LE STATISTICHE SULLA DISUGUAGLIANZA CONFERMANO: A CHI TANTO E A CHI NIENTE!
QUASI METÀ DELLA POPOLAZIONE GLOBALE È POVERA. QUASI METÀ DELLA RICCHEZZA È POSSEDUTA DALL’1% DELLE PERSONE.
Lo scorso Gennaio, come di consueto in occasione del “Forum economico mondiale di Davos”, è stato presentato il rapporto di Oxfam su disuguaglianza e povertà. Le statistiche sulla concentrazione del potere politico-economico globale e italiano ci dicono che viviamo in un mondo ancora più socialmente disuguale rispetto allo scorso anno.
In questo post, per la rubrica “Dati Parziali”, riportiamo sinteticamente alcuni dei dati sulla disuguaglianza emersi dalle decine di pagine dell’analisi della ONG, insieme alle soluzioni che propone. Una distribuzione di ricchezza e potere che sia il più equa possibile non è solo un imperativo morale. È un obbligo dell’umanità tutta per salvarsi dall’autodistruzione sociale e per preservare ciò che resta del martoriato habitat.
OLIGARCHIA GLOBALE E MISERIA COLONIALE
L’attuale <<sistema economico e sociale premia pochi privilegiati e lascia milioni di persone indietro>>. Lo dice Oxfam, movimento e confederazione internazionale di 21 ONG contro disuguaglianze e povertà, nel rapporto intitolato “Disuguaglianza: Povertà ingiusta e ricchezza immeritata”.
Le disuguaglianze non sono dovute al caso o al fato, ma sono <<il risultato di scelte politiche che hanno prodotto negli ultimi decenni profondi mutamenti nella distribuzione di risorse, dotazioni, opportunità e potere tra i cittadini. Cambiare rotta è un imperativo categorico, sebbene l’attuale contesto politico renda il compito impervio>>.
Nel mondo sono più di 3,5 miliardi le persone povere, quelle che vivono con meno di 6,85 dollari al giorno (da notare che la soglia di povertà estrema è stabilita al di sotto dei 2,15 dollari). Sono il 44% della popolazione mondiale, praticamente le stesse dal 1990. Ai ritmi attuali <<ci vorrebbe più di un secolo per portare l’intera popolazione del pianeta sopra tale soglia>>. Invece l’1% della popolazione globale possiede il 45% di tutte le ricchezze materiali. In pratica osserviamo una <<“simmetria” perversa>> in cui la metà della popolazione globale riesce a stento a mettere sul piatto le calorie necessarie per far funzionare il proprio corpo, mentre l’un percento possiede metà dell'intera ricchezza.
Mentre i comuni mortali faticano ad arrivare a fine mese e risparmiano fino all’ultimo centesimo rinunciando alle spese per curarsi, le nuove oligarchie guadagnano cifre da capogiro, difficili anche solo da concepire: <<nel 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta, in termini reali -cioè in termini di valore effettivo, non nominale, di obbligazioni, azioni o valuta NDR- di 2.000 miliardi di dollari, pari a circa 5,7 miliardi di dollari al giorno a un ritmo tre volte superiore rispetto all’anno precedente>>. Ogni settimana, mediamente, 4 persone sono diventate miliardarie, mentre nei prossimi dieci anni si prevede l’emergere di cinque trilionari (nel rapporto precedente si prevedeva “solamente” un trilionario). I 10 miliardari più ricchi al mondo hanno guadagnato mediamente 100 milioni di dollari al giorno.
La propaganda consumistica inculca il mito dell’“uomo che si fa da sé”. Il vangelo della nuova religione del profitto racconta le fiabe di imprenditori “visionari” che si sarebbero costruiti fortune venendo “dal basso”. Queste narrative tossiche promettono un paradiso terreno raggiungibile potenzialmente da tutti, basato sulla falsa premessa che tutti abbiamo le stesse concrete possibilità di partenza. Ma i dati e la storia presentano evidenze opposte a queste narrazioni. La gran parte della ricchezza deriva <<da rendite di posizione (eredità, monopoli, clientelismo)>> e da modelli economici “estrattivi”, ossia da strategie tese a sfruttare risorse materiali (come petrolio, minerali, acqua, cibo ecc.) e risorse sociali (per esempio il lavoro di chi consegna merce a domicilio, sfruttato dalle grande piattaforme con investimenti bassissimi, oppure i servizi digitali “gratuiti” che utilizziamo quotidianamente, in realtà pagati con il nostro tempo e con i nostri dati). Un terzo della ricchezza dei miliardari, il 36%, deriva da eredità e, quindi, viene acquisito alla nascita in base a un principio neo-aristocratico. Nella versione in inglese del rapporto di Oxfam, intitolato “Quelli che prendono, non quelli che fanno: l’ingiusta povertà e la ricchezza immeritata del colonialismo”, si specifica anche che il 18% della ricchezza dei miliardari deriva da monopoli (formali o sostanziali) e un altro 6% da dinamiche clientelari. In totale la ricchezza immeritata ammonta almeno al 60%. Tra i principali monopolisti globali (in)degni di nota c'è Jeff Bezos, co-fondatore di Amazon, che con il 70% di acquisti online in Spagna, Regno Unito, Francia e Germania ha un patrimonio netto di quasi 220 miliardi di dollari. Poi c'è Aliko Dangote, l’uomo più ricco dell’Africa, che con un monopolio sostanziale del cemento in Nigeria e altre attività nel continente ha un patrimonio netto di 11 miliardi di dollari.
L’ingiustizia del sistema socio-economico capitalista è esemplificata dalla biografia del “visionario” e “presidente ombra” USA Elon Musk, l’uomo più ricco del pianeta con un patrimonio di più di 330 miliardi di dollari (dato di fine novembre 2024 che include un incremento del 31% della sua ricchezza negli ultimi 12 mesi, in termini effettivi).
Suo nonno materno nel 1950 dal Canada si spostò nel Sudafrica dell’apartheid, dove Musk è nato e cresciuto. Joshua Norman Haldeman, padre di sua madre, era un sostenitore del regime suprematista bianco, di teorie complottiste e antisemite (veramente antisemite, non antisioniste) nonché del “Movimento Tecnocratico”, che propugnava l’abolizione della democrazia e l’instaurazione di un governo guidato da tecnocrati.
Il rapporto fornisce dei “fantasiosi” esempi, utili a comprendere quanto queste spoglie cifre sono vertiginose: per accumulare la ricchezza di uno dei dieci miliardari più “fortunati” del pianeta non basterebbe guadagnare mille dollari al giorno per 315.000 anni (da quando esiste l’Homo Sapiens)! In più, se il 99% della ricchezza di uno dei dieci miliardari scomparisse di punto e in bianco, con il restante 1% resterebbe comunque miliardario!
Spostandoci dalla dimensione della ricchezza individuale a quella collettiva, i paesi più ricchi, gli stessi che continuano a praticare il colonialismo “dal volto umano”, sono abitati solo dal 20% della popolazione globale ma controllano il 69% di tutte le ricchezze. Il “Nord” del mondo estrae ricchezza dal “Sud” globale colonizzato a un tasso di 30 milioni di dollari all’ora, che finiscono nelle tasche dell’1% più ricco. Queste distorsioni sono favorite da un sistema di tassazione internazionale <<profondamente iniquo>>. L’OCSE, <<un club di Nazioni ricche, ha storicamente assunto la leadership nella maggior parte dei negoziati fiscali internazionali. Secondo le stime del Tax Justice Network i Paesi OCSE sono però anche responsabili del 70% delle perdite erariali associate ad abusi fiscali internazionali e la maggior parte dei paradisi fiscali sono Paesi ricchi o loro dipendenze>>.
Le sperequazioni globalizzate si riflettono anche nelle politiche italiane, <<che vanno caratterizzandosi più per il riconoscimento e la premialità di contesti ed individui che sono già avvantaggiati, che per una lotta determinata contro meccanismi iniqui ed inefficienti che accentuano le divergenze nelle traiettorie di benessere dei cittadini>>.
UNA REPUBBLICA FONDATA SULLA RENDITA
Nella Repubblica fondata sul lavoro <<le retribuzioni lorde sono aumentate del 6-7%, ma l’inflazione -l’aumento del prezzo di beni e servizi NDR- del 17-18% ha ridotto il salario lordo reale di oltre 10 punti percentuali>>. In pratica, anche se i nostri governanti ci dicono che secondo i “numeri” siamo più ricchi di prima, in realtà lo siamo solo sulla carta: è vero che in media i salari sono aumentati, ma salgono anche i prezzi! Inoltre il salario medio annuale in termini reali è rimasto praticamente lo stesso da trent’anni...
Richiamando l’art. 3 della nostra Costituzione, va preso atto che la Repubblica non riesce a rimuovere quegli ostacoli economico-sociali che di fatto limitano libertà e uguaglianza. Infatti, il 5% delle famiglie più ricche detiene il 47,7% della ricchezza prodotta in Italia, circa il 20% in più di tutta quella detenuta dal 90% delle famiglie più povere (dati fermi a metà 2024). Il 10% dei nuclei familiari più ricchi detiene tre quinti della ricchezza netta del paese, otto volte in più della metà più povera, che possiede solo il 7,4% della ricchezza italiana, vale a dire nemmeno un decimo di essa. 2,2 milioni di famiglie, composte da 5,7 milioni di persone, vivono in povertà assoluta.
Come nel resto del mondo anche in Italia la “fortuna” dei miliardari non è meritata e deriva in grandissima parte da posizioni di rendita. Infatti il 63% della ricchezza dei miliardari italiani è stata ereditata. Nell’ultimo anno è aumentata complessivamente di 61,1 miliardi di euro (166 milioni al giorno), per un totale di 272,5 miliardi nelle tasche di 71 persone. Anche la sezione italiana di Oxfam fa un esempio fantasioso, che ci aiuta a concepire queste cifre da capogiro: i più di 270 miliardi permetterebbero <<di coprire l’intera superficie della città di Milano con banconote da 10 euro>>.
Inoltre, chi ha di più versa di meno: i contribuenti italiani più abbienti versano al fisco meno imposte dirette (quelle legate al patrimonio), meno imposte indirette (quelle legate al consumo di beni e servizi) e meno contributi (che, come le tasse, servono a finanziare specifiche opere o servizi) proporzionalmente al proprio reddito (e cioè non in termini assoluti).
IL FALLIMENTO DELLA SINISTRA E IL POPULISMO NAZIONALISTA DELLA DESTRA
I politici populisti, con il supporto di media asserviti, scatenano continuamente “guerre tra proveri”. Cercano di farci individuare il “nemico” nelle persone precarie, nei presunti “divanisti” (cioè le persone che si accontenterebbero di prendere sussidi e poltrire), nei migranti e così via. I veri nemici sono quelli che guadagnano da un sistema fondato sull’accumulazione infinita, sullo sfruttamento dell’ambiente e di chi lo abita. In questo modo si spostano le dinamiche conflittuali nei livelli più bassi della “piramide” sociale, scaricando le colpe sugli “ultimi” della società e proteggendo i portafogli dei “piani alti” dal malcontento popolare. Lo stratagemma dell’individuazione di un nemico su cui scaricare ogni colpa, per poi guadagnare un consenso generato da rabbia e ignoranza, è un inganno tanto antico quanto efficace, come quello del “dividi e comanda”.
In questo sistema anche la -presunta- sinistra ha molte colpe, inclusa quella di non offrire una valida alternativa a nazionalisti sfegatati e post-fascisti. Secondo il rapporto di Oxfam <<negli ultimi anni la sinistra si è distinta più sul terreno dei diritti civili che sul piano dei diritti sociali e del lavoro e deve necessariamente ripensarsi, ricostruendo un’offerta politica (…) che, ascoltando e ridando voce ai “senza voce” e prestando ascolto al mai sopito fermento sociale, porti a una rottura dello status quo>>. Il “risveglio” delle destre in tutto il mondo, da Meloni a Trump, passando per l’anarco-capitalista Milei, è ottenuto tramite il <<soddisfacimento di obiettivi di identità – con l’insistenza sul concetto di popolo e di nazione, sull’individuazione di nemici interni ed esterni, sull’appartenenza religiosa e i suoi valori tradizionali e talora sulla leva del razzismo – efficacemente perseguito dalla destra attraverso una radicalizzazione ideologica che compensa (fino a quando?) il mancato raggiungimento di risultati economico-sociali a beneficio della parte economicamente più vulnerabile del suo elettorato ascrivibile a scelte politiche ex ante contrarie agli interessi della sua base popolare>>. Paradossalmente, il successo delle destre è ascrivibile anche alla capacità di accaparrarsi voti e sostegno sia di chi gioverebbe da una più equa distribuzione della ricchezza, sia di chi vuole meno regole e un fisco “morbido”.
CHE FARE?!
Tra le soluzioni indicate da Oxfam c’è un ripensamento delle <<misure di contrasto a povertà ed esclusione lavorativa introdotte nel 2023>> garantendo un reddito minimo <<a chiunque si trovi in difficoltà>>. Solo dopo aver garantito un sostegno minimo <<a tutti i nuclei familiari in condizioni di povertà, possono essere prese in considerazione ulteriori forme di supporto per le famiglie che presentano difficoltà specifiche come quelle legate alla presenza di minori, anziani o disabili. Va inoltre garantita maggiore equità nei criteri di accesso e di calcolo dell’importo del sussidio erogato, assicurata una significativa cumulabilità dello stesso con il reddito da lavoro percepito durante la fruizione del beneficio, rese meno punitive le prescrizioni in materia di offerta congrua di lavoro e prevista l’indicizzazione all’inflazione delle soglie e degli importi del sussidio>>. Invece, attualmente, sono in piedi solo <<misure categoriali di contrasto alla povertà che stabiliscono in modo profondamente ingiusto chi, trovandosi in condizione di grave disagio economico, sia meritevole o meno di supporto pubblico>>. Le attuali politiche fiscali, <<in palese violazione del contratto sociale, offrono migliori condizioni di trattamento a chi ha maggiore potere o il “merito” di appartenere all’elettorato di riferimento delle forze politiche che governano il Paese>>. Oxfam boccia anche le <<politiche di decentramento, che prefigurano una vera e propria secessione basata sull’idea che i territori più ricchi, in quanto tali, abbiano diritto (“meritino”?) a maggiori servizi>>. Oltre a una revisione radicale dei contratti di lavoro precari, e alle misure per contrastare seriamente l’evasione fiscale, si ribadisce l’assoluta necessità di una maggiore equità nel sistema delle imposte: <<va riconsiderato il potenziamento della funzione redistributiva della leva fiscale, va perseguita una generale ricomposizione del prelievo (con spostamento della tassazione dal lavoro a profitti, interessi, rendite finanziarie) e rafforzata l’equità del sistema impositivo, abbandonando il ricorso a esenzioni scriteriate o a regimi cedolari preferenziali (come il regime forfetario o la cedolare secca) che sottraggono redditi personali alla progressività e determinano trattamenti fiscali differenziati tra contribuenti con simili livelli reddituali o in condizioni economiche affini (…) è indispensabile prevedere l’introduzione di un’imposta progressiva -cioè che cresce, in maniera più che proporzionale, con l’aumentare della ricchezza NDR- sui grandi patrimoni a carico dello 0,1% più ricco dei cittadini (che si applicherebbe alla ricchezza personale netta in eccesso di 5,4 milioni di euro), sostitutiva, per i soggetti passivi, -soggetti che hanno percepito o generato un reddito e, dunque, debitori dell’imposta NDR- delle imposte patrimoniali esistenti (…) Va aumentato il prelievo sulle grandi successioni e donazioni per ridurre il regime di sostanziale favore sulle risorse ereditate o ricevute in dono che hanno scarse giustificazioni di merito, contribuiscono a divaricare le opportunità e riducono il dinamismo dell’economia>>.
GLOBALIZZAZIONE, CONCENTRAZIONE DELLA RICCHEZZA, MERITO E REDDITO UNIVERSALE DI BASE
La tanto osannata globalizzazione non ha arricchito i più, come ci raccontavano nei primi anni duemila. Anzi, adesso che il commercio globalizzato non conviene più agli USA i nord-americani chiudono le frontiere alle merci dall’estero e alzano barriere protezionistiche, ossia misure come i dazi doganali che servono a favorire la propria industria o quella dei “paesi amici” (la strategia del “friend-shoring”). L’improvvisa esclusione dal giro degli affari globali di potenze verso cui gli USA sono debitori comporta tensioni militari, e quindi guerre. Il passaggio degli USA dalla politica del libero scambio a quella protezionista riflette il fatto che non riescono più a controllare i fenomeni di “centralizzazione” del capitale. In parole povere la centralizzazione dei capitali (a volte indicata anche con il termine “concentrazione”), consiste nella tendenza dei capitalisti più grossi a “mangiare” i capitalisti più piccoli, divenendo così ancora più grandi (e negli ultimi anni molti capitali statunitensi e “occidentali” sono stati mangiati da “paesi nemici”). Il risultato è che la ricchezza, insieme al potere politico, rimane concentrata in sempre meno mani, e non è detto che queste mani siano tutte “a stelle e strisce”. Non a caso si stima che meno del 2% degli azionisti mondiali (quelli che detengono le “azioni” di una o più società) detiene l’80% di tutto il capitale azionario. L’argomento merita una trattazione a parte, che trovate in un articolo sulle “vere” ragioni della guerra in Ucraina e in Palestina. Quello che è importante ricordare in questo contesto è che l’estrema concentrazione di ricchezza viene definita da Oxfam non solo come <<un male per l’economia ma per l’umanità>>.
Come era normale avere un re o un imperatore con poteri assoluti, oggi sembra normale che le fortune delle persone più potenti si fondino su “privilegi” (che non vanno confusi con i “meriti”). Come era normale vendere persone al mercato degli schiavi, oggi sembra normale vietare a certe persone di attraversare liberamente i confini per poi schiavizzarle (e per poi, addirittura, dire pure che “ci rubano il lavoro”).
Oggi la vertiginosa disuguaglianza socio-economica viene concepita come normale, la ricchezza fondata sullo sfruttamento come ineluttabile corso del darwinismo sociale... Non è forse più razionale pensare a forme di reddito universale per tutte e tutti, da ricavare tassando le super-ricchezze, vietando il profitto fine a sé stesso, in modo che chiunque possa trovare con calma e dignità la maniera più giusta ed efficiente di contribuire con il proprio lavoro al benessere comune?! O forse dobbiamo continuare a condurre “guerre tra poveri” svendendo la nostra preziosa merce, il nostro tempo e la nostra “forza-lavoro”, per fare concorrenza a chi è ancora più povero?! Secondo chi scrive, misure come un reddito di base universale per assicurare dignità a chiunque, non le vogliono individui “divanisti” e “poltronari”, ma le reclama chi è in difficoltà (più o meno estrema), chi non riesce a trovare un lavoro (o che non si “accontenta” di essere sfruttato), chi lavora ma non riesce a guadagnare a sufficienza (i cosiddetti working poor), chi lavora ma non accetta che qualcuno diventi miliardario in base a principi neo-aristocratici e intrallazzi vari. Invece, chi non lo vuole il reddito di base universale, sono principalmente quelle persone che avrebbero meno possibilità di sfruttare: se tutti avessero almeno il minimo indispensabile non svenderebbero più la propria forza lavoro, il proprio tempo, le proprie energie. Investiamole non solo per sopravvivere, ma per vivere nel senso pieno del termine.
Caio Perr
Come di consueto alleghiamo a questo articolo delle citazioni musicali in sintonia con quanto scritto. Le canzoni sono "Stop That Train" e "O' salario garantito" dei 99 Posse.
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