31.7.22

Pride alternativi e “queer”: un elenco non definitivo

Dopo l’articolo sulle riflessioni scaturite dal Pakkianata Pride, un LGBTQIAPK+ pride alternativo, pubblichiamo un post aggiornabile con un elenco modificabile di pride alternativi.


Immagine di Emmie Norfolk da Pixabay

In molte città si tengono i cosiddetti gay pride, manifestazioni e cortei che traggono origine dalle rivolte di Stonewall: 53 anni fa i locali gay negli Stati Uniti erano illegali, così come il vestirsi con abiti del sesso opposto. Per questo molti gay-bar finivano per essere gestiti dalla criminalità organizzata ed erano presi di mira dalle forze di polizia, intente a schedare i pericolosi elementi “anormali” e “riottosi”. Per questo nel 1969 dopo un blitz della polizia nel bar Stonewall Inn la miccia dei tumulti si accese originando le manifestazioni che si tengono ancora oggi in tutto il Mondo.

Oltre all' "onda" di pride “classici” e “istituzionalizzati”, organizzati e supportati da diverse associazioni (tra cui ovviamente i diversi circoli di Arcigay, sindacati, VIP del mondo dello spettacolo, enti pubblici, fondazioni, imprese locali e multinazionali) si sono sviluppate manifestazioni e collettiv3 alternativ3 critiche verso i primi, costituite da frange più radicali, politicizzate e “queer” (ossia chi rifugge da specifiche definizioni di genere).

Tra le note di biasimo principali ritroviamo il concetto di rainbow-washing, cioè della pratica di marketing consistente nel pubblicizzare “prodotti-arcobaleno” finalizzata a “conquistare” la fiducia (e l’annesso settore di mercato o elettorale) della comunità LGBTQ+, mentre in concreto si finanzierebbero anche altre realtà come quelle anti-abortiste. Questa pratica sembra essere indicativa di come il “mercato” e varie istituzioni siano riusciti ad appropriarsi delle istanze delle minoranze sessuali e di genere, svuotandole dell’originaria carica rivoluzionaria, incrementando la dimensione dello “spettacolo” ai pride e dunque banalizzandole.


Nell'articolo sulla Pakkianata Pride si parla brevemente delle sponsorizzazioni della Coca Cola, partendo da una dichiarazione dei/delle manifestanti di Assembramentah


C’è anche chi vede in maniera positiva il “marketing arcobaleno”, in primis le aziende che lo attuano in buona o cattiva fede, e in questo caso viene chiamato (o spacciato come, a seconda dei punti di vista) “marketing inclusivo”. All’opposto invece si parla di “capitalismo arcobaleno” in maniera dispregiativa.

Con i nostri poco potenti mezzi (ricerca su Google e social media) e uno svogliato lavoro di ricerca e selezione, abbiamo preparato un elenco aggiornabile e modificabile di diversi pride alternativi e più lontani dal mainstream, degli spezzoni interni ai pride canonici, delle "frocessioni" ecc.

-La Transgenialer CSD 




Si tratta del queer pride berlinese, nato nel 1998 da una scissione del Christopher Street Day, il pride convenzionale della capitale tedesca.


-La Queer Liberation March 




Un gruppo di collettivi e individualità sotto il nome Reclaim Pride Coalition   nel cinquantesimo anniversario dei moti di Stonewall (2019) a New York ha messo su un pride alternativo. Essendo contro la mercificazione di questo genere di eventi e sottolineando l’origine “ribelle” del primo pride hanno vietato l’uso di sponsor e la partecipazione dei poliziotti. Lo stesso anno anche in altre città gli spezzoni dei cortei hanno bloccato quelli in cui sfilavano i poliziotti in uniforme. Dell’origine dei pride alternativi negli USA e di questi specifici eventi di quell’anno se ne è parlato su Radio Ondarossa (a partire dal minuto 15 della puntata in questo link), che abbiamo usato come fonte per questo articolo. Colgo l’occasione per segnalare anche un articolo del sito Gay.it dedicato alla “nuova onda Queer” italiana del 2016.




- Il FreePride di Glasgow 

Ci risulta (come si evince dai due articoli linkati in questo spezzone d'articolo) che si è tenuto solo dal 2015 al 2016. È salito alla ribalta delle cronache perché, a differenza di quanto accadeva nell’altro pride, erano stat3 bannat3 drag queen e drag king in quanto ritenute rappresentazioni troppo estreme e carnevalesche. Sul sito di “Giovani Comunisti/e”, la struttura giovanile di Rifondazione, si spiega che lo stesso anno al <<Pride di Chicago hanno partecipato 132 spezzoni e carri di corporation e solo 18 di associazioni lgbtqi. A quello di Londra è stata negata la condivisione della testa del corteo allo spezzone dei minatori e dei sindacalisti, che voleva commemorare il trentesimo anniversario degli scioperi e il contributo fondamentale della comunità lgbtqi a quella lotta, il quale è di recente riemerso grazie al film “Pride”, preferendogli gli sponsor. Al Pride di New York, invece, il concerto di Ariana Grande, con biglietto da 80 dollari e il suo pubblico di diecimila giovani uomini gay, bianchi e benestanti, si è appropriato dello spazio in cui da sempre trovano rifugio i senza tetto appartenenti alla comunità lgbtqi>>


- Il Free-K Pride 

È animato da una rete di <<Rete di realtà e singol* torinesi per un pride critico, indecoroso, anticapitalista>> che vuole <<riprendersi le strade>> e che si è scissa nel 2018 dal pride istituzionale per <<costruire un percorso alternativo nella convinzione che quello spazio predisposto dalle istituzioni della nostra città non fosse in grado di contenere la portata delle lotte che ogni giorno, con i nostri corpi, portiamo avanti>>; il pride canonico per loro è diventata <<una giornata rituale e pericolosamente svuotata della carica dirompente della lotta contro il genere: l’esclusività di solo alcune rivendicazioni (ad esempio le unioni civili), la presenza delle istituzioni e la commercializzazione della giornata silenziano quelle istanze che puntano il dito contro uno stato fondato sul dominio, sulla repressione e sull’oppresione delle persone che sfuggono alle sue categorie (trans, intersex, migranti, donne, poveri, senza-documenti…)>>.


- B U! Festival (ovvero be yourself, sii te stesso)

Dai profili social del “Non collettivo queer” nato nel 2018 si evince che si è svolto nel 2021 a Genova, e si definiscono transfemministe intersezionali: <<Siamo lesbiche, bisessuali, frocie, trans, persone non binarie, neuroqueer, donnə single e/o non monogame con/senza figli. Siamo sex worker, disoccupatə, poverə, precariə, sfruttatə. Siamo anche maschi eterosessuali cisgender che interrogano la maschilità egemonica: misogina, omolesbobitransfobica, violenta e dominante, che sfrutta il lavoro di riproduzione non pagato delle donne. Siamo famiglie non convenzionali e allargate che lottano quotidianamente contro l'abilismo della nostra società>>. Le loro rivendicazioni vanno oltre quello che viene chiesto nei circuiti mainstream: <<VOGLIAMO MOLTO PIU' DI ZAN perché una misura repressiva non ci basta: desideriamo e abbiamo diritto all'accesso alla salute, ad un reddito di autodeterminazione, piena cittadinanza e permessi di soggiorno svincolati dalla famiglia e dal lavoro. Vogliamo che l'universalità nell'accesso alla salute sia reale. Vogliamo un superamento della legge 164/1982 -la legge per il cambio anagrafico del sesso NDFanrivista- , non tolleriamo più la psichiatrizzazione e patologizzazione delle identità Trans. Chiediamo l'accesso alla PreP -medicinali molto costosti che prevengono il rischio di contrarre l’HIV NDFanrivista- su tutto il territorio nazionale e la completa gratuità. Rifiutiamo l'abbandono della prevenzione e cura di HIV e delle Malattie Sessualmente Trasmissibili. Vogliamo la rimozione di ogni ostacolo all'IVG. Vogliamo educazione al genere, alla sessualità e all'affettività in tutte le scuole di tutti i gradi. Vogliamo la possibilità di accedere alla carriera alias in tutti i percorsi formativi. Vogliamo reddito di autodeterminazione(....) Vogliamo finanziamenti per i Centri Antiviolenza femministi, che hanno accumulato negli anni saperi e pratiche imprescindibili per i percorsi di fuoriuscita. Vogliamo auto-rappresentarci: vogliamo spazio e ascolto. Lottiamo per costruire ambienti liberi dalla cultura dello stupro, dal machismo, dall’abilismo, dal razzismo, dall’odio per le persone LGBTQIA+. Sentiamo il bisogno di ambiti transfemministi in cui praticare scambio, mutualismo e confronto collettivo>>

- La Marciona

Manifestazione milanese che, consultando l’omonimo sito, sembra si sia tenuta dal 2019 al 2021 e anche nel 2022due settimane prima del pride ufficiale (come riporta il sito Gay.it che ha seguito l’evento). Nel comunicato dell’ultima edizione si legge che <<Vogliamo disturbare e sovvertire la narrazione che ritrae le persone LGBTQIA+ come vittime di cui poi lo Stato si erge a protettore: rivendichiamo un’autodifesa frocia e quir, proponiamo una prospettiva che vada al di là dello schema legge sì/legge no e che riporti al centro dell’attenzione la natura sistemica della violenza etero, cis, patriarcale e critichiamo radicalmente la politica istituzionale che brandisce il carcere come soluzione ai (nostri) problemi>>. L’anno precedente il capoluogo lombardo raccoglieva <<il testimone di New York 2019>> diventando <<capitale mondiale del Pride>>. Per questo le realtà parte del <<tavolo transfemminista queer di Macao>> avevano deciso di << riunirsi e rivoltarsi in strada, per costruire una Marciona delle collettive, dei movimenti trasfemministi e queer non normalizzati ed estetizzati; soggettività non disponibili all’incorporazione in un processo di cambiamento senza una vera trasformazione sociale. Questa chiamata vuole essere ampia, disordinata ma puntuale, un segno contro le derive omonazionalistiche e omonormative che, da sempre, riproducono processi di marginalizzazione dei soggetti meno assimilabili. La nostra prospettiva è nell’abietto. Contro i discorsi e le tecnologie di produzione della normalità, rivendichiamo modi di vita, forme di sessualità e legami affettivi scandalosi, laddove il “per bene” è connivente con le forze più violente del capitalismo estrattivo, colonialista e distruttivo di questi decenni. Non siamo dispost* a conquistare nessuna normalità per essere accettat*, il punto è proprio che non vogliamo essere addomesticat*: una difficile pratica di de-identificazione continua è la nostra strategia di resistenza. Non vogliamo essere docili né lavorator* subordinat* e sposat*/ sistemat* in case sempre più simili ad angusti armadi: siamo contro il regime di universalizzazione delle identità, siamo soggette* in movimento.>>


- La Bicicheccata

Organizzata la prima volta nel 2020 a Rimini dal collettivo Transfeminnista-Queer Pride Off è una sfilata senza carri ma con <<biciclette, pattini, risciò, cargo-bike ma anche sedie a rotelle, a sottolineare il carattere ecologico e inclusivo della manifestazione>>



-Lo Spezzone Incandescente

A Padova, il 3 Luglio 2022, diverse realtà si sono separate dal pride “ortodosso” criticandone l’assetto organizzativo e <<neoliberale>>, abbandonando l’assemblea e formando all’interno del pride e formando uno “spezzoneincandescente” senza bandiere di partito e associazioni.


-La Queermesse 

Il titolo dell’evento, che si è svolto dal 16 al 23 Luglio 2022, incrocia la parola inglese queer e le prime lettere della città sullo stretto, oltre a giocare con il termine kermesse. È stato organizzato dal collettivo Liberazione Queer Messina con la collaborazione del Circolo ARCI Thomas Sankara e la sezione locale di Non Una Di Meno. Il pride “ortodosso” si è tenuto il 23 Luglio ed era nominato invece “Stretto Pride”. 


Tantissimi sono gli “altri” altri-pride, frocessioni indipendenti e spezzoni all’interno delle parate dell' "onda" in cui ci siamo imbattuti in questa ricerca: c'è il Critical Pride della capitale spagnola avvenuto nel 2018. Se ne trova traccia sul sito MinorityStories;

c'è un non meglio definito pride alternativo che si è svolto a Firenze nel 2016, organizzato dal Collettivo Libertario Uroboros, come riporta il settimanale Umanità Nova

le Collettive Femministe Queer in un post su Facebook relativo al pride ufficiale milanese dello stesso anno spiegano: <<Molti giornali hanno fatto riferimento a noi come a un “gruppetto di antagonisti”, avulsi dal resto del corteo, mossi dall’unico intento di disturbare (…) Abbiamo riflettuto a lungo sulla nostra partecipazione al Pride, coscienti del progressivo impoverimento di contenuti politici della manifestazione, schiacciata tra spinte etero-normalizzanti e la vetrinizzazione della comunità LGBTQIA. Abbiamo infine deciso di partecipare al corteo, convinte dell’importanza di portare in piazza un’alternativa critica in un Pride dominato dai loghi di Amazon, Google e Vitasnella, dai comizi paternalistici piovuti dal palco di piazza Oberdan e dalla martellante assimilazione delle nuove famiglie LGBTQIA alla famiglia etero-patriarcale. Contro tutto questo è stata rivolta la nostra contestazione(…) La nostra azione è stata accolta non solo dalla violenza e della brutalità della security, ma anche dai cori di alcuni degli stessi partecipanti al corteo degli arcobaleni che ci intimavano di andarcene, in un tentativo di censurare ogni forma di dissenso. Abbiamo subito pugni, sberle, spintoni e sputi, mentre dal palco echeggiavano parole come “inclusività”, “uguaglianza” e “amore”. Siamo state allontanate dal corteo per mano della DIGOS, mentre il neosindaco chiosava: “Questa è la Milano che voglio”>>. L’anno precedente avevano partecipato al NoExpoPride;

un altro pride “parallelo” si è svolto a Gerusalemme nel 2006, di cui si parla in un articolo de La Stampa;

varie sono le manifestazioni preparate, partecipate o supportate dal Sommovimento NazioAnale, una <<rete informale di collettivi e singolarità trans femministe-queer di tutta Italia, ha iniziato a incontrarsi nel 2012 per discutere di come riorganizzare la lotta a livello transnazioAnale>>, tra cui una serie di contro-pride nel 2018 dal nome Risacca, nati dall’ <<urgenza di attraversare, intrecciare, boicottare o hackerare i Pride di ogni città>>.

Infine segnalo ancora una volta la Pakkianata Pride, la cui terza edizione si è svolta il 9 Luglio 2022 (una settimana dopo il pride napoletano formale) e che abbiamo seguito. Nell’articolo dedicato all’evento non troverete un resoconto dettagliato, ma piuttosto una serie di riflessioni scaturite da esso, in particolare riguardo al tema del “1312”: infatti gli/le organizzatori/trici hanno menzionato l’esclusione dell’associazione Polis Aperta dal Rivolta Pride Bolognese (che è autofinanziato e non ricorre a sponsor) e hanno ricordato che <<il primo pride fu una rivolta>>.

Per aggiornare questo elenco, arricchirlo con precisazioni, foto, video, fatti ed eventualmente correggerlo (o per qualunque altro tipo di richiesta, critica ecc.) contiamo anche su di voi e sulle vostre segnalazioni via social, tramite i commenti qui sotto o mail! Non è un caso che questa testata/zina vuole abbattere il confine tra "produttori/trici" e "consumatori/trici" di contenuti (su come farlo più nello specifico se ne parla nel post di presentazione del progetto, che è anche un saggio breve informale su autoproduzioni e media alternativi) e per questo l'aiuto della collettività è fondamentale!

Spero che abbiate trovato questo post utile… Grazie un milione!!! LOVE

Pruno



 

Quest'ultimo video è di Bruno, la parodia di cui Pruno è a sua volta una parodia. Oltre a un’assonanza nel nome sono tutti e due giornalisti, uno per vero/a, l’altro per finta/o. 

La foto finale invece è del manifesto dell'Irpinia Pride "canonico", che si è tenuto ieri, e che richiama il già menzionato tema del "1312".





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