9.6.23

SVEZIA NELLA NATO SULLA PELLE DEI CURDI

UN’ALTRA ESTRADIZIONE CONCESSA DOPO LA DISCUSSA LEGGE ANTITERRORISMO

Aggiornamento sulla questione delle estradizioni richieste dalla Turchia a Svezia e Finlandia come condizione per la ratifica dell’entrata nel patto atlantico.

 

Sullo sfondo l'immagine di Erdogan con le bandiere di Svezia (a fianco un punto interrogativo rosso), Finlandia (a fianco un punto interrogativa verde) e quella della NATO. In basso a sinistra un F-16, a destra Orban, al centro in alto a destra i titoli di giornali critici della nuova legge antiterrorismo svedese.
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A Maggio dello scorso anno, quando i due paesi scandinavi siglavano un memorandum con la Turchia in cui si impegnavano a cooperare nella lotta al terrorismo, abbiamo cominciato a seguire le pretestuose richieste di Ankara in un apposito format intitolato “Come va a finire?!”: pretendeva la consegna di più di 150 dissidenti, per lo più nell’ambito della sinistra curda ma non solo, che venivano bollati come “terroristi” (tra i quali c’era addirittura una parlamentare svedese curda-iraniana, un poeta deceduto da anni e un giornalista che sarebbe vicino alla confraternita islamica “gulenista”).

Tra le varie domande ci chiedevamo se il nuovo governo di destra svedese avrebbe continuato a cedere alle richieste del “Sultano” Erdogan sulla pelle dei curdi, mentre almeno due persone nell’ultimo anno sono state estradate e dopo la recente approvazione di una nuova legge antiterrorismo nel paese scandinavo che desta preoccupazione: più che combattere il terrorismo, mentre Erdogan supporta milizie jihadiste in chiave anti-curda (con le forze militari siriane a maggioranza curda alleate alla NATO contro l’ISIS e tacciate dall’alleato NATO turco di essere a loro volta terroriste), la nuova norma potrebbe mettere seriamente in pericolo una serie di diritti fondamentali, a cominciare dalla libertà d’espressione, potenzialmente identificando come “propaganda” l’attività dei simpatizzanti e sostenitori del PKK, oltre a criminalizzare qualunque forma di supporto logistico, e non parliamo di forniture di armi ma anche, banalmente, l’offrire accoglienza a chiunque sia considerato, a torto o a ragione, appartenente a un’organizzazione terroristica.

La NATO infatti è una di quelle istituzioni che considera il PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan il cui leader recluso, Ocalan, ha compiuto un salto ideologico dal nazionalismo e dal marxismo-leninismo al modello confederalista-democratico libertario e che ultimamente ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale) un’organizzazione terroristica, nonostante molti ne chiedano la cancellazione dalle apposite liste, e che a partire dal memorandum siglato la scorsa estate a Madrid anche i due paesi scandinavi considerano tale.

 

L’ESTRADIZIONE CONCESSA ALLA TURCHIA, CHE IMPONE LA SUA CONCEZIONE DEL DIRITTO NELL’UNIONE EUROPEA

Un’altra risposta sul funzionamento del “mercato diplomatico”, con in ballo interessi che non riguardano solo la sbandierata “lotta al terrorismo” ma soprattutto le forniture di armi, è arrivata in queste ore: le cronache riportano che il 30 Maggio la Corte Suprema svedese ha approvato l’estradizione di Mehmet Kokolu.

Nel 2014 era stato arrestato in Turchia perché in possesso di quasi due chili di cannabis nella città di Adana, ricevendo una condanna di quattro anni e mezzo e una multa. Nel 2018, ha dichiarato in tribunale, dopo un periodo di libertà vigilata, aveva viaggiato regolarmente verso la Svezia, una delle principali mete della diaspora curda.

Secondo quanto afferma il suo legale, Abdurrahman Karabulut, dopo aver contattato la procura di Konya avrebbe appreso che la richiesta sarebbe motivata in realtà non dal possesso di cannabis, ma dal suo supporto al PKK e alle unità di protezione popolare dell’Ammnistrazione Autonoma del Nord-Est della Siria, le YPG-YPJ, oltre che all’HDP, partito di sinistra turco che ingloba forze curde, che raccoglie l’eredità politica di diversi partiti repressi e formalmente chiusi negli scorsi anni, che ha mantenuto lo status di terzo partito del paese “appoggiandosi” però a un altro partito, quello dei “verdi”, mentre alle presidenziali aveva tatticamente scelto di sostenere il kemalista Kemal Kilicdaroglu, dato che oltre a sistematiche incarcerazioni (inclusa quella del leader Selahattin Demirtas che nel 2018 si candidò e fece la campagna elettorale dal carcere) e repressioni, rischia a sua volta di essere bandito.

Kokolu in Turchia sarebbe dunque accusato di “propaganda per un’organizzazione terroristica” e “offese al presidente turco”. Sempre stando a quanto riporta la stampa, la corte svedese ha definito deboli le evidenze riguardo alle sue attività politiche e che le prove presentate dall’avvocato in merito alla seria possibilità che il suo assistito subisca persecuzioni non sono sufficienti, e che la Turchia ha richiesto la sua estradizione per scontare il resto della pena per il reato di possesso di stupefacenti, due anni e sette mesi. 

Oltre a invitarvi a leggere l’articolo pubblicato pochi giorni fa, che contiene una sintesi dettagliata degli eventi che vanno dalla firma del memorandum alle elezioni “taroccate” che hanno confermato il Sultano al potere virtualmente fino al 2028, passando per l’entrata della Finlandia nella NATO e per le ragioni geopolitiche dell’Ungheria che ancora non ratifica l’ingresso insieme alla Turchia, ripetiamo una serie di concetti che riteniamo cruciali, mettendo momentaneamente da parte le diverse considerazioni già espresse sul patto atlantico e sul conflitto ucraino: anche il “peggiore” dei criminali non dovrebbe essere rimpatriato in un paese in cui non vengono rispettati i più basilari diritti umani e in cui si rischia la tortura.

Inoltre è tragicamente curioso notare che mentre la Svezia si appresta a estradare una persona che si era “macchiata” della detenzione di un quantitativo abbastanza modesto della droga illegale più diffusa al Mondo (accusa ufficialmente non legata a questioni di appartenenza politica) e che è solo sospettato di essere un “terrorista”, la Turchia invece non concede l’estradizione verso la Svezia di una persona sospettata di essere al vertice di un gang nel paese scandinavo (detta la "volpe curda"), implicata in una serie di reati che vanno dal traffico di droga all’omicidio, perché ha potuto comprarsi un cosiddetto “passaporto dorato”, e i “poveracci” figli di un dio minore invece vengono rimpatriati verso un infausto destino...

Anche lo stesso concetto di “rimpatrio” per il più numeroso popolo senza una nazione vera e propria è un altro scherzo linguistico-politico del destino...

 

PMA

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