU dovrebbero servire a prevenire o mitigare gli effetti del “crimine dei crimini”, il genocidio.
I capi di accusa della CPI nei riguardi di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant sono i seguenti: attacchi intenzionali contro la popolazione civile; omicidio o uccisioni intenzionali; sterminio (capo di accusa prossimo a quella di genocidio, che non è da escludere in futuro) e/o omicidi, compresi quelli attuati affamando la popolazione (la Camera di giudizio preliminare fa notare che l’entrata di alcuni aiuti, comunque insufficienti, è stato il risultato della pressione politica internazionale); sofferenze, lesioni o trattamenti crudeli; persecuzione (e cioè la privazione dei diritti fondamentali di un gruppo su base dell’appartenenza politica e/o nazionale) e altri atti disumani diretti a provocare sofferenze e danni psico-fisici. Sofferenze ulteriori che, per esempio, si sono concretizzate anche non facendo entrare a Gaza medicinali come gli anestetici, fondamentali per le operazioni chirurgiche. Provate a immaginare cosa vuol dire perdere un arto in seguito a un bombardamento, e pensate che venga amputato pure senza anestesia!
Dichiarazioni fatte da Gallant all'inizio della guerra genocida a Gaza. Foto originale rilasciata con licenza creative commons. |
Dichiarazioni fatte da Netanyahu all'inizio della guerra genocida a Gaza. Foto originale rilasciata con licenza creative commons. |
Come accennato sopra, non si può escludere la formazione di ulteriori capi d’accusa, incluso il “crimine dei crimini”, nei riguardi dei due “illustri” ricercati internazionali. Ulteriori imputazioni potrebbero e dovrebbero essere formulate anche nei riguardi dei soldati sul campo, molti dei quali hanno più di una nazionalità.
Per chi volesse approfondire ulteriormente questi aspetti segnaliamo un articolo che avevamo pubblicato a Maggio, in cui riportavamo dettagliatamente anche i capi di imputazione a carico dei leader di Hamas (tra cui il rapimento degli ostaggi del 7 Ottobre e degli atti di violenza sessuale). Ricordiamo che almeno due dei tre accusati, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, sono stati, rispettivamente, vittime di un’esecuzione extralegale e di un uccisione in combattimento da parte della potenza occupante. I criminali di guerra, di qualunque parte, dovrebbero essere arrestati e processati, far assumere loro le proprie responsabilità, e non venire assassinati sommariamente. Permangono dubbi sulla morte di Mohammed Deif: Israele, smentita dalle dichiarazioni di Hamas, asserisce di averlo assassinato in un bombardamento la scorsa estate.
Nell’articolo parlavamo anche delle pressioni, esercitate dai servizi segreti con vere e proprie minacce in stile mafioso, su Fatou Bensouda, la Procuratrice Capo che ha preceduto Khan e che investigava da anni su altri crimini commessi dai governanti israeliani. A questo genere di minacce se ne sono accompagnate altre più “diplomatiche” da parte degli USA.
In più, circa un mese fa, il magistrato Khan è stato accusato di molestie sessuali. Secondo alcuni media avrebbe palpato e messo la lingua nell’orecchio a una donna dello staff. Per i sostenitori di quella che è stata definita la “Nuova Teoria”, il Procuratore avrebbe poi deciso di spiccare i mandati d’arresto per sviare l’attenzione dal caso ed evitare le dimissioni. Questa convoluta teoria non prende in considerazione il fatto che l’occupazione illegale dura formalmente dal 1967 e che il Procuratore ha “ereditato” le indagini da Bensouda, che lo ha preceduto. L’attacco del 7 Ottobre e la furia vendicativa della punizione collettiva israeliana hanno poi spinto la procura internazionale ad accelerare i tempi.
È plausibile pensare che questi diversi tipi di pressione, più o meno occulti, hanno contribuito a ritardare la conferma dei mandati richiesti, insieme a questioni tecnico-giuridiche.
QUEL GIURISTA “ANTISEMITA” SOPRAVVISSUTO ALL’OLOCAUSTO NELLA COMMISSIONE CONSULTATA DA KHAN PER SPICCARE IL MANDATO D’ARRESTO
Quando non si può difendere l’indifendibile, quando non si hanno più argomentazioni per ribattere a documentate e precise accuse di giornalisti, operatori umanitari, vertici dell’ONU ed esperti legali, allora si comincia ad attaccare le persone che muovono quegli addebiti. Se non possono essere attaccate in maniera “fisica”, o se non conviene farlo, allora bisogna colpire la loro reputazione. Serve delegittimarle per tentare di invalidare e nascondere gli errori e le colpe che queste denunciano. Oltre ai complotti articolati c’è un’accusa che viene mossa, in maniera infantile e spregevole, a tutti quelli che criticano uno stato che pratica il crimine dell’apartheid (come confermato quest’estate dalla Corte Internazionale di Giustizia), uno stato nato sulla pulizia etnica. Uno stato fondato sul sionismo, un’ideologia nazionalista sui generis che -teoricamente- propugna una legittima aspirazione all’autodeterminazione degli ebrei. Praticamente, però, questa aspirazione viene raggiunta facendone pagare le spese a un altro popolo, negando l’autodeterminazione e perfino l’esistenza stessa dei palestinesi. “Se ne vadano da qualche altra parte, in qualche paese arabo”, dicono i fascio-sionisti, “tanto sono arabi!”. La Palestina non esiste, è un falso storico”. Invece, uno stato fondato su una presunta promessa divina risalente a migliaia di anni fa dovrebbe esistere a ogni costo, anche se si basa sul furto e sulla pulizia etnica. L’accusa a chi mette in discussione questo presunto diritto, basato su letture fondamentaliste e distorte dei testi sacri e dei codici legislativi, è quella di essere antisemita, e cioè di praticare discriminazione e razzismo verso gli ebrei. Quegli stessi ebrei che si oppongono all’occupazione e all’esistenza stessa dello stato israeliano, inclusi tanti rabbini, vengono definiti “ebrei che si auto-odiano” (“self-hating jews” è l’abusata espressione in inglese). Come al solito, anche in questo caso, Netanyahu ha definito il mandato d’arresto nei suoi confronti un <<atto antisemita>> di una <<corte faziosa>>.
Mentre i media che vanno per la maggiore si concentrano sulle reazioni alla decisione del mandato di arresto dei vari potenti del mondo, mentre si disquisisce sul diritto di dell'autodifesa di Israele sventolato da Netanyahu e non si pensa nemmeno lontanamente allo stesso diritto dei palestinesi, mentre si arriva ad affermare che i governanti e i criminali di guerra israeliani sarebbero al di sopra della legge in quanto largamente riconosciuti (nel mondo “occidentale”) rappresentanti di uno stato democratico, quasi nessuno ricorda un “piccolissimo” particolare: la decisione “antisemita” di quella “corte faziosa” è stata analizzata e convalidata all’unanimità da un comitato composto da sei giuristi esperti in diritto internazionale, consultato su richiesta del Procuratore Khan.
Tra i membri del Comitato c’è Theodore Meron: nato nel 1930 in Polonia da famiglia ebraica, è stato in un campo di concentramento prima di emigrare in Palestina nel 1945. Nel’67, quando era consulente del Ministro degli esteri israeliano, si pronunciò segretamente contro il ripristino di uno dei tantissimi insediamenti illegali ancora attivi in Cisgiordania (quelli che secondo la CIG dovrebbero essere sgomberati subito), perché in violazione della Convenzione di Ginevra, trattato alla base delle leggi di guerra, in cui si trovano anche le prescrizioni relative alla protezione dei civili da parte della potenza occupante. Il suo parere non fu ascoltato e, una decina di anni dopo, si spostò in nord-America, dove ha insegnato diritto e ricoperto la carica di ambasciatore israeliano in Canada. Ha poi ricoperto il ruolo di giudice nelle corti create ad hoc per giudicare i crimini commessi nelle guerre dei Balcani e nel genocidio ruandese. Insomma, il tipico profilo di un incallito sostenitore del “terrorismo pro-Pal”...
I sei giuristi a Maggio hanno inviato una lettera al Financial Times, giornale-tempio del capitalismo internazionale, nonché testata notoriamente antisemita che, pubblicando questa missiva, ha indegnamente supportato il “terrorismo dei poveri”, non schierandosi dalla parte del “terrorismo dei ricchi” e dell’autodifesa di una potenza occupante, supportata da una società civile ampiamente radicalizzata. Nella lettera si legge: <<Dopo mesi in cui ci siamo impegnati in un ampio processo di revisione e analisi abbiamo analizzato con cura ogni richiesta di arresto (...) il procuratore ha fatto un passo storico per assicurare giustizia alle vittime in Israele e Palestina>>.
Nella conclusione di questo articolo vogliamo riportare alcune lungimiranti parole di Theodore Meron, registrate in un video delle Nazioni Unite di quattro anni fa (intitolato “Come prevenire un genocidio – una conversazione con un esperto di crimini di guerra”): <<Le cose che pensiamo, le cose che facciamo sono fondamentali per combattere i genocidi, nel combattere gli olocausti del futuro. Anche oggi vediamo moltissimi esempi in corso di brutali massacri etnici e religiosi. Molti di questi sono effettivamente, in termini legali, genocidi. Oggi ci stiamo addentrando in una fase di nazionalismo radicale e sfrenato. È contro gli immigrati. È contro i musulmani. È contro gli ebrei. Dobbiamo fare attenzione a questi demagoghi che predicano odio religioso ed etnico. Se siamo vigili potremmo prevenire che si ripeta quello che è accaduto in Europa negli anni ‘30 e 40. L’Olocausto è stato il principale esempio dei genocidi. Se non ricordiamo, se non impariamo la lezione dell’Olocausto, potremmo lasciare che queste situazioni si ripetano. Credo che per qualcuno con la mia storia diventare un giudice, giudicare crimini di guerra, genocidio, crimini contro l’umanità e presiedere questi processi è una delle meraviglie della mia vita. Agli accusati abbiamo assicurato processi imparziali e dignitosi. È importante chiamare i crimini con il loro nome. Le parole hanno una risonanza. La definizione dei crimini ha una risonanza. I giudizi, i giudizi credibili delle corti internazionali hanno una risonanza. L’Olocausto non sarebbe potuto accadere senza la collaborazione di così tanti europei, che hanno cooperato in diverse maniere con la sua attuazione. Concentrandoci sulla storia e sulla comprensione dell’Olocausto costruiamo un futuro migliore in cui gli olocausti saranno meno probabili>>. Paradossalmente, il senso di colpa collettivo delle società europee, insieme agli interessi materiali dei vari potentati, sta contribuendo al compimento di un altro genocidio, commesso da alcuni discendenti dei sopravvissuti a quello avallato nella seconda guerra mondiale. Queste stesse società, e chi le comanda, ripetono gli errori del passato negando lo stesso genocidio dei palestinesi e proiettandolo sulla parte avversa. Il 7 Ottobre è stato orribile, ma non giustifica il compimento di un genocidio incrementale avviato nel 1948.
Il colpevole è ancora il sedicente mondo civilizzato occidentale, responsabile di tantissimi genocidi: dall'America all’Africa, dagli “ebrei senza terra” ai palestinesi. Il motto “mai più” deve valere per tutte e tutti! Ricordiamolo ai negazionisti di tutti gli olocausti.
Paolo Maria Addabbo
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Alleghiamo qui sotto (o a questo link se non visualizzato l'apposito riquadro) un video della dichiarazione di Netanyahu, riportato su Youtube dal The Guardian, insieme a quello linkato sopra con le riflessioni di Theodor Meron.
Grazie per essere arrivat* fin qui.
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