18.5.22

Decriminalizzazione e depenalizzazione: definizione, differenza e uso linguistico-giuridico

Decriminalizzazione e depenalizzazione sono parole usate per i cambiamenti del regime sanzionatorio di particolari condotte che non vengono più considerate reato o per cui le sanzioni vengono rimodulate. 

Per esempio il solo uso di stupefacenti in Italia, dal 1993, non è considerato più un crimine comportando solo sanzioni amministrative. Un altro esempio: le incriminazioni per il cosiddetto falso in bilancio nel 2002 erano state “di fatto” cancellate dal governo Berlusconi in gran parte dei casi, anche se formalmente in vigore, grazie a una serie di modifiche che lo “depotenziavano”: per essere condannati bisognava che l’azienda avesse subito un danno di una specifica entità economica (quindi si stabilivano delle soglie di punibilità entro cui era “lecito” truccare i bilanci), che fossero proprio i soci o i creditori a sporgere denuncia (quindi c’era bisogno della querela della parte offesa e non c’era la procedibilità d’ufficio) e che il processo seguente terminasse in tempi più brevi (dato che le pene erano state ridotte insieme ai tempi di prescrizione).
I termini decriminalizzazione e depenalizzazione vengono usati in maniera disorganica e, nel linguaggio comune, anche come sinonimi, ma ci sono almeno due interpretazioni diametralmente opposte sul loro significato giuridico[1]. Partiamo da queste…

1) DECRIMINALIZZAZIONE= semplice abrogazione (comporta soppressione dell’incriminazione)
DEPENALIZZAZIONE= attenuazione o modifica delle pene per un reato (che non è stato decriminalizzato)

La prima è quella di chi usa il termine decriminalizzazione per indicare che un fatto non viene più ritenuto un crimine e la pena collegata viene cancellata, mentre quello di depenalizzazione è usato quando ci sono solo delle riduzioni di pena per un fatto comunque ritenuto comunque contro la legge (dunque il primo termine indicherebbe un cambiamento radicale del regime sanzionatorio mentre il secondo solo una sua attenuazione).

2) DECRIMINALIZZAZIONE= non c’è crimine (potrebbero esserci comunque delle sanzioni)
DEPENALIZZAZIONE= cancellazione di tutte le sanzioni (implica la liceità di una condotta)

Secondo l’altra interpretazione decriminalizzare vuol dire che un fatto non viene ritenuto reato ma potrebbero restare delle pene (come delle ammende) mentre depenalizzare vuol dire cancellare tutti i tipi di sanzioni, sia penali che amministrative (quindi il secondo termine si riferirebbe a una totale cancellazione della pena e sarebbe un intervento legislativo più drastico del primo).

Apriamo una parentesi di linguistica-giuridica

Precisando che non ho studiato giurisprudenza e che invece ho una formazione minima e probabilmente più accurata nel campo della linguistica, propenderei per una lettura più “etimologica” dei due termini che include entrambe le interpretazioni. Prima di esporla apro una parentesi linguistica e giuridica sulla diffusione del termine: mi sembra che il termine depenalizzazione sia più comune dell’altro anche negli atti ufficiali dell’ordinamento italiano, dove troviamo delle specifiche “leggi di depenalizzazione”, cosa che non mi risulta per la decriminalizzazione (che potrebbe corrispondere alla semplice abrogazione di un reato, abrogazioni incluse nelle leggi di depenalizzazione). Il primo sembra essere più usato (o forse consono) per i testi specialistici inerenti questioni normative, mentre il secondo sembrerebbe riferirsi per lo più alle politiche di “depotenziamento” delle pene in generale. Infatti, facendo una ricerca sul portale di leggi italiane “Normattiva”, la parola decriminalizzazione compare solo una volta nei risultati, a differenza dell’altra: è presente solo nella legge delega n. 562 del 1993, quando si doveva completare la trasformazione di svariate contravvenzioni, stabilite nel 1931, in violazioni amministrative.

Cercando la parola "decriminalizzazione"
sul portale di leggi italiane "Normattiva",
appare un solo risultato
Nel dizionario online “il Sabatini Coletti” il verbo decriminalizzare e il corrispondente sostantivo sono assenti (forse non è un caso che anche il correttore automatico del programma di videoscrittura che sto usando cerca di “impormi” l’uso di un trattino, valutando quindi come corretta la parola de-criminalizzazione, cosa che non accade per il verbo collegato). Sul dizionario online “Il Nuovo De Mauro” troviamo entrambi le voci: depenalizzare significa <<trasformare un illecito penale in illecito amministrativo>> e, insieme al sostantivo depenalizzazione, la prima attestazione del loro uso risale al 1966. 
È presente anche la voce decriminalizzare: <<togliere a fatti o comportamenti il carattere di reato attribuito loro in precedenza dal codice penale>>. La data di inserimento del verbo risale al 1977 mentre, quella del sostantivo che ne rappresenta l’atto, cioè decriminalizzazione, a dieci anni dopo. Semanticamente uguali e leggermente più lunghe sono le definizioni che troviamo nel vocabolario online della Treccani.

Sull’enciclopedia Treccani leggiamo che la decriminalizzazione <<consiste nella semplice abrogazione della norma penale con la conseguenza di rendere lecito il comportamento precedentemente incriminato>>. In pratica corrisponde alla stesso concetto della prima interpretazione e, a differenza della voce del dizionario, c’è un’aggiunta: suggerisce che il reato viene annullato e, “automaticamente”, il comportamento precedentemente sanzionato diventa totalmente lecito... In altri termini: da questa definizione si evince che il reato viene abrogato, ma non è esplicitamente contemplata la possibilità che sia considerato ancora un illecito amministrativo.
Sempre alla stessa voce dell’enciclopedia Treccani si specifica come si differenzia la depenalizzazione: consiste in degli interventi che “trasformano” dei reati in illeciti amministrativi (la stessa definizione che troviamo nelle voci dei dizionari e che corrisponde invece alla definizione di decriminalizzazione della seconda interpretazione).  

Un’interpretazione “etimologica”:
DECRIMINALIZZAZIONE= non c’è reato, ma potrebbero esserci ancora altre sanzioni o essere annullate totalmente
DEPENALIZZAZIONE= le sanzioni vengono modificate, ma un fatto potrebbe essere comunque considerato illegale se le pene non sono totalmente annullate

Passiamo adesso a un’interpretazione “etimologica” dei due termini, che include dunque le varie possibilità precedentemente elencate: secondo questa lettura i due termini possono sovrapporsi o coincidere, a seconda delle “sfumature” particolari delle singole politiche adottate, e quindi seguendo i diversi gradi di riduzione del sistema sanzionatorio fino alla legalizzazione formale (o de facto) di una condotta. Decriminalizzare è costituito dalla radice “de” (che di solito ha valore privativo come in questi due casi) più il verbo “criminalizzare”, quindi togliere il valore di crimine a un’azione: stabilire che qualcosa non è più reato può implicare sia il completo annullamento di tutte le punizioni collegate a quel fatto (questo caso coinciderebbe con una depenalizzazione “totale”), sia la permanenza delle sole sanzioni amministrative (quest’ultimo caso coinciderebbe con una situazione di depenalizzazione “parziale”). Depenalizzare è formato sempre dalla radice “de” più il verbo “penalizzare”, quindi eliminare le punizioni per un’azione: l’eliminazione può avere diversi gradi, dall’attenuazione di alcune punizioni alla loro cancellazione totale (questo caso coinciderebbe con una “completa” decriminalizzazione), passando per la derubricazione di un reato in illecito amministrativo (quest’ultimo caso coinciderebbe con una situazione di decriminalizzazione dove restano, però, le sanzioni amministrative).

Facciamo un esempio riguardo al consumo personale di stupefacenti:  in Georgia la Corte Costituzionale ha stabilito che l’uso personale di cannabis non viene punito quando il consumo non danneggia direttamente terzi, mentre una sua precedente decisione stabiliva la punizione di una multa o i lavori socialmente utili: in questo caso (seguendo l’ultima interpretazione proposta) ci troviamo di fronte a un caso di “depenalizzazione completa” del consumo di cannabis in certe condizioni. Invece in Italia, come nella maggioranza dei paesi che adottano politiche simili, il consumo di stupefacenti per uso personale non è considerato reato, ed è dunque decriminalizzato, ma comporta comunque delle sanzioni (e cioè non è completamente depenalizzato).

Diversi tipi di depenalizzazione: cieca, nominativa, in astratto, in concreto, de iure, de facto e “nascosta”

Infine vanno menzionate altre espressioni connesse a quella di depenalizzazione (o a quella di decriminalizzazione, a seconda dei punti di vista. Va specificato infatti che, facendo una breve ricerca online, queste espressioni connesse a quest'ultima parola, sembrano essere molto rare). Si parla di depenalizzazione “cieca” (o “alla cieca”) quando le politiche legislative sono mirate a cambiare il regime sanzionatorio di una categoria di condotte accomunate da un elemento (che può essere il tipo di sanzione, come quella in denaro), mentre viene detta “nominativa” quella specificamente dedicata a singoli reati. Quella “in astratto” è riferita a degli interventi legislativi che vengono applicati “automaticamente”. Invece per quella “in concreto” sono i soggetti diversi dal legislatore (imputati, avvocati, procuratori e giudici) a dover dimostrare o valutare che nei casi particolari possono essere applicate o meno le discriminanti tracciate dai criteri legislativi. Per esempio la cosiddetta “particolare tenuità del fatto”, oltre a essere un’ “attenuante”, può essere invocata per delle azioni che, anche se sono tecnicamente dei reati, potrebbero non portare a una condanna. Queste quattro denominazioni sono collegate, per definizione, a degli interventi legislativi e di conseguenza sono classificabili come depenalizzazioni “de iure” (cioè “per legge”). La depenalizzazione “de facto” (cioè “di fatto”) può essere anch’essa la conseguenza di leggi, come accadeva con la legge del governo Berlusconi sul falso in bilancio (menzionata all’inizio di quest’articolo). Ci sono anche altri casi in cui questo tipo di depenalizzazione (o decriminalizzazione) se non è più subdola è comunque “nascosta[2], in quanto anche se prevista espressamente dalla legge non si concretizza in una risposta sanzionatoria: si pensi all’esempio di un procuratore costretto a fare una cernita dei reati più gravi da perseguire, costretto a scartarne sistematicamente altri dall’imponente mole di casi da seguire; o a quello di certi comportamenti che non vengono nemmeno denunciati per diverse ragioni sociali, come la mancata fiducia nel sistema giudiziario, la paura di ritorsione o la mancata percezione di un danno derivante da esso (e quindi, in quest’ultimo caso, qualcosa di socialmente accettato, ma non formalmente).

Mi rendo conto che l’argomento può apparire ostico (così come la mia scrittura)… Ugualmente sono consapevole del fatto che potrebbero esserci delle imprecisioni o delle semplificazioni, consapevolezza di umiltà radicata in questa rivista, per cui: vuoi fare delle precisazioni? Critiche? C’è qualcosa che non è chiaro o di errato in ciò che ho scritto? Hai un punto di vista totalmente diverso da proporre? Commenta qui sotto o via social, sarà utilissimo ed è un grande piacere interagire, soprattutto dopo lo sforzo di essere giunti alla fine di questo post! Grazie per l’attenzione! Spero che hai trovato le risposte che cercavi o che questa lettura sia stata in qualche maniera utile…

Linguista Dilettante



[1] Le due interpretazioni sono schematicamente rappresentate in questa presentazione sulla “depenalizzazione in astratto” sul sito dell’Unisalento, firmata da Luisa Romano (cfr. pag.4). Esisterebbe anche una terza interpretazione, indicata a pag. 23 di una tesi di laurea pubblicata sulla rivista Giurisprudenza Penale, scritta da Daniele Labianca e intitolata “L’illecito penale – amministrativo tra disciplina interna e influenze convenzionali.

[2] Cfr. D. Labianca, pag. 26-27

Nessun commento:

Posta un commento