- IL RUOLO DELL'ITALIA NEL SEQUESTRO DEL "GRAMSCI" CURDO
- IL CAMBIO DI PARADIGMA POLITICO DURANTE LA PRIGIONIA DEL FUTURIBILE "MANDELA" CURDO
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Abdullah Ocalan in una foto di Halil Uysal da Wikimedia rilasciata con licenza Creative Commons. |
Ventisei anni fa Ocalan, il “Mandela curdo”, veniva sequestrato in Kenya alla fine di un tortuoso e insidioso percorso. Avrebbe dovuto raggiungere il Sudafrica, dove sarebbe stato protetto dal “vero” Mandela. In occasione di questo anniversario, e mentre si attende un nuovo messaggio di Ocalan, ripercorriamo le tappe che lo hanno portato all’arresto e riproponiamo alcuni approfondimenti già pubblicati tra queste pagine digitali, insieme a degli aggiornamenti. Iniziamo spiegando perché in questi giorni si sente spesso parlare del leader curdo.
UNA SOLUZIONE PACIFICA DELLA QUESTIONE CURDA O UNA PACIFICAZIONE TEMPORANEA?
Il 15 febbraio 1999 l’intelligence israeliana e quella turca sequestravano in Kenya Abdullah “Apo” Öcalan, tra i fondatori e storico leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (in acronimo PKK).
Ocalan è un simbolo della questione curda, problema pluridecennale che riguarda la minoranza più numerosa e perseguitata della Turchia, di cui costituisce circa il 20% della popolazione. Questione che si estende ai confini politici degli altri stati che comprendono la regione del Kurdistan. Lo stato mai nato, per il popolo più numeroso che non ne ha uno, si estende oltre che in Turchia, in Iraq, Siria e Iran (e, secondo alcune visioni, anche in Armenia).