UN BILANCIO DEGLI ULTIMI MESI: DAGLI F16 AI PASSAPORTI DORATI TURCHI, PASSANDO PER I CACCIA SVEDESI IN USO ALLA "DEMOCRAZIA ILLIBERALE" E AUTOCRATICA DI ORBAN
Caricatura di Erdogna da Wikimedia di DonkeyHotey rilasciata con licenza Creative Commons |
Il 7 Marzo anche la Svezia, dopo la Finlandia, è entrata ufficialmente nella NATO, su spinta della paura, fondata o meno, delle mire espansionistiche della Russia di Putin. Si dovrebbe discutere sul fatto che questo timore sia almeno parzialmente fondato, oppure bellicisticamente indotto dai contrapposti disegni e interessi economici del decadente "impero occidentale" a guida USA, oltre che dall'insufficiente ricorso alla diplomazia per risolvere un conflitto iniziato con l'invasione degli "omini verdi" nel 2014. Infatti, già dall'annessione russa della Crimea, Svezia e Finlandia cominciavano a ragionare sulla fine della loro politica neutrale e, così facendo, potersi eventualmente appellare al principio di difesa reciproca stabilito dal quinto articolo del trattato nord-atlantico, invocato solo una volta nella storia (dagli USA dopo l'11 Settembre). Mentre il Mar Baltico è diventato una sorta di "maxi-lago" governato dall'Alleanza atlantica, si discute dell'aumento delle spese militari dei nuovi entrati, raccomandato al minimo del 2% del PIL fin dal 2014. Sarebbe anche utile dibattere sulla natura -formalmente- difensiva del patto atlantico, sulla possibilità di superarlo, sul ruolo dei BRICS, della Shangai Cooperation Organization, sui paesi non allineati e, più in generale, su come avvicinarsi il più possibile all'utopia di un mondo senza guerra...
Però lo
scopo specifico di questo post e della rubrica in cui è pubblicato è
principalmente un altro: due
anni fa avevamo inaugurato il format di Fanrivista intitolato “Come
va a finire?”, con l'obiettivo
di seguire l’evoluzione di certi
eventi per capire, per l’appunto, “Come andranno a
finire”.
La
Turchia, nel 2022, aveva siglato un memorandum con i
due paesi scandinavi a Madrid: Svezia e Finlandia si
impegnavano a non restringere il commercio di armi e a combattere
insieme al paese mediorientale il "terrorismo". Erdogan aveva richiesto la consegna di circa 150 "terroristi" che ,in realtà, erano dissidenti politici. Per diverse ragioni, tra
cui l'impossibilità di estradare persone ricercate per reati
politici, la richiesta era apparsa fin da subito pretestuosa. Il
principale scopo -raggiunto- era quello
di fare pressione per ottenere altri armamenti e garantirsi
impunità per reprimere i curdi dentro, fuori e nelle vicinanze dei
propri confini. Paradossalmente un'altra
richiesta di estradizione dai confini turchi verso l'UE
è stata negate a causa dei cosiddetti
"passaporti dorati".
Poi, alle
pressioni del Sultano Erdogan, si sono aggiunte quelle
del "democratico illiberale" Orban. Il parlamento
ungherese, infatti, è stato l'ultimo ad approvare
l'entrata della Svezia nel Patto Atlantico...
LE ESTRADIZIONI DI DISSIDENTI POLITICI RICHIESTE E QUELLA NON CONCESSA DI UN NARCOTRAFFICANTE
Dal 7 Marzo la Svezia è il 32esimo membro della NATO, a distanza di quasi un anno dall'entrata della confinante Finlandia. Il "Sultano" turco Erdogan, due anni fa, aveva richiesto a Svezia e Finlandia diverse espulsioni e di estradizioni di loro residenti e cittadini verso la Turchia, con la minaccia di porre il veto alla loro entrata nella NATO. Infatti la ratifica dell'entrata di nuovi membri nell'Alleanza atlantica necessita dell'approvazione degli stati membri, e deve passare nei rispettivi parlamenti.
In quel frangente era stato siglato un memorandum d'intesa a Madrid dai 3 paesi, con l'obiettivo formale della lotta al terrorismo, oltre ad annullare l'embargo di armi, limitato o interrotto da diversi paesi europei (Svezia e Finlandia inclusi) a seguito dell'invasione turca nel nord-est della Siria nel 2019.
Era stata diffusa anche una lista di decine di "ricercati" dalla Turchia. Gli obiettivi della "lista di proscrizione" erano diversi esponenti (o ritenuti tali) di schieramenti politici eterogenei: dal PKK (il partito comunista curdo) a "FETO" (il movimento democratico-islamista di Fethullah Gulen, noto anche come "Hizmet", bollato dal presidente-autocrate Erdogan come Organizzazione del Terrore Gulenista che starebbe dietro al fallito tentativo di colpo di stato del 2016), passando per le YPG/YPJ e PYD (acronimi delle Unità di Protezione Popolare, formazioni combattenti alla guida delle FDS, alleate degli USA in chiave anti-ISIS, e del Partito dell’Unione Democratica nel nord della Siria). Nella lista si trovavano anche una parlamentare svedese di origine curda-iraniana, Amineh Kakabaveh, diversi giornalisti e perfino un poeta curdo deceduto da tempo.
Uno degli scopi di Erdogan è quello di impedire qualunque supporto a tutte quelle organizzazioni legate, anche solo vagamente e ideologicamente, al PKK. Supporto che si concretizza anche in semplici aiuti umanitari, inviato dall'estero dai curdi in diaspora a a diverse organizzazioni considerate "terroristiche". Ricordiamo che la NATO considera il PKK come tale, ma non le già citate YPG/YPJ.
Inoltre il governo di Ulf Kristersson, il primo esecutivo della storia del paese appoggiato da un partito di estrema destra, ha approvato una legge antiterrorismo che potrebbe mettere seriamente in pericolo diversi diritti fondamentali, a cominciare dalla libertà d’espressione, nel momento in cui venisse classificata come "propaganda terroristica" qualunque attività meramente "ideologica" di simpatizzanti del PKK (anche se, nell'intenzione manifestate dai legislatori, comportamenti come il prendere parte a una manifestazione non dovrebbe rientrare nella nozione di "propaganda"). Oltre a questo la legge, approvata la scorsa estate, potrebbe criminalizzare chiunque sostenga una persona classificata come "terrorista", anche solo offrendogli cibo o alloggio. Sfruttando normative come questa potrebbero essere estradati diversi rifugiati e dissidenti verso Ankara, superando così le barriere giudiziarie rappresentate dal giudizio delle corti, le stesse che fino a oggi hanno impedito che venissero catturate dalla Turchia le decine di "teste" ricercate. Sono i principali effetti nefasti da considerare in questa analisi: incidono sulla libertà di espressione e sulle procedure che garantiscono l'asilo politico in due dei principali paesi che negli ultimi decenni hanno ospitato esuli turchi e curdi. Tra questi c'è anche la già citata parlamentare curda e "ricercata", Amineh Kakabaveh che, lo scorso anno, ha dichiarato: <<la nostra adesione alla NATO causerà molti ricatti da parte di Erdogan>>. Iniziative legislative come questa, in tutta Europa e nel Mondo, potrebbero essere sfruttate anche per reprimere il dissenso in svariati contesti, come quello del supporto all'esistenza e alla resistenza del popolo palestinese. Il provvedimento è stato comunque definito da Erdogan <<non sufficiente>>. Il vero motivo, secondo chi scrive, è che l'autocrate turco puntava a ben altro...
A confermare la natura pretestuosa delle richieste di estradizione sembra essere il numero di quelle effettivamente concesse: ci risulta che, tra le 150 richieste, sono stati estradati solo due rifugiati in Svezia, formalmente ricercati per crimini comuni. Si tratta di Mehmet Kokolu, che aveva finito di scontare una condanna per possesso di cannabis prima di espatriare in Svezia. È stato accusato di “propaganda per un’organizzazione terroristica” e “offese al presidente turco”, ma ri-arrestato in base al procedimento per droga. L'altro è Okan Kale, ricercato per delle truffe con carte di credito, si è dichiarato innocente, perseguitato per le sue origine curde, per non aver prestato servizio militare e per la sua conversione al cristianesimo. Se anche fosse vero che i due siano colpevoli di reati comuni l'estradizione, che comunque non è prevista per reati politici, dovrebbe essere vietata verso un paese in cui si violano i diritti umani.
Esemplare in questo senso è il caso di Baris Boyun (le cronache riportano il suo cognome anche come "Boyoun") recentemente ri-arrestato in un'operazione antiterrorismo in Italia. Secondo l'accusa (e stando a quanto riportano alcuni organi stampa) stava preparando, dagli arresti domiciliari, un attentato dinamitardo nei confronti di una gang rivale, in Turchia, ritenuta dall'accusato direttamente collegata a Erdogan. Avrebbe anche organizzato e compiuto diversi omicidi e traffici di armi e droga. Si sarebbe dichiarato perseguitato in quanto vicino al PKK e, in un'intercettazione riportata dall'ANSA, il presunto boss di una delle varie mafie turche avrebbe raccontato di essersi rivolto a qualcuno <<ai piani alti del PKK>> dicendo: <<non accetteremo un'organizzazione come questa e ne troveremo un'altra, iniziando una nuova rivoluzione>>. Fatto sta che, quando nel 2022 era stato arrestato in Emilia Romagna, il tribunale bolognese aveva negato l'estradizione con la motivazione che in Turchia non si rispettano gli standard minimi dei diritti umani.
Sempre restando in Italia, e basandoci su dati pubblici della polizia, sono almeno 6 le persone arrestate in base alla presunta appartenenza al PKK (e una settima al Partito-Fronte Rivoluzionario del Popolo turco) nel 2023.
Tra questi c'era Devrim Akcadag, giornalista curdo con cittadinanza tedesca. In Turchia aveva ricevuto una condanna a 15 anni in quanto ritenuto membro di un'organizzazione "terroristica". Per lui era stato emesso un mandato di cattura internazionale, basato su accuse archiviate in tre diverse occasioni in Germania. La scorsa estate si era recato in vacanza in Sardegna con la figlia piccola, dove è stato arrestato. Dalla sua stanza di albergo è stato catapultato in una cella di isolamento nel carcere di Bancali, con il governo italiano che spalleggiava la richiesta turca. Alla fine la Corte d'Appello di Sassari lo ha liberato in base all'inconsistenza delle accuse, al carattere persecutorio delle reiterate richieste turche e, ci interessa particolarmente in questo frangente, perché nelle prigioni turche non si rispettano i diritti umani. Parliamo di un paese in cui il sistema giudiziario non è indipendente, dove le elezioni sono una farsa, dove le minoranze vengono perseguitate, dove i media non sono liberi, in cui gli avversari politici vengono condannate con dei processi farsa a sentenze spropositate, oltre a subire torture. Infatti, nella sentenza del tribunale sardo, si fa menzione delle <<notizie allarmanti sulla violazione dei diritti umani nelle carceri turche che emergono dal rapporto del Comitato anti-tortura del Consiglio d'Europa, nonché dalla risoluzione 21/01/2021 del Parlamento Europeo>>.
Altre notizie simili, di cui non conosciamo l'esito ultimo, hanno riguardato anche Mehmet Dizin (rifugiato da decenni in Germania, espulso dalla Turchia molto tempo prima di alcuni dei fatti a lui ascritti, con il nostro governo che ha richiesto, anche nel suo caso, di tenerlo in carcere contro il parere dei giudici), Ahmed Azad Cağdan (anche lui giornalista ma arrestato in Svizzera) ed Ecivit Piroglu (arrestato in Serbia su richiesta della Turchia, poi negata, e attualmente trasferito da un centro per migranti in ospedale dopo un lungo sciopero della fame che lo ha fortemente debilitato).
A parte le considerazioni sulla collaborazione dei paesi europei con il regime di Erdogan a destare altre e profonde perplessità sono i cosiddetti "passaporti dorati": le parti si invertono perché sono dei paesi europei a chiedere l'estradizione di persone rifugiate in Turchia. In pratica, in almeno due occasioni, è stata acquistata la cittadinanza turca alla modica cifra di 400mila dollari in base a un programma di investimento e, sfruttando cavilli sulle leggi che regolano le estradizioni e cambidi identità, si riesce a evitare di essere "ri-spediti" in Europa.
Il primo caso riguarda un curdo-iraniano, Rawa Majid detto "la volpe curda", accusato di essere il leader della gang svedese "Foxtrot" e di aver generato una serie di faide con lunghe scie di sangue anche in Turchia, dove ha cercato rifugio nel 2018, dopo aver scontato 8 anni per traffico di droga. L'anno scorso le autorità svedesi avevano affermato di ritenerlo vicino al PKK: sarebbe davvero strano per qualcuno di quell'organizzazione cercare rifugio nel paese che è il suo principale persecutore. Non a caso è arrivata la smentita dalla commissione esteri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan su qualunque relazione con la "volpe curda". Lo scorso Settembre alcuni documenti relativi alla sua estradizione, passati dalla Svezia alla Turchia, sarebbero stati trovati in possesso di un membro della sua organizzazione fermato nel paese scandinavo, circostanza che ha alimentato sospetti di connivenza con le mafie da parte delle élite turche, oltre a complicare i rapporti diplomatici dei due paesi, proprio nel pieno delle trattative per l'adesione alla NATO. Notizia di questi giorni, riportata da diversi media svedesi e basata su documenti del Mossad, è quella che sia lui che altre gang sarebbero state reclutate dall'Iran per colpire cittadini della diaspora iraniana e obiettivi israeliani all'estero. Secondo le cronache sarebbe stato fermato e rilasciato in almeno due circostanze diverse: in Turchia è stato liberato, dopo che la Svezia ne aveva chiesto l'estradizione, proprio grazia alla sua nuova cittadinanza. In Iran sarebbe stato arrestato e liberato dopo essere stato indotto a collaborare con il regime degli Ayatollah.
Anche Joseph Johannes Leijdekkers detto Bolle Jos, trafficante olandese di cocaina presente nella lista dei principali ricercati europei, con lo stesso stratagemma sarebbe riuscito a trovare rifugio in Turchia, dove lo scorso Giugno sono stati arrestati alcuni presunti appartenenti alla sua organizzazione criminale.
In estrema sintesi la Turchia può estendere i suoi tentacoli in tutto il Mondo per perseguire "comuni mortali" e dissidenti politici, mentre diventa rifugio per "illustri" criminali e anche per miliziani estremisti islamici, questione alla quale facciamo cenno nelle prossime righe... Il regime di Ankara, inoltre, riesce a proiettare le sue intenzioni-punizioni fuori dai propri confini anche in maniera extragiudiziale: alcuni giornalisti nell'esilio europeo hanno denunciato di aver subito pestaggi e di essere stati "investiti" dalla "macchina del fango" mediatica, come avevamo già detto due anni fa.
Infine, nelle scorse "puntate", abbiamo anche parlato delle proteste organizzate dall'estrema destra pro-atlantista, e in particolare da Rasmus Paludan, durante le quali, nelle piazze svedesi e danesi, si è arrivati a bruciare il Corano per fare pressioni sulla Turchia affinché desse il via libera all'entrata nella NATO. Secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa e confermato dall'intelligence finlandese, quelle proteste sarebbero state strumentalizzate dai servizi russi. Infatti, il permesso per una di quelle controverse manifestazioni, indubbiamente di pessimo gusto ma non vietate per garantire la libertà di espressione anche alle idee più intolleranti, era stato pagato da Chang Frick, un ex collaboratore dell'emittente Russia Today. Intento dei servizi russi sarebbe stato fomentare l'islamofobia per aumentare i contrasti tra i paesi occidentali e la Turchia, delegittimando la Svezia di fronte al mondo islamico. Fine ultimo era proprio quello di impedire o rallentare l'entrata del paese scandinavo nella NATO. A conferma di questo piano c'è un documento dell'intelligence russa finito in possesso di Dossier Center (progetto dell'oligarca dissidente Mikhail Khodorkovsky) e analizzato dall'emittente finlandese Yle.
La Turchia non ha quindi ottenuto la stratosferica "cifra" in vite umane da imprigionare anche perché, evidentemente, la richiesta spropositata di estradare perfino una parlamentare svedese (che non era nemmeno una cittadina turca, come la "volpe curda") mascherava, goffamente, la principale posta in palio: ottenere forniture di armamenti.
LE AMBIVALENZE DI ERDOGAN E QUEGLI AEREI DA COMBATTIMENTO
Erdogan ha cercato di guadagnarsi più "campo libero" -cioè impunità- nella repressione dei curdi e dei loro alleati in Rojava, una "spina nel fianco" della Turchia che coopera con il contingente a guida nordamericana nell'area contro il sedicente stato islamico. Paradossalmente la Turchia è a sua volta accusata di supportare occultamente varie milizie jihadiste nella galassia dell'ISIS per contrastare il regime di Assad e i popoli dell'Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est. Un suo obiettivo è proprio quello di porre fine alla collaborazione delle milizie a maggioranza curda con le forze occidentali e, in questi mesi, non ha mai cessato di attaccare il Nord-est della Siria, favorito anche dall'"oscuramento" mediatico: quasi tutti gli "occhi" della stampa internazionale sono infatti puntati sull'acme del genocidioincrementale in Palestina. Non è di secondaria importanza ricordare in questi giorni che, per Erdogan, i combattenti di Hamas non sono nemmeno lontanamente considerabili dei "terroristi", a differenza della perseguitata minoranza dei curdi...
Oltre a questo e all'allargamento dei confini della NATO, principale svantaggio geo-politico per la Turchia che vede ridotta la sua influenza, molti analisti individuavano, fin da subito, il principale obiettivo del presidente-autocrate turco (oltre al tornaconto elettorale ottenibile dalla potenziale estradizione di "terroristi" e dal mostrarsi come "uomo forte" al potere): ottenere più armamenti dai paesi europei e, soprattutto, delle forniture per allargare la flotta e "aggiornare" dei particolari aerei da guerra dagli USA, gli F-16. Forniture che erano state sospese dopo che la Turchia le aveva pure pagate, insieme all'esclusione dal programma di sviluppo dei più avanzati F-35. Lo stato turco si ritrovava sostanzialmente con miliardi spesi in dei "pezzi di ferro" inutilizzabili perché aveva acquisito dalla Russia il sistema di difesa S-400 nel 2019, facendo scattare sanzioni e il blocco per l'incremento e lo sviluppo degli aerei. Le motivazioni e le implicazioni della mossa turca sono svariate, e tra queste ci sono i rapporti ambivalenti del Sultano turco, la possibilità di carpire informazioni sugli F-35 da parte russa, lo sviluppo di un nuovo aereo da combattimento "autoctono" e la sicurezza dei confini dell'aspirante-sovrano "impero neo-ottomano" (in primis quelli con Siria e Irak), una potenza regionale che cerca di proiettare la sua influenza in diversi scenari, dal Caucaso del Sud ai Balcani occidentali passando per l'Africa, e di imporsi come mediatore nei principali conflitti in corso (la guerra in Ucraina e il massacro dei palestinesi).
Comunque, a inizio Marzo, subito dopo la ratifica del parlamento turco dell'entrata della Svezia, la vendita di circa 40 F-16 e 80 kit di ammodernamento della flotta aerea (per una cifra che supera i 20 miliardi di dollari) è stata approvata dagli USA.
Inoltre, va ricordato che la vendita da parte degli USA degli F-35 alla Grecia e l'esclusione dal programma della Turchia si innesta con le dispute territoriali e marittime nel Mar Egeo, con le contrastanti aspirazioni per il controllo delle risorse e la suddivisione di Cipro e, quindi, con l'equilibrio della capacità militare dei due paesi. Comunque, anche se le tensioni tra i due non dovessero salire, i primi a pagare le conseguenze delle rinnovate potenzialità aeree turche sarebbero proprio i curdi.
Concludendo questo capitoletto, apriamo una parantesi sulla doppiezza, o perlomeno su un pragmatismo molto spinto, di Erdogan. Partiamo proprio dal fatto che ha temporeggiato sull'entrata dei due paesi nella NATO, presumibilmente proprio per non indispettire troppo lo zar Putin, che a sua volta sostiene il regime di Assad, il quale si scambia vicendevoli accuse di essere "terrorista"con il Sultano.
Ribadiamo infatti che la Turchia ha appoggiato le forze che si sono ribellate ad Assad. Inoltre, ribadiamo ancora che gruppi di combattenti salafiti sono fortemente sospettati di essere occultamente supportati e ospitati da Ankara, sia in funzione anti-curda che contro il regime di Assad. Questione che alimenta una serie di problemi e sospetti relativi ai legami dell'ISIS-K con la Sublime Porta, soprattutto dopo l'attentato dello scorso Marzo al Crocus City Hall.
Per quanto concerne il conflitto ucraino va ricordato che Erdogan ha stigmatizzato l'invasione dell'Ucraina, ha fornito a quest'ultima i velivoli pilotati da remoto "Bayraktar TB2", ha rispedito a casa cinque prigionieri del battaglione Azov violando un accordo sullo scambio di prigionieri con la Russia ed è favorevole all'entrata "formale" dell'Ucraina nella NATO. Al contempo, stando con due piedi in una scarpa, ha permesso a Putin di aggirare le sanzioni economiche dell'occidente fornendogli anche il nitrato di cellulosa, composto fondamentale per l'artiglieria e, ancora oggi, è mediatore protagonista dei cosiddetti "accordi del grano" e cerca di imporsi come negoziatore principale del conflitto.
GLI AEREI SVEDESI A ORBAN E I FONDI EUROPEI
Alle richieste del presidente del paese con il secondo esercito più numeroso dell'alleanza si sono aggiunte le pressioni del "democratico illiberale" Orban (si autodefinisce così!). Va ricordato che i rapporti tra Orban e Putin sono più che rosei. I due leader condividono le metodologie di governo illiberali oltre a diversi interessi economici, in particolare sul versante energetico. Senza tenere in conto le esportazioni di gas, bisogna ricordare anche che vari paesi hanno interrotto le collaborazioni di programmi relativi all'energia nucleare. Turchia e Ungheria non sono tra questi e, perciò, rientrano in quella che gli analisti hanno battezzato la "diplomazia nucleare" della Russia.
Il premier ungherese, inoltre, si è detto contrario alle sanzioni contro la Russia in quanto danneggerebbero l'economia dell'UE e non hanno messo alle strette l'"Orso" russo (di ciò glie ne va dato atto, specialmente in riferimento ai titoloni dei nostri giornali che descrivevano una Russia in ginocchio e un Putin che sarebbe caduto a breve). Inoltre non è stato permesso il transito di armi verso l'Ucraina tramite i confini ungheresi e, da circa un anno, il presidente magiaro sta bloccando circa 11 miliardi di euro destinanti agli armamenti in Ucraina.
Dopo l'approvazione del parlamento turco, a Gennaio, l'Ungheria ha continuato a ritardare l'adesione, avvenuta comunque in tempi record.
Tra le diverse motivazioni per il ritardo Laszlo Kover, presidente dell’Assemblea nazionale ungherese, ministro dell'intelligence civile e membro del partito di Orban, Fidesz, ne adduceva una specifica, relativa alla <<legittimità democratica>> (evidentemente non "democratica illiberale", Orban dixit): nel '99 si era tenuto un referendum per validare l'entrata dell'Ungheria nella NATO, cosa non avvenuta nei paesi scandinavi.
A ciò si aggiungono le critiche mosse negli anni da parte svedese (e in particolare dai socialdemocratici) sul rispetto dello stato di diritto in Turchia. Questione che si intreccia al "meccanismo di condizionalità" (nome per esteso del meccanismo è "Regolamento sulla condizionalità legata al rispetto dello Stato di diritto"). In pratica se non si rispettano degli standard minimi relativi ai diritti fondamentali, che dovrebbero essere comuni in tutta l'Unione europea, si viene esclusi dai finanziamenti. L'Ungheria si è guadagnata lo status di "autocrazia elettorale" in cui i diritti dei cittadini non vengono assicurati, in cui il potere esecutivo non è separato da quello giudiziario, in cui le forze di polizia usano in maniera sconsiderata la forza e le detenzioni arbitrarie, il paese dove una cittadina straniera (Ilaria Salis) rischia una condanna a vent'anni perché le presunte lesioni procurate, che da noi verrebbero forse condannate con qualche mese di prigione, vengono considerate "potenzialmente mortali" (un <<non senso giuridico>> secondo Giuristi Democratici), in cui le minoranze (comunità LGBTQI+ e romaní in primis) vengono discriminate, in cui le donne che vogliono esercitare il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza sono costrette ad andare all'estero per liste d'attesa infinite e per non essere sottoposte alla tortura psicologica di dover ascoltare prima il battito fetale, e così via (se notate qualche somiglianza con progetti politici nostrani probabilmente non è casuale!)...
L'Ungheria autocratica di Orban è, perciò, anche sotto procedura di sorveglianza ai sensi dell'articolo 7 del trattato UE. Ciò comporta che i suoi diritti di adesione potrebbero essere sospesi.
Ritornando alla questione dell'adesione della NATO, Orban ha poi chiesto all'omologo svedese una visita in Ungheria, <<come avvenuto con la Turchia>>. Kristersson era inizialmente riluttante perché, diceva, non c'era nulla da trattare. Alla fine il premier illiberale ungherese, dopo che il suo partito ha disertato la votazione in parlamento, è riuscito a ottenere l'incontro con la Svezia e anche altro...
Anche l'Ungheria è riuscita a concludere l'acquisto di altri velivoli da guerra dalla Svezia, i Saab Jas 39 Gripen, in aggiunta a quelli che aveva già in leasing e che Orban, prima dell'approvazione, dichiarava <<sostituibili>>.
COME È FINITA, ALMENO PER ADESSO...
La vicenda delle estradizioni sembra dunque giunta all'epilogo, per lo meno per ciò che concerne la "lista di proscrizione" presentata due anni fa. Purtroppo va ribadito che almeno due "comuni mortali" sono stati sacrificati ed estradati verso un paese dove nemmeno il colpevole del peggiore dei crimini dovrebbe essere imprigionato.
Perciò gli accordi e le estradizioni, anche se molto di meno di quelle richieste, hanno comunque stabilito dei pericolosi precedenti e fissato illiberali standard: altre persone, non solo curde, potrebbero essere estradate verso regimi e democrature varie, non solo in Turchia. Solo con il passare del tempo riusciremo a valutare nel dettaglio gli effetti degli accordi tra i due paesi scandinavi e Ankara e, in particolare, su quanto incideranno nella repressione dei dissidenti celata dietro il paravento della lotta al terrorismo. In termini di progresso verso un mondo più equo ci abbiamo comunque perso tutte e tutti, come testimoniano le globali repressioni di chi protesta in solidarietà del popolo palestinese. Bisognerà quindi continuare a "monitorare" la vicenda per capire se dopo l'entrata nella NATO verranno consegnati altri "terroristi" da Svezia o Finalndia.
Sul versante degli equilibri, o squilibri geopolitici, alcuni pensano che adesso Svezia e Finlandia saranno al sicuro da potenziali invasioni russe, mentre in queste ore Putin ha affermato di non voler colpire l'Europa e i paesi NATO. Altri hanno sempre ritenuto questo scenario improbabile e, di conseguenza, la loro entrata potrebbe contribuire a far salire ancora di più le tensioni militari. Riguardo a ciò vi segnaliamo un altro articolo sulle "vere" ragioni della guerra: a contare più dell'accaparramento di terre e risorse ci sarebbe il debito estero statunitense e la svolta neo-protezionistica degli USA con la strategia del "friend-shoring", secondo la tesi di un economista marxista e di un keynesiano.
Concludiamo quindi il primo ciclo di notizie seguite per la rubrica "Come va a finire?". Il format, ideato tra queste pagine digitali, consiste nel porsi una "domanda di ricerca" sulla "storia presente" e seguire lo sviluppo di notizie e di eventi tra loro collegati, provando a fare previsioni, narrando i fatti ed esponendo le proprie opinioni mentre ci si domanda come andrà a finire (sostanzialmente l'inverso degli aggiornamenti del programma Report nello spazio chiamato "Come è andata a finire"), sempre che un epilogo realmente "definitivo" sia concepibile...
Speriamo, e ci attiviamo, affinché altre persone non vengano illegittimamente estradate e perché si rispettino i più basilari diritti umani, premessa imprescindibile per un'esistenza degna di essere vissuta per tutt*.
Paolo Maria Addabbo
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ultima modifica 07/06/2024 09:17
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Il problema è sempreverde lo stesso...in conclusione c'è chi usa la guerra per ottenere ciò che l' uomo libero è reso schiavo e combattuto fino a toglierli la vita se non si piega a chi vuole opprimerlo...muore l' innocente ma da uomo libero...
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