11.3.23

DARWINIAN TRAFFICKER DILEMMA E BALLOON EFFECT

GLI SFORZI VANI DEL PROIBIZIONISMO E IL FALLIMENTO SISTEMICO DELLA GUERRA ALLA DROGA

 



Tra le righe digitali della rubrica “Define” parliamo della definizione di due espressioni legate alle politiche sugli stupefacenti illegali, da una prospettiva principalmente “materialista” e basata largamente sulle dichiarazioni di un ex poliziotto infiltrato e sull’ultimo documento delle Nazioni Unite che sancisce, anche per i più conservatori e benpensanti, il fallimento della cosiddetta “guerra alla droga”.



 



 

 

 

LA TEORIA DI DARWIN APPLICATA AL MERCATO DELLA DROGA


Avete presente quando sui Tg, sui giornali e sui media in generale vengono strillati titoli e notizie che suonano più o meno così: <<super-mega operazione porta al maxi sequestro di quintali di droga>>. Analoga enfasi, di solito ripresa pedissequamente dalle veline poliziesche, viene usata anche quando i quantitativi di stupefacenti sequestrati sono più irrisori: <<arrestato spacciatore che nascondeva un etto di droga tra marijuana, cocaina ed eroina>>.

 

Quello che di solito i media mainstream non dicono è che, al di là di come la pensiate, quei sequestri e quegli arresti favoriscono trafficanti e spacciatori più forti (e in questo caso parliamo della legge “darwiniana” del più forte applicata al mercato della droga) oppure stanno semplicemente spostando o “delocalizzando” il problema (in questo caso si può parlare di effetto palloncino).


Quando si parla di “Darwinian Trafficker Dilemma” (“il dilemma darwiniano del trafficante”) ci si riferisce a un fenomeno amplificato o facilitato dalla repressione del traffico degli stupefacenti illegali: le operazioni di polizia, soprattutto quelle che tendono a reprimere i “pesci piccoli” (ma non solo), non fanno altro che spazzare via una parte della concorrenza, favorendo l’ascesa di “pesci più grossi” e culminando nel consolidamento di oligopoli e monopoli nel mercato della droga.


In parole povere si tratta della “legge del più forte”, del “più adatto” che, riduttivamente e materialisticamente, è anche “legge” economica di mercato (legale o illegale che sia).

 

 

 

IL PARADOSSO DELLA REPRESSIONE DELLE DROGHE: PIÙ SI FANNO ARRESTI E PIÙ AUMENTA LA VIOLENZA, FAVORENDO I TRAFFICANTI PIÙ POTENTI E CONNIVENTI CON LE AUTORITà CORROTTE


Neil Woods è un ex poliziotto britannico, autore di “Good Cop Bad War” (“Guardia Buona Guerra Cattiva”), che dopo anni di lavoro come infiltrato ha cominciato a battersi per regolare il fenomeno degli stupefacenti, non semplicemente criminalizzandolo, e dice: <<quando la polizia arresta degli spacciatori di strada in realtà sta aiutando qualcun altro a costruire un monopolio. Se per esempio arresti un trafficante che controlla metà della droga della città, la persona che lo andrà a sostituire sarà il trafficante che controlla l’altra metà (…) quando qualcuno viene arrestato si viene a creare un’opportunità>> che molti altri sono pronti a cogliere, in un ambiente “iper-competitivo” ed <<estremamente ostile>> che mette a rischio anche chi non è coinvolto in nessuna maniera con i traffici, e quindi la collettività intera.


Un giorno, dopo aver rischiato la vita per far arrestare 6 membri di una gang e incriminarne altre 90, un altro ufficiale gli spiega che il suo lavoro sarebbe bastato, nel quartiere londinese dove si trovava la gang, a fermare lo spaccio di droga per sole due ore. In quel momento per lui è diventato palese che la repressione poliziesca del fenomeno (“drug policing” per dirla all’inglese) era <<futile>>!


Il problema, continua a spiegare, si registra anche ai livelli più alti delle “borghesie mafiose” e dell’universo dei trafficanti, perché oltre all’eliminazione di rivali e concorrenti si innesca anche un aumento di corruzione: <<i profitti di un trafficante, di una gang o di un cartello aumentano. In Messico un tempo c’erano una ventina di cartelli della droga, oggi>> anche grazie all’aumento di quei profitti che ne hanno permesso la “crescita” <<ne sono rimasti solo tre, e ognuno di quei tre è più ricco di ognuno di quei venti che sono esistiti messi insieme>>.


E se un’organizzazione è più ricca può anche corrompere con più facilità, può estendere con più incisività i “tentacoli” che inglobano diversi campi, dall’accaparramento di risorse per produrre le sostanze in maniera sempre più efficiente alla logistica e ai controlli delle frontiere, dal lavaggio del denaro sporco a un riciclaggio più strutturato che permette investimenti nell’economia legale per produrre nuovi profitti, dagli agganci con le forze di polizia e giudiziarie al supporto dei politici, e così via.

 

A farne le spese saranno principalmente gli appartenenti al “proletariato” o alla “piccola borghesia” criminale: verranno loro offerte misure di “welfare parallelo”, si sfrutteranno le loro debolezze e dipendenze, ci si approfitterà delle mancanze degli Stati (e cioè dei governi e della società civile) che non offrono loro misure economiche, sociali e socievoli: i "poveracci" finiranno per alimentare l’“industria” legale della detenzione, con carceri riempite per un quarto, a livello globale, proprio per reati connessi al traffico di droghe (l’Italia è sopra la media con circa il 35% di detenuti per violazioni del Testo Unico sugli stupefacenti, quasi tutti “pesci piccoli” marginalizzati).

 

I “top-manager” della droga, le “menti raffinatissime”, gli esponenti dell’alta “borghesia” mafiosa difficilmente correranno rischi, e comunque ci sarebbe sempre qualcuno pronto ad accaparrarsi la fetta di mercato da farcire…



 

LA VIA DI MEZZO TRA LEGALIZZAZIONI CAPITALISTE-SOVVERSIVE E PROIBIZIONI NON PRAGMATICHE

 

Ma torniamo alle parole di Neil Woods (che trovate nei video postati su Youtube, in inglese, in fondo a questo post), scendendo più in basso nella scala criminale verso il commercio al dettaglio: le operazioni sotto-copertura e le indagini tramite informatori aumentano a dismisura l’“ostilità” e la “cattiveria” di quell’ambiente creando una <<situazione Darwiniana in cui quelli che hanno successo, che non vengono arrestati, che non vengono denunciati, sono quelli preparati a essere maggiormente senza pietà, che possono mostrare più violenza per intimidire (…) noi incoraggiamo quella brutalità forzando la competizione>> e producendo il paradosso che <<le operazioni antidroga della polizia aumentano la violenza>>.

 

L’ex poliziotto si rende conto dei paradossi della sua professione e decide di abbandonare: <<di anno in anno le strade diventavano sempre più pericolose, anche gli arresti e le sentenze raddoppiavano insieme alle risorse spese, le carceri erano piene ma il mercato della droga non si riduceva mai>>.

 

La legge della proibizione assoluta e la strategia della “guerra alla droga”, inaugurata ai nostri tempi dall’allora presidente USA Richard Nixon, ha fallito, lo dice perfino l’ONU: <<i dati e le esperienze raccolte dagli esperti delle Nazioni Unite mostrano che la “guerra alla droga” mette in pericolo la salute pubblica e il benessere sociale, oltre a sprecare risorse pubbliche mentre si fallisce nell’eradicare la domanda per le droghe illegali e lo stesso mercato illegale. Peggio ancora, questa “guerra” ha dato origine a narco-economie a livello locale e nazionale>> oltre a non prendere in considerazione i diritti umani <<incluso quello alla libertà individuale, alla libertà dal lavoro forzato, da maltrattamenti e torture, al diritto di processi giudiziari equi, al diritto della salute -incluse le cure palliative-, al diritto all’abitare, alla libertà dalla discriminazione, al diritto di vivere in un ambiente sano e salutare, al diritto di esprimere la propria cultura e a quello di espressione, di religione, di riunione e di associazione e di un trattamento imparziale davanti alla legge>>. Sono libertà e diritti che vengono negati soprattutto a chi appartiene a minoranze vulnerabili (non alle élite), a chi viene criminalizzato principalmente o esclusivamente per il colore della pelle o per la provenienza geografica, per esempio.


Le droghe rappresentano uno strumento di potere socio-economico e bio-politico. L’ex poliziotto perciò esorta: <<dobbiamo togliere questo potere alla criminalità organizzata>>, che si chiama “organizzata” proprio per le menti raffinatissime e altolocate che la dirigono, e che “al di sotto” ha la sua “classe” proletaria e piccolo-borghese... Quest’ultima, guardando alla logica marxista più che seguendola pedissequamente, è destinata a impoverirsi riempendo le fila del “proletariato”, "precariato" o “sottoproletariato criminale”, se non si interviene in qualche maniera. E gli interventi dovrebbero tradursi in una via di mezzo tra le legalizzazioni incontrollate (o addirittura fomentate da un marketing invasivo e subdolo, come avviene per le sostanze legali o di prossima legalizzazione) e la proibizione assoluta (che è fallita! Lo dice l’ONU e non un manipolo di “raver scatenati” o di medici progressisti bollati come “sovversivi”): la “disponibilità controllata”.


Woods a questo proposito affronta la questione del cambio di paradigma avvenuto dopo la “dichiarazione di guerra”, un tipo di ostilità culturalmente imposto dagli Stati Uniti, lo stesso paese sospettato di usare quell’arma biopolitica e socio-economica contro i “nemici” della guerra fredda e per fini di arricchimento:


<<c’era un dottore che si chiamava John Marks che, durante il picco dell’esplosione di eroina prese il controllo di alcune cliniche e continuò a prescrivere eroina a quelle persone che ne avevano bisogno. L’effetto fu stupefacente e l’evidenza fu eccezionale: tutti gli spacciatori se ne andarono a Liverpool, nessuno dei suoi pazienti morì, alcuni trovarono lavoro e molti riuscirono a sottoporsi a terapie riabilitative con successo perché, se tu non devi impiegare tutto il tempo a capire come pagare la tua prossima dose, ti rimarrà del tempo per pensare ad altre cose>>, come uscire da una dipendenza (anche se forse sarebbe meglio parlare di uscire da una situazione di cui hai perso il controllo più che di dipendenza). Ma poi, dopo che il medico aveva pubblicato i risultati del suo approccio, qualcosa è cambiato: <<il governo americano fece pressioni su quello britannico per far finire quell’esperienza. Di converso il governo svizzero riprese quell’esperienza utilizzandola come politica principale, e in Svizzera continuano a prescrivere eroina ancora oggi e dal momento in cui cominciarono a farlo i furti in appartamento calarono della metà. Tutti gli utilizzatori di eroina che ho conosciuto -e sono tanti- avevano qualche serio problema legato alla salute mentale e due terzi di questi si stavano auto-medicando per traumi avuti durante la loro infanzia, inclusi abusi sessuali>> e cita numerosi studi che confermano le sue dichiarazioni. Ad esempio parla di una donna che usava eroina per alleviare il ricordo orribile e doloroso delle <<unghie>> di suo zio quando la violentava da bimba: ascoltando i disagi e le sofferenze di quelle persone che non dovrebbero <<essere trattate come criminali, ma di cui bisognerebbe prendersi cura>> dichiara che <<a volte, durante alcune operazioni, ho sentito di essere dalla parte sbagliata>>: <<non penso sia troppo richiedere una politica sulle droghe basata sulle evidenze, dovremmo essere orgogliosi del vecchio sistema britannico e adottarlo nuovamente>>. Ha fatto molto discutere anche il suo invito agli ex colleghi: dovrebbero rifiutarsi di arrestare i piccoli spacciatori di strada. 

 


 

BALOON EFFECT O EFFETTO SCARAFAGGIO: IL PROBLEMA VIENE SPOSTATO O “DELOCALIZZATO” DOVE I “COSTI” DI GESTIONE SONO PIÙ VANTAGGIOSI

 

Ma anche ammettendo che il fenomeno umano della corruzione scompaia dall’oggi al domani, e che tutte le operazioni di polizia vengano magicamente e immediatamente direzionate contro i “grandi trafficanti”, contro le menti raffinatissime che hanno studiato economia, marketing, giurisprudenza, chimica ecc. (e quindi contro loro stesse e chi le appoggia), resterebbe comunque un problema, è il cosiddetto “effetto palloncino”: se applichi pressione su un palloncino l’aria si sposterà, uscirà da quello stesso palloncino facendolo scoppiare (se chiuso ovviamente) e andrà a finire al di fuori, ma non scomparirà. Questo meccanismo viene chiamato anche “effetto scarafaggio” (efecto cucaracha in spagnolo): quando si tenta di scacciare via degli insetti fastidiosi questi rispunteranno da qualche altra parte.

 

Più concretamente: secondo questa teoria se reprimi un fenomeno quello si sposta, ma non sparisce del tutto, magari acquisisce pure nuova forza altrove. In pratica se i sequestri diventano troppi in un’area i costi, come quelli legati alla distruzione dello stupefacente, alle nuove e più onerose “strategie” per occultare i traffici, ai funzionari corrotti che rischiano e quindi esigono di più o alle spese legali per sostenere gli affiliati, lievitanoE allora cosa si fa? Si delocalizza, si sposta il business dove ci sono meno controlli, dove produrre costa meno perché la gente è più povera e quindi più vulnerabile, dove i doganieri sono malpagati o “mal-corrotti” perché legati a governi autoritari e altrettanto corroti, e così via…

 

Gli effetti dell’effetto palloncino li stiamo vedendo anche con un altro tipo di proibizionismo, il “proibizionismo delle migrazioni” (tema che abbiamo affrontato in diversi post, l'ultimo è purtroppo legato alla strage di Cutro): vietare il diritto naturale di un essere umano a spostarsi, soprattutto quando fugge da condizioni di sofferenza, non servirà a “tutelare” le frontiere da fantomatiche invasioni, non servirà a farlo desistere dall’intraprendere un viaggio della speranza... ma farà morire più persone, le spingerà a intraprendere percorsi ancora più pericolosi dei precedenti.

 

 


ONDE “VERDI” E ONDE OPPIACEE DAGLI USA: NON LASCIAMO LA REGOLAZIONE AL MERCATO E ALL’ANARCHIA CAPITALISTA!

 

Paradossalmente la nuova “ondata verde” che potrebbe “travolgere” il mondo per una legalizzazione (capitalista) della cannabis sembra provenire proprio dal paese che per primo la rese illegale: negli anni ‘30 del ‘900 era fallito il proibizionismo dell’alcol che aveva fatto fiorire i vari “Al Capone”, e il nuovo “spettro” della marijuana faceva molta paura anche a chi poteva arricchirsi con una serie di prodotti che andavano da quelli tessili (tra l’altro l’Italia fino agli anni ‘50 era uno dei principali produttori di canapa industriale, da fibra) a quelli farmaceutici, passando per combustibili e materiali plastici ricavabili dal petrolio.

 

In quella stessa nazione abbiamo assistito negli ultimi decenni all’epidemia di oppiacei legali, sapientemente e malignamente “spinti” dal marketing di alcune industrie farmaceutiche, dagli esponenti senza scrupoli di “big pharma”: venivano "legalmente" contrabbandati come sicuri, con studi farlocchi che ne decretavano la quasi impossibilità di svilupparne dipendenza e schiavitù. Persone che avevano subito interventi o degli infortuni venivano medicate con oppiacei più potenti dell’eroina, una terapia del dolore che veniva spacciata come sicura (e adesso si stanno facendo le class-action anche contro le farmacie che le vendevano)! Ma sicura non era, mentre invece costava tanto: molti, dopo aver sviluppato una fortissima dipendenza, hanno cominciato a consumare un altro bene “succedaneo” a buon mercato: l’eroina stessa, che costava meno...

 

Sarà ormai chiaro che, secondo chi scrive (e immagino anche secondo la gran parte di chi sta leggendo), è da tempo arrivato il momento di cambiare la maniera in cui vengono gestite le sostanze illegali: non lasciamo che la legalizzazione venga “diretta” dagli scellerati interessi dei pochi che gestiscono le industrie di “Big Pharma”, “Big Tobacco” e dei vari “Big”: le sostanze vanno regolate, non solo con le leggi, ma soprattutto con gli studi, con il dialogo, con le sperimentazioni in sicurezza, abbandonando pregiudizi e dogmi, essendo equidistanti sia da demonizzazioni che da idealizzazioni di esse… Lasciarle in mano agli “anarco-capitalisti” che hanno fede nella magia del mercato che si regola da sé è un grosso rischio! Un rischio sicuramente meno consistente, ma più plausibile, di un modello macchinoso e statalista, che potrebbe lasciare troppo spazio alla concorrenza del mercato illegale, restare ingabbiato da procedure burocratiche restrittive ed essere orientato al bisogno di “fare cassa”… Servono modelli sganciati dalla logica “religiosa” del profitto, dal “comandamento” dell’aumento del PIL e della “crescita” del volume di affari! Modelli che dovrebbero essere immaginati ed estesi a tutto ciò che chiamiamo “bene” e che deve essere “comune”, a beneficio della collettività e non delle élite.

 

 

Itala Pud









 

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Grazie di essere arrivat# fin qui! Facciamo “la guerra” alla “guerra alla droga”! LOVE!  


 

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