23.6.24

SEMPRE DALLA PARTE DEL TORTO

UN GENERE MUSICALE INTERNAZIONALISTA

Per la rubrica Recentips consigliamo e facciamo una recensione di "Sempre dalla parte del torto", album musicale della "Banda POPolare dell’Emilia Rossa", uscito quasi un anno fa e con diversi featuring militanti.


La copertina dell'album. Sullo sfondo il titolo. Ai lati è ripetuta più volte l'immagine di un uomo in giacca e cravatta mentre cammina e parla al telefonino. Al centro un uomo in divisa da operaio che trasporta uno strumento musicale in una custodia
La copertina dell'album



L'AUTOPRODUZIONE È LA MIGLIORE SOLUZIONE!

"Sempre dalla parte del torto" è il quarto album della "Banda POPolare dell’Emilia Rossa", band nata a Modena nel 2011. Si definiscono <<un gruppo proletario composto da delegati Rsu Fiom delle più importanti fabbriche metalmeccaniche di Modena, tra cui Ferrari, Maserati, e da musicisti professionisti che più precari di così non si può. Definiamo il nostro genere musicale col termine “internazionalista” perché vuole essere fuori da qualsiasi schema predefinito che non siano l’unità e solidarietà delle classi subalterne anche in ambito musicale ed artistico oltre ogni frontiera>>.

L'album è stato autofinanziato tramite una campagna di crowdfunding: le offerte di diversi co-produttori sono servite a mantenere libera la loro musica dalle ingerenze del mercato e dalle "censure de facto" delle grandi case discografiche. Citando il proverbio "chi paga l'orchestra decide la musica", spiegano che <<da band autofinanziata ed autoprodotta>> la scelta del crowdfunding, e cioè di un autofinanziamento collettivo, è stata la maniera <<migliore per permetterci di pubblicare liberamente la nostra arte senza scendere a compromessi>>. La diabolica entità del "mercato" tende a escludere, in tutti i settori della cultura e dell'informazione, contenuti "scomodi", che fanno sviluppare spirito critico, che seminano germi di ribellione verso le ingiustizie. Viceversa siamo bombardati di pubblicità, contenuti triviali e tormentoni musicali il cui scopo principale è quello di un "intrattenimento" scialbo, finalizzato a sottometterci alla religione capitalista e al supremo comandamento del "produci, consuma e crepa".

Passiamo a parlare dei 10 pezzi, 4 realizzati durante la pandemia, in cui si ritrovano diversi temi che abbiamo affrontato tra le pagine impalpabili di questa testata giornalistica autoprodotta (e cogliamo l'occasione per invitarvi a leggere e criticare gli articoli linkati in questo post). Le canzoni si trovano in diversi formati sia sulle varie piattaforme mainstream che sul loro sito.



DIECI TRACCE TESTARDAMENTE DALLA PARTE DEL TORTO E FEATURING MILITANTI

La prima canzone dell'album che cita Bertol Brecht nel titolo, si chiama "Lo sceriffo della mia città" e vede la partecipazione di Luca Persico, storico cantante dei "99 Posse", in arte "O' Zulù". Il titolo evoca il fenomeno dei "sindaci sceriffi", ossia di quegli amministratori (non necessariamente locali) che invocano maggiori poteri di controllo poliziesco per reprimere la criminalità "comune" e mantenere il disordine costituito, invece di rafforzare la solidarietà e il controllo sociale di comportamenti largamente ritenuti inaccettabili (e non quelli considerati tali da una minoranza, per tutelare interessi di classe). Questa narrativa semplicistica, amplificata da un abuso strumentale della cronaca nera, non tiene conto di alcune questioni cruciali e profonde: se l'"ordine" che si dovrebbe difendere non gode di consenso popolare, la dimensione della pura repressione continuerà ad ampliarsi sempre più proprio per imporre quel disordine, e non per fornire un "servizio" a garanzia dei diritti inviolabili della cittadinanza tutta. Anzi, quel presunto ordine da mantenere, in ultima istanza, è quello che serve a tenere intatti gli interessi delle élite dominanti, incluse quelle militari-economiche che organizzano e alimentano lo spaccio, che traggono ingenti profitti dallo sfruttamento del "sotto-proletariato criminale", i proverbiali "pesci piccoli" stigmatizzati e maltrattati dalla stampa mainstream. E lo fanno a scapito della coesione sociale, una compattezza fragile, già minacciata da un individualismo sfrenato e dalla tramutazione in "rifiuto" di chi viene considerato -o indotto a essere- "deviante", prima di essere gettato nelle "discariche sociali" che chiamiamo carceri. La criminalizzazione e la stigmatizzazione della povertà si intreccia a un altro tema evocato nei tre minuti della traccia musicale: quello del "decoro" urbano e delle "città vetrina" devastate dalla turistificazione selvaggia, con i ceti popolari che vivono nei centri storici delle principali mete turistiche sotto attacco del capitalismo urbanistico. Altro richiamo a questa tematica è quello della <<movida solo a pagamento>> che, secondo la modesta opinione di chi scrive, gira quasi tutta intorno alla droga nota come "alcol", mentre <<i rave sono vietati>> e sono stati anche al centro della prima campagna di distrazione di massa del governo Meloni. Location del video-clip è lo spazio liberato napoletano noto come "Ex-Opg".

Il secondo pezzo, realizzato insieme ai "Modena City Ramblers", si intitola "LEI". È un omaggio a Georges Moustaki che riprende la canzone "Sans la nommer" ("Senza nominarla"), adattatain italiano da Bruno Lauzi e poi interpretata dallo stesso Moustaki nella canzone "Fino in Fondo". La "Lei" al centro di questa mutevole citazione, riflessa dallo "specchio" dei diversi artisti, è la "rivoluzione permanente". Si tratta di un'espressione marxista indicante il fatto che la rivoluzione non si riduce a un singolo "assalto al palazzo", ma riguarda processi più profondi, con obiettivi forse utopici ma verso cui cercare di avvicinarsi sempre di più,perennemente. Location del video è la casa-museo dei Fratelli Cervi.

La terza traccia può essere inquadrata nel genere del "combat folk" (come la precedente e come molte altre della banda) e si intitola "AEmilia paranoica". È una denuncia del capitalismo mafioso nella regione e prende il nome da un'omonima operazione giudiziaria dello scorso decennio. Ricordando la lotta anti-mafiosa e anti-capitalista di Peppino Impastato, si afferma che c'è una sola e sostanziale differenza tra i mafiosi del sud e del nord: <<in Emilia ballano il liscio e mangiano i tortellini>>. Tutto ciò, nella regione che è considerata la più "rossa" d'Italia, è mascherato dal mito dello sviluppo "sostenibile" ed ecologico, che nel concreto diventa "greenwashing", con il cemento che si espande come <<lava>>, oltre che da una democrazia falsata. Alla fine del pezzo si esprime solidarietà alla "P38 - La Gang". Mi permetto di aprire una parentesi sulla band trap-insurrezionale: personalmente penso che dal punto di vista artistico, musicale e di "marketing" sono dei geni, mentre dal punto di vista contenutistico, come tanta altra trap "classica" che parla di droga e sfruttamento, mi risultano altrettanto disturbanti, seppur da prospettive contrapposte. Detto ciò, anche le idee che posso reputare le più orribili e fastidiose, soprattutto se finalizzate a fini di provocazione e non per elogiare Mario Moretti o Pablo Escobar, dovrebbero essere libere di venire espresse. Fatte queste precisazioni, non si può non notare che i loro richiami testuali (citazioni, a mio dire, di pessimo gusto) alla"violenza rossa" e alle BR fanno tanto scalpore sui media mainstream, mentre le canzoni, gli inni, l'apologia e le pratiche neo-nazifasciste all'interno del gruppo giovanile di Fratelli d'Italia, svelate da una recente inchiesta di Fanpage, vengono ridotte a "ragazzate" di giovani un po' alticci: è un esempio da manuale del "duepesismo" politico, mediale e anche giudiziario.

Il quarto pezzo si intitola "Sasà e il secondino": è dedicato alla vicenda di Salvatore Cuomo Piscitelli, una delle vittime della stragenelle carceri avvenuta durante il lockdown. Una vicenda di cui abbiamo ampiamente parlato e continueremo a farlo...

Nella quinta canzone, "In fabbrica", troviamo due rivendicazioni: affianco alla riappropriazione dei mezzi di produzione "fisici", la fabbrica per l'appunto, c'è il rifiuto del "lavorismo". Con questo termine intendo (e credo di aver interpretato correttamente lo spirito del brano) rigettare il lavoro fatto per arricchire le élite, sia secondo la prospettiva capitalista-emancipatoria dell'uomo che si fa da sé, sia secondo quella stacanovista di stampo sovietico, rifiutando di alimentare un sistema che sta distruggendo il pianeta, e considerando che un'esistenza degna di essere vissuta è proprio quella in cui la società umana riesce a emanciparsi il più possibile dalla "fatica", facendo "lavorare tutti per lavorare meno", indirizzando lo sviluppo e la ricerca tecnologica verso il benessere collettivo e non nella direzione dell'accumulazione e dell'incremento del volume di affari infiniti. Il pezzo è un featuring con il gruppo "The Gang" ed è anche una versione più rockeggiante di un'altra loro e omonima collaborazione con il gruppo "Statuto", pezzo originario (uscito nel 2005) di cui conserva il ritmo ska.

"Salomn's Tube", il sesto brano, racconta un passato distopico, quello della nostra era, osservato da un futuro migliore...

Il ritmo lento della chitarra ne "La fabbrica di mattoni" accompagna <<una storia che non deve perdersi>>, quella dell'orrore nazi-fascista e degli Olocausti (plurale usato intenzionalmente). Il brano tocca l'animo ed è omaggio, ringraziamento solenne e commovente alla <<generazione partigiana>> del nonno di Paolo Brini, il cantante, che è stato prigioniero in un campo di concentramento e partigiano. Gli ha insegnato a <<odiare l'odio>> ostinatamente e a stare <<testardamente>> dalla parte del torto.

"Domani ti sparo" riprende parte del titolo e del ritornello di una canzone e dell'omonimo album di Paolo Pietrangeli (lo stesso di "Contessa"): "Mio caro padrone domani ti sparo" del 1970. L'aggressività del titolo è contrastata dal ritmo reggaetoneggiante. Una base musicale che potrebbe essere perfetta per accompagnare uno degli innumerevoli tormentoni estivi, ma che invece stempera l'atmosfera arrabbiata, crea un senso di vago straniamento e rende più che orecchiabile la satira mordace contro multimiliardari e aspiranti tali. Persone che si mettono <<in vendita per un like>>, afflitte da povertà culturale e scarsissima empatia. La critica viene amplificata dalla "guerriglia rap" che fuoriesce dalle <<rime di classe operaia>> di Kento.

Antifascismo e solidarietà al movimento "Black Lives Matter" sono al centro di "Always Antifa" (con Marcello Coleman, Mr. Come & Sadix), canzone che fonde suoni hard rock e rap, perfetta per accompagnare un corteo o per darsi la carica nelle giornate in cui ci sentiamo giù e demotivati.

Dulcis in fundo, l'ultima traccia è una versione jazz fusion di "Bella Ciao".


La qualità musicale e il valore contenutistico dell'album lo rendono gradevole da ascoltare e utile per riflettere, dimostrando che autoprodursi in maniera indipendente è l'unica alternativa per sganciarsi, sempre di più, dalle logiche artistiche-culturali del perverso mercato. Le alternative ci sono, sta a noi impegnarci per sperimentarle e praticarle. A questo proposito si può parlare di "autonomous publishing", un concetto diverso dal "self-publishing", e cioè di chi si autoproduce per sfruttare a pieno i perfidi meccanismi del profitto fine a sé stesso e della visibilità per ottenere più soldi e potere.

Guappo Thug



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Di seguito i video delle 10 canzoni su YouTube (se non li vedi negli appositi riquadri, puoi cliccare sui link dei titoli).


































Bella Ciao


ultima modifica 24/06/2024 23:08

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