Per la rubrica “Define” pubblichiamo un breve editoriale nella “Giornata della Memoria” più discussa della storia, cercando di fare chiarezza sulle diverse accezioni della parola “olocausto”. Partiamo proprio dalla definizione che troviamo nei dizionari.
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Foto a sinistra di "Gabor Gastonyi", fonte "Clare Day", rilasciata con licenza "creative commons" |
DEFINIZIONE DI OLOCAUSTO
Il significato originario e letterale della parola “olocausto”
si riferisce a un’antica forma di sacrificio in cui un animale veniva
offerto alla divinità bruciandolo. Un’altra accezione del termine indica
metaforicamente il sacrificarsi per qualcosa con dedizione assoluta.
Altro significato può essere quello di sterminio, massacro, genocidio
di un gruppo.
Quando si parla di “Olocausto” (con la lettera grande)
nella maggioranza dei casi ci si riferisce al più grave evento della storia
dell’umanità, allo sterminio pianificato scientificamente e minuziosamente
di ebrei, di rom, di omosessuali, di Testimoni di Geova, di diversamente abili,
di oppositori politici e di prigionieri di guerra, e quindi delle minoranze
perseguitate dal nazismo. Si parla infatti anche di “Olocausti” al
plurale oppure di “Omocausto” intendo quello specifico della comunità LGBT, o
ancora di “Porajmos” (letteralmente traducibile in “Devastazione”) e di Samudaripen
(“tutti uccisi”) nella lingua dei romanì, e ovviamente di “Shoah” (“Distruzione”
in ebraico).