9.2.23

TERREMOTO IN SIRIA E TURCHIA: TRA OSTILITÀ E SOLIDARIETÀ

NON UCCIDE IL TERREMOTO MA GLI EDIFICI COSTRUITI MALE E LA MANCANZA DI PREVENZIONE!


La catastrofe naturale e la conseguente tragedia umana offrono alcuni spunti di riflessioni illustrati da Editorialista Travagliato, insieme a una rassegna delle ultime notizie riguardanti la questione degli aiuti umanitari: la mancanza di prevenzione verso i fenomeni naturali alimentata dalla corruzionel’estraneità e la superiorità percepite dall’essere umano nei confronti dell’ambiente e degli ecosistemil’istinto al tempo stesso socievole e clanico degli umani.




Immagine di repertorio tratta da PixaBay di Angelo Giordano 



Il 6 Febbraio un terremoto ha scosso furiosamente il territorio alla frontiera tra Turchia e Siria con l'epicentro tra le province di Gaziantep e Kahramanmaras, nei confini politici della Sublime porta. La magnitudo rilevata della prima scossa è di quasi 8 gradi (su 9,5 della scala Richter, che indica la forza meccanica di un sisma) mentre la più forte scossa di assestamento ha raggiunto quasi 7 gradi. La profondità dell’evento sismico è di 10 KM (molto vicina al livello della superficie e quindi più dannosa): il grado dei danni subiti è stimato a quota 9 della scala Mercalli (precisamente detta scala MCS, su un massimo di 12 gradi, limite che indica la distruzione totale).

Mentre si scrive questo post il bilancio delle vittime accertate ha raggiunto la tremenda cifra di circa 20 mila, mentre centinaia di migliaia si contano tra dispersi, senzatetto e feriti. Per avere un’idea dell’ampiezza della catastrofe si è affermato che è stato mille volte più forte del terremoto di Amatrice ed è paragonabile, in riferimento alla storia italiana, solo a un terremoto che ha colpito la Sicilia nel 1693.

Secondo il “sultano” turco Erdogan si tratta del più grave terremoto nel paese dopo un evento analogo nel 1939 che provocò circa 30 mila morti. Anche nel 1999 la Turchia fu colpita da un altro sisma: le vite spezzate furono più di 17 mila. Molte organizzazioni in quel frangente denunciarono il dilagante abusivismo edilizio e la deturpazione dell’ambiente senza rispettare gli standard di sicurezza…

Questo articolo della BBC mostro le foto di alcuni luoghi immortalati prima e dopo la tragedia, fornendo visivamente una “cifra” dei danni subiti


 

LA MANCATA PREVENZIONE E L’ABUSIVISMO AMBIENTALE ED EDILIZIO COLLEGATO A CORRUZIONE E A UNA VISIONE MIOPE DELL’ESISTENZA

Molti edifici erano già gravemente danneggiati dalla guerra civile siriana che continua da più di un decennio (più del 65% delle infrastrutture basilari erano già distrutte o pesantemente danneggiate nel nord-ovest della Siria, secondo il Rojava Information Center): i danni del sisma si sono aggiunti alla precarietà esistenziale di popolazioni martoriate dalla guerra, dei profughi e degli sfollati interni che faticano a ricevere beni di prima necessità, assistenza sanitaria ed educazione e anche solo a scaldarsi, una popolazione quasi totalmente sotto la soglia di povertà.

Dal lato della Turchia, sul canale Telegram Rise Up 4 Rojava, oggi si legge: <<i giornalisti che criticano la reazione del governo alla catastrofe sono stati immediatamente arrestati. Non possiamo considerare questa catastrofe al di fuori della sua dimensione politica: migliaia di morti potevano essere evitate. Lo stato Turco e l’attuale regime al potere dei partiti AKP-MHP hanno rubato milioni diretti alla stessa emergenza di cui parliamo adesso, hanno permesso ai costruttori di realizzare edifici scadenti in una zona a rischio sismico senza nessun criterio ragionevole, collezionando milioni in tangenti. Le province a maggioranza curda aspettano disperatamente da giorni supporto>>.

Alla corruzione si somma la miopia della specie umana che tende a considerarsi avulsa dalla natura, salvo poi riscoprire tragicamente di essere ospite di un pianeta che non può e non dovrebbe tentare di dominare, ma dovrebbe rispettare come un ospite: si dice che non sono i terremoti a uccidere ma come vengono costruiti gli edifici, uccide la prevenzione che non viene fatta! 

Abbiamo le capacità tecnologiche per costruire in maniera –quantomeno più- compatibile con il nostro habitat e in maggiore sicurezza, ma allora perché non lo facciamo? Perché siamo coinvolti in un sistema socio-economico che punta all’espansione economica infinita in un sistema ambientale che pone dei limiti e che non è infinito, perché pensiamo all’arricchimento economico sul breve termine alimentato dalla corruzione e finalizzato all’accumulazione di capitale di pochissimi, mentre a un’altra minoranza più estesa restano le borghesi briciole di una vita “comoda” e la stragrande maggioranza non ha nemmeno le risorse per assicurarsi le calorie minime per far funzionare il proprio metabolismo… Perché l’abusivismo edilizio, le case costruite con materiali scadenti sono funzionali a questo sistema!

Perché l’illusione che solo con il voto alle prossime elezioni riusciremo a cambiare qualcosa è ormai svelata come tale: c’è bisogno di un impegno “politico” (in senso lato) e sociale in ogni ambito e più diretto… non basta più delegare il nostro potere ad altr# se vogliamo che certe tragedie non si ripetano, non basta più rifugiarci nella nostra dimensione individuale, coltivare il nostro “piccolo orto”, ma c’è bisogno di essere protagonist#, di iniziare un processo “rivoluzionario” perenne, e quando dico rivoluzionario non intendo un assalto al palazzo o una rivolta violenta con decapitazioni di tiranni annesse, ma intendo qualcosa di molto più profondo, qualcosa che rivoluzioni il nostro modo di concepire come organizziamo le nostre vite, qualcosa di indefinito e tendente all'infinito…

In Italia, paese ad altissimo rischio sismico, si parla di bonus impiegati per abbellire le facciate dei palazzi: sono provvedimenti letteralmente di facciata, provvedimenti che non servono quando strutture scolastiche cadono letteralmente a pezzi; che non serviranno quando un’allerta meteo e dei venti più forti della media faranno cadere frammenti di calcinacci che mieteranno vittime; che non serviranno quando la terrà verrà scossa come è accaduto in Turchia e in Siria e non serviti quando, per esempio, mentre all’Aquila la casa dello studente crollava degli impresari senza scrupoli sogghignavano a telefono strofinandosi le mani per i nuovi profitti da mettere a bilancio sulla pelle di altri appartenenti alla stessa specie… Forse saranno utili ai soliti “palazzinari” che lucrano sul bisogno primario del tetto, che mescolano i propri interessi a quello di politicanti cialtroni e che addirittura a volte ricoprono ambedue i ruoli con palesi, anche se formalmente legali, conflitti di interessi.

Per questo sta a tutt# noi impegnarci da subito, soprattutto noi che siamo “privilegiati” avendo la “fortuna” di vivere in quella parte di pianeta in cui almeno (chissà per quanto) le necessità più basilari (un tetto, acqua e cibo) sono più o meno soddisfatte, mentre chi ha avuto la “sfortuna” di nascere in un paese “sfigato” viene trattato come una merce indesiderata, come un “carico residuale” da trasferire dove logisticamente ce ne sarebbe più bisogno in funzione del “mercato del lavoro”, e non come un essere umano che dovrebbe essere libero di spostarsi dove meglio crede... Dobbiamo subito immaginare qualcosa da fare e rimboccarci le maniche anche nel nostro piccolo attivandoci in prima persona, per esigere che gli edifici siano messi in sicurezza, che il pianeta venga rispettato, che l’attuale sistema socio-economico venga superato: per fare ciò dobbiamo renderci protagonist# e non limitarci a votare alle elezioni (tenendo presente che anche astenersi dal voto è una scelta, scelta che non a caso è arrivata ai massimi storici alle ultime elezioni politiche).

A volte anche chi intraprende percorsi di attivismo e militanza si sente impotente: in questi casi bisogna ricordarsi che se oggi abbiamo più diritti, almeno sulla carta, rispetto a cento o mille anni fa, lo dobbiamo a chi si è impegnato, a chi ha pagato un conto salato con il carcere o con la vita, a chi ha rinunciato a coltivare solo “il proprio orto”, a chi ha rinunciato a essere indifferente (che a volte può significare connivente): sicuramente non risolveremo tutti i problemi dell’universo ma almeno avremo contribuito ad arginarli non cadendo vittime della rassegnazione (anche questa a volte può significare connivenza).

 

LA RINNOVATA OSTILITÀ DELLE POTENZE GOVERNATIVE DI FRONTE ALLA TRAGEDIA

In queste drammatiche ore sono diversi gli esempi di insufficienza, o quantomeno di inadeguatezza dell’ ”ordine” politico internazionale di fronte alla tragedia immane che ha appena colpito i popoli che abitano tra la Siria e la Turchia, inadeguatezza che in alcuni casi sfocia in una continuazione delle ostilità: siccome gli aiuti umanitari corrispondono anche al vile denaro (e quindi al potere), questi possono essere diretti e dirottati solo verso le frontiere di chi è “politicamente amico”, non disdegnando di continuare a condurre bombardamenti e quindi condurre la “guerra vera e propria”…

Quando si verificano catastrofi naturali e umane si è soliti assistere all’emergere di ipocrisie che riflettono rivalità tra diversi attori politici e statali, delle prove di forza in cui si mostrano i muscoli anche quando si è bisognosi di aiuto: a volte gli aiuti umanitari vengono forniti solo da “paesi amici” oppure vengono rifiutati quelli di “paesi nemici”, come è accaduto per esempio quando pochi giorni fa la Cina ha rifiutato i vaccini offerti dall’Unione Europea. Similmente un portavoce della Commissione Europea ha spiegato che solo il regime turco aveva inizialmente chiesto aiuto all’Unione per il terremoto, a differenza di quello di Damasco. Ma poche ore fa è arrivata la notizia di una mail inviata dal governo siriano: servono e chiede generatori, tende ma soprattutto farmaci e anche cibo, e in particolare quest’ultimi saranno distribuiti pure ai ribelli, ma sempre sotto la direzione di Damasco! Un altro episodio in tal senso, significativo anche dalla prospettiva della guerra “psicologica" e di propaganda, riguarda una presunta richiesta di aiuto dalla Siria a Israele, storici avversari: lo stato ebraico aveva detto di essere pronto a inviare aiuti a seguito della richiesta della Siria che invece, a mezzo stampa, ha negato di aver effettuato una tale richiesta.

E ancora: la figlia del dittatore Assad ha invitato, via social, a non inviare aiutati a Idlib perché sarebbero finiti per sostenere i <<terroristi>>, mentre invece sarebbe opportuno inviarli nelle province leali al governo del papà, che poco dopo il terremoto bombardava la città ribelle di Marea, mentre arrivavano i primi soccorsi sul posto.

Analogamente sul versane turco: il 7 Febbraio sui canali delle YPJ  si diceva che l’artiglieria turca e quella dei <<suoi mercenari alleati>> colpiva la zona di Tal Rifaat poco dopo che la terra aveva tuonato per il sisma. A tal proposito Kamal Sido, dell’Associazione dei Popoli Minacciati, ha dichiarato (come riporta Pressenza): <<è scandaloso che uno Stato della NATO stia esacerbando una catastrofe umanitaria. Non c’è una parola di critica da parte degli altri Paesi della Nato>>. Poi critica lui il governo tedesco che non avrebbe permesso l'arrivo degli aiuti nelle zone a maggioranza curda, e anche l’alleato NATO turco che ha aperto in passato le frontiere per foraggiare le milizie dell’area in chiave anti-Assad e anti-curda: <<nelle loro dichiarazioni sul terremoto i rappresentanti del governo tedesco nascondono questo fatto. Quasi tutti i valichi di frontiera nel nord della Siria sono sotto il controllo della Turchia. Non ci sarebbe bisogno di una decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per aprirli. Per i combattenti islamici e le armi moderne, questi confini sono sempre stati aperti. Ora bisogna finalmente far passare i rifornimenti umanitari per il nord della Siria e per tutta la Siria>>.

Sul sito della stessa associazione si dichiara inoltre che <<gli aiuti per i disastri offerti da molti Stati, tra cui Israele, non devono essere rifiutati per motivi ideologici. Le misure salvavita devono essere la priorità. Né il governo turco, né quello siriano sono interessati a fornire o anche solo a consentire l’invio di aiuti alle aree controllate dai curdi. È ancora più importante che l’UE e gli altri Stati facciano in modo che le popolazioni di questa regione devastata dalla guerra non vengano dimenticate in questo drammatico momento>>.

In un comunicato di ieri della Onlus UIKI (Ufficio Informazioni del Kurdistan in Italia) si spiegava che sono giunte <<innumerevoli segnalazioni di gruppi organizzati di soccorritori a cui viene impedito dall’esercito l’accesso alle aree colpite, come nel distretto di Patnos della provincia di Ağrı dove i volontari giunti sul posto sono stati bloccati e allontanati, riuscendo solo a consegnare il materiale raccolto per supportare le vittime. Si moltiplicano inoltre le segnalazioni di giornalisti che in queste ore stanno provando a raggiungere le aree colpite ma vengono bloccati e respinti, alcuni all’arrivo nel paese, altri al momento in cui si avvicinano alle zone interessate. Sul versante siriano (…) il paese è già provato dall’embargo e da ormai 11 anni di guerra civile, in particolare dalle invasioni della Turchia. Nella città curda di Afrin, sotto occupazione dello stato turco dal 2018, sono migliaia le persone ancora disperse ma non è stato inviato alcun mezzo di soccorso, inoltre un convoglio di soccorritori con aiuti umanitari è stato bloccato all’ingresso del villaggio di Jindirse dalla milizia Ahrar al-Sharqiya, che ha sequestrato il materiale. Ad Idlib, Hay’at Tahrir al-Sham che controlla l’area non permette a nessuno l’accesso in città, arrivano inoltre diverse testimonianze di materiale inviato che è stato sequestrato dai miliziani di HTS. L’aerea di Shehba e la città di Tall Rifaat in cui gran parte della popolazione sta dormendo nei rifugi allestiti dall’amministrazione autonoma nelle aree sicure, sono state bombardate dall’esercito turco nel corso della notte tra il 6 e il 7 e di nuovo nella mattinata del 7 L’amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est ha dichiarato la disponibilità di ricevere negli ospedali e nelle proprie regioni qualsiasi persona che ne abbia necessità proveniente da qualsiasi regione della Siria. L’amministrazione Autonoma e le Forze della Siria Democratica hanno lanciato un appello alla comunità internazionale per aprire le porte di confine e lasciar entrare aiuti umanitari in ogni area della Siria, inoltre le SDF hanno preparato squadre di soccorritori e aiuti umanitari da inviare nelle aree colpite sotto controllo di Damasco o occupate dallo stato turco, ai convogli è impedito l’accesso nelle zone colpite. Chiediamo all’opinione pubblica, al governo italiano, alla Comunità Internazionale, al Parlamento Europeo e al Consiglio D’Europa di supportare i popoli di Kurdistan, Siria e Turchia, di adoperarsi perché venga garantito ai soccorritori e volontari l’accesso alle aree colpite, perché non venga impedito ai giornalisti di recarsi in loco e perché venga permesso agli aiuti umanitari di raggiungere le aree colpite in Turchia e Siria>>.

Nelle ultime ore, a tre giorni dalla prima scossa, sono arrivati i primi aiuti dell’ONU nelle zone controllate dai ribelli siriani dall’unico varco tramite la Turchia, il corridoio umanitario di Bab al Hawa: prima i varchi usati dall’ONU erano quattro ma Russia e Cina, membri permanenti delle Nazioni Unite, hanno usato il loro potere di veto per ridurlo a uno. Esattamente due mesi fa il Consiglio di Sicurezza ONU  ha rinnovato all’unanimità una proroga per mantenere attivo il canale di rifornimento degli aiuti per altri sei mesi, con la riluttanza della Russia che sostiene che gli aiuti finiranno in una zona <<inondata di terroristi>>. Oltre agli aiuti, osteggiati dal regime di Damasco e dall’alleato russo, arrivano anche cadaveri di rifugiati siriani che solo da morti possono tornare nel paese di origine. Ieri (stando a quanto riportato anche su La Repubblica)  anche gli altri valichi, che non rientrano nel meccanismo umanitario dell’ONU, erano stati aperti dal governo turco, ma secondo le organizzazioni che operavano nell’area non era giunto alcun aiuto né internazionale né locale.

Intanto si accende il dibattito sulle sospensioni delle sanzioni del “blocco occidentale” alla Siria (restrizioni sugli scambi imposte nel 2011 e “compensate” dai rapporti con Russia, Cina, Iran, Pakistan, India e altri paesi): molte organizzazioni umanitarie, ma anche la Cina e il Vaticano (evidentemente con prospettive diverse) ne  chiedono la sospensione immediata. Anche l’esponente del partito di centro-presunta-sinistra (il Partito Democratico) Silvio Lai ne invoca la sospensione per raggiungere <<il nord-ovest controllato dai ribelli aggirando il governo centrale>>. Altri invece sono nettamente contrari, inclusi i membri della commissione Esteri alla Camera dello stesso PD: <<gli aiuti non possono essere affidati ad Assad che non li userebbe per affrontare l’emergenza (…) l’unico modo per portare reale sostegno alle popolazioni colpite è utilizzare i canali delle agenzie multilaterali delle Nazioni Unite e delle Ong che operano su quei territori. Scegliere altre strade significherebbe soltanto non avere la certezza di indirizzare gli aiuti a chi ne ha bisogno per affrontare questa catastrofe>>. A tal proposito in un articolo di oggi del Corriere della Sera (intitolato "E Assad alla fine manda l'email all'UE:<Distribuirò gli aiuti anche tra i ribelli>) si spiega che sebbene non sia espressamente vietato fornire aiuti direttamente alla Siria le restrizioni sui voli rappresentano un ostacolo de facto al loro invio.

Tutto ciò ci deve far riflettere sul fatto che l’essere umano è un animale sociale, ma sta sempre a noi dirigere la tendenza della nostra specie verso una socialità che non sia settaria, che non sia rivolta solo al supporto del proprio “macro-clan” o del proprio “maxi-branco” (per dirla in termini etologici), e che ci spinga a cooperare per sopravvivere armonicamente in un ambiente che forse è molto più ostile di quanto siamo abituati a pensare… E che stiamo rendendo ancora più ostile inquinandolo e saccheggiando le sue preziose risorse. Uno scenario globale possibile è quello di un pianeta sovrappopolato e con maggiori conflitti per contendersi le risorse sempre più esigue: sta a noi costruirne uno diverso, sta a ognun@ di noi!

Editorialista Travagliato

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