22.5.24

ASSANGE DISCRIMINATO PER CITTADINANZA, NON PER NAZIONALITÀ:

DECISO NUOVO APPELLO CONTRO ESTRADIZIONE USA

Un uomo, in tuta arancione da detenuto, indossa una maschera con il volto di Assange imbavagliato da una bandiera USA. Le mani sono legate da catene. Sullo sfondo si intravede il Vesuvio: è un'attivista di Free Assange Napoli.
Attivista di Free Assange Napoli. Foto de "Lo Skietto"

VITTORIA PARZIALE PER L'INFORMAZIONE MENTRE ASSANGE MARCISCE NELL'INFERNO DI BELMARSH IN CONDIZIONI DI SALUTE PRECARIE


L'Alta Corte Britannica dà a Julian Assange la possibilità di un nuovo appello contro l'estradizione verso gli USA, dove rischia fino a 175 anni di carcere in base all'Espionage Act, la legge anti-spionaggio statunitense elaborata nel 1917. A marzo la Corte della Gran Bretagna aveva chiesto tre assicurazioni ai procuratori statunitensi. Due di queste non sono state ritenute soddisfacenti.

In attesa della pubblicazione della sentenza completa commentiamo quanto avvenuto nell'udienza dell'altro ieri e gli scenari che potrebbero portare l'editore-giornalista australiano alla fine dell'odissea giudiziaria o a una sua condanna.

Inoltre vi segnaliamo altri articoli di approfondimento apparsi su queste pagine digitali e su altri organi di informazione. In particolare quelli riguardanti il cosiddetto "caso svedese", e cioè l'accusa mai provata e prescritta (ma "mantenuta in piedi" per nove anni) di violenza sessuale a carico di Assange.


IL PRIMO EMENDAMENTO, LA CITTADINANZA, LA NAZIONALITÀ E LA SICUREZZA NAZIONALE

Julian Assange, almeno per adesso, non verrà estradato verso gli Stati Uniti, dove affronterebbe un processo per spionaggio, associazione a delinquere finalizzata all'accesso abusivo a sistema informatico e alla cospirazione. Sono 18 i capi di accusa, relativi a informazioni che avrebbero messo in pericolo vite di collaboratori degli USA e la sicurezza nazionale. Parliamo, in particolare, dei cosiddetti "war log", informazioni riguardanti le guerre in Iraq e Afghanistan, il campo di internamento di Guantanamo e comunicazioni diplomatiche. Accuse infondate, secondo la difesa di Assange e l'ampio movimento popolare che lo sostiene: ha fatto solo il suo lavoro di editore e giornalista, rivelando crimini di guerra e contro l'umanità (mai indagati ufficialmente), dunque di pubblico interesse.

I procuratori degli Stati Uniti non sono riusciti a garantire due delle tre rassicurazioni richieste a Marzo. La prima riguarda la non applicabilità della pena di morte, potenzialmente prevista in base alla legge anti-spionaggio. La Corte britannica ha ritenuto sufficienti le garanzie in merito.

Le altre due rassicurazioni sono intrecciate: Assange non deve essere discriminato in base alla sua nazionalità non statunitense e, conseguentemente, dovrebbe vedersi garantito il diritto a beneficiare delle protezioni derivanti dal Primo Emendamento della Costituzione, quello sulla libertà di parola.

James Lewis, uno dei legali nordamericani, ha argomentato che alcune delle azioni imputate ad Assange non ricadono nelle protezioni garantite dal Primo Emendamento. Secondo l'accusa è un cittadino straniero che ha agito fuori dai confini degli USA e, <<per ciò che concerne informazioni per la sicurezza nazionale>>, non è detto che la Corte statunitense che lo processerà gli garantirà la protezione derivante dal Primo Emendamento, anche se potrà comunque appellarsi a esso. Del resto, ha articolato Lewis, tale tipo di protezione non è stato concesso nemmeno alla sua "complice", Chelsea Manning. A questo proposito non si può non far notare che Manning era la "whistleblower", la persona che ha denunciato e non una giornalista o un'editrice: qualcuno che denuncia un'organizzazione si aspetta conseguenze legali e professionali, mentre tali ripercussioni non dovrebbero ricadere su chi, di lavoro, deve pubblicare notizie di rilevanza pubblica. Se ciò avvenisse si stabilirebbe un pericolosissimo precedente che metterebbe in serio rischio il potere pubblico della conoscenza.

In altre parole, secondo l'accusa, l'applicabilità del Primo Emendamento va esclusa per almeno tre fattori: l'essere un cittadino straniero (indipendentemente dalla nazionalità), l'aver agito al di fuori del paese e la minaccia causata dalla divulgazione di informazioni pertinenti la sicurezza nazionale. Quest'ultima ragione, collegata ad alcune specifiche accuse, potrebbe non permettere ad Assange di godere delle protezioni per la libertà di parola, nemmeno se fosse un cittadino statunitense

In parole povere Assange sarebbe discriminato in base alla sua cittadinanza e non alla sua nazionalità.

L'estradizione sarebbe perciò incompatibile con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) che, parimenti, protegge la libertà di informazione. La partita giudiziaria si giocherà su queste due garanzie non ritenute sufficienti. Assange non verrà estradato verso gli Stati Uniti, almeno per adesso, e resta in custodia cautelare in regime di massima sicurezza nell'inferno della prigione di Belmarsh. Deve essere ancora fissata una nuova data per l'appello e le due parti avranno <<un certo numero di mesi>> (come riporta la BBC ) per prepararsi.

Stella Assange ha dichiarato fuori dall'aula che <<gli Stati Uniti dovrebbero leggere la situazione e lasciare cadere le accuse. Ora è il momento di farlo: abbandonate il vergognoso attacco ai giornalisti, alla stampa e all'opinione pubblica che va avanti da 14 anni>>, anni di reclusione e autoreclusione che hanno colpito profondamente la salute psicofisica di Julian Assange. 

Kristinn Hrafnsson, direttore di Wikileaks, ha affermato che <<gli USA stanno perdendo il caso, dovrebbero lasciarlo cadere se vogliono salvare la faccia>>.



LE TEORIE SULLA STRATEGIA DELL'AMMINISTRAZIONE BIDEN

Sono almeno due le teorie "dietrologiche" e contrastanti riguardanti il verdetto e la strategia dell'amministrazione Biden per gestire la "patata bollente": secondo la prima si sta cercando di evitare di fare arrivare Assange negli USA prima del 5 novembre, data delle elezioni presidenziali negli USA. Processare un giornalista, che ha contribuito a rivelare diversi crimini contro l'umanità e di guerra, potrebbe colpire gravemente l'immagine del presidente in carica e candidato democratico Biden. Meglio farlo dopo le elezioni...

All'opposto, c'è la teoria che vedrebbe la stessa amministrazione Biden far cadere le accuse contro Assange poco prima delle elezioni, in modo da ottenerne un tornaconto elettorale e screditare Trump. Infatti, come abbiamo spiegato tra queste pagine digitali, già l'amministrazione di Obama sembrava voler rinunciare a perseguire l'editore e giornalista australiano, mentre sotto quella di Trump ci sarebbe stato addirittura un piano per rapirlo o avvelenarlo mentre Assange era rifugiato nell'ambasciata ecuadoregna.



CONTROLLARE I CONTROLLORI

Un gruppo di parlamentari britannici di diversi schieramenti ha chiesto alla Justice Select Committee (Commissione Giustizia della Camera dei comuni) di avviare un'indagine per fare chiarezza sul ruolo del Crown Prosecution Service (Servizio di Procura della Corona) riguardo all'estradizione richiesta dalla Svezia all'Inghilterra e quella degli USA

La prima estradizione, basata su accuse di violenza sessuale mai provate e cadute in prescrizione a carico di Assange, potrebbe essere stata utilizzata come "cavallo di Troia" per facilitare l'estradizione verso gli Stati Uniti. Nella lettera inviata al presidente della commissione si legge che la Procura della Corona, secondo una serie di evidenze (raccolte anche dalla giornalista Stefania Maurizi con una pluriennale e persistente richiesta di accesso agli atti in base al FOIA), potrebbe aver <<valutato male, o forse, oltrepassato il proprio ruolo dando consigli alle autorità svedesi per l'estradizione del Sig. Assange verso la Svezia>>

La vicenda, iniziata nel 2010, è molto complessa e spinosa, con diversi attori internazionali come protagonisti e, al centro, delle comunicazioni tra le autorità dei due paesi e un interrogatorio "mancato": se la procuratrice svedese si fosse recata direttamente a Londra per interrogare Assange, la vicenda si sarebbe chiusa in poco tempo con l'inizio di un processo o un'archiviazione. Invece, dai colleghi d'oltremare (e presumibilmente da altri oltreoceano), sarebbero arrivati dei "consigli" di non procedere con l'interrogatorio e, così, l'hacktivista australiano è rimasto in un limbo giudiziario per diversi anni. Una situazione di incertezza che era anche mediatica, oltre che legale: si era messa in moto la "macchina del fango" che, agli occhi dell'opinione pubblica, lo dipingeva come uno stupratore, anche se solo presunto. Per chi volesse approfondire la vicenda consigliamo questo articolo in inglese di Maurizi pubblicato sei giorni fa su Il Fatto Quotidiano e una ricostruzione di Giulia Calvani pubblicata sul sito di Free Assange Italia nel 2022.

Concludiamo questo post consigliando altri due articoli "a lunga scadenza", in contrapposizione con le junk-news sfornate dalla catena di montaggio mediatica e da "consumare" voracemente, pubblicati tra queste pagine impalpabili. 

Il primo, intitolato "Libertà per Assange, prigioniero politico", ripercorre le tappe fondamentali della vicenda umana e giudiziaria dell'editore, cronista e attivista australiano, scandagliando alcuni degli aspetti più rivoluzionari e controversi del più noto portale di whistelblowing, Wikileaks, con alla base l'idea di un giornalismo all'avanguardia, basato principalmente su fonti primarie.

Il secondo è un articolo meta-mediale che, partendo da un fact-cheching su una notizia di cronaca giudiziaria riguardante Assange, arriva a parlare delle storie di altri "leaks", fughe di notizie che si sono intrecciate con la vicenda di Wikileaks, e di altre condanne in base alla vetusta legge anti-spionaggio statunitense che penalizza la pubblicazione di informazioni "scomode" sui media. Tra le varie sentenze e vicende giudiziarie illustrate ci sono quelle di Reality Winner e Barrett Brown. Si intitola: "Destino di Assange in bilico: caso Stratfor, patteggiamento, email-gate ed estradizione". 



Scribah Kino



Attivist3 mantengono delle lettere giganti con la scritta "Free Julian". Al centro uno è vestito in tuta da carcerato con la maschera di Assange, e con i polsi incatenati


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