26.4.25

È MORTO UN RE...

LE DICHIARAZIONI OSCURANTISTE DEL PRESUNTO PAPA PROGRESSISTA, CHE UNA PARTE DELLA SINISTRA NON VUOLE RICORDARE


AVEVA DETTO ANCHE QUALCOSA DI SENSATO IN FAVORE DI ALCUNI DEGLI ULTIMI DELLA TERRA, MA CHI CI GOVERNA NON VUOLE RICORDARLO



Al centro le guardie svizzere, armate di lance, scortano la bara del papa trasportata da alcuni uomini in giacca e papillon. Intorno una folla di persone, molte scattano foto. SUllo sfondo un edificio del Vaticano.

È morto un sovrano che potrebbe essere definito “illuminato” solo considerando il bassissimo livello morale e di analisi teorica dei sovrani in generale. Un livello sotto terra, come il corpo tumulato dell'ultimo monarca della teocrazia vaticana. Bassissimi come lo sono gli stessi retrogradi concetti di aristocrazia, imperatori e regnanti vari.

Tra queste pagine abbiamo già parlato delle ipocrite e imbarazzanti “aperture” alla comunità LGBTQ+ di Papa Francesco: mentre diceva di non poter giudicare nessuno perché non era dio (anche se lo rappresenterebbe), dichiarava di essere favorevole a psichiatrizzare una persona gay, a patto che fosse bambina. Essere gay da bambini è una malattia, secondo il defunto sovrano “illuminato”. Da adulti poi non si può fare più nulla, nemmeno giudicare... Di fronte a questa logica, appaiono roba da poco le espressioni omofobe come la <<frociaggine>> da debellare nei seminari. Oppure le esclamazioni sessiste sul <<chiacchiericcio che è roba da donne>>, non certo per chi indossa i <<pantaloni>> .

25.4.25

25 Aprile: quest'anno, un anno fa e 80 anni fa.

Le feste servono a ricordare qualcosa... E ad agire di conseguenza!


Ottanta anni fa sono successe cose che devono essere celebrate con enfasi, passione e dolore, come le storie delle partigiane che ci hanno liberato dal Nazi-fascismo, una delle forme più abiette che l'ideologia, la pratica e la mentalità fascista possa prendere.

Bandiera col simbolo dell'antifascismo (due bandiere sovrapposte, una di colore rosso e una nera). Il simbolo è contenuto in due cerchi concentrici, uno bianco e uno nero, da cui partono una ventina di raggi di sole  simmetreci su sfondo verde. Si lecce la scritta "Antifa Enternasyonal". Sullo sfondo dei palazzi, altre bandiera della Palestina, sagome di varie persone e una camionetta della polizia.
Foto di repertorio de "Lo Skietto" dal corteo della Festa della Liberazione a Napoli lo scorso anno.


Ottanta anni fa sono successe cose che possono essere criticate e devono essere analizzate, come le differenze e le contraddizioni nei contesti rivoluzionari. Esempio emblematico di queste criticità è rappresentato dal fatto stesso che <<mica solo i comunisti hanno fatto la Resistenza, c'erano anche non comunisti, anti-comunisti e perfino dei fascisti>>, per citare Rosario Bencivenga, partigiano e "gappista" dell'attacco di Via Rasella. E sotto il fascismo, in senso lato, ci viviamo ancora.


Quel tipo di fascismo, quello dell'olio di ricino, si adattò al nuovo ambiente socio-politico.

Si trasformò burocraticamente, sin dalle origini della Repubblica, quando rientrò nelle forze che detengono il potere politico, legale e militare. In estrema sintesi, quando si “riciclò”, per usare un'espressione comune.

Si trasformò ideologicamente, concependo prima la fondazione dell'MSI, oggi il governo dei suoi legittimi eredi.


Un anno fa, durante la festa della Liberazione dal nazifascismo, la "Brigata Ebraica" lanciò delle bombe carta a chi manifestava per la Palestina. Se le parti fossero state invertite, ancora oggi si parlerebbe di atti compiuti da pericolosi terroristi e antisemiti.

18.4.25

LORO CAPITANI

  • CRONACA DI UN PROCESSO EMBLEMATICO A TRE PRESUNTI "SCAFISTI", UNO DELLE CENTINAIA NEGLI ULTIMI ANNI
  • SECONDO LA DIFESA C’È STATA UNA SVISTA DURANTE LE INDAGINI, CHE ANALIZZIAMO IN QUESTO RESOCONTO ESCLUSIVO DI FANRIVISTA
  • IN UN VIDEO SI SENTE IL PRINCIPALE ACCUSATORE DEI TRE "CAPITANI" MENTRE PARLA AL TELEFONO DIRETTAMENTE CON UN TRAFFICANTE, L'ORGANIZZATORE DEL VIAGGIO, MA VIENE LASCIATO ANDARE. IN UN ALTRO VIDEO PUBBLICIZZA LE PRESUNTE QUALITÀ DEL MOTORE DEL BARCHINO


Con l’assegnazione dei cosiddetti “porti sicuri”, il decreto Piantedosi non ha allungato solo i viaggi della speranza. A Salerno, Napoli, Ancona e Ravenna sono stati spostati anche alcuni delle decine di processi per violazione del Testo Unico sull’Immigrazione. A essere indagati e giudicati sono migranti appena sbarcati dalle navi delle ONG, accusati di aver facilitato l’ingresso illegale in Italia di altre persone in movimento.

Mentre personaggi come Almasri, Al-Kikli e “Bija” (rispettivamente il capo della polizia giudiziaria libica, il capo di una potente milizia governativa libica e il fu capo della guardia costiera libica) hanno la possibilità di girare indisturbati in Italia o addirittura di essere accolti nei ministeri, chi scappa da guerre e miseria rischia fino a 5 anni di carcere e fino a 15mila euro di multa per persona trasportata, anche se dal viaggio non si è tratto profitto alcuno. Sempre escludendo eventuali aggravanti, le accuse di omicidio colposo, di lesioni e di morte in seguito ad altri delitti, che si possono configurare quando durante le traversate succede l’irreparabile.

In questo articolo si parla di uno dei tanti processi dove sul banco degli imputati siedono quelli che alcuni chiamano “scafisti” e altri “capitani”.


Quattro immagini, in senso orario: due foto di un viaggio dalla Libia, una di uno sbarco e una del Tribunale di Napoli. Prima immagine dell’imbarcazione in alto mare: nella parte superiore si intravede quello che sembra H.A. con un oggetto in mano, presumibilmente un telefono satellitare di cui si intravede l'antenna. Al centro uno degli accusati. Si intravedono anche un signore anziano e una bimba. Seconda immagine del viaggio: una persona a prua dell'imbarcazione, in piedi, mentre invita i passeggeri a mantenere la calma allargando le braccia. Si vedono all’incirca 25 persone, uomini, donne e bambini, ammassati in pochi metri. Sullo sfondo il mare aperto. Quasi tutti indossano giubbotti di salvataggio e salvagenti. Terza immagine: sulla destra dell’immagine una grande nave vicino la banchina del molo Pisacane di Napoli. Si nota il simbolo di Emergency, la scritta “Life Support” e si intravede una citazione di Gino Strada. Dalla barca, tramite una passerella, le sagome di 4 migranti mentre scendono. Sulla banchina mezzi di soccorso e operatori di polizia e protezione civile. Quarta immagine: l’entrata del Tribunale di Napoli. Sullo sfondo si intravedono delle strutture molto alte.
Le due immagini sopra riguardano il processo di cui si parla in questo resoconto e sono state scattate durante un "viaggio della speranza" dalla Libia. Le due immagini sotto sono foto d'archivio de Lo Skietto: immortalano uno sbarco dalla nave di una ONG a Napoli e l'ingresso del Palazzo di Giustizia di Napoli. Simboleggiano quello che il noto film di Garrone non racconta, ciò che avviene dopo il salvataggio in mare.



CAPITANI SOTTO COSTRIZIONE O SCAFISTI PER NECESSITÀ?

Nel solo 2024, secondo i dati dell’Arci Porco Rosso, sono state almeno 106 le persone indagate dal momento dello sbarco in Italia e processate con l’accusa di essere “scafisti”, ossia di aver supportato a qualunque titolo l’ingresso illegale di migranti. Tecnicamente parlando, sono state incriminate per la violazione dell’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione e del 12 bis, quest’ultimo introdotto con il “decreto Cutro”. A partire dal 2013, le persone accusate di essere scafisti, basisti e organizzatori sono state più di 2500. Tra queste ci sono anche minorenni, come Seydou, il giovane protagonista di “Io Capitano”. Il film di Matteo Garrone ha il merito di essere basato su vicende reali, ma la storia si ferma all’arrivo in Italia. Un proseguimento tipico di quello che può accadere a un “capitano”, una volta sbarcato, è andato in scena durante un processo al palazzo di giustizia di Napoli, iniziato il 14 febbraio 2024.

5.4.25

ANCORA SPARI SULLA CROCE ROSSA IN PALESTINA, LETTERALMENTE!

  • ESERCITO ISRAELIANO MASSACRA OPERATORI UMANITARI, DISTRUGGE AMBULANZE E SEPPELLISCE CORPI E VEICOLI IN UNA FOSSA COMUNE
  • ONU: <<UCCISI DALLE FORZE ISRAELIANE MENTRE SALVAVANO VITE. CHIEDIAMO GIUSTIZIA>>
  • LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA: <<È UN OLTRAGGIO. LE REGOLE VANNO RISPETTATE IN TUTTI I CONFLITTI. QUANDO FINIRÀ TUTTO CIÒ ?!>>
  • TESTIMONI DENUNCIANO UNA VERA E PROPRIA ESECUZIONE
  • I PUNTI CHE NON TORNANO NELLA VERSIONE ISRAELIANA


Cinque foto in cui si vedono dei veicoli accartocciati e degli operatori di protezine civile prima mentre scavano, poi mentre ammassano corpi ciusi in sacchi di plastica bianchi. Sulla destra una didascalia: <ESERCITO ISRAELIANO SPARA  LETTERALMENTE SULLA CROCE ROSSA Uccisi 15 soccorittori, di cui 8 della Mezzaluna Rossa Palestinese. Ambulanze e veicoli di soccorso distrutti e sotterrati insieme ai cadaveri.  Un convoglio ONU scopre la fosse comune dopo una settimana.>.


Basandoci su “fonti aperte” (articoli, immagini, video e testimonianze dirette pubblicate online) proviamo a ricostruire la dinamica degli eventi di quello che è stato definito come il peggiore crimine degli ultimi decenni contro il “Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa”, mentre i giornalisti internazionali non possono entrare a Gaza per documentare misfatti, trasformandosi in troppi casi in organi stampa del governo israeliano, mentre quelli autoctoni vengono sterminati insieme al resto della popolazione, e mentre la nebbia della guerra garantisce ulteriore impunità.

Nella seconda parte di questo approfondimento si fa anche debunking sull'impiego dei cosiddetti “scudi umani”, esprimendo una profonda inquietudine nel descrivere l'orrore a cui l'umanità sembra essersi assuefatta. A Gaza non sono morte solo almeno 50mila persone, con storie e vite come le nostre. A Gaza e in tutta la Palestina è morta l'umanità.



CRONACA DELL'ENNESIMO ECCIDIO NEL GENOCIDIO

Il 23 marzo 2025 cinque ambulanze della Mezzaluna Rossa, un veicolo dei vigili del fuoco e un altro delle Nazioni Unite sono stati colpiti dal fuoco dell'esercito israeliano. Stavano portando soccorso nella zona di al-Hashashin, a Rafah, dopo un attacco delle forze di occupazione. In totale sono 15 le vittime. 6 appartenenti alla protezione civile locale, un membro dell'ONU (nello specifico dell'UNRWA) e 8 membri della “Società Palestinese della Mezzaluna Rossa”, organizzazione affiliata al gruppo delle “Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa”.

23.3.25

GAZA: ROTTURA DELLA TREGUA UNILATERALE

ISRAELE DETTA NUOVE CONDIZIONI E INCOLPA HAMAS DI NON RISPETTARE IL VECCHIO ACCORDO

Per la rubrica “Chekka il Fatto” spieghiamo perché è stato Israele, e non Hamas, a non rispettare gli accordi sul cessate il fuoco rompendo unilateralmente la tregua, al contrario di quanto affermano alcuni organi stampa.

In estrema sintesi (e per chi va di fretta): il rilascio di tutti i prigionieri israeliani era connesso al ritiro completo di Israele da Gaza nella seconda fase degli accordi. Israele, invece, ha cambiato le carte in tavola: ha offerto 50 giorni di estensione della prima fase della tregua in cambio del rilascio degli ostaggi.

In parole povere: Israele ha cambiato i termini dell’accordo non onorandolo, ha provato a imporre nuove condizioni e ha incolpato Hamas di non aver rispettato quelle stabilite precedentemente.



Sul lato sinistro vari titoli di giornali come appaiono nelle ricerche sui motori di ricerca. In tutti i titoli si afferma che Israele ha rotto la tregua a Gaza e si menziona il numero delle vittime dei primi bombardamenti: circa 400. C'è anche l'immagine di un influencer con un'espressione decisa, la scritta "Rilasciate gli ostaggi" e, sotto, un altro titolo di giornale, che recita: "**Mo: media, Hamas sta preparando un altro 7 ottobre**". Nella parte destra del collage tre foto da Gaza. nella prima una dottoressa e un infermiere prestano soccorso a un uomo e un bambino feriti, adagiati sul pavimento e insanguinati. Nella seconda alcune persone si aggirano tra enormi cumuli di macerie. Nella terza tre persone trasportano un corpo su una barella. Del corpo, avvolto in un lenzuolo, si intravedono i piedi e del sangue vicino la parte superiore.



QUELLE IMMAGINI CHE TESTIMONIANO LA MORTE DELL’UMANITÀ A GAZA E LA MORTE DELLA STAMPA LIBERA

Corpi smembrati, civili affamati e assetati, amputazioni senza anestesia, medici sfiniti, tende in fiamme piazzate vicino a cumuli di macerie, mucchi di corpi in sacchi di plastica e in sottofondo il perenne rumore dei droni: sono queste le scene che raramente appaiono sui media che vanno per la maggiore. Immagini che abbiamo ri-cominciato a vedere tra la notte di Lunedì 17 e Martedì 18, quando Israele ha rotto la traballante tregua con Hamas e ha ri-cominciato a bombardare nel mucchio massacrando bambini (130 in un solo giorno, il più alto numero nell’ultimo anno secondo l’UNICEF), donne e uomini innocenti nell’infruttuoso tentativo di eradicare non solo e non tanto l’organizzazione nazionalista islamica che governa Gaza, ma soprattutto qualunque aspirazione a liberarsi da una decennale occupazione illegale. A queste scene, nelle ultime settimane, se ne sono affiancate della altre: quelle degli ostaggi palestinesi smagriti e con evidenti segni di tortura, rilasciati dalle carceri israeliane (immagini che qualcuno prova a bollare come fake-news in campagne di disinformazione); quelle delle distruzioni nei campi profughi della Cisgiordania dove non governa Hamas, ma l’Autorità Nazionale Palestinese, percepita da una parte consistente della popolazione come corrotta e collusa con il regime di apartheid israeliano; quelle dei coloni-paramilitari illegali che invece di ritirarsi -come stabilito più e più volte dall’ONU- continuano con pogrom e incursioni avallate dall’esercito “regolare”. Queste immagini, riprese da colleghi che hanno rischiato o perso la vita per farle vedere a un’umanità largamente indifferente, raramente vengono mostrate dai media mainstream, che invece hanno dato ampio risalto ai video del rilascio degli ostaggi israeliani, ennesimo esempio di "doppio standard", di doppio metro di giudizio e di attenzione.

13.3.25

AL JOLANI IN GUERRA CON I PRO-ASSAD FA UN ACCORDO CON LE SDF

AGGIORNAMENTO SU COSA SUCCEDE IN SIRIA: 

  • CENTINAIA DI CIVILI UCCISI NEGLI ECCIDI SEGUITI AGLI SCONTRI TRA I LEALI AD ASSAD E IL NUOVO GOVERNO SIRIANO 
  • ISRAELE CONTINUA A ESPANDERSI OLTRE IL GOLAN E STRUMENTALIZZA LA PAURA DELLA MINORANZA DRUSA
  • LE SDF STRINGONO UN ACCORDO CON IL GOVERNO DI TRANSIZIONE GUIDATO DA AL-JOLANI

Per chi non fosse familiare con il contesto siriano e con le principali formazioni della guerra civile in corso da quasi tre lustri, ma anche per chi volesse approfondirne vari aspetti (come la nascita delle SDF, le connessioni con la Palestina e il supporto dell’estrema destra italiana ad Assad), consigliamo come lettura preliminare un articolo pubblicato a Dicembre, intitolato “Che succede in Siria? Chi governa ora?”. In questo nuovo post parliamo dei più recenti aggiornamenti in merito.



Descrizione dettagliata nella didascalia
Mappa della suddivisione territoriale della Siria tra le varie fazioni aggiornata al 13/03/2025 di “Kaliper1” da Wikimedia rilasciata con licenza CC 4.0.
In bianco le zone controllate dalle forze del nuovo governo siriano. A sud-ovest, in rosa, quelle controllate dalla SOR e in viola da Israele. A nord-ovest le zone sotto il controllo delle SDF nella DAANES, in giallo. Una parte di questo territorio al confine con la Turchia e “accerchiata” da altri territori della DAANES, insieme ad altri a nord-ovest, sono controllati dall’SNA e indicati in verde. Il semicerchio celeste al confine con Iraq e Giordania è una base USA, ed è racchiuso in un’area colorata dal celeste più scuro controllata dall’SFA

GLI SCONTRI CON I MILIZIANI LEGATI AL VECCHIO REGIME E LA STRAGE DI CIVILI

Il focolaio della guerra civile siriana si è riacceso: tra martedì 4 e giovedì 6 marzo si sono verificati scontri tra ciò che rimane delle milizie pro-Assad, presenti in varie aree a macchia di leopardo, e le nuove forze governative siriane, nel sud e sulla costa della Siria, più precisamente nei governatorati di Deraa, Homs, Tartus e Latakia.

Va ricordato che è stata promessa un'amnistia per i soldati di basso livello non completamente compromessi con il passato regime, a differenza dei suoi alti ufficiali. Nell’area di Der’a i primi scontri si sono verificati mentre i militari del nuovo governo siriano tentavano di entrare in un villaggio controllato dalle forze leali al dittatore baathista.

Mercoledì 5, invece, alcuni posti di blocco delle forze governative (che includono l’ufficialmente disciolto HTS, acronimo di Hay’at Tahrir al-Sham, ossia “Comitato di liberazione del Levante”) sono stati bersagliati nell’area di Latakia da lanci di granate. Feroce e sproporzionata è stata la risposta dei militari guidati dall’autoproclamato presidente Ahmed al-Sharaa (al secolo noto come Al Jolani): in totale sarebbero almeno un migliaio i morti negli scontri, di cui la stragrande maggioranza civili alawiti, lo stesso gruppo etnico-religioso a cui appartiene il deposto Assad. Per molti dei militari del nuovo governo siriano, non tutti autoctoni, è stata l’occasione per cercare vendetta, risvegliando i rancori della guerra civile, covati nei confronti della parte di popolazione più vicina ad Assad. Numerosi gli abusi documentati a carico delle forze guidate da Al Jolani, il quale ha promesso che giustizia verrà fatta, invocando la <<sacralità della vita>> e degli averi saccheggiati alle vittime innocenti. Sacralità della vita al quale non si è attenuto Shadi al-Waisi, attuale ministro della giustizia siriano, quando nel 2015 in qualità di giudice del Fronte al-Nusra faceva giustiziare in pubblico donne accusate e condannate per i “reati” di <<corruzione e prostituzione>>.

1.3.25

IL MESSAGGIO DI OCALAN E IL CESSATE IL FUOCO DICHIARATO DAL PKK

APO” NON HA RICHIESTO UNA RESA INCONDIZIONATA DEL PKK


Continuiamo a parlare di Abdullah Ocalan, storico leader del PKK, e delle trattative con la Turchia per la rubrica “Come va a finire?!”.

L’ultimo messaggio diffuso da “Rêber Apo” conferma la volontà di risolvere la questione curda senza ricorrere alle armi

La stampa che va per la maggiore, omettendo una nota finale dell'appello, lo ha fatto apparire come una sconfitta della resistenza curda e una chiamata alla resa incondizionata, distorcendone il senso. 

Resta da capire, come abbiamo già argomentato tra queste pagine, se anche il “Sultano” Erdogan è davvero pronto a negoziare oppure se sta semplicemente cercando di seminare discordia nella resistenza curda, se sta prendendo tempo “congelando” -o concludendo per davvero- il conflitto interno con il PKK, in preparazione di una guerra più aperta con l’Iran e in competizione con Israele per l’egemonia del Levante.


Per chi non avesse mai sentito parlare di Ocalan o abbia solo una vaga idea di chi sia, ma anche per chi volesse approfondire altri aspetti della sua vicenda e della questione curda, consigliamo anche tre letture riepilogative e di approfondimento:


  • in questo post abbiamo parlato dell’arresto illegale di Ocalan, focalizzandoci sul ruolo svolto dall’Italia nel suo rapimento e fornendo alcune nozioni basilari sulla questione curda;



Adesso vediamo cosa è successo in questi ultimi giorni...

Al centro Abdullah Ocalan in un primo piano: sorride mostrando i denti, appoggia la mano sulla sua guancia e ha capelli e baffi brizzolati. Sotto la bandiera del Pkk: una stella rossa racchiusa in un cerchio giallo dal contorno verde su sfondo rosso.


IL MESSAGGIO DISTORTO DAL MAINSTREAM E QUELLA FONDAMENTALE NOTA AGGIUNTIVA

15.2.25

L'ARRESTO ILLEGALE DI OCALAN, IL "MANDELA" E "GRAMSCI" CURDO

  • IL RUOLO DELL'ITALIA NEL SEQUESTRO DEL "GRAMSCI" CURDO
  • IL CAMBIO DI PARADIGMA POLITICO DURANTE LA PRIGIONIA DEL FUTURIBILE "MANDELA" CURDO


Abdullah Ocalan in un primo piano: sorride mostrando i denti, appoggia la mano sulla sua guancia e ha capelli e baffi brizzolati.
Abdullah Ocalan in una foto di Halil Uysal da Wikimedia rilasciata con licenza Creative Commons.


Ventisei anni fa Ocalan, il “Mandela curdo”, veniva sequestrato in Kenya alla fine di un tortuoso e insidioso percorso. Avrebbe dovuto raggiungere il Sudafrica, dove sarebbe stato protetto dal “vero” Mandela. In occasione di questo anniversario, e mentre si attende un nuovo messaggio di Ocalan, ripercorriamo le tappe che lo hanno portato all’arresto e riproponiamo alcuni approfondimenti già pubblicati tra queste pagine digitali, insieme a degli aggiornamenti. Iniziamo spiegando perché in questi giorni si sente spesso parlare del leader curdo.


UNA SOLUZIONE PACIFICA DELLA QUESTIONE CURDA O UNA PACIFICAZIONE TEMPORANEA?

Il 15 febbraio 1999 l’intelligence israeliana e quella turca sequestravano in Kenya Abdullah “Apo” Öcalan, tra i fondatori e storico leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (in acronimo PKK).

Ocalan è un simbolo della questione curda, problema pluridecennale che riguarda la minoranza più numerosa e perseguitata della Turchia, di cui costituisce circa il 20% della popolazione. Questione che si estende ai confini politici degli altri stati che comprendono la regione del Kurdistan. Lo stato mai nato, per il popolo più numeroso che non ne ha uno, si estende oltre che in Turchia, in Iraq, Siria e Iran (e, secondo alcune visioni, anche in Armenia).

14.2.25

FORAGERS

UN DOCU-FILM SULLA COLONIZZAZIONE DELLA FLORA PALESTINESE

Per la rubrica "RecenTips" consigliamo la visione di “Foragers” , documentario di Jumana Manna sulla colonizzazione della fauna in Palestina, recensito da Filippo Scolaro, studente dell'Università Orientale di Napoli. Abbiamo avuto modo di vederlo a marzo 2024 nel corso della rassegna organizzata da "Napoli Monitor", dal titolo “A FUOCO! Decifrare un conflitto”.

Il lungometraggio ci dà l’opportunità di esplorare come le dinamiche coloniali negano l’accessibilità alle popolazioni native delle proprie risorse basilari. Risorse depredate che poi, come si spiega in questa breve recensione, vengono sfruttate per speculazioni agricole.

La pellicola, sottotitolata in inglese, è reperibile su richiesta all’organizzazione di artisti britannica “LUX”.



Sullo sfondo di questo collage si notano delle colline, vegetazione, e un fuoristrada che percorre un sentiero deserto. Al centro, appoggiata al sentiero con il gomito, una donna. Sempre al centro una mano grande quanto l'automobile raccoglie una pianta, altre sono conservate in una busta di palstica. Sempre al centro un uomo che raccoglie altre piante, una donna con lo sguardo non rivolto verso la camera, una cane e una pianta spinosa ancora più grande che sovrasta tutto il resto.

8.2.25

GALLANT: “DIRETTIVA ANNIBALE” USATA IL 7 OTTOBRE

L’EX MINISTRO DELLA DIFESA AMMETTE CHE ISRAELE HA UCCISO I SUOI STESSI CITTADINI


Gallant seduto davanti ai due giornalisti di Canale 12. Sotto una didascalia: <<Yoav Gallant, ex Ministro della difesa israeliano, ammette che il “Protocollo Annibale” è stato utilizzato il 7 Ottobre. Originariamente segreto, abolito ufficialmente nel 2016 e poi “ripristinato” il 7 Ottobre, prevede la possibilità dei soldati di fare fuoco sui propri commilitoni per vanificare rapimenti e scambi di ostaggi. Il 7 Ottobre migliaia di proiettili, centinaia di bombe e missili hanno colpito anche civili israeliani. A “Canale 12” ai giornalisti che chiedevano dell’applicazione della direttiva il 7/10 ha risposto: <<Penso che tatticamente è stata applicata in alcuni posti, in altri no, e questo è il problema>>>>



LA “DIRETTIVA ANNIBALE”: PRIMA SEGRETA, POI VIETATA E, INFINE, RIPRISTINATA D’URGENZA

Non è stato solo Hamas a uccidere tutti i circa 1.100 israeliani, tra soldati e civili, il 7 OttobreA incrementare inumero di militari e civili israeliani morti sono state le stesse forze armate israeliane. Hanno colpito le persone che avrebbero dovuto proteggere per evitare di dover scambiare prigionieri.

Ad ammetterlo giovedì scorso Yoav Gallant, ex ministro della difesa israeliano, in un’intervista di quasi un’ora rilasciata all’emittente israeliana Canale 12. È la prima che ha rilasciato dopo essere stato estromesso dal governo di Netanyahu e delle sue componenti fanatiche e messianiche, quelle che giustificano l’occupazione in base a un presunto diritto divino, e cioè con una lettura distorta dei testi sacri ebraici

La “Direttiva Annibale” (tradotta anche con le espressioni “Protocollo Annibale” o “Procedura Annibaleè una procedura interna dell’esercito israeliano messa in pratica dagli anni ‘80. Inizialmente segreta, consiste nel “sacrificare” la vita di soldati israeliani per vanificare l’intento di scambiarli vivi con altri prigionieri. Nel 2006 un soldato israeliano, Gilad Shalit, fu catturato da miliziani palestinesi e scambiato con più di mille prigionieri 5 anni dopo. Nel caso di Shalit l’ordine via radio di fare fuoco prima che venisse catturato arrivò troppo tardi. Tra i prigionieri palestinesi liberati in quella occasione c’era anche Yahya Sinwar. 

7.2.25

POVERI PIÙ POVERI E RICCHI PIÙ RICCHI

LE STATISTICHE SULLA DISUGUAGLIANZA CONFERMANO: A CHI TANTO E A CHI NIENTE!

QUASI METÀ DELLA POPOLAZIONE GLOBALE È POVERA. QUASI METÀ DELLA RICCHEZZA È POSSEDUTA DALL’1% DELLE PERSONE.


immagine di un dollaro con al centro la figura di un mendicante che chiede la carità a un signore in giacca e cravatta


Lo scorso Gennaio, come di consueto in occasione del “Forum economico mondiale di Davos”, è stato presentato il rapporto di Oxfam su disuguaglianza e povertà. Le statistiche sulla concentrazione del potere politico-economico globale e italiano ci dicono che viviamo in un mondo ancora più socialmente disuguale rispetto allo scorso anno.

In questo post, per la rubrica “Dati Parziali”, riportiamo sinteticamente alcuni dei dati sulla disuguaglianza emersi dalle decine di pagine dell’analisi della ONG, insieme alle soluzioni che propone. Una distribuzione di ricchezza e potere che sia il più equa possibile non è solo un imperativo morale. È un obbligo dell’umanità tutta per salvarsi dall’autodistruzione sociale e per preservare ciò che resta del martoriato habitat.



OLIGARCHIA GLOBALE E MISERIA COLONIALE

L’attuale <<sistema economico e sociale premia pochi privilegiati e lascia milioni di persone indietro>>. Lo dice Oxfam, movimento e confederazione internazionale di 21 ONG contro disuguaglianze e povertà, nel rapporto intitolato “Disuguaglianza: Povertà ingiusta e ricchezza immeritata

Le disuguaglianze non sono dovute al caso o al fato, ma sono <<il risultato di scelte politiche che hanno prodotto negli ultimi decenni profondi mutamenti nella distribuzione di risorse, dotazioni, opportunità e potere tra i cittadini. Cambiare rotta è un imperativo categorico, sebbene l’attuale contesto politico renda il compito impervio>>.

26.1.25

COS'È LA DAANES (O AANES) E COME È ORGANIZZATA

FUNZIONAMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEMOCRATICA DELLA SIRIA DEL NORD-EST, NOTA AI PIÙ CON LA SINEDDOCHE "ROJAVA"


Nell’articolo pubblicato ieri abbiamo tracciato a grandi linee le coordinate teoriche del Municipalismo Libertario e del Confederalismo Democratico. In questo post spieghiamo invece come funziona concretamente l’applicazione di questi modelli di democrazia diretta e radicale nell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord-Est (in acronimo DAANES, precedentemente chiamata e più nota come AANES).

Oggi, a 10 anni esatti dalla conquista di Kobane, la regione che si è guadagnata l’autonomia sconfiggendo l’ISIS continua a essere in pericolo. Per chi non fosse familiare con le sigle YPG/YPJ, SDF e con le svariate formazioni della guerra civile siriana, consigliamo la lettura di questo altro articolo “long-form”. In particolare, nel paragrafo intitolato Da una partita di pallone al Confederalismo Democratico, passando per le “Forze Democratiche Siriane” (SDF) e ritornando a Kobane”, si racconta come sono nate le forze di resistenza presenti nel Kurdistan occidentale, inizialmente dei comitati di autodifesa popolare.

Nella conclusione di questo articolo parleremo degli ultimi avvenimenti e di altre questioni di “geopolitica popolare”.



Uno schema che riassume il funzionamento della DAANES, una mappa e altri simboli. Descrizioni più accurate si trovano nelle singole immagini dell'articolo.



IL ROJAVA E LA DAANES SONO LA STESSA COSA?!

Spesso sentiamo genericamente parlare di “area curdasiriana e di “Rojava”, parola che significa “occidente” e indica ilKurdistan dell’Ovest”. In realtà il Rojava indica solo uno dei cantoni dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord-Est e viene usato come sineddoche in riferimento all’intera DAANES. Eppure nella DAANES oltre ai curdi ci vivono arabi, turkmeni, siriaci, assiri, armeni, circassi,yazidi e ceceni. Parliamo di circa 4 milioni di abitanti con diverse culture, fedi e lingue (quelle ufficiali sono arabo, curdo e siriaco) in territori che vanno oltre il Kurdistan occidentale. Non è di secondaria importanza ricordare che le SDF, le forze armate che difendono la DAANES, sono a maggioranza araba, anche se spesso vengono definite genericamente come “forze curde”.

Come abbiamo già accennato, la DAANES nasce dall’opportunità offerta dalle vittorie sul campo di battaglia contro l’ISIS, dalle pratiche della resistenza curda e dalle idee del suo leader più rappresentativo, Abdullah Ocalan. Con il tempo Ocalan ha abbandonato sia l’aspirazione irredentista di creare uno stato curdo indipendente che il paradigma marxista-leninista, adottandone uno libertario ed eco-socialista. Per implementare concretamente il Confederalismo Democratico esiste l’ Unione delle Comunità del Kurdistan, in acronimo KCK, organizzazione che ha sostituito il KKK. Le attività di quest’ultima erano concentrate sui curdi in Turchia, mentre il KCK funge da organizzazione ombrello per le formazione politiche “sorelle” del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, di cui Ocalan era tra i fondatori: il PYD siriano, il PJAK iraniano e il PÇDK iracheno.