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19.8.25

SCIOPERO DEGLI ACQUISTI PER GAZA OGNI GIOVEDÌ A PARTIRE DAL 21 AGOSTO

BISAN OWDA, GIORNALISTA E REGISTA DI GAZA, RILANCIA IL “GLOBAL STRIKE FOR GAZA”



Nell'angolo in alto a sinistra il disegno di un'anguria. In alto a destra Bisan Owda. In basso a destra un rettangolo con i motivi della kefiah. Al centro è scritto:"SCIOPERO DEGLI ACQUISTI PER GAZA, OGNI GIOVEDÌ A PARTIRE DAL 21/08/2025. 1) Non comprare nulla di giovedì, nemmeno in contanti. Fare scorte di cibo e altri bene essenziali precedentemente e, idealmente, fare acquisti da attività commerciali indipendenti nelle altre giornate. Anche i rinnovi di pagamenti automatici e gli acquisti online non devono essere effettuati di giovedì. 2) Ogni giovedì limitate o evitate di usare il trasporto pubblico, di comprare carburante o di ricaricare l’automobile elettrica. Se dovete usare il trasporto pubblico per lavoro e altre urgenze comprate i biglietti in anticipo, in modo che la transazione di acquisto non verrà registrata in quel giorno. Se proprio dovete usare un mezzo di trasporto privato e non potete andare a piedi, preferite la bicicletta o condividete la macchina con qualcun altro. 3) Se rischiate di essere licenziati non andando al lavoro è sufficiente evitare di fare acquisti, ma potreste considerare la possibilità di usare il giovedì come giorno di ferie." In risalto gli hashtag: #ScioperoPerGaza #GlobalStrikeForGaza #GlobalStrike


Global Strike for Gaza” (“Sciopero Globale per Gaza”) è il nome dell’iniziativa di boicottaggio globale degli acquisti lanciata da Bisan Owda, nota giornalista e regista di Gaza. Scopo dell’iniziativa è quello di porre fine al genocidio e alla carestia provocati dall’etno-teocrazia israeliana.

L’invito ad aderire alla protesta, ogni giovedì a partire dal 21 agosto, è esteso a tutte le organizzazioni del mondo, piccole e grandi, che da mesi protestano in favore della Palestina.

Owda ha pubblicato un video-messaggio di tre minuti, con il sottofondo costante di un drone: <<facciamo quello che gli fa più male: fermare l’economia. È arrivata l’ora di farci sentire, fino al punto che nessun organo di stampa potrà ignorarci (...) Il 21 di Agosto fermeremo l’economia. Non ci saranno transazioni, non ci saranno pagamenti, né con i contanti e nemmeno online. Niente trasporti pubblici. Chiudete le strade più importanti, le strade che conducono a posti “ufficiali” come ambasciate, municipi ecc. Naturalmente, cerchiamo di ridurre la produzione. Non vi sto chiedendo di non andare a lavorare, ma riducete la produzione. Insieme possiamo farcela!>>

Queste le azioni da fare per aderire alla protesta, così come descritte dal collettivo “Humanti Project:

18.8.25

SOLDATO “PRO-ISRAELE”: 'SITI GHF SONO TRAPPOLE MORTALI'

<SPARANO SULLA FOLLA INVECE DI METTERE CARTELLI PER FAR SPOSTARE LE PERSONE>

<LA GHF NON FORNISCE NEMMENO UNA BOTTIGLIETTA D’ACQUA PERCHÉ COSTA TROPPI SOLDI>

<GLI USA SONO DALLA PARTE SBAGLIATA DELLA STORIA>


Sei foto su due colonne leggermente sfasate. Segue la descrizione di ognuna dalla prima nell'angolo a sinistra in senso orario. 1) Una massa di persone in fila lungo barriere metalliche con filo spinato e in mezzo a due terrapieni.  Sopra i terrapieni si notano le sagome di alcuni militari. 2) Un bambino raccoglie briciole di cibo in mezzo a pacchi di cartone e buste di pasta aperte. Il suo volto è sconvolto e impaurito. Una mano è intenta a raccogliere mentre con l'altra alza il pollice, facendo il gesto "ok". Sullo sfondo si intravede una scritta in ebraico. 3) Un bambino emaciato, scalzo e con i vestisti sporchi, stringe tra le braccia tre o quattro pacchi di cibo (sembra riso o pasta). Sta stringendo la mano di una delle guardie armate (di cui si vede solo la parte dell'avambraccio) e bacia quella mano. Il bambino si chiama "Amir" e la sua tragica storia è raccontata nell'articolo. 4) Quattro militari in piedi su un terrapieno. Si notano alcuni pali elettrici, delle barriere protettive e un cubo di cemento usato come postazione di guardia. 5) Due folle di persone sono sdraiate a terra. In mezzo una striscia di sabbia con due nuvole di polvere, provocate dallo sparo di armi da fuoco. 6) Aguilar durante un'intervista mostra una foto cartacea: c'è un uomo emaciato con un pacco sulle spalle. Sullo sfondo una bambina che indossa un velo.
Immagini e video scattate a Gaza da Anthony Aguilar e consegnate alla stampa.



A Marzo del 2024 l’allora Alto Rappresentante UE diceva che Israele usava <<la fame come arma di guerra>>. Era il primo anno di guerra genocida e si verificavano le prime “stragi della farina”, oggi più strutturate e sistematizzate. 

Da Giugno 2024 i leader israeliani sono formalmente accusati e ricercati per vari crimini, incluso l’impiego della carestia come arma di guerra.

A Novembre del 2024 abbiamo cominciato a parlare delle trappole mascherate da centri alimentari, quando il possibile affidamento della distribuzione degli aiuti a compagnie militari private era solo una voce. Si diceva che i soldati privati avrebbero usato delle pallottole di gomma, ma così non è stato e la realtà ha superato le peggiori prospettive. 

A Maggio del 2025 il piano di militarizzare gli aiuti si è concretizzato. Sei mesi prima già si sospettava che dietro i saccheggi di aiuti e la gestione della “borsa nera” non ci fosse Hamas, ma lo stesso governo israeliano.

Poi, all’insegna del pragmatismo criminale e del “dividi e comanda”, è arrivata addirittura la pubblica ammissione di Netanyahu: ha armato bande jihadiste per indebolire Hamas, le stesse che attaccano i camion, impongono il pizzo e lucrano sugli aiuti

Eppure ci continuano a raccontare che è tutta colpa di Hamas, e che sono loro a rubare gli aiuti. Anche ammettendo che sia vero (visto che fino ad oggi le evidenze dimostrano l’esatto contrario) basterebbe inondare Gaza di aiuti invece che di bombe: secondo la basilare legge della domanda e dell’offerta, se ci fosse abbondanza di cibo non ci sarebbe più lucro, non ci sarebbe più la “borsa nera” e nemmeno gli assalti ai camion, i morti e i malati per denutrizione e malnutrizione... E non ci sarebbe nemmeno una popolazione stremata e umiliata da deportare in Egitto o altrove per appropriarsi di preziose risorse, inclusi quei giacimenti di gas di cui poco si parla.

Oggi, dopo il rinnovo dei fallimentari lanci aerei di insufficienti aiuti, che finiscono anche con lo schiacciare letteralmente persone, parliamo di una serie di testimonianze precise, rilasciate da Anthony Aguilar. È un veterano statunitense, non certo un sinistrorso “pro-pal”, che ha descritto e confermato il malefico “segreto di Pulcinella” sui siti di distribuzione controllati da Israele e USA. Infatti, Aguilar è anche un “insider” delle operazioni della sedicente fondazione umanitaria che distribuisce gli aiuti a Gaza, la “Gaza Humanitarian Foundation”, avendo operato nella Striscia per circa un mese, a partire da fine Maggio. Oltre a svelare che il progetto, in realtà, non ha nulla di umanitario, ha rivelato diversi particolari sul funzionamento della militarizzazione degli aiuti, e ha anche diffuso diversi video che documentano crimini di guerra.

La testimonianza di Aguilar è stata accolta, insieme al testimone, da eterogenei apparati mediatici, anche politicamente ed editorialmente opposti, inclusi quelli più mainstream. Le parole e i video che ha diffuso hanno sconvolto soprattutto i settori più conservatori dell'opinione pubblica, inclusi i sostenitori e i negazionisti dell’apartheid israeliano, dato che le persone di altri schieramenti culturali e politici sono più informate sulle malefatte che la propaganda tenta di nascondere

Nell’articolo che segue sono state analizzate ore delle sue svariate interviste rilasciate in queste ultime settimane, una serie di diversi “pezzi” che ci aiutano a comprendere approfonditamente tutto quello che “l’addetto ai lavori” ha detto pubblicamente. Oltre a sconvolgerci ulteriormente, ci spingono a chiedere nuove spiegazioni e richieste di giustizia.



USANO LA FAME COME ARMA DI GUERRA E LO HANNO ANCHE DICHIARATO...

Per anni i governanti israeliani hanno controllato le calorie medie spettanti a ogni singolo abitante di Gaza, con l’intento di indebolire la popolazione per mantenerla appena sopra la soglia di sopravvivenza mentre, al contempo, si cercava di evitare una conclamata crisi umanitaria e l’indignazione della comunità internazionale. Oggi le élite imprenditoriali tecno-fasciste non hanno più bisogno di nascondersi. Imprenditori ed esponenti vari del complesso militare-industriale controllano direttamente i politici o si sono “buttati” personalmente in politica, e sono più sfacciati che mai. Grazie al disinteresse delle masse, troppo impegnate a cercare di sopravvivere economicamente o a soddisfare falsi bisogni iper-consumisti, e grazie al fallimento o all’auto-asservimento di varie strutture partitiche e politiche, si sta affermando un principio pericolosissimo per l’intera umanità: il genocidio di Gaza dimostra che chi è più forte e chi ha più soldi può fare tutto, può ammazzare chiunque e può prendersi tutta la terra che vuole. L’unica legge da rispettare, secondo loro, è quella della giungla capitalista tecno-feudale, quella che premia chi è più brutale e ha più capitale.

Lo abbiamo visto quando, più volte a partire da Ottobre 2023, i governanti israeliani hanno pubblicamente affermato che a Gaza non deve entrare né acqua, né cibo, né elettricità, e quando hanno detto che l’intera popolazione di Gaza è colpevole dell’attacco del 7 Ottobre. Punizione collettiva sia allora, ma che i giornalisti pennivendoli la chiamino “diritto all’autodifesa”! Quelle dichiarazioni sono state vagliate dai più alti organismi giudiziari internazionali che hanno stabilito, per adesso, la “plausibilità” del genocidio e, dunque, dell’intento di praticarlo (il “crimine dei crimini” si configura penalmente quando c’è l’intenzione di distruggere un popolo in tutto o in parte). Eppure, dopo averlo detto con una candida sfrontatezza, hanno “proiettato” la colpa su qualcun altro (è sempre colpa di Hamas, ovviamente). Oppure hanno negato l’evidenza, raccontando che le foto di persone scheletriche sarebbero false, che quei corpi emaciati con le pelli quasi perforate dalle ossa sarebbero attribuibili ad altre malattie (come se affamare qualcuno che già soffre non fosse comunque grave!). È un tipico comportamento da bugiardo narcisista, psicopatico e sadico, forse dettato anche dalla paura che l’impunità non durerà per sempre.


L’EX MILITARE USA “PRO-ISRAELE” E IL TETRO “SEGRETO DI PULCINELLA”

Nonostante i tentativi di negare l’evidenza, la testimonianza di un ex berretto verde USA ha squarciato il labile velo di bugie psicopatiche e narcisiste, posizionato davanti agli occhi di molti sostenitori di un governo che pratica l’apartheid da decenni (secondo il diritto internazionale, non secondo chi giustifica l’espropriazione di terre su basi religiose, naturalmente).

Anthony Aguilar, 43 anni, è uno dei soldati privati che ha lavorato per circa un mese con la “Gaza Humanitarian Foundation” (GHF), la sedicente fondazione umanitaria incaricata di distribuire cibo nella Striscia dopo che le principali organizzazioni umanitarie, come l’UNRWA, sono state estromesse, con la vaga accusa che sarebbero legate ad Hamas. E sono state pure colpite direttamente: ricordate quando hanno ucciso i volontari della “World Central Kitchen”?! Forse no, perché ci siamo abituati a qualunque orrore e violazione... E prima di uccidere i lavoratori "occidentali", erano stati massacrati decine di operatori umanitari locali che, evidentemente, non meritano l'attenzione dei media internazionali, in quanto hanno un colore di pelle troppo scuro o parlano una lingua troppo diversa dalla nostra

La sedicente fondazione privata, essendo un ente umanitario, dovrebbe operare in maniera indipendente da Israele. Essendo potenza occupante, ai sensi dell’inefficiente diritto internazionale, lo stato israeliano avrebbe l’obbligo non solo di favorire l’entrata di aiuti, ma dovrebbe sobbarcarsene anche i costi (così come avrebbe dovuto pagare compensazioni a tutti quei palestinesi sfollati dal 1948). Invece, insieme agli USA e a oscuri finanziatori, hanno versato milioni di dollari nella fondazione “benefica” per militarizzare la distribuzione di aiuti (come evidenziato da numerosi organi stampa e politici, inclusi alcuni israeliani). E a smentire l’intento umanitario della fondazione è stato proprio un altro veterano di guerra nord-americano, l'ex-amministratore delegato della GHF, Jake Wood: poco prima del taglio del nastro inaugurale si è ritirato dall’ente che, insieme ad altre figure della CIA (la principale agenzia di intelligence USA), aveva contribuito a costruire, dichiarando che non avrebbe abbandonato <<i principi del diritto umanitario di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza>>. Insomma, non è un “pro-pal” a dire che i quattro siti costruiti da Israele per distribuire aiuti non rappresentano un’operazione umanitaria indipendente. Prima la distribuzione di cibo avveniva in circa quattrocento posti diversi: il meccanismo era capillare, mentre adesso “attrae” persone verso delle vere e proprie trappole mortali, dove a centinaia hanno trovato la morte (almeno 859 fino al 31 Luglio secondo l'ONU). Sono anche strategicamente posizionate per favorire lo sfollamento di Gaza, quella che i governanti israeliani chiamano "evacuazione temporanea".

Nemmeno Anthony Aguilar si può definire un “pro-pal”, espressione troppo semplicistica e sbrigativa, usata per descrivere chi ha a cuore i diritti umani. E, come Jake Wood, non è nemmeno un propagandista pro-Hamas. Anzi, si è definito <<pro-Israele, uno dei nostri principali alleati>>, oltre che un fervido sostenitore dell’abusato <<diritto all’autodifesa israeliano>>. Diritto che, nei termini delle leggi internazionali, si traduce in un “diritto” all’occupare territori da cui dovrebbe ritirarsi (ossia Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme Est e diverse aree di Libano e Siria). Aguilar è un veterano con 25 anni di servizio nelle forze speciali statunitensi. Da “berretto verde” (i “Green Berets” sono il corpo di cui ha fatto parte) ha combattuto in diversi scenari di guerra e ha preso parte alle cosiddette “guerre contro il terrorismo” in Iraq e in Afghanistan. A Gaza è entrato come “contractor”, termine più raffinato per indicare un “mercenario”, un soldato privato. È stato assunto dalla “UG Solutions”, la società di sicurezza incaricata delle operazioni presso i centri della sedicente fondazione umanitaria. Per la precisione, era stato impiegato come ufficiale di collegamento con le forze di occupazione israeliane, addetto agli aspetti logistici dell’operazione.


DAL RECLUTAMENTo AL PRESUNTO LICENZIAMENTO

Gli elementi che hanno generato più indignazione delle sue testimonianze riguardano le foto e la morte di un bambino, Amir, e dei video in cui documenta dei crimini di guerra che hanno fatto il giro di quasi tutte le televisioni del mondo. Con l’eccezione delle principali tv italiane, che si fanno portavoce dell’esercito israeliano. Secondo la versione delle forze di occupazione, medicine e alimenti ai valichi marciscono perché le organizzazioni umanitarie non vanno a raccoglierli. In realtà o gli aiuti vengono bloccati da Israele, o le ONG si rifiutano di distribuirli cooperando direttamente con le forze armate: violerebbero la neutralità che dovrebbe caratterizzare queste operazioni, rendendosi complici della forza occupante per poi distribuirli come e dove dicono loro.

Prima di arrivare a quegli eventi specifici, partiamo da come Aguilar è stato assunto e licenziato. Ciò serve a inquadrare meglio il contesto tecnico-legale in cui ha operato, visto che abbiamo già trattato brevemente quello storico-politico nelle precedenti righe. E analizzeremo brevemente anche quello militare, perché utile per comprendere meglio la vicenda da un punto di vista meta-mediale e fattuale.

Aguilar era in pensione da pochi mesi ed era alle prese con un cancro (e lo è ancora). Riceve una telefonata dalla UG Solutions: stanno reclutando personale per una missione umanitaria a Gaza. L’ex berretto verde si prende un giorno di tempo per pensarci, fa qualche ricerca sulla compagnia di sicurezza privata ma non trova molto... Nota solo che il numero uno della UG SolutionsJames Govoni (ex berretto verde anche lui), ha un'altra azienda con una "missione" particolare: vendere integratori per riprendersi dalle sbornie e andare a combattere "freschi". Non gli ispira molta fiducia. Si consulta con la moglie, anche lei militare, e crede che comunque potrà riuscire a fare la differenza e a rappresentare al meglio il suo paese e i suoi ideali. Alla fine accetta. 

Non gli viene chiesto nessun documento riguardo alla sua carriera militare, nessuna domanda sul suo stato di salute e nemmeno un curriculum. Tra i reclutati ci sono veterani, ex poliziotti e anche persone senza esperienze di combattimento. Tra loro c’è perfino un settantunenne. Vengono fatti entrare in Israele con un visto turistico, cosa che implica l’assenza di protezioni legali. All’arrivo nelle terre della Palestina storica gli vengono fornite delle armi. Qualcosa comincia a non quadrare: le armi non sono dotate di proiettili non letali, come ci si aspetterebbe per una banale distribuzione di cibo, e sono anche più potenti di quelle che di norma vengono fornite ai soldati USA, con munizioni che possono perforare i giubbotti anti-proiettile e che, anche quando sparate verso l'alto, in aria, possono raggiungere circa un chilometro di distanza, dunque molto pericolose. Come da prassi, devono fare una sorta di test: devono calibrare i fucili e dimostrare di saperli usare al meglio colpendo dei bersagli. Nessuno passa la prova, ma vengono comunque ammessi. E pagati profumatamente: quasi 1400 dollari al giorno. In totale sono circa una ventina di guardie armate per ogni sito, un rapporto di una sola guardia ogni circa 400 palestinesi da “assistere”. I soldati israeliani si trovano fuori dal perimetro dei centri di distribuzione, ma le guardie private della UG Solutions, come testimonia Tony Aguilar, seguono direttamente gli ordini dell'esercito israeliano, in violazione del principio di indipendenza che dovrebbe caratterizzare le operazioni umanitarie.

Aguilar è stato in servizio dal 26 Maggio al 25 Giugno. Lui afferma di essersene andato, mentre la GHF dice che lo ha licenziato. Avrebbe addirittura ricattato la fondazione e, solo in seguito al licenziamento, avrebbe deciso di parlare. La GHF ha anche diffuso messaggi di alcune chat Signal a sostegno della sua versione: si tratterebbe di un dipendente scontento che butta fango sui suoi datori di lavoro e in cerca di notorietà. Aguilar si difende dicendo che è stato fatto un sapiente “taglia e incolla” dei messaggi, alcuni dei quali avrebbero incluso delle questioni più personali con dei suoi colleghi: voleva sì restare a Gaza, come scritto, ma voleva essere trasferito dalla UG Solutions all’altra compagnia che supporta la GHF, la “Safe Reach Solutions” (SRS, guidata da un ex paramilitare della CIA che ha addestrato i “Contras” in Nicaragua, Philip F. Reailly). Aguilar sostiene che la SRS sarebbe incaricata degli aspetti più logistici e “umanitari” dell’operazione. Dopo essere stato promosso nella UG Solutions, a seguito delle dimissioni di un suo superiore (il secondo in comando si era dimesso per mancanza di regole di ingaggio e uso eccessivo di forza), avrebbe voluto essere “responsabile della pianificazione operativa” con la SRS. In questo modo avrebbe realizzato il suo obiettivo secondo i suoi ideali, come cittadino statunitense che lavorava per un ente privato "a stelle e strisce", ossia contribuire a sfamare la popolazione affamata. Lo avrebbe fatto da una posizione organizzativa, invece di andarsene semplicemente <<e lasciare qualcun altro al timone>>. Era in attesa di una loro risposta mentre Israele bombardava l’Iran. Poi, racconta, stanco di attendere in albergo durante la risposta missilistica iraniana, ha deciso di tornare negli USA. Afferma di avere diverse email e altri scritti che provano la sua versione, inclusa la comunicazione ricevuta dopo aver terminato il contratto in segno di protesta e dopo aver fatto presente ai suoi superiori delle criticità della missione: <<Caro Tony, grazie per aver lavorato con noi e per il tuo contributo nella missione in Israele e a Gaza. Facci sapere se vorrai farlo di nuovo in futuro>>. Adesso dice che la GHF dovrebbe essere chiusa e che la gestione degli aiuti dovrebbe essere ridata alle Nazioni Unite. 

Va notato che alle dipendenze della GHF e della SRS ci sono altre due società che si occupano di costruzioni e logistica: la "Arkel", compagnia USA , e la "LMCC", azienda israeliana. Tutte e quattro le società sono formalmente a scopo di lucro, a differenza della GHF.

Chiariti questi punti, andiamo a leggere nel dettaglio cosa ha detto nelle varie interviste...


DALLA BBC A TUCKER CARLSON

Fin dai primi giorni del piano criminale di distribuzione erano cominciati a circolare dei video girati direttamente dai militari o da lavoratori locali dei quattro siti di distribuzione. A questi si aggiungono quelli ripresi dagli stessi palestinesi: masse di persone corrono e si accalcano verso pochi pacchi di cibo, mentre attendono e vengono “contenuti” con dei colpi di fucili. Dopo pochi minuti la distribuzione finisce e vengono mandati via, quasi tutti a mani vuote, bersagliati ancora una volta da colpi di armi da fuoco, granate stordenti e litri di spray al peperoncino.

In uno dei video di Aguilar, risalente al 29 Maggio e diffuso un mese fa dalla BBC, si vedono dei soldati appostati dietro e sopra delle alte dune di sabbia. Dietro di loro l’entrata a uno dei magazzini dei quattro siti. A un certo punto si sentono dei colpi di avvertimento, sparati lentamente, e poi una scarica molto più rapida. Qualcuno dice in inglese, con un tono quasi scherzoso e un accento americano: <<penso che ne hai preso uno!>>, e poi <<Uh Uh! Andiamo ragazzi!>>. Questo è uno degli specifici atti criminosi denunciati dal militare privato, che ha commentato così le azioni del suo collega: <<l’avrei mandato in corte marziale -riferendosi al contractor nordamericano che aveva aperto il fuoco NDR- non stiamo parlando di combattenti! Non stai sparando ai talebani durante un conflitto a fuoco ed esultando per questo. Parliamo di donne e bambini disarmati con la schiena rivolta verso di noi mentre se ne vanno via. Una persona -riferendosi ai suoi colleghi davanti all'assassinio NDR- aveva le mani in tasca, un’altra faceva finta di guardare dall’altra parte...>>. 

In un altro caso ha visto l’esercito israeliano aprire il fuoco, con munizioni pesanti, contro un’altra folla e un veicolo. Stiamo parlando di crimini di guerra, ossia di reati commessi durante un conflitto (per esempio un soldato che spara a dei civili o che saccheggia i loro beni, o anche un soldato che spara a un combattente nemico che è divenuto prigioniero). Ma se i crimini di guerra sono pianificati, ripetuti e sistematici, allora ci troviamo di fronte a crimini contro l’umanità.

Qualche giorno dopo Aguilar è stato intervistato da Tucker Carlson, volto notissimo della tv statunitense (ora autoproduce “vodcast” sui suoi canali personali), punto di riferimento dell’estrema destra, noto diffusore di teorie “complottiste” e di dichiarazioni razziste, per lungo tempo un sostenitore di Israele fino alla guerra genocida contro Gaza, un errore strategico che va contro gli interessi degli USA, come credono molti repubblicani.

Aguilar definisce la scelta di parlare apertamente come <<apolitica>>, una decisione presa da un <<americano patriottico che pensa che l'America si trovi dalla parte sbagliata della storia>>: <<non porto avanti il programma di nessuno, sono un americano, ho servito il mio paese per 25 anni, sono stato congedato con onore e potete credere a me. Non sono fake-news, ho visto con i miei occhi genitori portare in braccio i cadaveri dei loro figli, degli scheletri (...) sia i soldati semplici che i livelli più alti del governo israeliano hanno la percezione che tutta Gaza sia Hamas. Tutti sono Hamas! È come se qualcuno avesse dato a Bibi Netanyahu una lista delle violazioni della Convenzione di Ginevra. Secondo me, lui ha tolto i numeri della lista e sta mettendo una spunta di fianco a ogni voce: “sfollare la popolazione”, va bene, è un crimine di guerra. “Sparare ai civili con munizioni letali per controllare la popolazione”, letteralmente, è un crimine di guerra. Fatto, mettiamo una crocetta. Che viene dopo? Dobbiamo costruire dei siti di distribuzione degli aiuti nel mezzo di una zona di guerra attiva, come si dice nel terzo Protocollo. Fatto! Qual è il prossimo? Oh, perché non etichettiamo l’intera popolazione come facente parte di Hamas, così possiamo ucciderli tutti? Wow, bingo! Adesso puoi mettere un’altra croce perché la Convenzione di Ginevra proibisce specificamente di classificare un’intera popolazione come nemica sulla base delle azioni di pochi. Certamente non tutta Gaza è Hamas, ma stiamo trattando tutti come se lo fossero. Non è che qualcuno ha pestato un piede per errore e dici “è un crimine di guerra!”. Sono loro stessi a dirlo direttamente che li commettono: “stiamo sfollando l’intera popolazione per portare avanti operazioni militari”, ed è un crimine di guerra, non so cos’altro dire (...) Anche i contractor li disumanizzano, li chiamano “l’orda di zombie”. L’IDF e anche noi non li riconosciamo come esseri umani>>.

Il contractor argomenta che i siti sono stati progettati come delle <<trappole mortali>>, anche solo per la scelta del luogo in cui costruirli. Le IOF (forza di offesa israeliane, così dovrebbero essere chiamate, non "IDF", dove la "d" sta per "difesa") controllano già l’80% di Gaza e non c’era bisogno di posizionare i siti di distribuzione proprio nelle zone in cui ci sono ancora scontri con la guerriglia. Mettere deliberatamente a rischio la vita dei civili, così come sottoporli a trattamenti inumani, rappresentano delle gravi violazioni del Quarto Protocollo della Convenzione di Ginevra (come esplicitamente indicato all'articolo 147). In più, lo stesso fatto di concepire il controllo delle folle a colpi di mitragliatrici e mortai non ha alcun senso per un’operazione “umanitaria”: <<fin dall’inizio suggerivo di mettere semplicemente dei cartelli e dei megafoni con degli interpreti, invece di sparare con le munizioni dei carri armati. Mi è stato risposto che costavano troppo>.

E c’è di più: i palestinesi non solo devono camminare in zone dove si combatte, ma devono farlo per 15-30 km. Dopo il tragitto, nonostante il caldo rovente, la GHF non fornisce nemmeno un goccio d’acqua. Ma, cosa più importante per un’operazione che dovrebbe sfamare la popolazione, il cibo distribuito non è sufficiente. A conti fatti, secondo Aguilar che preparava materialmente i pacchi e stando alle statistiche fornite dalla stessa GHF, le scorte di cibo fornite nei primi 65 giorni di distribuzione -in questa maniera umiliante e mortifera- erano sufficienti solo per 15 giorni.

Ogni volta che ondate di feriti gravi riempiono i reparti e gli obitori di quello che resta degli ospedali di Gaza dopo la “distribuzione”, le forze di occupazione israeliane accusano genericamente dei combattenti di Hamas. Ma Aguilar afferma che non ha mai ricevuto minacce o visto qualcuno armato: <<quando il sole sorge e ci sono corpi sparpagliati sulla strada l’IDF dice “non lo abbiamo fatto noi!”. Davvero?! E come è successo?! Certo che è stato l’IDF! Poi dicono “è stato Hamas”, ma Hamas lì non c’è, tutta l’area è una zona militare controllata. (…) 

È vero, come dicono, che sparano colpi in aria, verso i piedi e sopra la testa della folla. Ma quando i colpi partono da un fucile automatico verso una folla di migliaia di persone, e non puoi nemmeno vedere loro o le linee di separazione perché ci sono i terrapieni e la polvere, allora ucciderei qualcuno per forza. Sparare a una folla di civili, con l’intento di controllare la folla, è un altro crimine di guerra>>, e lo dicono apertamente. Intanto, un incredulo Carlson osserva -giustamente- che <<alcune persone sono state impiccate a Norimberga per aver sparato su dei prigionieri>>.

Dopo la “distribuzione”, <<ci sono delle persone che raccolgono i rimasugli, qualche chicco di riso e legume. La procedura, che abbiamo mutuato dalle IDF, consiste nel mandarli via spruzzando spray al peperoncino e granate stordenti>>, un’operazione di routine “umanitaria”, proprio come la sedicente fondazione “umanitaria”. 


<<AMIR MI HA DATO UN BACETTO E POI L'IDF LO HA UCCISO>>

Un giorno, a raccogliere quelle briciole di cibo, c’era Amir, un bambino i cui occhi gli ricordavano quelli di suo figlio. Aveva qualche pacco di riso e delle lenticchie raccolte da terra, e si avvicinava verso di loro. Pensava che stesse chiedendo dell’altro cibo a lui e un suo collega, ma in realtà il bambino voleva solo ringraziarli, e lo ha fatto baciandogli le mani. Poggiandogli una mano sulla spalla, Aguilar percepiva la fragilità delle sue ossa. <<Era molto emaciato, senza scarpe, pantaloni stracciati, sporco, probabilmente non si lavava da un mese, probabilmente non mangiava da giorni>>, oltre a essere pure disidratato, come si poteva comprendere dalle sue labbra secche. <<La GHF non fornisce acqua, zero, nemmeno una singola bottiglia! Costa troppo. Ma il cibo distribuito richiede acqua per essere cucinato: riso, farina, fagioli secchi... Non so come facciano a mangiarlo>>. Va ricordato pure che Israele ha bombardato gli impianti di desalinizzazione dell’acqua, risorsa preziosa e vitale, che controllava già da molto tempo prima dell’Ottobre del 2023. Adesso i gazawi devono rassegnarsi a bere acqua contaminata o ingegnarsi per cercare di purificarla. Ritornando alla scena descritta da Aguilar, il “contractor” racconta di essersi inginocchiato vicino al bimbo. 

Aguilar gli dice in inglese: <<non ti preoccupare. Le persone non ti hanno dimenticato, l’America non ti ha dimenticato>>. Il bambino si siede e gli accarezza la faccia con le sue dita scheletriche. Poi gli dà un bacetto. Il bambino e gli altri devono tornare indietro dallo stesso percorso da cui sono entrati. La distribuzione è finita, Aguilar si allontana e a un certo punto sente dei colpi di mitragliatrice: <<pensavo che fossimo sotto attacco, allora mi sono andato a riparare sotto uno dei terrapieni. Intanto osservo e sento il fuoco che continua, “ta, ta, ta, ta, ta, ta”. Poi vedo dei corpi di palestinesi cadere. Amir non è tornato a casa. È stato ucciso dalle IDF perché gli manca disciplina, gli mancano standard operativi e gli manca della basilare decenza umana. Non credo che abbiano sparato intenzionalmente per uccidere, ma quando usi mitragliatrici, colpi di mortaio e fucili da carro armato per controllare la folla cosa pensi che possa succedere? E gli Stati Uniti stanno lì a guardare>>. La GHF ha provato anche a diffondere delle foto di un altro bambino sostenendo che era proprio Amir e che fosse ancora vivo. Ma i bambini nelle foto non sono gli stessi ed entrambe le foto sono state scattate dallo stesso Aguilar in due siti diversi. Aveva girato diversi video e scattato varie foto proprio perché la UG Solutions gli aveva ordinato di farlo: era un compito che gli avevano assegnato per la gestione dei rapporti con i media e per stilare dei rapporti giornalieri. Inoltre, una volta tornato negli Stati Uniti, è stato contattato da alcuni attivisti: hanno trovato la madre adottiva di Amir (i genitori biologici sono stati uccisi) che cercava il bimbo da giorni, invano. Aveva dieci anni, <<ma gli avrei dato al massimo 6 o 7 anni tanto che era smagrito>>.


PARLARE SINCERAMENTE

Toni più pacati verso le IOF Aguilar li ha avuti nell’intervista con Matt Tardio per il vodcast “Speak The Truth”, anche lui ex militare USA. Quest’ultimo lo aveva attaccato su YouTube dopo lo scalpore che l’intervista di Tucker Carlson aveva creato anche nei circoli di destra. Tardio dava credito alla versione delle GHF ma poi, come spiegato all’inizio dell’intervista, è stato Aguilar a chiamarlo direttamente per fornire delle prove sulle sue dimissioni. 

Nel video-podcast sia Aguilar che il conduttore rivelano le loro idee profondamente conservatrici, ma anche più dettagli sugli aspetti militari dell’operazione. In primis c’è una parziale ritrattazione su uno degli specifici incidenti denunciati da Aguilar, quello in cui i colpi di armi da fuoco hanno distrutto un veicolo: l’IOF sostiene che quel veicolo, in realtà, nascondeva obiettivi non civili. Aguilar ha ritrattato parzialmente concedendo il beneficio del dubbio a questa versione per presunte ragioni di riservatezza, ma ha anche ricordato che l’esercito israeliano non fornisce mai prove a sua discolpa quando è accusato pubblicamente (concetto ribadito in un'altra intervista con un altro noto conduttore "pro-Israele", Pierce Morgan).

Nell'intervista con Tardio ribadisce che secondo lui il fallimento dell’operazione e i crimini commessi non dipendevano tanto dai soldati sul campo e dai suoi colleghi (con l’eccezione di quelli che avrebbe mandato di fronte a un tribunale militare), ma a un <<fallimento a livello di leadership>>, oltre che dell’intera comunità internazionale: <<non penso che le IDF fossero alla ricerca di sangue da spargere, ma la maniera in cui i siti erano posizionati e i terrapieni tirati su, era tatticamente praticamente insostenibile>>. Poi racconta di aver visto dei soldati israeliani provati dopo che avevano tolto la vita a dei propri simili, anche se nell’altra intervista diceva che, generalmente, non venivano considerati come tali. Forse Tony Aguilar non ha ancora visto i video dei soldati delle IOF diffusi da loro stessi sui social mentre commettono vari crimini a Gaza, anche questi al vaglio degli investigatori internazionali.

Insomma, secondo Aguilar i siti erano stato costruiti in una maniera non sicura perfino per gli stessi militari, e quindi ancora più insicuri per i civili: se i soldati vedono folle di persone arrivare verso di loro, argomentano i due veterani nel podcast, si sentiranno meno sicuri e saranno più proni a sparare. Masse di persone affamate dovevano muoversi in una sorta di grande corridoio delimitato da steccati metallici, mentre i militari sparavano verso i piedi o sopra le teste dei civili con delle mitragliatrici pesanti, molto difficili da controllare: <<c’era un sacco di caos, avevamo a che fare con una popolazione molto numerosa, non ci avevano istruito sulle regole di ingaggio, sull’indice di azione per evitare un escalation di violenza e non avevamo fatto nessun tipo di esercitazione (…) alcuni avevano esperienze nell’esercito, altri nelle forze di polizia e altri nessuna esperienza. (...) Per controllare possibili escalation di violenza alcuni semplicemente ripetevano quello che faceva l’IDF, ossia controllare la folla con il fuoco, sparando>>. 

Mentre è stato più vagamente assolutorio con le forze armate israeliane durante l’intervista con un suo collega, Aguilar aveva rilasciato dichiarazioni molto più forti e formali nelle precedenti settimane. Sempre alla BBC definiva le IOF così: <<sono criminali. Non ho mai visto un livello così brutale nell’uso di forza non necessaria e indiscriminata contro una popolazione civile senza armi e affamata. Non ho mai visto nulla del genere in tutti i posti in cui sono stato inviato, fino a quando non sono arrivato a Gaza, al servizio dell’IDF e dei contractor americani. Senza dubbio ho visto commettere dei crimini di guerra>>. Alla MSNBC ha detto qualcosa molto simile a ciò che diciamo da mesi anche su queste pagine digitali, mentre soltanto recentemente gli organi di stampa mainstream sembrano accorgersi che qualcosina nell’operato di governanti ed esercito israeliano non funziona, e questo avrà conseguenze per decenni a venire:<<siamo responsabili come americani e come mondo. Si scopriranno cose che ci metteranno in ginocchio, si scoprirà un livello di sofferenza che non vediamo da molto tempo>>.

Aguilar non è certo un pacifista, e la decisione di parlare apertamente non è solo un atto moralmente dovuto, ma lo è anche dal punto di vista legale: ha dichiarato di non aver mai dovuto usare alcun tipo di arma perché non si è mai sentito minacciato, ma ha anche fatto parte di una struttura militare che potrebbe (e dovrebbe) essere processata per crimini di guerra e contro l’umanità


MANDARE I CASCHI BLU E LE MARINE MILITARI PER PORTARE GLI AIUTI A GAZA

La testimonianza di un dottore britannico che è stato diverse volte a Gaza, Nick Maynard, suggerisce, invece, un chiaro intento di colpire deliberatamente i civili ai punti di distribuzione della GHF: alcuni giorni arrivavano in ospedale morti e feriti con colpi principalmente nella zona del petto. Un altro giorno nella zona dei testicoli, e così via di giorno in giorno e da una zona del corpo a un’altra.

Un altro medico statunitense da poco tornato da Gaza, Aziz Rahmanha raccontato uno dei tanti macabri e tristi particolari sulla "distribuzione di aiuti umanitari" con cui l’umanità dovrà fare i conti. Ha parlato di persone disperate che avevano perso di tutto, dai propri cari ai propri averi, e andavano ai punti di distribuzione della GHF con la speranza di morire. Un suo collega gli ha confidato: <<se mia moglie e i miei figli dovessero morire, andrò alla GHF e spero che anche la mia vita venga presa>>. La realtà, con la sua freddezza, supera tante serie-tv distopiche.

La Convenzione di Ginevra, che regola le “leggi di guerra”, impone alla potenza occupante di assicurare -con le sue finanze- e non ostacolare la fornitura di viveri e medicinali. Tale prescrizione non solo è stata disattesa, ma viene sfruttata per cercare di sterminare quante più persone possibili, mentre qualcun altro si arricchisce non solo con i soldi delle armi, ma anche con l’affidamento di compiti così delicati e basilari come fornire cibo e medicine (tra l’altro la GHF distribuisce solo cibo non pronto, nient’altro, e non ha ancora reso pubblici i nomi dei suoi "benevoli" finanziatori). 

Una soluzione, secondo diversi giuristi, c’è: mandare le marine militari dei nostri governi per forzare l’embargo illegale che Israele impone da quasi vent’anni, oppure mandare i “caschi blu” dell’ONU a scortare i camion con gli aiuti.

Si dovrebbe sicuramente fare, ma manca la volontà politica. In più, va ricordato che l’attuale stato israeliano, una potenza nucleare e illegale fuori controllo, l'anno scorso ha aperto il fuoco proprio contro i caschi blu dell’ONU. Che cosa deve succedere di più?! Quali altre macabre o sconvolgenti notizie devono essere raccontate per risvegliare le nostre coscienze, ammesso che vengano “coperte” sufficientemente dai media?!

Paolo Maria Addabbo



Possiamo cominciare a fare qualcosa di concreto contro il genocidio partendo da quello che mettiamo nel carrello della spesa: scaricate applicazioni come “No Thanks” e “Boycat” (le abbiamo testate entrambe e la prima sembra funzionare meglio), seguite le campagne del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e non acquistate prodotti di aziende che fanno affari con uno stato terrorista che applica l'apartheid e pratica il genocidio.

Nel nostro piccolo ci sforziamo di (auto)produrre articoli giornalistici “artigianali” e originali, notizie non omologate e trascurate dal mainstream, approfondimenti esclusivi, dirette e contenuti extra sui profili (a)social. L'informazione, però, ha un costo. Maggiorato per chi è precario e indipendente: se non puoi fare nemmeno una piccolissima donazione, supportaci condividendo i nostri contenuti, commentandoli, criticandoli e seguendoci sui profili (a)social. Il modello di giornalismo indipendente e sperimentale che portiamo avanti viene discriminato dalle logiche algoritmiche e di mercato, specialmente quando parliamo del genocidio in Palestina. Per questo il tuo supporto è fondamentale! I link per le offerte libere sono più sotto, vicino a quelli dei profili (a)social.

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2.8.25

ENNESIMO OMICIDIO IN CISGIORDANIA

  • UCCISO ATTIVISTA NELLA ZONA DI MASAFER YATTA. AVEVA COLLABORATO CON “NO OTHER LAND” 
  • USA, UE, CANADA E REGNO UNITO AVEVANO SANZIONATO L’OMICIDA PER AVER ATTACCATO FAMIGLIE PALESTINESI, INCLUSE DONNE E BAMBINI. TRUMP HA POI ANNULLATO LA DECISIONE DELL'AMMINISTRAZIONE GUIDATA DA “GENOCIDE JOE” BIDEN



Sei immagini, partendo dall'angolo a sinistra in senso orario. 1) Uno screenshot del video in cui si vede Yinon Levi urlare e puntare una pistola contro chi riprende. 2) Awdah Hathaleen sanguinante a terra. 3) Yinon Levi apre il fuoco, inquadrato di profilo. 4) La punta di un escavatore colpisce un uomo 5) Awdah Hathaleen sorride mentre ha in braccio uno dei suoi figli 6) Yinon Levi punta la pistola contro chi riprende. Sullo sfondo polveroso si nota l'escavatore.
Immagine al centro in basso ritagliata da uno scatto di Hadhalin da Wikimedia, rilasciata con Licenza CC generica 2.5 


  • +AGGIORNAMENTO DEL 09/08/2025+
  • L’autore dell’omicidio, Yinon Levi, è a piede libero ed è tornato a continuare i lavori sulle terre che occupa illegalmente, a terrorizzare e a schernire la popolazione di Umm al-Khair insieme ad altri coloni-terroristi dell’insediamento di Carmel, armati di fucili di assalto americani (M-16).
  • Il quotidiano israeliano "Haaretz" ha avuto modo di vedere un altro video, girato dalla stessa vittima fino al momento dello sparo. In un articolo di oggi, siglato da Gideon Levy e Alex Levac, si afferma che non ci sono dubbi sull’identità dell’omicida, e che <<la giudice Chavi Toker, che ha rilasciato Levi venerdì senza nessuna condizione particolare, sta violando i suoi obblighi>>.
  • Oltre al danno le beffe: dopo l’omicidio sono stati arrestati una ventina di palestinesi, incluso il figlio di un altro uomo investito e ucciso da un veicolo militare israeliano nella stessa zona nel 2022. Alcuni sono stati segnalati dall'omicida all'esercito e arrestati subito dopo il misfatto, mentre altri sono stati bendati e rapiti di notte, come da prassi dell'apartheid israeliano. I loro cellulari, con altre possibili prove dell’assassinio, sono stati confiscati e non restituiti. Nell’articolo succitato si spiega che, al momento della pubblicazione, ancora 7 persone risultavano detenute.
  • Le forze di occupazione israeliane hanno restituito solo giovedì scorso, dopo dieci giorni, il corpo di Awdah Hathaleen ai suoi familiari, che intanto avevano iniziato uno sciopero della fame in segno di protesta. I funerali erano stati vietati col pretesto della presunta illegalità del cimitero del villaggio (come riporta la testata israeliana "+972"), e per questo inizialmente l’esercito aveva indicato un altro luogo di sepoltura. Neanche i morti possono riposare in pace.


L’ATTIVISTA VITTIMA E IL COLONO TERRORISTA

Si chiama Yinon Levi, 32 anni, il colono-terrorista agli arresti domiciliari per l’omicidio di un attivista Palestinese di 31 anni, Odah Muhammad Khalil al-Hadhalin, perpetrato lunedì nel villaggio di Umm al-Khair, nella circoscrizione di Masafer Yatta, a sud di Hebron.

31.7.25

MATTARELLA: “INACCETTABILI LE VIOLAZIONI ISRAELIANE”

CONDANNE DALLA POLITICA TROPPO DEBOLI E TARDIVE

Mattarella condanna Israele per il mancato rispetto del diritto internazionale a Gaza. Lo diciamo da 21 mesi (e nei vari link di questo mini-editoriale troverete una serie di approfondimenti), ma i più noti politici e giornalisti se ne accorgono solo ora...  Attiviamoci ancora di più affinché alle parole seguano i fatti.


Sullo sfondo si intravede una guardia del Presidente della Repubblica, la bandiera italiana e quella europea.
Isaac Herzog stringe la mano a Sergio Mattarella durante la visita in Italia a Febbraio 2025. Foto dal sito del Quirinale. 

Il Presidente della Repubblica Mattarella “spinge” Gaza e la Palestina sulle prime pagine dei quotidiani e sulle aperture dei telegiornali italiani. Ma è ancora troppo poco, e anche troppo tardi. Ieri, in occasione della “Cerimonia del Ventaglio”, organizzata dall’Associazione della Stampa Parlamentare, ha dichiarato che <<è inaccettabile il rifiuto del governo di Israele di rispettare a Gaza le norme del diritto umanitario. È disumano ridurre alla fame una intera popolazione, dai bambini agli anziani ed è grave l'occupazione abusiva e violenta della Cisgiordania (…) Si è parlato di errori quando hanno colpito la parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza, ospedali, medici e ambulanze, quando hanno preso di mira bambini assetati e persone affamate in fila per avere cibo e acqua (…) È difficile, in una catena simile, vedere una involontaria ripetizione di errori e non ravvisarvi l'ostinazione a uccidere indiscriminatamente>>.

27.7.25

SOS DAI DUE ITALIANI DELLA "HANDALA": “ISRAELE CI HA RAPITI, FERMATE IL GENOCIDIO”

  • UNA SETTIMANA FA, QUANDO LA NAVE È PARTITA ALLA VOLTA DI GAZA DA GALLIPOLI, AVEVANO CONSEGNATO ACIDO SOLFORICO INVECE CHE ACQUA
  • TRE MOVIMENTI ANNUNCIANO UN ALTRO CONVOGLIO CON DECINE DI BARCHE PER ROMPERE L'ASSEDIO E CONSEGNARE AIUTI
+ AGGIORNAMENTO DEL 31/07/2025: Poche ore fa il secondo italiano a bordo della Handala, Antonio La Piccerella, è rientrato in Italia dopo essere stato processato e ufficialmente bandito da Israele per un secolo. Ha dichiarato alla stampa che i militari <<hanno provato per tutto il viaggio a darci cibo e acqua con una telecamera puntata>>, una trovata propagandistica impiegata anche nel precedente sequestro in acque internazionali. Tre giorni fa era rientrato anche Antonio Mazzeo, dopo aver firmato un decreto di espulsione. Gli attivisti annunciano una nuova azione contro il blocco illegale a cui è sottoposta Gaza da quasi venti anni +

Negli angoli a sinistra due fermi immagine dai video dei due italiani. Nel primo si legge "we have been intercepted at sea", nel secondo "and I have been kidnapped". Sul lato destro tre fermi immagini. Due dalle telecamere di sicurezza. Nel primo si nota la parte alta dell'imbarcazione in mare aperto e al buio. Nel secondo i venti attivisti seduti, con le mani alzate e con indosso i giubbotti di salvataggio, mentre un militare cammina minaccioso con un fucile. Nel terzo fermo immagine si vede la mappa con la rotta e il punto dell'abbordaggio, non lontano da Gaza.
Le immagini dei video-appelli e del momento dell'irruzione, catturate dalle telecamere di sicurezza dell'imbarcazione, prima che venissero messe fuori uso dai militari.


LE ULTIME ORE E I PROSSIMI GIORNI

Abbordata la nave Handala, a circa 40 miglia nautiche da Gaza, alle ore italiane 22:41 di sabato 27 luglio. Tra i 21 attivisti e membri dell'equipaggio della “Freedom Flotilla Coalition” ci sono anche due italiani: Antonio Mazzeo, giornalista e insegnante, e Antonio La Piccirella, attivista per la giustizia sociale e climatica. 

In due video-messaggi, registrati prima dell'irruzione dell'esercito sull'imbarcazione, chiedono alla società civile di fare pressione sul nostro governo per fermare il genocidio e per liberare loro, insieme agli altri rapiti.

19.7.25

OCALAN CHIEDE AL PKK DI DEPORRE LE ARMI: IL PARTITO METTE DEI FUCILI AL ROGO

SI ASPETTANO PASSI CONCRETI DA ANKARA


Aggiornamento per il format di Fanrivista “Come Va a Finire?!: dopo il tortuoso processo di pace avviato lo scorso Novembre, dieci giorni fa Abdullah Ocalan è apparso in un video dall’isola-carcere di Imrali. Ha ribadito le considerazioni storiche e politiche sulla fine della lotta armata tra la guerriglia curda e il secondo esercito più grande della NATO, chiedendo al partito di deporre le armi.

Tre giorni dopo alcunə combattentə del PKK hanno tenuto una cerimonia e bruciato dei fucili. Il gesto simbolico esprime la disponibilità a un accordo che ponga fine a decenni di conflitto.

Intanto, poche ore fa, un drone ha ucciso almeno un membro del PKK nel nord dell’Iraq. Al momento della chiusura di questo articolo non si conosce ancora la paternità dell’attacco, che aumenta i dubbi sull’effettiva percorribilità del processo di riconciliazione.


Sullo sfondo un cielo nuvoloso e alcuni grigi palazzi, oltre ad alcune persone. Al centro risalta una bandiera con il volto di Ocalan e delle scritte in curdo. Si intravedono altre bandiere con Ocalan in uniforme e la stella rossa nel simbolo del KCK. Sopra l'immagine della manifestazione, il disegno di due mani che spezzano un fucile, un noto simbolo antimilitarista, con gli stessi tre colori delle bandiere (giallo, rosso e verde).



6.7.25

BASEL ADRA DI “NO OTHER LAND”: LOTTARE NON È UN’OPZIONE

Sullo sfondo una bandiera palestinese. In rilievo Basel Adra mentre impugna un microfono. C'è anche scritto: "BASEL ANDRA, CO-AUTORE DI NO OTHER LAND, INCONTRA NAPOLI"

READ THE ARTICLE IN ENGLISH HERE/QUI LA VERSIONE IN INGLESE DI QUESTO ARTICOLO

La Palestina chiede solo armi diplomatiche, a differenza dell’Ucraina, e <<se a Israele fossero imposte la metà delle sanzioni che sono state date alla Russia la cosa potrebbe essere risolta>>. Continuare a lottare per la Palestina, nonostante gli sforzi non siano stati sufficientemente ripagati, <<non è una opzione>> ma un dovere. Questi sono alcuni dei messaggi lanciati da Basel Adra, co-autore del documentario premio Oscar “No Other Land”, quando ha incontrato Napoli il 16 Giugno 2025.

Basel Adra Of "No Other Land": Fighting Is Not An Option

In the background the Palestinian flag. In relief the image of Basel Adra holding a microphone. It is written: 'Basel Adra, Co-Author of No Other Land; Full Speech in Naples (Italy)'

LA VERSIONE IN ITALIANO SI TROVA QUI/HERE THE ITALIAN VERSION OF THIS POST


Palestine is asking for diplomatic weapons, not like Ukraine, and “if half of the sanctions put on Putin would be put on Israel the thing can be solved”. Keep on fighting for Palestine, although the efforts do not meet enough results, “it is not an option”, but a duty. These are some of the messages launched by Basel Adra, co-author of the Oscar winning documentary “No Other Land”, when he came to Naples (Italy) the 16 of June 2025.

On our Youtube Channel you will find the full speech he gave.

Below there are some of the questions we would have liked to ask Basel directly, and that we hope might find an answer in the future. We also hope they can contribute to a debate about the documentary and Palestine.

30.6.25

PARLIAMO DI “NON TUTTI GLI UOMINI”

  •  “Non tutti gli uomini”  -un’affermazione piena di misoginia-  è stata diffusa da giovani uomini sui social media per difendere l’immagine pubblica degli uomini in generale.
  • Questo articolo riflette su come la violenza di genere viene normalizzata di questi tempi.

LEGGI L'ARTICOLO IN INGLESE QUI / CLICK HERE TO READ THE ENGLISH ARTICLE


Immagine di una bambina mentre mantiene una bandierina durante l’annuale Marcia delle Donne del 2019 in Pakistan. La scritta in inglese recita: <<Marcia delle donne del 2019. Noi donne>>.
La bambina mantiene una bandierina durante l’annuale Marcia delle Donne del 2019 in Pakistan. La scritta in inglese recita: <<Marcia delle donne del 2019. Noi donne>>.

Il patriarcato è una condanna a morte per le donne di tutto il mondo. Recentemente, a Napoli, la 14enne Martina Carbonaro è stata uccisa a sassate dal su ex fidanzato. Nel 2006 la ventenne pakistana Hina Saleem è stata assassinata da suo padre in un orribile “delitto d’onore” a Brescia. Il caso ha innescato un dibattito sulla storia della stessa Italia e le leggi sui delitti d’onore. Casi come questo, così brutalmente violenti, non fanno nemmeno notizia in Pakistan. Questo articolo di opinione -siglato da Sana Siddiqui, autrice che attualmente vive a Napoli- discute delle crudeltà giornaliere che le donne devono affrontare a causa dei costumi patriarcali incorporati nelle nostre società.


Parlare apertamente in questa società è quasi un atto di ribellione in sé, quindi voglio dire la mia. Perché non c’è molto altro che una piccola, giovane donna può fare per portare cambiamento nel suo paese.

Vivere in uno dei posti del mondo più insicuri per le donne fa schifo. Perché ogni giorno sentiamo notizie terribili di qualcun'altra, di donne o bambine che sono state terribilmente molestate, abusate o assalite - se non peggio. Viviamo in un terrore costante. Si vedono post di questi avvenimenti con una didascalia: “questo poteva capitare a noi”. Ma è capitato. È capitato a noi, alle nostre amiche, madri, sorelle o zie. Tuttə noi abbiamo una storia. Alcunə, però, non vivono abbastanza per poterla raccontare.

29.6.25

Let's Talk About 'Not All Men'

  • 'Not all men— a statement rife with misogyny — has been popularized by young men on social media in order to defend the public image of men in general. 
  •  This piece reflects upon how normalized gender-based violence and oppression have become in today’s time. 

READ THE ARTICLE IN ITALIAN HERE / QUI LA TRADUZIONE IN ITALIANO DELL'ARTICOLO


mage of a girl holding a flag at the annual Women’s March held in 2019 in Pakistan. The flag reads: <<Women’s March 2019. We women>>.
Image of a girl holding a flag at the annual Women’s March held in 2019 in Pakistan. The flag reads: <<Women’s March 2019. We women>>. Credit: Beenish Sarfaraz



Patriarchy is a death sentence for women all over the world. 

In Naples, Italy, 14-year-old Martina Carbonaro was recently found stoned to death by her ex-boyfriend. In 2006, 20-year-old Pakistani woman, Hina Saleem, was murdered by her father in a horrifying 'honour killing' in Brescia, Italy. This case sparked a nationwide debate about Italy’s own history and laws regarding honour killings. In Pakistan, such brutal cases of violence are so common that they don’t even make the news. 

This thinkpiece—penned by Pakistani writer, Sana Siddiqui, currently living in Naples—discusses the everyday cruelty that women face due to the patriarchal customs embedded in our societies.



Speaking out in this society is almost a rebellion in itself—so I want to speak out. Because there really isn't much that a small, young woman can do to bring change in her country.
 
Living in one of the most unsafe-for-women countries in the world sucks. Because every day we hear terrible news about someone or the other, a woman or a child, being horrifically abused, harassed, or assaulted—if not worse. We live in this terror constantly. You'll see people share posts of such occurrences with the captions, "This could have been us." But it is. It is us. It is our friends, our mothers, our sisters, our aunts. All of us have a story. Some just don't live to tell it.

16.6.25

ULTIMA GENERAZIONE, NAPOLI: INTERVIENE L’ESERCITO ALLA PRIMA AZIONE

Riceviamo e pubblichiamo per lo spazio “ComunicAzioni” un comunicato stampa da “Humanity in Focus”: raccontano di una "doppia azione" congiunta con “Ultima Generazione”, svolta lo scorso Sabato a Napoli. Le principali istanze sono due: far pagare il costo della transizione ecologica a multinazionali e gruppi che hanno causato il disastro ambientale e boicottare, come si fece con il Sudafrica, quelle aziende che fanno affari con uno stato che, ai sensi del diritto internazionale, pratica l’apartheid.


9 attivisti con due bandiere della Palestina e una del gruppo "Humanity in Focus". A terra uno striscione, fermato a terra da un megafono e una borsa. Sopra la scritta: "Boicotta il genocidio. Palestina Libera dal fiume al Mare"
Gli attivisti di fronte al Mc Donald della stazione centrale di Napoli


ULTIMA GENERAZIONE INSIEME A HUMANITY IN FOCUS: LA MATTINA ALLA CONAD E IL POMERIGGIO AL MCDONALD PER DENUNCIARE LA LORO COMPLICITÀ NEL GENOCIDIO PALESTINESE

15.6.25

FREEDOM FLOTILLA: SEQUESTRATI DALLA MARINA ISRAELIANA IN ACQUE INTERNAZIONALI

TRE ATTIVISTI RISCHIANO UN MESE NELLE GALERE ISRAELIANE, UFFICIALMENTE PER VIOLAZIONE DELLE LEGGI SULL’IMMIGRAZIONE



+AGGIORNAMENTO DEL 18 GIUGNO: Con il supporto legale di "Adalah - The Legal Center For Arab Minority Rights in Israel", i tre attivisti sono stati liberati e fatti passare attraverso la Giordania per tornare a casa, come comunicato dai canali ufficiali della Freedom Flotilla Coalition due giorni fa, che chiede di continuare le mobilitazioni. Ulteriori aggiornamenti saranno pubblicati qui o in nuovi articoli: restiamo connessi!+


Mentre Netanyahu espande la guerra verso l’Iran, mentre meno occhi sono puntati per questo su Gaza, torniamo a parlare della “Freedom Flotilla”, gruppo di associazioni e attivisti nato nel 2010 con lo scopo di rompere l’assedio di Gaza. Una settimana fa la “Madleen”, una piccola barca a vela, è stata assaltata e sequestrata dalla marina militare israeliana a circa cento miglia da Gaza, dove avrebbe dovuto consegnare un carico di aiuti e un messaggio per il resto dell’umanità, complice o indifferente: la popolazione di Gaza non deve morire sotto le bombe, di fame, di stenti e per la mancanza di cure basilari. Tra gli attivisti presenti c’era anche Greta Thunberg.


In alto a sinistra e a destra Greta Thunberg in piedi, con un braccio che indica l'orizzonte, e seduta sulla prua della nave. Al centro in alto il profilo della Madleen: si notano 6 persone a bordo e una bandiera palestinese. Sotto il momento dell'arrembaggio ripreso da una telecamera di sicurezza: tutti sono seduti sul ponte della nave con le mani in alto.
In alto Greta Thunberg e la Madleen (immagini dai profili social dell'attivista). Sotto il momento dell'arrembaggio israeliano, ripreso dalla telecamera di sicurezza dell'imbarcazione (diffuso sul canale Telegram della Freedom Flotilla Coalition).


Per chi non avesse mai sentito parlare di questa flotta di navi civili, o per chi volesse saperne di più sulla sua storia, consigliamo, come lettura preliminare o di approfondimento, un articolo dello scorso Maggio, pubblicato tra queste pagine impalpabili: troverete una ricostruzione della dinamica dell’attentato a un’altra nave, laConscience”, colpita vicino Malta da droni. In quell’articolo ricordavamo anche la vicenda della naveMavi Marmara”, quando un’altra missione pacifica finì nel sangue.