22.6.22

La definizione dei “social”: i social media e i social network sono la stessa cosa?

Si parla spesso dei social media e dei social network (o semplicemente dei social): questo breve post della rubrica Define tenta di fare chiarezza sull’aspetto semantico di queste espressioni. Infine si distinguono sei categorie diverse di “social”.

 


RETI SOCIALI ONLINE E OFFLINE

I termini “social network” e “social media” sono spesso usati in maniera indistinta, insieme a quello che li ingloba e che sembra affermarsi negli ultimi anni, ossia, semplicemente: “social”. Per avere un’idea della confusione, o quantomeno commistione dei due concetti, basta notare che l’enciclopedia online Treccani, a oggi, contiene la sola voce “social network”, mentre “social media” ricorre solo in alcuni esempi del vocabolario Treccani e in una pagina della sezione “Atlante” (sezione in cui si trovano due elenchi dove per esempio Twitter viene incluso tra i “social media” anche se si può benissimo considerare come un network sociale[1]). Esiste anche una voce dedicata ai “media sociali” (risalente al 2013 e inserite nella categoria “Lessico del XXI Secolo”) che include ogni tecnologia e <<strumenti dell’informazione e della comunicazione volti a creare, scambiare e condividere su Internet contenuti multimediali quali testi, immagini, video e audio>>, e dunque anche web TV, giornali e perfino il sistema operativo open source Linux [2]

Su Wikipedia, alla voce italiana “social media”, le due espressioni venivano usate come sinonimi e infatti c’era scritto[3]: <<Social Media o Social Network, è un’espressione generica che indica tecnologie e pratiche in rete (…) per condividere contenuti (…)>>, e alla voce “Rete sociale” si parla di social media come <<la versione di Internet delle reti sociali>>. Riassumendo si può affermare che esiste una definizione sociologica di “rete sociale” [4] dalla quale deriva quella riferita alle reti sociali virtuali e ai media che ne permettono la creazione e che sono oggetto di condivisione

Entrambe le espressioni possono essere usate come sinonimi oppure per enfatizzare l’aspetto del “medium” usato o della “rete” che si viene a creare. 

Secondo una diffusissima definizione di due studiosi (illustrata nel prossimo paragrafo) i siti dei social network (ossia i social più comuni come Instagram, Twitter e Facebook) rappresentano solo un tipo di social media… 

Inoltre, a mio avviso, è importante tenere conto del fatto che alcuni social potrebbero presentare caratteri ibridi della seguente classificazione.





SEI TIPI DI SOCIAL MEDIA

Secondo la classificazione di Andreas Kaplan e Michael Haenlein i “social networking sites” rappresentano una di sei categorie di social media: consistono in applicazioni con dei profili incentrati soprattutto su informazioni personali, con ogni tipo di contenuto possibile, dalle foto ai file, e con la possibilità di invitare terzi (di solito colleghi o amici) e inviare messaggi istantanei o email. Di questi il più famoso è probabilmente Facebook.

Una seconda categoria è quella dei “collaborative projects”, forse <<la manifestazione più democratica di UGC[5]>> dato che permette la creazione di contenuti da parte degli stessi utenti finali, alla quale appartengono i siti wiki e le applicazioni di “social bookmarking” ossia raccolte di link.

Poi ci sono i già menzionati blog, definiti dai due studiosi come la prima forma di social media, grazie alla possibilità dei commenti.

Un altro tipo di “social” sono i “Content Communities” il cui scopo principale è quello di condividere un tipo principale di contenuti, e quindi video nel caso di Youtube o presentazioni nel caso di Slideshare. La loro caratteristica è quella di non richiedere la creazione di un profilo personale oppure, se richiesto, di solito contiene solo informazioni basilari.

Gli ultimi due tipi di social media secondo questa classificazione sono i “virtual game worlds” e i “virtual social worlds”, dei mondi tridimensionali con avatar personalizzabili in cui interagire insieme ad altri utenti: i primi, come World of Warcraft, sono dei “Role Play Game” (detti più precisamente MMORPG che sta per “massively multiplayer online RPG”) in cui si agisce secondo regole e scopi precisi. I secondi, come Second Life, pur essendo simili ai primi non hanno delle regole particolari da seguire e tendono a riprodurre una vita che ricalca quella reale. Per questo sono definiti anche semplicemente come “virtual worlds”. Il caso del videogioco Minecraft rappresenta un ibrido dei due tipi di mondi virtuali, oltre che un esempio di “realtà ibrida”: nato come gioco online, oggi fornisce anche ambienti virtuali utili all’apprendimento e addirittura una biblioteca virtuale per ospitare testi censurati in svariati paesi (almeno fin quando i rispettivi governi non vieteranno il “gioco” del tutto).

Questa breve descrizione dei tipi e delle definizioni dei “social” è tratta da una tesina per un esame di informatica sulla scrittura collaborativa, pubblicata integralmente sul sito di un filologo del web e aggiornata per la pubblicazione su questa Fanzina/Rivista. C'è qualcosa che non è chiaro?! Sentite il bisogno di aggiungere qualcosa o fare delle correzioni?! Usate i commenti qui sotto oppure comunicatelo "socialmente" sui social che vi hanno portato su questa pagina... Grazie!




[1] http://www.treccani.it/magazine/atlante/scelti_nel_web/socialmedia/mainArea.html Questa pagina, adesso non più raggiungibile, è ancora disponibile al seguente indirizzo https://web.archive.org/web/20200220232035/http://www.treccani.it/magazine/atlante/scelti_nel_web/socialmedia/mainArea.html

[2] La definizione di “media sociali” fornita dall’enciclopedia, a mio avviso, sembra essere troppo ampia e generica, in quanto adatta a tutti i tipi di media “non tradizionali”, in particolare a quelli che permettono il contributo dei fruitori e la scrittura collaborativa. Inoltre al suo interno si trova una frase tronca: <<Si distinguono dai media tradizionali (per es. la televisione) per il modo di condividere e diffondere le informazioni, non più di tipo passivamente unidirezionale ma con la partecipazione attiva degli utenti, che da fruitori diventano anche editori, sulla base dei principi del PARTE DELLA FRASE TAGLIATA –NDA- .>> https://www.treccani.it/enciclopedia/media-sociali_%28Lessico-del-XXI-Secolo%29/ url consultata il 22/06/2022

[3] Qui si trova la pagina di Wikipedia come si presentava a Luglio del 2020 https://web.archive.org/web/20200731181436/https://it.wikipedia.org/wiki/Social_media : adesso la pagina è cambiata

[4]  http://www.treccani.it/vocabolario/social-network_%28Neologismi%29/ << In sociologia, gruppo di persone legate tra di loro da fattori sociali e culturali condivisi, studiato in particolare nell’ambito di ricerche antropologiche sull’interculturalità.>>

[5] Acronimo di User Generated Content (Contenuto Generato dagli Utenti)

21.6.22

L’editoria anarchica in Italia: case editrici tradizionali e sigle editoriali informali

Per la rubrica di “Esami Infiniti” oggi parliamo di case editrici “anarchiche”, ovvero delle sigle editoriali della galassia “libertarianeggiante”. In un precedente post di post di questa rubrica era stato pubblicato il primo capitolo di una tesi sull’ editoria libertaria italiana: si presentava un’iper-concisa storia del movimento anarchico in Italia intrecciata a uno stringatissimo viaggio in quella del panorama editoriale italiano; vi si trovano anche delle nozioni molto basilari su terrorismo e uso politico della violenza (uso contestualizzato anche rispetto all’anarchismo e considerando che gran parte della “galassia anarchica” si configura, almeno sul versante delle pubblicazioni, in maniera “insurrezionale”).

Nel secondo capitolo della tesi, proposto in questo post, si tratta dei vari “editori”, formali o meno, e più o meno autoprodotti, a partire dalla fine dell’800: queste pubblicazioni possono essere definite “di nicchia” e sono all’interno di un’altra nicchia, quella delle autoproduzioni “pure” e degli editori semi-independenti che pubblicano “poco” dal punto di vista quantitativo…

Prossimamente si pubblicheranno altri due capitoli della tesi, che si occupano rispettivamente dei periodici cartacei e delle pubblicazioni online.



Banchetto con pubblicazioni anarchiche

(immagine tratta dal sito malacoda.noblogs.org)



20.6.22

Ascoltare video YouTube in background: due procedure diverse con Chrome

State cercando una maniera di ascoltare dei video di YouTube in background (cioè mentre svolgete altre attività sul vostro telefonino o a schermo spento)?! In questo primo post della rubrica TrikTèk e nel video collegato vi spiego come si può fare usando il browser di "Big G" (e quindi Google Chrome, ma anche Brave, dato che entrambi si basano su Chromium) sugli smartphone con sistema operativo Android.

Nel video collegato a questo post si illustrano due procedure: una è più immediata, l'altra è leggermente più macchinosa ma sembra essere l'unica per i telefonini più datati (la differenza consiste nel continuare la navigazione nel browser prima di uscire da esso)... Sembra troppo difficile a leggersi?! Allora guardate il video, è molto più semplice di quello che sembra!).








La prima procedura (quella più immediata) è nota almeno da circa 5 anni: viene spiegata in questo video di Fanpage. Dato che sul mio vecchio telefono quella non funzionava ho deciso di fare quest'altro video spiegando la seconda maniera (altrimenti sarebbe stato inutile, la linea editoriale di questa "fanzina generalista" non prevede il ripetere cose già dette per scrivere più "parole" e riempire pagine con lo scopo di vendere più pubblicità, finendo per alimentare l'overloading informativo).

16.6.22

“Il” Buddha grasso e sorridente oppure “un” “semplice” budda?!

Nel post della rubrica di fact-checking di quest'oggi ci occupiamo del cosiddetto "Buddha grasso" o "Buddha felice".

Perché, nell’iconografia buddhista, Buddha talvolta è rappresentato come un uomo sovrappeso e sorridente, mentre altre volte è magro?!

In estrema sintesi: perché l’uomo sorridente e grasso non è il” buddha storico (personaggio storico, fondatore del buddismo, con il nome “all’anagrafe” di Siddhārtha Gautama). 

14.6.22

La scienza e l’infinito

Il post che segue è stato scritto molti anni fa da un professore di matematica, quando la parola “post” ancora non diceva nulla ai più. Nasce dal suo “tormento” sull’impossibilità umana di comprendere le ragioni prime e ultime dell’esistenza, ed esprime il concetto secondo cui si può “razionalmente” tendere sempre di più (e infinitamente) verso “la Verità” senza però raggiungerla: il “sentimento” è uno strumento che potrebbe penetrare la radice intima delle cose, mentre il “razionale” (semanticamente, ma forse non logicamente opposto) sembra gettare luce solo sulla loro superficie.


La percezione dell’infinito è cosa antica nel sentire degli uomini. Per il poeta è sensazione vaga e indefinita che suscita l’immaginazione e fa subentrare il fantastico al reale. Per l’uomo di scienza è felice intuizione di ciò che non ha limiti di numero, di spazio e di tempo, che si palesa alla mente nella difficile e faticosa impresa della conoscenza degli intimi segreti dell’universo.

Lasciamo immaginare al poeta <<gli spazi interminabili e i sovrumani silenzi>> per dire qui, quando e come il pensiero, percorrendo gli ardui sentieri della scienza, riesce a captare l’infinito.

9.6.22

Impressioni da “Raise Your Zine” e l'importanza di "fare rete"!

Fanrivista ha mandato il suo inviato non speciale allo spazio Piave, dove dal 3 al 5 Giugno si è tenuta la prima edizione di Raise Your Zine, festival di “zine”, photobook , arti visive e sonore imperniato sulla fotografia, nonché prima “call for artist” organizzata da TheDocks insieme a Il Varco Srls e a Passepartout Photo Prize. Il “festivalino” non è stata una mera esposizione di lavori, ma un’importante occasione per “fare rete” tra artisti, fotografi, curatori ed editori: quando ci si pone al di fuori dall’editoria mainstream ogni evento del genere assume un’importanza cruciale sia per “promuoversi” a vicenda, sia per ideare e sperimentare nuove pratiche creative e di vita.


L’associazione di promozione sociale The Docks, attiva nel campo delle arti visive e della fotografia, sostiene progetti editoriali ed è <<un contenitore creativo polifunzionale con vista sui binari>> immerso nella giungla urbana del quartiere Soccavo di Napoli.


Non è stato possibile seguire degnamente tutte le presentazioni, le zine e le autoproduzioni presenti, per la scarsità di “risorse” sia umane e disumane di cui questa fanza/rivista (che attualmente è nei fatti una one-person zine) dispone: anche se gli espositori si contavano sulle dita di due mani, la tre giorni è stata densa di immagini con cui rifarsi gli occhi, spunti di riflessione sul mondo delle autoproduzioni, su questioni storiche, artistiche ed editoriali. Per questo il nostro Cronista Autogestito ha cercato di fare del suo meglio, focalizzandosi (forse un po’ egoisticamente) su alcune “impressioni” (non solo fotografiche) che hanno colpito particolarmente i suoi occhi, e hanno attraversato in entrata e in uscita il filtro della sua mente, e che si connettono a più ampie vedute sul mondo delle autoproduzioni proprie di Fanrivista.



1.6.22

Report dal UE' UNDERGROUND ECCETERA: autoproduttori e autoconsumatori si incontrano (e si sovrappongono)

Questo post è un resoconto del festival di autoproduzioni indipendenti UE’ 2022: nella prima parte si fa un breve punto su questo tipo di festival in generale; nella seconda si recensiscono le presentazioni avvenute nella tre giorni con alcuni concetti pregni di implicazioni politiche, sociali e artistiche, che spaziano dalla lotta di classe alle sperimentazioni anarco-narrative; analoghe considerazioni si trovano nella parte conclusiva, in cui si fa un “tour” virtuale tra i banchetti con tante foto e alcune video interviste. Spero lo troviate utile oltre che un bel ricordo dello UE’ di quest’anno. Buona lettura, visione e ascolto!

I FESTIVAL DELLE AUTOPRODUZIONI: SPERIMENTARE E REALIZZARE UN’ALTERNATIVA AL MERCATO

La sperimentazione di pratiche autogestionarie e mutualistiche sganciate dalla logica del mercato selvaggio e dell’accumulazione finalizzata a sé stessa, il riuscire a “fare rete” tra “artivisti” e attivisti, la promozione di opere che non troverebbero spazio nei circuiti mainstream, il contatto senza intermediazione con l’artista di un’opera, i momenti di convivialità e confronto: sono gli intenti e gli obiettivi cruciali dei cosiddetti festival delle autoproduzioni, tra cui c’è il UE’ Underground Eccetera.