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La Palestina chiede solo armi diplomatiche, a differenza dell’Ucraina, e <<se a Israele fossero imposte la metà delle sanzioni che sono state date alla Russia la cosa potrebbe essere risolta>>. Continuare a lottare per la Palestina, nonostante gli sforzi non siano stati sufficientemente ripagati, <<non è una opzione>> ma un dovere. Questi sono alcuni dei messaggi lanciati da Basel Adra, co-autore del documentario premio Oscar “No Other Land”, quando ha incontrato Napoli il 16 Giugno 2025.
Sul nostro canale YouTube trovate l’intervento completo di Basel Adra.
Sul nostro canale Instagram trovate la diretta dell'intero incontro, organizzato dalla Comunità Palestinese della Campania, a cui hanno preso parte anche Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina, e Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans.
Seguono alcune delle domande che avremmo voluto fargli direttamente, e che si spera trovino una risposta in futuro, oltre a stimolare riflessioni sul documentario e sulla Palestina.
1) Hai studiato legge mentre un paese impone una brutale dittatura militare sul tuo popolo perché volevi trovare maniere di combattere battaglie legali contro l’occupazione. Abbiamo visto che il diritto internazionale ha largamente -se non completamente- fallito nel fermare il genocidio e la pulizia etnica in Palestina. Lo abbiamo visto molti anni fa, molto prima del 7 Ottobre. Credi ancora nel diritto internazionale e, se così, come può essere migliorato. Penso, per esempio, alle proposte di riformare l’ONU e il potere di veto del Consiglio di Sicurezza.
2) Credo che “No Other Land” ha un potenziale enorme e penso che stia già facendo la differenza, nonostante venga ostracizzato. Ci sono alcuni elementi della narrazione che lo rendono diverso da altri documentari e hanno la possibilità di parlare al cuore di un grande pubblico, non solo quello delle persone sensibili al rispetto dei diritti umani e alla causa palestinese. Non solo il documentario fornisce importanti informazioni su ciò che accade in Cisgiordania, ma racconta storie individuali che toccano il cuore della gente. Questa, a mio dire, è la ragione principale del suo successo.2)
Tuttavia il PACBI, il ramo culturale e accademico del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), ha rilasciato un comunicato stampa che ha acceso un dibattito, specialmente nei circoli di attivisti. Sostanzialmente non hanno richiesto il boicottaggio del film <<nei circuiti mainstream, a differenza dei festival di cinema palestinese e nei circoli solidali>>.
Ho letto attentamente il loro comunicato e, per me, l’unica chiara accusa (a parte la disapprovazione del discorso di Yuval Abraham agli Oscar) è il fatto, o la supposizione, che avete cooperato con un’organizzazione chiamata “Close Up”, precedentemente boicottata da altri autori per dei legami con un’altra istituzione cinematografica israeliana (dicono che deriva dal “Green House Center”). Anche per questo, secondo il PACBI, il documentario viola le loro linee guida sulla normalizzazione dell’occupazione.
Ho letto attentamente anche le opinioni della tua comunità, in particolare quelle di Nidal Younis, a capo del Consiglio di Masafer Yatta. Ha detto che rispetta l’opinione di PACBI/BDS ma ha anche dichiarato che il documentario racconta fedelmente la storia della comunità. Ha aggiunto che considera attivisti internazionali ed ebrei, come Yuval, come dei veri amici e alleati, persone che dormono insieme a voi e che difendono la comunità da coloni fascisti, bulli ed esercito.
Sarebbe utile per i collettivi e i movimenti che difendono la Palestina conoscere la tua opinione, così come quella degli altri autori, su queste presunte relazioni con “Close Up”, sulla questione della “normalizzazione” e sulle relazioni con gli israeliani anti-sionisti.
3) Sono fermamente convinto del fatto che uno dei principali problemi dell’attivismo in generale, risiede nella difficoltà di coinvolgere persone che non sono attivisti. In altre parole, abbiamo difficoltà nell’allargarci oltre le “nicchie” e i circoli di attivisti. Per questo, vorrei sapere cosa diresti a quelle persone che non si interessano dei diritti umani, e che pensano alla guerra solo quando bussa alla loro porta.
Paolo Maria Addabbo
Possiamo cominciare a fare qualcosa di concreto contro il genocidio partendo da quello che mettiamo nel carrello della spesa: scaricate applicazioni come “No Thanks” e “Boycat” (le abbiamo testate entrambe e la prima sembra funzionare meglio), seguite le campagne del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e non acquistate prodotti di aziende che fanno affari con uno stato terrorista che applica l'apartheid e pratica il genocidio.
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