Decriminalizzazione e depenalizzazione sono parole usate per
i cambiamenti del regime sanzionatorio di particolari condotte che non vengono
più considerate reato o per cui le sanzioni vengono rimodulate.
Per esempio il
solo uso di stupefacenti in Italia,
dal 1993, non è considerato più un crimine comportando solo sanzioni amministrative.
Un altro esempio: le incriminazioni per il cosiddetto falso in bilancio nel 2002 erano state “di fatto” cancellate dal
governo Berlusconi in gran parte dei casi, anche se formalmente in vigore,
grazie a una serie di modifiche che lo “depotenziavano”:
per essere condannati bisognava che l’azienda avesse subito un danno di una
specifica entità economica (quindi si stabilivano delle soglie di punibilità
entro cui era “lecito” truccare i bilanci), che fossero proprio i soci o i
creditori a sporgere denuncia (quindi c’era bisogno della querela della parte
offesa e non c’era la procedibilità d’ufficio) e che il processo seguente
terminasse in tempi più brevi (dato che le pene erano state ridotte insieme ai
tempi di prescrizione). I termini decriminalizzazione e depenalizzazione vengono usati in maniera disorganica e, nel
linguaggio comune, anche come sinonimi, ma ci sono almeno due interpretazioni diametralmente
opposte sul loro significato giuridico. Partiamo da queste…
1) DECRIMINALIZZAZIONE=
semplice abrogazione (comporta soppressione dell’incriminazione)
DEPENALIZZAZIONE= attenuazione o modifica delle pene per un reato (che non è
stato decriminalizzato)
La prima è quella di chi usa il termine decriminalizzazione per indicare che un fatto non viene più
ritenuto un crimine e la pena collegata viene cancellata, mentre quello di depenalizzazione è usato quando ci sono
solo delle riduzioni di pena per un fatto comunque ritenuto comunque contro
la legge (dunque il primo termine indicherebbe un cambiamento radicale del
regime sanzionatorio mentre il secondo solo una sua attenuazione).
2) DECRIMINALIZZAZIONE=
non c’è crimine (potrebbero esserci comunque delle sanzioni)
DEPENALIZZAZIONE= cancellazione
di tutte le sanzioni (implica la liceità di una condotta)
Secondo l’altra interpretazione decriminalizzare vuol dire che un fatto non viene ritenuto reato
ma potrebbero restare delle pene (come delle ammende) mentre depenalizzare vuol dire cancellare
tutti i tipi di sanzioni, sia penali che amministrative (quindi il secondo
termine si riferirebbe a una totale cancellazione della pena e sarebbe un
intervento legislativo più drastico del primo).
Apriamo una parentesi
di linguistica-giuridica
Precisando che non ho studiato giurisprudenza e che invece
ho una formazione minima e probabilmente più accurata nel campo della
linguistica, propenderei per una lettura più “etimologica” dei due termini che
include entrambe le interpretazioni.
Prima di esporla apro una parentesi linguistica e giuridica
sulla diffusione del termine: mi sembra che il termine depenalizzazione sia più comune dell’altro anche negli atti
ufficiali dell’ordinamento italiano, dove troviamo delle specifiche “leggi di depenalizzazione”, cosa che
non mi risulta per la decriminalizzazione
(che potrebbe corrispondere alla semplice abrogazione di un reato,
abrogazioni incluse nelle leggi di depenalizzazione). Il primo sembra essere più
usato (o forse consono) per i testi specialistici inerenti questioni normative, mentre il secondo sembrerebbe riferirsi per lo più alle politiche
di “depotenziamento” delle pene in generale. Infatti, facendo una ricerca sul
portale di leggi italiane “Normattiva”,
la parola decriminalizzazione
compare solo una volta nei risultati, a differenza dell’altra: è presente solo
nella legge delega n. 562 del 1993, quando si doveva completare la
trasformazione di svariate contravvenzioni, stabilite nel 1931, in violazioni
amministrative.
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Cercando la parola "decriminalizzazione" sul portale di leggi italiane "Normattiva", appare un solo risultato |
Nel dizionario online “il
Sabatini Coletti” il verbo decriminalizzare
e il corrispondente sostantivo sono assenti (forse non è un caso che anche il
correttore automatico del programma di videoscrittura che sto usando cerca di “impormi”
l’uso di un trattino, valutando
quindi come corretta la parola de-criminalizzazione,
cosa che non accade per il verbo collegato). Sul dizionario online “Il Nuovo De Mauro” troviamo entrambi le
voci: depenalizzare significa
<<trasformare un illecito penale in
illecito amministrativo>> e, insieme al sostantivo depenalizzazione, la prima attestazione
del loro uso risale al 1966. È presente anche la voce decriminalizzare: <<togliere
a fatti o comportamenti il carattere di reato attribuito loro in precedenza dal
codice penale>>. La data di inserimento del verbo risale al 1977
mentre, quella del sostantivo che ne rappresenta l’atto, cioè decriminalizzazione, a dieci anni dopo.
Semanticamente uguali e leggermente più lunghe sono le definizioni che troviamo
nel vocabolario online della Treccani.
Sull’enciclopedia Treccani leggiamo che la decriminalizzazione <<consiste nella semplice abrogazione della
norma penale con la conseguenza di rendere lecito il comportamento precedentemente incriminato>>. In
pratica corrisponde alla stesso concetto della prima interpretazione e, a
differenza della voce del dizionario, c’è un’aggiunta: suggerisce che il reato
viene annullato e, “automaticamente”, il comportamento precedentemente
sanzionato diventa totalmente lecito... In altri termini: da questa definizione
si evince che il reato viene abrogato, ma non è esplicitamente contemplata la
possibilità che sia considerato ancora un illecito amministrativo.
Un’interpretazione
“etimologica”:
DECRIMINALIZZAZIONE= non
c’è reato, ma potrebbero esserci ancora altre sanzioni o essere annullate
totalmente
DEPENALIZZAZIONE= le
sanzioni vengono modificate, ma un fatto potrebbe essere comunque considerato
illegale se le pene non sono totalmente annullate
Passiamo adesso a un’interpretazione “etimologica”
dei due termini, che include dunque le varie possibilità precedentemente
elencate: secondo questa lettura i due termini possono sovrapporsi o coincidere,
a seconda delle “sfumature” particolari delle singole politiche adottate, e
quindi seguendo i diversi gradi di riduzione del sistema sanzionatorio fino alla legalizzazione formale (o de facto) di una condotta. Decriminalizzare è costituito dalla
radice “de” (che di solito ha valore privativo come in questi due casi) più il
verbo “criminalizzare”, quindi togliere il valore di crimine a un’azione: stabilire
che qualcosa non è più reato può implicare sia il completo annullamento di
tutte le punizioni collegate a quel fatto (questo caso coinciderebbe con
una depenalizzazione “totale”), sia la permanenza delle sole sanzioni
amministrative (quest’ultimo caso coinciderebbe con una situazione di
depenalizzazione “parziale”). Depenalizzare
è formato sempre dalla radice “de” più il verbo “penalizzare”, quindi eliminare
le punizioni per un’azione: l’eliminazione può avere diversi gradi,
dall’attenuazione di alcune punizioni alla loro cancellazione totale (questo
caso coinciderebbe con una “completa” decriminalizzazione), passando per la
derubricazione di un reato in illecito amministrativo (quest’ultimo caso
coinciderebbe con una situazione di decriminalizzazione dove restano, però, le
sanzioni amministrative).
Facciamo un esempio riguardo al consumo personale di
stupefacenti: in Georgia la Corte
Costituzionale ha stabilito che l’uso personale di cannabis non viene punito
quando il consumo non danneggia direttamente terzi, mentre una sua precedente
decisione stabiliva la punizione di una multa o i lavori socialmente utili: in
questo caso (seguendo l’ultima interpretazione proposta) ci troviamo di fronte
a un caso di “depenalizzazione completa” del consumo di cannabis in certe
condizioni. Invece in Italia, come nella maggioranza dei paesi che adottano
politiche simili, il consumo di stupefacenti per uso personale non è
considerato reato, ed è dunque decriminalizzato, ma comporta comunque delle
sanzioni (e cioè non è completamente depenalizzato).
Diversi tipi di depenalizzazione:
cieca, nominativa, in astratto, in concreto, de iure, de facto e
“nascosta”
Infine vanno menzionate altre espressioni connesse a quella
di depenalizzazione (o a quella di decriminalizzazione, a seconda dei punti di
vista. Va specificato infatti che, facendo una breve ricerca online, queste espressioni connesse a quest'ultima parola, sembrano essere molto rare). Si parla di depenalizzazione
“cieca” (o “alla cieca”) quando
le politiche legislative sono mirate a cambiare il regime sanzionatorio di una
categoria di condotte accomunate da un elemento (che può essere il tipo di
sanzione, come quella in denaro), mentre viene detta “nominativa” quella specificamente dedicata a singoli reati. Quella
“in astratto” è riferita a degli
interventi legislativi che vengono applicati “automaticamente”. Invece per
quella “in concreto” sono i soggetti
diversi dal legislatore (imputati, avvocati, procuratori e giudici) a dover
dimostrare o valutare che nei casi particolari possono essere applicate o meno
le discriminanti tracciate dai criteri legislativi. Per esempio la cosiddetta
“particolare tenuità del fatto”, oltre a essere un’ “attenuante”, può
essere invocata per delle azioni che, anche se sono tecnicamente dei reati, potrebbero non portare a una condanna. Queste quattro denominazioni sono collegate, per definizione,
a degli interventi legislativi e di conseguenza sono classificabili come
depenalizzazioni “de iure” (cioè “per legge”). La depenalizzazione “de
facto” (cioè “di fatto”) può essere anch’essa la conseguenza di leggi, come
accadeva con la legge del governo Berlusconi sul falso in bilancio (menzionata
all’inizio di quest’articolo). Ci sono anche altri casi in cui questo tipo di
depenalizzazione (o decriminalizzazione) se non è più subdola è comunque “nascosta”, in quanto anche se prevista
espressamente dalla legge non si concretizza in una risposta sanzionatoria: si
pensi all’esempio di un procuratore costretto a fare una cernita dei reati più
gravi da perseguire, costretto a scartarne sistematicamente altri
dall’imponente mole di casi da seguire; o a quello di certi comportamenti che
non vengono nemmeno denunciati per diverse ragioni sociali, come la mancata
fiducia nel sistema giudiziario, la paura di ritorsione o la mancata percezione
di un danno derivante da esso (e quindi, in quest’ultimo caso, qualcosa di
socialmente accettato, ma non formalmente). 
Mi rendo conto che l’argomento può apparire ostico (così
come la mia scrittura)… Ugualmente sono consapevole del fatto che potrebbero
esserci delle imprecisioni o delle semplificazioni, consapevolezza di umiltà radicata
in questa rivista, per cui: vuoi fare delle precisazioni? Critiche? C’è
qualcosa che non è chiaro o di errato in ciò che ho scritto? Hai un punto di
vista totalmente diverso da proporre? Commenta qui sotto o via social, sarà
utilissimo ed è un grande piacere interagire, soprattutto dopo lo sforzo di
essere giunti alla fine di questo post! Grazie per l’attenzione! Spero che hai
trovato le risposte che cercavi o che questa lettura sia stata in qualche
maniera utile…
Linguista Dilettante
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